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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
ALLA COMUNITÀ INDIANA RESIDENTE A ROMA

Giovedì, 12 giugno 1986

 

Cari amici.

È veramente un grande piacere per me incontrare tutti voi oggi qui. Voi siete i membri della comunità indiana di Roma, residenti in questa città per ragioni di lavoro o di studio, lontani dalla vostra patria. Voi avete desiderato avere questo incontro con il Papa per rivivere la gioia e il significato spirituale del pellegrinaggio che Dio mi ha permesso di fare nel vostro Paese nei primi giorni di febbraio.

1. Ricordando quel meraviglioso periodo, il primo sentimento che mi riempie il cuore è quello di una profonda gratitudine. Gratitudine prima di tutto al nostro Padre celeste che mi diede l’opportunità di compiere la mia missione apostolica in modo diretto e immediato. Gratitudine anche al popolo indiano con tutta la ricchezza e la varietà delle sue diversità etniche e culturali. Vi assicuro che mi sono avvicinato ai cittadini del vostro Paese con immenso rispetto per i risultati spirituali e umani di una delle più antiche e gloriose civilizzazioni. Inoltre ricevetti in cambio, dovunque andai, un caloroso e ospitale benvenuto dal vostro popolo e dalle autorità nazionali e locali. A tutti sono debitore.

2. In conformità con il suo passato, ma sempre cercando di svilupparsi secondo le richieste del mondo contemporaneo, l’India oggi occupa un posto preminente nel processo e nelle discussioni che cercano di rispondere alla grande sfida che fronteggia l’umanità. In certe occasioni durante la mia visita espressi la convinzione che la visione spirituale dell’uomo in India può costituire un notevole contributo alla manifestazione di un vero umanesimo che concederà all’uomo moderno di dare una forma costruttiva alle trasformazioni che si stanno svolgendo nella società. Come dissi a Nuova Delhi: “la liberazione dell’uomo, e anche l’eliminazione di tutti gli ostacoli contro l’umana dignità, sarà realizzata quando la visione spirituale dell’uomo sarà onorata e cercata” (Ioannis Pauli PP. II Allocutio ad “Indira Gandhi” stadium habita, 8, die 2 febr. 1986: vide supra, p. 283.).

Visitando l’India ero interessato a porre l’attenzione sulle basi spirituali di tutto il genuino progresso umano. A Raj Ghat ebbi l’opportunità di onorare la memoria del più eminente interprete dell’anima dell’India, il Mahatma Gandhi. Egli insegnò che “se tutti gli uomini e le donne, qualsiasi differenza tra loro ci fosse, aderissero alla verità con il rispetto per l’unica dignità di ogni essere umano, si compirebbe un nuovo ordine nel mondo: una civiltà dell’amore”. (Eiusdem Allocutio Delii, prope monumentum Gandhi vulgo “Raj Ghat” cognominatum habita, 4, die 1 febr. 1986: vide supra, p. 249)

3. Un significativo motivo del mio pellegrinaggio in India fu quello di incontrare le grandi tradizioni spirituali che hanno arricchito la vita del vostro Paese per centinaia di anni. Il Concilio Vaticano II lasciò in eredità alla Chiesa il compito di entrare in sincero e rispettoso dialogo con i seguaci delle altre religioni. Questo dialogo non significa una superficiale noncuranza delle profonde differenze che esistono tra noi. Anzi proprio perché noi spesso differiamo su certi punti importanti questo dialogo ci dice che il rispetto e la stima reciproca è la più necessaria. Inoltre è consono al messaggio cristiano di unità e amore insistere specialmente su “ciò che gli esseri umani hanno in comune e su ciò che promuove l’amicizia tra loro” (Nostra Aetate, I). La Chiesa è fortemente convinta che ci sono molte questioni religiose, sociali e pubbliche nelle quali è possibile, anzi necessaria, una collaborazione unita e fruttuosa. In un clima di apertura e amicizia fui in grado di incontrare molti rappresentanti delle tradizioni indù, musulmana, sikh, buddista, giainista e persee. È mia ardente speranza che questi incontri aiutino a un ulteriore dialogo interreligioso.

