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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AD UNA DELEGAZIONE DEL
PATRIARCATO ECUMENICO DI COSTANTINOPOLI

Sabato, 29 giugno 1985

 

Cari fratelli,

“grazia a voi e pace da Dio, Padre nostro, e dal Signore Gesù Cristo” (Rm 1, 7). La commemorazione dei santi apostoli Pietro e Paolo, festa patronale della Chiesa di Roma, ci dà ancora una volta l’occasione di un incontro nella preghiera, nella gioia e in fecondi e fraterni scambi di vedute. Rivolgo a voi, eminenza, e a coloro che vi accompagnano, un cordialissimo benvenuto. Sono profondamente lieto di accogliervi personalmente. Attraverso le vostre persone, saluto e ringrazio Sua Santità Dimitrios I, patriarca ecumenico, per avervi inviati a partecipare alla nostra festa, rispondendo così alla nostra delegazione che, ogni anno, si reca al Fanar per la festa dell’apostolo Andrea, il primo dei chiamati.

La comune celebrazione degli apostoli mette in rilievo la nostra fede, la fede che da loro abbiamo ricevuto e ci ricorda la successione apostolica che è, nelle nostre Chiese, un elemento fondamentale per la santificazione e l’unità del popolo di Dio. Nel breve Anno ineunte che papa Paolo VI ha inviato al patriarca Atenagora in occasione della sua visita a Fanar, viene messa in rilievo l’importanza essenziale della successione apostolica. Attraverso il Battesimo, noi siamo una cosa sola in Cristo Gesù e “in virtù della successione apostolica, il sacerdozio e l’Eucaristia ci uniscono più intimamente. In ogni Chiesa locale si opera questo mistero d’amore divino; e non è questa la ragione dell’espressione tradizionale e così bella secondo la quale le Chiese locali amano chiamarsi Chiese sorelle?” (Tomos Agapis, n. 176).

Il dialogo tra le nostre Chiese trova un solido fondamento, nell’esperienza comune che insieme abbiamo vissuto durante il primo millennio, malgrado le tensioni che non sono mancate, durante quel periodo. I concili ecumenici sono stati un’espressione al più alto livello della vita sinodale e della comunione delle Chiese. Essi hanno formulato e promulgato la fede apostolica, difendendola da oggi alterazione. Facendo ciò, essi condussero le nostre Chiese alla dossologia comune nella quale noi lodiamo e adoriamo il Padre che attraverso il Figlio e nello Spirito Santo ci ha rivelato i grandi misteri della fede. Al servizio di questa fede, i concili si sono nello stesso tempo sempre espressi col più grande rispetto della legittima varietà di espressione di questa fede nelle differenti forme liturgiche, disciplinari e teologiche delle Chiese d’Oriente e d’Occidente. Si pensi, alle origini, come Clemente di Roma scrivesse alla Chiesa di Corinto, e come Ignazio di Antiochia scrivesse alla Chiesa di Roma. Si pensi a Sant’Ireneo e alla sua opera.

Oggi le nostre Chiese si incontrano nell’autentico spirito di fraternità che caratterizza le relazioni tra Chiese sorelle. Dopo secoli, noi ci troviamo nel dialogo della carità, in seno al quale si sviluppa quello teologico. Attraverso di esso cerchiamo di ritrovare insieme un’espressione comune della nostra fede sui punti in cui diverse evoluzioni hanno creato incomprensioni e disaccordi. I principi che hanno guidato i nostri padri per mantenere la comunione, nel rispetto della diversità di usi ed espressioni teologiche, ci devono guidare per ricomporre la piena comunione tra di noi. Celebriamo quest’anno l’11° centenario della morte di San Metodio. Egli compì, insieme al fratello Cirillo, una delle opere più importanti dell’evangelizzazione dell’Europa. Ciò avvenne nel pieno accordo tra Roma e Costantinopoli. Che essi ci proteggano, che intercedano per il progresso del nostro dialogo, che ci siano di modello. Ringrazio quanti si impegnano a nome della loro Chiesa in questo dialogo. Prego il Signore di portare a termine l’opera che ha cominciato attraverso di noi. Ciò avverrà per la più grande gioia di tutto il popolo di Dio, gioia che è frutto dello Spirito.

In questi sentimenti, vi sono profondamente riconoscente per questo incontro; questa celebrazione comune dei santi apostoli Pietro e Paolo ravvivi la nostra fraternità e rafforzi la nostra fede. Così cattolici e ortodossi si avvicinano nell’amore, fratelli di un’unica famiglia, inviati insieme per proclamare l’unico Vangelo a tutte le nazioni.

Nel ricordare il nostro compito al patriarcato ecumenico di sei anni fa per la festa di Sant’Andrea, vi prego di portare al patriarca Dimitrios I e al santo sinodo l’espressione della mia stima e della mia carità fraterna. La pace del Signore sia sempre con voi e con noi!



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