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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AD UN GRUPPO DI EX-COMBATTENTI
DELLA «

PREMIÈRE DIVISION FRANÇAISE LIBRE»

Lunedì, 26 maggio 1986

 

Signori, signore.

1. Quarantadue anni fa, un buon numero di voi passarono qui vicino, risalirono la penisola italiana dal sud al nord, come combattenti della prima Divisione Francese libera. Non avete voluto capitolare davanti a coloro che, per mezzo della forza militare, avevano umiliato il vostro Paese e l’avevano in parte privato della libertà. La vostra lunga marcia ebbe inizio in Africa, vi condusse al fianco dei vostri Alleati sui campi di battaglia in Italia, prima di riconquistare e liberare la Francia. Oggi, accompagnati dalle vostre famiglie e dagli amici che saluto con voi, desiderate ripercorrere, da pellegrini commossi, questi luoghi ai quali è rimasta attaccata una parte della vostra vita e del vostro cuore. E in questa tappa romana avete manifestato il desiderio di incontrarmi. Vi ringrazio per questo passo fiducioso. Vorrei sottolineare soltanto che è importante trattenere questo ricordo per molti aspetti: per voi, per coloro che sono morti, per le nuove generazioni e per il vostro itinerario spirituale.

2. Per voi si tratta di rivivere un’esperienza drammatica e confortante. Il tempo non cancellerà mai il carattere tragico, crudele, disumano di questi combattimenti feroci, nei quali spesso rischiaste la vostra vita. La seconda guerra mondiale causò tante vittime e tali distruzioni da poter trattenere un solo augurio che mai più si riproduca un simile disastro per il quale tante nazioni hanno sofferto a incominciare dall’Europa.

D’altro canto, all’interno di questo mondo segnato dalla violenza, dalla sofferenza, dall’odio e da numerose miserie, avete fatto delle esperienze positive; avete vissuto autentici valori umani e morali. Eravate animati da un grande slancio, perché volevate ridonare ai vostri compatrioti, ai popoli europei, le condizioni di pace, di libertà, di giustizia che costituiscono la dignità degli uomini. Ciò vi rendeva capaci di dedizione, di spirito di sacrificio, spirito talvolta fino all’eroismo. Tra di voi si stabiliva una amicizia, una solidarietà del tutto speciali senza contare l’apertura al di sopra delle frontiere tra soldati francesi, italiani, polacchi, britannici e altri. Questo coraggio e queste virtù vi hanno forgiato un’anima che forse ha segnato il resto della vostra vita. È bene che le vostre famiglie e i vostri amici siano iniziati a quest’esperienza.

3. Ma molti dei vostri compagni sono morti in questi combattimenti. I cimiteri restano testimoni permanenti di questa crudeltà della guerra e del sacrificio acconsentito da questi uomini spesso ancora giovani che hanno dato la propria vita per affermare un diritto e una libertà per se stessi e per gli altri (cf. Ioannis Pauli PP. II Nuntius televisificus Urbi et Orbi missus occasione Dominicae Paschatis in Resurretione Domini, die 7 apr. 1985: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, VIII, 1 [1985] 934 S). Non dobbiamo mai dimenticarli. Io stesso ho voluto inginocchiarmi davanti alle loro tombe il 17 maggio 1979, nel celebre cimitero di Monte Cassino. E l’ho fatto a Ypres nel Belgio fiammingo il 17 maggio 1985, davanti al grande campo di battaglia della prima guerra mondiale. Sì, bisogna essere fedeli con il ricordo, con un ricordo di riconoscenza. E per noi credenti questa fedeltà si esprime in Dio misericordioso, affinché accolga nella sua pace e nella sua vita ciascuno di questi morti e continui a riconfortare le loro famiglie. So che è il senso della vostra visita al cimitero francese di Monte Mario.

4. Questo ricordo è anche un’occasione di meditazione, per voi e più ancora per le nuove generazioni. Queste devono fare tutto il possibile per costruire solidamente la pace e la fraternità tra i popoli, perché sia scartato il flagello della guerra, perché siano eliminate le cause della guerra: l’odio, il razzismo, le ideologie totalitarie, gli squilibri economici, i terrorismi, la tendenza ad accumulare armi al prezzo di spese rovinose . . . Il mondo d’oggi deve anche interrogarsi sui valori morali e spirituali che fondano la vita nella società nella quale si beneficia l’assenza della guerra. Infatti voi avete combattuto perché il vostro Paese conoscesse una vera libertà, una pace sociale e una fraternità autentiche, più giustizia e un più grande rispetto delle esigenze che assicurano la dignità delle persone e delle famiglie. Non sarebbe dannoso vedere la società perdersi sulle false piste di una libertà senza controllo o di un piacere degradante? Voi potete e dovete continuare a portare la vostra testimonianza perché le giovani generazioni comprendano meglio quali sforzi richiede una civiltà degna dell’uomo.

5. Infine l’associazione, come molte di ex combattenti, ex prigionieri dell’una o dell’altra guerra, fa menzione del posto che cappellani militari hanno tenuto in mezzo a voi, sui campi di battaglia, preti che portavano il loro soccorso umano, la loro amicizia e il loro aiuto spirituale. Per molti, grazie a questi preti come anche ai cristiani laici convinti, questo tempo difficile, questo tempo di prova è stato un tempo di riscoperta della fede, nella semplicità di un dialogo nella verità che le preoccupazioni della vita civile rischiano talvolta di soffocare. Certamente questa adesione alla fede è un passo profondo, spesso lento e progressivo, sempre libero. Ma precisamente sembra che questo richiamo spirituale fosse aiutato allora dal clima che regnava tra di voi. Ringraziate Dio se è stato così per voi. Siate fedeli a questa grazia che vi è data. E non temete di aprire ancora il vostro cuore alla grazia che bussa sempre alla porta in mille modi, allo Spirito Santo che attira, purifica ed eleva coloro che acconsentono di pregarlo. Vi incoraggio anche in ogni modo a rinsaldare i legami fraterni che vi uniscono profondamente nel rispetto delle coscienze, delle vocazioni e dei vostri itinerari di vita così vari. Prego il Signore di benedire voi e tutti i vostri.

 

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