Una delle questioni urgenti del nostro tempo, riguardante tutti gli uomini e le donne di buona volontà di tutte le religioni, è la questione della pace nel mondo. A questo riguardo voi sapete che molti capi religiosi hanno risposto al mio appello per un incontro di preghiera per la pace che si terrà ad Assisi il 27 ottobre di quest’anno. Vi chiedo di pregare per questa intenzione.

4. In ogni stadio della mia visita ero profondamente cosciente di essere un pellegrino al tempio del popolo di Dio in India. I miei contatti con le Chiese locali, con i vescovi, sacerdoti, uomini e donne religiosi e laici erano caratterizzati da una genuina gioia spirituale e da un’amicizia nell’amore di nostro Signore Gesù Cristo. Fui in grado di fare esperienza della ricchezza e varietà di vita della Chiesa nel vostro Paese. In ogni area la fede unica, gli stessi sacramenti e la comunione nella stessa vita ecclesiale costituiscono una manifestazione di universalità del corpo di Cristo; nello stesso tempo tutto questo è vissuto secondo le tradizioni di tre comunità: la Chiesa latina, la Chiesa orientale del rito di syro-malabar e quella del rito syro-malankara. Specialmente in Kerala le ricche tradizioni di ogni rito erano fonte di spirituale devozione e partecipazione liturgica.

Ho avuto numerosi incontri con rappresentanti delle altre Chiese e comunità cristiane presenti nelle varie regioni. Spero che questi incontri daranno nuovo impeto alla causa ecumenica che sta di fronte a tutti i discepoli di Cristo come un urgente imperativo scaturito dalla chiara intenzione dello stesso Signore: che tutti siano un’unica cosa (cf. Gv 17, 21). Ho potuto visitare alcuni dei posti legati alla predicazione a al martirio di san Tommaso nel quale la Chiesa in India rintraccia le sue origini. Ho anche visitato la tomba dell’altro grande apostolo dell’India, san Francesco Saverio, a Goa. Uno dei momenti di maggiore intensità spirituale fu la Messa di beatificazione di padre Kuriakose Elias Chavara e di suor Alphonsa a Kottayam l’8 febbraio. Un fratello e una sorella di Kerala e della Chiesa di syro-malabar, entrambi erano colmi di intenso amore per Cristo e per la sua Chiesa. Essi sono testimoni esemplari della lunga tradizione di santità e consacrazione religiosa che caratterizza la Chiesa in India. Con la loro intercessione possano essi continuare a sostenere il lavoro della Chiesa di servizio e di testimonianza del Vangelo nel vostro Paese.

5. È impossibile riassumere in poche parole l’intera esperienza di questo pellegrinaggio. Deve seguire un periodo di riflessione non solo sugli eventi esteriori connessi alla visita stessa, ma specialmente sulla “grazia che Dio ha mostrato nelle Chiese” (2 Cor 8, 1).

Le sfide che sono di fronte alla comunità ecclesiale in India sono legate intimamente al grande compito che fronteggia l’India stessa. Il cammino della Chiesa non può essere altro che la difesa della dignità umana a tutti i livelli e il servizio umile a ogni persona bisognosa. Ci sono temi sui quali tutte le grandi tradizioni dell’India possono incontrarsi e collaborare. Desidero incoraggiarvi lungo questo sentiero.

Sono contento di sapere che sebbene voi siate lontani dal vostro Paese natio rimanete in contatto tra voi mentre siete a Roma. In questo modo voi cercate di rimanere uniti alla vostra eredita culturale e offrite sostegno e solidarietà reciproca. Possa Dio onnipotente benedirvi e sostenervi in questa fase della vostra vita. Possa egli garantire pace e amore a voi e alle vostre famiglie.

 

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