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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI PELLEGRINI DELL'ARCIDIOCESI DI BOLOGNA

Sabato, 29 ottobre 1983

 

Carissimi fratelli e sorelle.

1. Sono lieto di dare il benvenuto a voi, pellegrini dell’arcidiocesi di Bologna, accorsi così numerosi qui a Roma a celebrare, accanto al sepolcro del Principe degli Apostoli, l’Anno Santo della Redenzione, per attingere alle fonti purificatrici della grazia e tornare alle vostre famiglie, nel campo del vostro lavoro quotidiano interiormente rinnovati.

So che qui vi ha portati anche il desiderio di restituire, con affetto sincero, la visita che io ho compiuto nella vostra città il 18 aprile dell’anno scorso. E di questo premuroso pensiero vi ringrazio di cuore. Saluto con particolare affetto Monsignor Enrico Manfredini, che da pochi mesi ha assunto la guida della vostra importante arcidiocesi, e, mentre lo ringrazio sentitamente per le parole a me rivolte, gli porgo l’augurio di un governo pastorale ricco di frutti evangelici e di spirituali consolazioni.

Intendo salutare con viva cordialità tutti voi qui presenti e ciascuno in particolare: sacerdoti, religiosi, religiose, laici, bambini, ammalati. Portate il mio saluto a quanti, pur vivamente desiderandolo, non hanno potuto associarsi alla gioia del vostro pellegrinaggio romano.

2. Siete qui, come tanti gruppi provenienti da ogni parte del mondo, a celebrare l’Anno Santo della Redenzione, per raggiungere quegli scopi che la Chiesa, prendendone l’iniziativa, ha chiaramente e per tempo indicato alla comunità cristiana.

Auguro anche a voi che questo Giubileo straordinario, proclamato in occasione del 1950° anniversario della Redenzione, sia, come ho scritto nella Bolla d’indizione, “un Anno veramente santo”, “un tempo di grazia e di salvezza” (Giovanni Paolo II, Aperite portas Redemptori, 2). Lo sarà se ciascuno di voi, riscoprendo tutte le ricchezze insite nella salvezza comunicata dal Battesimo, farà sì che la grazia della Redenzione diventi vita quotidianamente vissuta.

Il Giubileo, che chiamiamo straordinario per la peculiarità della celebrazione, deve diventare esperienza esistenziale del vivere ordinario del cristiano, inserito nella vita e nell’attività della Chiesa dispensatrice della grazia divina. Questo Anno Santo intende essere un momento significante nel processo di costruzione della comunità ecclesiale e insieme un efficace impulso per l’animazione cristiana della società.

3. Esso si pone anche come l’Anno della Riconciliazione, non solo perché senza di questa non è pensabile il dono della santità, ma anche perché il mondo contemporaneo ha più che mai bisogno di riconciliazione.

Voi sapete che la sesta assemblea generale del Sinodo dei Vescovi, appena conclusa, ha trattato, dopo tre anni d’intensa preparazione, il tema specifico della “riconciliazione e della missione della Chiesa”. Giubileo e Sinodo vengono, così, ad intrecciarsi e a integrarsi a vicenda, in prospettiva di futuro. La riconciliazione con Dio, mentre restituisce all’uomo l’intima unità rotta col gran male del peccato, elimina nello stesso tempo le barriere erette in mezzo alla comunità degli uomini. In tal modo, le finalità eminentemente spirituali del Giubileo e del Sinodo episcopale, in questo periodo particolarmente drammatico dell’umanità, pieno di divisioni ideologiche, di tensioni, di guerre locali, tra oscure prospettive di un non ipotetico pericolo di distruzione totale, diventano contributo concreto alla pace e fondamento di una più vera e più larga fraternità. L’orizzonte della società internazionale sarà ancora caratterizzato dai bagliori rossi del sangue, e gli uomini si sentiranno sempre avversari, se non arriveranno a riconoscere e a vivere il dono immenso e ineffabile dell’amore del Padre comune. La riconciliazione con Dio si rivela come il cemento più solido per la riconciliazione tra gli uomini.

4. La riconciliazione suppone, però, sincera conversione e penitenza, cambiamento di mente e di cuore, senso del peccato, accettazione della verità di Dio, adozione dei parametri evangelici nella valutazione delle cose, della società, dell’uomo.

Come non ricordare l’affermazione del mio venerato predecessore Pio XII, secondo cui il peccato più grande della società di oggi consiste nella perdita del senso del peccato? La caduta del senso del peccato è strettamente connessa con la caduta del senso di Dio. E con la caduta del senso di Dio perde terreno il rispetto per la dignità dell’uomo.

La finalità di questo Anno Santo, la riscoperta cioè di tutte le ricchezze insite nella salvezza comunicata dal Vangelo, per vivere quotidianamente la grazia della Redenzione, raggiunge alle loro radici i mali del mondo contemporaneo, mettendo in condizione di superarne con gioia le negative sollecitazioni.

E io mi auguro che ciascuno di voi, rientrando nella propria casa e nel proprio ambiente, porti con sé l’invito della Chiesa ad essere testimone del Dio vivente, che è anche il Dio della salvezza e dell’Amore. Nella luce di questa speranza vi imparto con affetto la mia benedizione apostolica, che volentieri estendo a tutti i vostri cari.

 

© Copyright 1983 - Libreria Editrice Vaticana

 



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