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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI VESCOVI DELLA GRECIA IN VISITA
«AD LIMINA APOSTOLORUM»

Lunedì, 25 giugno 1984

 

Cari fratelli nell’episcopato,
caro monsignore responsabile dei cattolici di rito armeno,
cari amministratori apostolici.

1. Si realizza oggi finalmente il nostro incontro, tanto desiderato da parte vostra e mia. Benediciamo il Signore per questi momenti grandemente privilegiati di comunione ecclesiale! Supplichiamo l’apostolo Paolo, che si è prodigato senza risparmiarsi per portare il Vangelo nell’antica Grecia, affinché con il suo aiuto la vostra visita “ad limina Apostolorum” abbia la massima risonanza possibile.

Vedendovi così riuniti, non posso fare a meno di ricordare che, circa nell’anno 95 - quando l’apostolo senza dubbio viveva ancora e probabilmente risiedeva a Efeso - la Chiesa di Roma intervenne con pacatezza e autorità presso la giovane comunità di Corinto, ad appianare alcuni contrasti interni. Così facendo, la Chiesa di Roma non giudicò affatto necessario giustificare il proprio intervento, fiduciosa come era che esso sarebbe stato accettato. Altrettanto interessante è notare che il vescovo Denys di Corinto scriveva a papa Sotero, verso il 170, che nelle assemblee liturgiche si continuava a leggere la famosa lettera di papa Clemente, Tutto questo dà ragione al famoso storico Pierre Battifol, quando dice: “Ancor prima della fine dell’età apostolica, assistiamo all’"epifania del primato romano"” (P. Battifol, La Chiesa nascente e il cattolicesimo, p. 146). Sappiamo che sant’Ignazio d’Antiochia, sant’Ireneo di Lione, san Cipriano di Cartagine, sant’Ambrogio di Milano, sant’Agostino di Ippona ci hanno lasciato testi che non lasciano dubbi a questo riguardo. Fratelli carissimi, è richiamando alla mente questi preziosi ricordi della nostra collegialità che vi accolgo oggi. Ognuno di voi è responsabile di una Chiesa locale e particolare, e nello stesso tempo è solidale con le altre comunità cristiane, proprio come lo furono gli apostoli di cui noi, gli uni e gli altri, continuiamo la missione. E, all’interno di questa unica Chiesa di Dio, diffusa in tutti i continenti, esiste un centro vitale, un punto di riferimento visibile: si tratta della Chiesa locale e particolare di Roma, presieduta dal successore dell’apostolo Pietro, “primo fra i dodici”, secondo l’espressione di san Matteo. Marco e Luca sottolineano allo stesso modo che la Chiesa è “Pietro e coloro che sono con lui”, nella diversità dei riti. La vostra presenza intorno al Vescovo di Roma attesta e rafforza l’unità del corpo episcopale. Nel corso dei secoli, tutti i successori di Pietro sono il legame vivente tra i vescovi e - non lo si dimentichi - tra la Chiesa di oggi e la Chiesa degli apostoli.

2. Detto questo, e dopo aver preso attentamente visione delle vostre relazioni quinquennali o avervi ascoltato nell’ambito di contatti personali, vorrei, secondo la missione affidatami dalla Provvidenza, confermare la vostra fede in Cristo redentore e sostenere la vostra fiducia nel suo piano universale di salvezza per l’umanità, la vostra fiducia nell’edificazione della Chiesa, “sacramento di questa salvezza”. Certamente, quanto e ben più dei pastori, voi siete chiamati a vivere la fede di Abramo e la speranza dei profeti. Le vostre Chiese locali comprendono, ognuna, un numero limitato di fedeli, spesso disseminati nel territorio, come è il caso del vicariato apostolico di Tessalonica, o residenti in diverse isole, come nella diocesi di Naxos, Tinos, Miconos e Andros. È questo un fatto che non vi deve scoraggiare. La fede e la speranza che sono nei vostri cuori vi guidino, al contrario, a fare di queste piccole comunità dei luoghi e dei momenti di rapporti interpersonali più profondi e calorosi. Le comunità dei discepoli di Cristo non devono forse liberare l’uomo moderno dal duplice male dell’isolamento e dell’anonimato? Comprendo bene le vostre domande e le vostre riflessioni riguardo alla ristrutturazione delle vostre diocesi in vista di un miglior servizio pastorale. Tuttavia gli emendamenti o anche le innovazioni meglio studiate non vi dispenseranno mai dagli sforzi perseveranti, e sempre più perfezionati, per ispirare in tutte le comunità dei fedeli una vitalità benefica per i suoi membri, tale che possa accreditare il Vangelo del Signore come la vera buona novella. Non possiamo dimenticare che le prime comunità cristiane sono nate in condizioni difficili: lo testimoniano tutte le lettere di Paolo. Rendo grazie a Dio per la vostra fatica apostolica e a lui domando che voi continuiate a essere unicamente e totalmente mobilitati per la diffusione del messaggio evangelico, per una evangelizzazione integrale, penetrante, saggiamente aiutata dal linguaggio e dai mezzi di comunicazione del nostro tempo. Questa promozione “in ogni occasione, opportuna e non opportuna” manifesta il dinamismo interno e instancabile della parola di Dio, fa scaturire, dalla sua proclamazione, sorgenti ispiratrici in vista della costruzione o della ricostruzione di una società degna di Dio e dell’uomo (cf. Pauli VI, Evangelii Nuntiandi, 18-20). Ho notato che molti risultati ottenuti presso i bambini e gli adolescenti sono incoraggianti. Esortate senza sosta i responsabili delle parrocchie ad agire di comune accordo, a farsi aiutare, con tutti i mezzi concretamente possibili, per una fedele e ardente trasmissione delle verità della fede. Le vostre relazioni contengono anche delle statistiche sulla partecipazione alle assemblee domenicali. Posso immaginare i problemi dei vostri sacerdoti per coinvolgere e formare un numero sufficiente di laici cristiani in grado di cooperare all’animazione della liturgia. Nella Chiesa, gli esempi di comunità parrocchiali con effettivi limitati e nonostante ciò molto vivaci, sono numerosi e probanti. Auguro ardentemente che la pastorale liturgica, compresa a fondo, continui ad assicurare vita, giovinezza e dignità alla celebrazione dei divini misteri, aiuti i partecipanti a vedere e a vivere la loro vita quotidiana attraverso questi misteri, specialmente attraverso gli avvenimenti di Pasqua e della Pentecoste; attiri i giovani e gli adulti che si sono staccati da celebrazioni che potrebbero sembrare estranee alla loro esistenza.

