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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI VESCOVI PARTECIPANTI ALL'ASSEMBLEA STRAORDINARIA
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Mercoledì, 26 febbraio 1986

 

Signori cardinali e venerati fratelli della Conferenza episcopale italiana.

1. Porgo a tutti il mio cordiale saluto: “Grazia a voi e pace da Dio, Padre nostro, e dal Signore Gesù Cristo” (Fil 1, 2). Sono lieto dell’opportunità che la vostra assemblea straordinaria mi offre di incontrarvi e di vivere un significativo momento di comunione con voi, pastori di questa amata terra d’Italia, ai quali va il mio affettuoso apprezzamento per lo zelo generoso con cui vi spendete ogni giorno nella cura del gregge a voi affidato. Ringrazio il signor cardinale Ugo Poletti per le parole con cui ha interpretato i sentimenti di voi tutti e gli rinnovo, in questa occasione ufficiale, la espressione della mia riconoscenza per la pronta disponibilità con la quale ha accettato di assumere i nuovi, gravosi compiti connessi con l’ufficio di presidenza. Un particolare saluto desidero altresì rivolgere al signor cardinale Anastasio Ballestrero, che per lunghi anni ha guidato la vostra conferenza, dando sempre prova di grande equilibrio pastorale e di vivo senso del dovere.

Ho preso visione con interesse di quanto il cardinale presidente, nella sua prolusione, ha detto circa l’anno internazionale della pace e circa la preparazione alla prossima giornata mondiale della gioventù. Apprezzo le opportune indicazioni offerte al riguardo e, in particolare, le riflessioni sulla pace, la quale deve essere, come è stato giustamente detto, non “rumore”, ma vera pace, nel rispetto quindi dei diritti dei popoli inclusa la doverosa difesa della loro indipendenza e libertà.

2. Lo scopo per il quale siete riuniti è quello di esaminare, nel contesto delle secolari tradizioni religiose e civili del popolo italiano, alla luce degli accordi intercorsi tra la Santa Sede e l’Italia, e dell’Intesa tra la CEI e il Ministero della pubblica istruzione, il problema dell’insegnamento della religione nelle scuole statali e quello della nuova organizzazione amministrativa per il congruo e dignitoso sostentamento del clero. Sono vicino con fraterno senso di partecipazione alle vostre sollecitudini e invoco sui vostri lavori la speciale intercessione della vergine Maria, al cui nome s’intitola questa casa che ospita le vostre riunioni.

Posso ben immaginare quale preoccupazione vi guida nell’affrontare il tema dell’insegnamento della religione cattolica nelle scuole statali. Voi desiderate che alle nuove generazioni non sia preclusa la possibilità di avvicinare anche in tali sedi qualificate, con mente serena e con animo libero, il messaggio di Cristo, tanto presente nella vita e nella storia dell’Italia. Intendete perciò studiare le vie concrete per dare attuazione ai nuovi accordi bilaterali, la cui finalità è sia di offrire a tutti i ragazzi e giovani la possibilità di un incontro con i valori culturali ed educativi di cui è così ricca la fede cristiana, sia di tutelare il diritto dei genitori cattolici di trasmettere ai loro figli i valori in cui credono, avvalendosi delle strutture educative messe a disposizione dallo stato. Si tratta di un diritto “originario primario e inalienabile” (Carta dei diritti della famiglia, art. 5), che risulterebbe violato in misura non trascurabile se, nel contesto dell’itinerario formativo, mancasse l’insegnamento della religione e, con esso, la conoscenza delle risposte che la fede dà alle domande di fondo che l’uomo, specie nella giovinezza, inevitabilmente si pone.

Doveri gravi e impegnativi attendono, pertanto, la vostra attività pastorale e quella degli insegnanti di religione che voi destinerete alla scuola. Per assolverli occorrerà anzitutto una sana cooperazione all’interno di ogni comunità scolastica. La lealtà, la chiarezza, il rispetto dovranno caratterizzare il comportamento e lo stile dell’insegnante di religione. Egli infatti si trova come al centro di un interrogativo costante dei giovani, ma anche di un dialogo amichevole e costruttivo sia con loro che con i colleghi di insegnamento.

Occorrerà poi il sostegno da parte delle famiglie e di tutta la comunità ecclesiale: se i cattolici sapranno agire uniti, circondando di stima e di fiducia l’insegnamento della religione, perché convinti dei gravi motivi che ne giustificano l’esposizione nel contesto delle materie di scuola, un benefico influsso ne deriverà sulle nuove generazioni, a tutto vantaggio della stessa civile convivenza.

