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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI FEDELI DELL'ARCIDIOCESI SALERNITANA

Sabato, 15 febbraio 1986

 

Carissimi fratelli e sorelle di Salerno!

1. La vostra gradita presenza richiama alla mia mente quello splendido pomeriggio del 26 maggio dell’anno scorso, solennità di Pentecoste, durante il quale ho avuto la gioia di visitare la vostra Città e di constatare di persona la vitalità della vostra Chiesa locale, radicata a Salerno fin dall’antichità.

In quella festosa occasione ho avuto la gioia di incontrarmi con il vostro venerato pastore monsignor Guerino Grimaldi, a cui oggi rinnovo il mio grato apprezzamento per la sua instancabile opera di animazione evangelica in quella eletta porzione del popolo di Dio, e che ringrazio per le parole rivoltemi. Esprimo il mio saluto anche alle autorità e personalità qui presenti, le quali, nella mia venuta a Salerno, si resero disponibili per facilitarne la visita pastorale; estendo egualmente il mio affettuoso benvenuto a tutti i gruppi qualificati della vostra comunità diocesana: al clero, ai religiosi e alle religiose, agli allievi del seminario, al laicato cattolico, specialmente ai giovani che vollero dimostrarmi con tanto entusiasmo e con tanto calore il loro affetto e attaccamento spirituale. Ad essi voglio ripetere quanto ebbi a dire al termine del mio incontro con loro: “Sappiate essere all’altezza della fiducia che la Chiesa ripone in voi. Il futuro è vostro, ma voi siete di Cristo. Non dimenticatelo!”.

2. Il mio pellegrinaggio, avvenuto nel clima spirituale delle celebrazioni del nono centenario dalla morte del mio grande predecessore Gregorio VII, mi procurò anche la consolazione di venerare le spoglie mortali dell’apostolo ed evangelista san Matteo, che riposano nella cripta della vostra magnifica cattedrale, monumento davvero insigne, centro religioso e artistico della vostra Città.

So che la figura dell’evangelista san Matteo ha ispirato attraverso i secoli la spiritualità del popolo salernitano, incentrata sull’amore al Cristo e alla sua Chiesa. Nel suo Vangelo, che è il primo nel canone del Nuovo Testamento, il titolo più significativo del Cristo è quello di “Figlio di Dio”, non quello di un qualsiasi profeta o di un liberatore politico. Dopo la tempesta sedata i discepoli si prostrano davanti a lui, proclamando: “Tu sei veramente il Figlio di Dio” (Mt 14, 33): egualmente, nella regione presso Cesarea di Filippo, Pietro confessa solennemente: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente” (Mt 16, 16). Questa stessa professione di fede ritorna nell’interrogatorio davanti al sommo sacerdote Caifa: “Ti scongiuro, perché ci dica se tu sei il Cristo, il Figlio di Dio” (Mt 26, 63), e Gesù non esita a confermare tale affermazione. Questa origine divina dà autorità assoluta alla sua parola e sicurezza alla nostra fede.

Anche riguardo all’identità della Chiesa, san Matteo ha accenti significativi. Essa ha come capo visibile Pietro: “A te darò le chiavi de regno dei cieli” (Mt 16, 19); come codice di vita, il discorso della montagna (Mt 5-7); come respiro, la preghiera: “Voi dunque pregate così: Padre nostro che sei nei cieli . . .” (Mt 6, 9-13); come nutrimento, l’Eucaristia: “Prendete e mangiate; questo è il mio corpo” (Mt 26, 26); come segno distintivo, l’amore vicendevole: “Amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori” (Mt 5, 44); come garanzia, l’indefettibilità: “Le porte degli inferi non prevarranno” (Mt 16, 18).

3. Con questi chiari riferimenti san Matteo ci indica su quali solide basi poggiamo la nostra fede nel Cristo e la nostra adesione alla Chiesa, da lui fondata per la nostra salvezza. A questo Cristo, in questa Chiesa anche voi, cari fratelli e sorelle di Salerno, siete chiamati, sull’esempio di san Matteo, a dare una testimonianza viva e coerente. Anche a voi è stata affidata la missione di evangelizzare e di far amare il Cristo agli uomini e alle donne del nostro tempo. Anche su di voi grava la responsabilità di proclamare, in un momento in cui sembra eclissarsi il senso del sacro, la fedeltà a Dio e la necessità di vivere secondo le esigenze salvifiche della buona novella.

L’impegno per rendere ragione di questa speranza e per costruire un mondo più giusto e più a misura dell’uomo, redento dal sangue di Cristo, deve segnare il cammino ecclesiale anche della vostra comunità diocesana. Amate la vostra bella Chiesa salernitana; essa è il luogo dove si attua il mistero della vostra salvezza; stringetevi attorno al vostro arcivescovo, il quale, come successore degli apostoli e principio visibile di unità, ha il compito di tener desta la vostra fede, spezzando con voi l’Eucaristia, che fa di voi un unico corpo, il corpo mistico di Cristo.

Da questa realtà soprannaturale deriva per ciascuno di voi l’impegno, anzi l’imperativo di condividere questa ricchezza con tutti i fratelli vicini e lontani, vivendo nell’esperienza quotidiana come membra di un solo corpo: gli uni per gli altri. Nella Chiesa tutti sono chiamati a portare il proprio contributo per rafforzare questa comunione. Tutti possono donare e insieme ricevere; tutti contano: nessuno deve sentirsi escluso. A ognuno infatti è stata data la potenza dello Spirito: ai piccoli, agli anziani, ai malati, agli emarginati, a tutti. Anzi, chi sta nell’ultimo posto, se vive con fede e amore, vale più di ogni altro. Questo significa vivere la realtà del corpo mistico, in cui Cristo esercita quella funzione vitale e unificatrice che il capo compie nel corpo vivente.

4. Vivete così la Cristologia e l’Ecclesiologia, di cui san Matteo è l’ispirato testimone nel suo Vangelo. Come lui ha fatto conoscere in modo mirabile il Cristo e la Chiesa, così anche voi siate araldi e testimoni attendibili del Cristo e della Chiesa presso gli uomini e le donne di questa generazione, che si avvia al terzo millennio dell’era cristiana. Fate vostra quella stupenda pagina, riportata dal solo Vangelo di san Matteo, nella quale sono messi in evidenza i profondi legami di amore, di edificazione e di correzione fraterna che devono stabilirsi tra tutti coloro i quali, in virtù del Battesimo, sono entrati a far parte della comunità dei redenti: “Se il tuo fratello commette una colpa, va’ e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello; se non ti ascolterà, prendi con te una o due persone, perché ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni. Se poi non ascolterà neppure costoro, dillo alla Chiesa . . . dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro” (cf. Mt 18, 15-16. 20). Ecco come opera il Cristo, presente nella sua Chiesa fino alla consumazione dei secoli. Tale presenza è legata però al coadunarsi nel suo nome, esige che il fedele sia animato da quella fede in lui che congiunge vitalmente alla sua persona.

Ritornando alle vostre case e ai vostri luoghi di lavoro, portate questo messaggio di fede e di speranza ai vostri familiari, colleghi e amici; dite loro che il Papa li ricorda nella preghiera e benedice tutti nel nome del Signore.

 

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