3. La vita dei vostri fedeli si dispiega soprattutto nelle diverse professioni, di cui è intessuta la vita socio-economica del Paese, e all’interno della cellula familiare. Leggendo quanto avete scritto, e ascoltandovi, ho compreso quanto sentiate il bisogno di meglio accompagnare e guidare questi uomini e queste donne nella loro responsabilità. Molti tra di voi hanno sottolineato la penetrazione di un materialismo pratico, l’intorpidimento, se non addirittura la scomparsa, della coscienza morale. Con mezzi purtroppo limitati, ma che potrebbero essere migliorati - se non altro ottenendo il concorso, temporaneo o permanente, di congregazioni o diocesi aperte a situazioni come le vostre - la vostra Conferenza episcopale potrebbe svolgere un lavoro di evangelizzazione a beneficio dei focolari cattolici e delle famiglie che verranno, moltiplicando, con realismo e modestia, incontri sui problemi coniugali, familiari, professionali e altri ancora, che i cristiani del nostro tempo hanno così bisogno di vedere e rivedere nella luce di Cristo e del magistero della Chiesa. Non è questo il mezzo più sicuro per ricostruire il tessuto delle coscienze?

4. Mi sta a cuore anche darvi tutto il mio appoggio nel campo della pastorale dei giovani. Non ho dimenticato che voi avete organizzato, nel settembre scorso, il primo Festival dei giovani, e che esistono molti mezzi di apostolato per i giovani, all’interno delle vostre diocesi. La loro organizzazione è talvolta necessaria ed è molto impegnativa. In ogni caso, attraverso formule diverse, il loro scopo è sempre quello di formare progressivamente delle personalità temprate e nutrite della fede luminosa in Gesù Cristo. È anche in questi contatti che educatori qualificati e amati possono indicare, soprattutto agli adolescenti, i valori morali, perché essi li acquisiscano. È ancora in queste riunioni o in questi incontri di giovani che è possibile discernere adolescenti capaci di consacrare la loro vita al Signore e alla sua opera di redenzione. Nell’attesa di una successione sacerdotale, al momento assai ridotta, un certo gemellaggio delle vostre Chiese con altre diocesi ancora ben provviste di ministri ordinati è forse realizzabile. Non bisogna mai disperare.

5. Infine, non vorrei terminare senza esortarvi a continuare i vostri sforzi ecumenici, dato che voi vivete in mezzo ai nostri fratelli ortodossi. Se voi portate la pesante eredità del passato, avete però la speranza della piena riconciliazione. Vescovi, sacerdoti, laici cristiani, esortatevi l’un l’altro senza posa per moltiplicare gli incontri amichevoli, i possibili servizi reciproci, le azioni socio-caritative condotte in comune. Il cammino percorso può sembrare modesto. Bisogna perseverare, lasciare tempo al tempo. Altri raccoglieranno ciò che voi avete seminato.

Cari fratelli nel Cristo, vi ringrazio vivamente per la vostra visita così fiduciosa e confortante! Essa mi ha permesso di conoscervi meglio e di partecipare di più alle vostre preoccupazioni pastorali.

In alto i cuori! Lo Spirito del Signore vi accompagna in mezzo alle vostre responsabilità che voi avete generosamente accettato. Attraverso di voi, egli è capace di fare meraviglie. Lasciatevi pervadere dalla sua luce e dal suo dinamismo. Che i vostri fedeli cattolici vi ritrovino presto pieni di pace, di ardore, di gioia! Nelle nostre rispettive tribolazioni, dobbiamo sovrabbondare di gioia, come scriveva Paolo di Tarso agli abitanti di Corinto (cf. 2 Cor 7, 4). Ricordando anche tutti i vostri diocesani, i vostri sacerdoti, i vostri religiosi e religiose, vi benedico nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo.

 

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