Sarà infine necessario un coraggioso aggiornamento degli strumenti che servono alla preparazione degli insegnanti, facendo sì che coloro ai quali viene affidato un compito tanto delicato possiedano una conoscenza seria e approfondita della parola di Dio, e vivano in fedele aderenza al senso della fede vissuto nella chiesa, e in costante e docile adesione all’insegnamento del magistero.

Confido che le decisioni che prenderete nel corso della vostra assemblea, venerati fratelli, contribuiranno efficacemente al raggiungimento di tali obiettivi.

3. La seconda questione, sulla quale si appunta la vostra sollecitudine, è il sostentamento del clero. Gli istituti previsti a tal fine dal diritto canonico e dagli accordi con lo stato italiano si propongono di realizzare un’adeguata forma di fraterna e generosa condivisione. Tutta la famiglia sacerdotale è invitata a testimoniare, con spirito profetico, la fraternità evangelica e la carità, preoccupandosi che l’abbondanza degli uni supplisca all’eventuale indipendenza degli altri (cf. 2 Cor 8, 14; Es 16, 18).

Auspico che nell’attuazione concreta di tali nuovi organismi tutto proceda con armonia, nella più schietta trasparenza, così che si possa offrire un ulteriore segno della concordia che regna fra i componenti del presbiterio. E auspico altresì che dalle nuove strutture possa essere offerto a ogni sacerdote il necessario, così che non debba cercare in altre attività il proprio sostentamento. La dedizione a tempo pieno al ministero è oggi particolarmente urgente, non solo per il mutato rapporto numerico tra sacerdoti e comunità, ma anche per le moltiplicate esigenze pastorali che emergono con urgenza sempre maggiore dall’odierna configurazione della società. Auspico che le comunità cristiane sappiano offrire la loro responsabile solidarietà e la loro fattiva collaborazione, così da consentire ai ministri sacri quelle condizioni di libertà spirituale, psicologica ed economica necessarie per lo svolgimento di un sereno e proficuo apostolato.

4. Venerati fratelli, nel corso di quest’anno avrò la gioia di incontrarmi ancora con voi in occasione delle visite “ad limina”, alle quali annetto grande importanza. Adempimento voluto da una veneranda tradizione che la legge della chiesa avvalora (cf. CIC, can. 400 § 1), esse costituiscono un’occasione privilegiata di comunione pastorale: il dialogo pastorale con ciascuno di voi mi consente di partecipare alle ansie e alle speranze che si vivono nelle chiese da voi guidate in atteggiamento di ascolto per i suggerimenti dello Spirito. Il successivo incontro collegiale con l’episcopato dell’intera regione è momento altrettanto significativo per l’opportunità che offre di affrontare insieme i problemi pastorali emergenti e di scegliere le opportune linee di azione.

Desidero informarvi fin d’ora che in tali incontri è mia intenzione toccare, oltre agli eventuali aspetti salienti della vita della chiesa nelle varie regioni, le grandi tematiche che formano l’oggetto dell’attività delle varie commissioni costituite in seno a codesta conferenza episcopale. Un indice della grande importanza di questi organismi è riconoscibile già nel fatto che essi sono comparsi fin dal primo sorgere della vostra conferenza e ne hanno accompagnato via via gli sviluppi, adeguandosi progressivamente alle esigenze pastorali del paese. È apparso infatti subito chiaro che non sarebbe stato possibile perseguire efficacemente le finalità proprie della conferenza episcopale senza l’ausilio di specifiche strutture destinate allo studio dei diversi problemi pastorali, alla proposta di ponderate soluzioni, alla messa in opera delle iniziative decise dall’assemblea generale.

Queste commissioni, pur essendo sorte senza che uno schema in qualche modo le precedesse o preordinasse, sono state costituite a mano a mano che lo richiedevano esigenze concrete. Anche di recente sono state apportate modificazioni alla loro composizione; sembra però che l’invito che viene dal recente sinodo straordinario dei vescovi a un rinnovato impegno nell’attuazione del concilio esiga particolare attenzione sia all’insostituibile funzione che tali commissioni sono chiamate a svolgere sia alla loro sempre più adeguata strutturazione.

5. Non mi sembra pertanto inutile soffermarmi a sottolineare in questo incontro l’importante ruolo che tali commissioni devono svolgere per il buon funzionamento dell’intera conferenza episcopale, ai fini della promozione dell’azione pastorale nel paese.

Le commissioni sono al servizio dei vescovi diocesani, i quali si trovano ad affrontare problemi pastorali le cui dimensioni oltrepassano i confini della singola chiesa locale e interessano spesso la popolazione dell’intera nazione. Il vescovo, d’altra parte, assorbito com’è dalla sollecitudine del ministero, non ha sempre il tempo necessario per studiare ogni problema e per vagliarne con sufficiente profondità e documentazione le possibili soluzioni. Certo, anch’egli può e deve costituire, all’interno della diocesi, specifici gruppi di studio e appositi organismi, che tuttavia non hanno a disposizione quell’apporto di uomini, quella possibilità di mezzi, quell’ampiezza di orizzonti dei quali godono gli organismi operanti al centro.

Compito delle commissioni centrali sarà dunque quello di studiare a fondo i problemi, svolgendo un lavoro sistematico, per quanto concerne gli aspetti sia dottrinali sia pastorali. Il campo di lavoro è immenso; la problematica è articolata e complessa. L’eredità del concilio Vaticano II, alla luce anche di quanto è emerso dalle riflessioni del recente sinodo straordinario dei vescovi, propone una ricchissima messe di insegnamenti, di indicazioni e di orientamenti, che attendono di essere incarnati nella vita concreta. Spetterà alle commissioni di aiutare i vescovi in questo impegno di applicazione alla realtà italiana delle grandi intuizioni che lo Spirito ha suscitato nella chiesa mediante lo storico evento del concilio.

Il Vaticano II ha aperto nuove vie all’azione pastorale, stimolando a più deciso impegno in determinati settori, che l’evolvere del costume sociale ha reso particolarmente nevralgici. Basti ricordare, tra gli altri, il vasto settore della pastorale del matrimonio e della famiglia con le promettenti prospettive, ma anche con le gravi piaghe che vi si manifestano. Si aggiunga poi il settore dell’educazione della gioventù e, in esso, quello della pastorale vocazionale, con i connessi problemi della formazione teologica e spirituale degli aspiranti al sacerdozio. Né posso dimenticare il settore della dottrina della fede e della catechesi, che nell’odierno contesto pluralistico e secolarizzato sollecita dai pastori un’assidua premura, con occhio particolarmente attento alle esigenze proprie dei centri universitari e di cultura superiore. E l’elenco potrebbe continuare.

Bastino, però, questi rapidi accenni per porre in evidenza gli ampi campi di indagine e di proposta che si aprono all’impegno delle commissioni, le quali svolgeranno un’opera tanto più incisiva quanto maggiore sarà la competenza e la dedizione dei membri chiamati a farne parte. Nell’adempimento di tale compito si avrà cura di un costante raccordo con gli specifici organismi della Santa Sede, al fine di assicurare la piena armonia delle iniziative decise sul piano nazionale con gli orientamenti pastorali della chiesa cattolica nel suo insieme.

6. Venerati fratelli nell’episcopato! Le molteplici difficoltà dell’ora presente possono suscitare nel vostro animo un comprensibile senso di preoccupazione e talvolta anche di amarezza. “Non sia turbato il vostro cuore” (Gv 14, 1)! Occorre avere fiducia. “Il cuore umano - come ebbi già occasione di dirvi - in diversi modi può essere turbato: può essere turbato dal timore, che paralizza le forze interiori; ma può esserlo anche da quel timore proveniente dalla sollecitudine per un grande bene, per una grande causa, dal timore creativo, direi, che si manifesta come profondo senso di responsabilità (“Insegnamenti” II [1979], p. 1130). Il compito che ci attende è davvero tale da poter generare un simile responsabile senso del timore. Ma sappiamo di perseguire una causa importante per il bene del popolo di Dio, una causa giusta. Siamo consapevoli di servire questo popolo, di amarlo, di desiderare il suo vero bene. Abbiamo, perciò, fiducia in Cristo; confidiamo nella sua protezione e nell’intercessione della vergine Maria. Confidiamo, altresì, nella costante e fervida tradizione di fede delle nostre popolazioni italiane, nella loro saggezza, nella sapienza della loro cultura cristiana.

Vi sia di conforto, cari confratelli, la benedizione apostolica che, in auspicio della protezione divina, di cuore imparto a voi, ai vostri sacerdoti, ai laici impegnati con voi nei compiti pastorali e a tutti i fedeli delle vostre chiese particolari.

 

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