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PELLEGRINAGGIO APOSTOLICO NELLE ISOLE FIJI

INCONTRO DI GIOVANNI PAOLO II
CON I VESCOVI DELLA CONFERENZA EPISCOPALE DEL PACIFICO

Suva (Fiji), 21 novembre 1986

 

Fratelli nell’episcopato del Pacifico.

1. È per me una grande gioia essere qui nel seminario regionale del Pacifico di san Pietro Chanel. Mi avete accolto nel più cordiale spirito di amore fraterno. Con cuore grato vi saluto nella grazia e nella pace di nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo. Siete venuti da tutte le Chiese particolari di questo immenso territorio della Melanesia, della Micronesia e della Polinesia, per celebrare insieme a me l’unità e l’universalità della Chiesa, e per manifestare la vostra fedeltà e il vostro amore al successore di Pietro. Sono profondamente riconoscente a ciascuno di voi.

In qualità di vescovi, rappresentate nelle vostre stesse persone il popolo di Dio delle arcidiocesi di Suva, Agana, Papeete, Nouméa, e Samoa-Apia e Tokelau, nonché delle diocesi di Port-Vila, Tonga, Wallis e Futuna, Taiohae, Samoa-Pago Pago, Chalan Kanoa, Rarotonga, Tarawa e Nauru, Carolines-Marshalls e della Missione “sui iuris” di Funafuti. Il nome di ciascuna di queste Chiese locali parla dell’amore provvidenziale di Dio, incarnato in una cultura e in un popolo particolare nella vita del clero, dei religiosi e dei laici ai quali voi rivolgete le vostre cure di pastori.

Tutti noi ricordiamo la domanda che Natanaele pose a Filippo: “Da Nazaret può mai venire qualcosa di buono?”. Filippo rispose con semplicità: “Vieni e vedi” (Gv 1, 46). Poco dopo aver posto questa domanda, Natanaele avrebbe iniziato a vedere quanto di buono potesse venire da Nazaret.

Ciascuna delle Chiese locali in cui voi operate nel nome di Cristo rappresenta, in modo particolare, il mistero di Nazaret, perché il Salvatore risorto vive oggi nel vostro popolo fedele. Visitando Figi, ho avuto modo di vedere quanto di incredibilmente buono può venire dal corpo di Cristo in Oceania. Mi rallegro di questa opportunità di poter celebrare con voi le meraviglie che Dio ha compiuto e che continua a compiere in questa parte del mondo.

Desidero anche cogliere quest’occasione per ringraziarvi per avere aiutato alcuni dei vostri fedeli a venire qui, a Suva, oggi, o ad essere con me nei prossimi giorni in Nuova Zelanda o in Australia. Mi dispiace di non poter visitare ciascuna delle vostre comunità locali in questa occasione, ma vi assicuro che voi tutti siete molto cari al cuore del Papa. Spero, con l’aiuto di Dio, di poter tornare, in futuro, per vedere lo Spirito Santo all’opera tra di voi.

2. Sedici anni fa, Papa Paolo VI visitò questa parte del mondo. Alcuni di voi saranno stati presenti in quell’occasione storica quando, nelle Samoa Occidentali, rivolse un appello missionario al mondo intero. In onore al mio amato predecessore e in considerazione dell’immutata importanza delle sue parole, vi ricordo l’esortazione che fece all’epoca, a continuare con zelo l’opera di evangelizzazione. Egli affermò: “L’opera missionaria, in nome della quale sono tra di voi, si iniziò il giorno di Pentecoste e continua ancora ai nostri giorni. È sempre necessaria e sempre urgente” (PAULI VI Allocutio in pago Leulomoega, ad Christifideles, qui in ecclesia in honorem Sanctae Annae dicata, Savo a Beatissimo Patre peracto intererant, die 30 nov 1970: Insegnamenti di Paolo VI, VIII [1970] 1286).

La Chiesa è missionaria per sua stessa natura. In ogni epoca, essa si sente stimolata dalle parole del nostro Salvatore: “Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni” (Mt 28, 19). La Chiesa in Oceania mostra in modo eloquente i frutti di questo spirito evangelizzatore. L’evangelizzazione è compito di ognuno nella Chiesa, anche se i vescovi hanno il compito specifico di guidare questo vasto raggio d’azione e di coordinare gli sforzi di tutti. Avete lavorato a lungo e faticosamente per proclamare il Vangelo. La buona novella di Cristo è stata accolta con fede e gratitudine, e la Chiesa è stata saldamente impiantata tra di voi.

La fase seguente, non meno urgente, è il consolidamento e l’approfondimento della fede. Devono essere ricercati mezzi sempre più efficienti per trasmettere a tutti, ma in modo particolare ai giovani, gli insegnamenti della Chiesa e i valori morali derivanti dal Vangelo. Le istituzioni caritative, sanitarie ed educative saranno sempre necessarie per poter rispondere alle crescenti esigenze. E l’elemento sicuramente più importante è il reclutamento e la formazione di operatori dell’evangelizzazione, in particolare sacerdoti.

3. A questo proposito, desidero congratularmi con voi, come ho già fatto in un’altra occasione, per la realizzazione di questo seminario regionale del Pacifico. Il fatto che il numero delle vocazioni al sacerdozio e alla vita religiosa sia, anno per anno, in continuo aumento, colma il mio cuore di gioia. So che per mezzo della grazia dello Spirito Santo questo aumento è dovuto in non piccola parte ai vostri sforzi e al vostro zelo di pastori del gregge di Cristo.

Sono anche lieto del fatto che la promozione delle vocazioni sacerdotali e il sostegno di questo seminario regionale siano caratterizzati da vera collaborazione. In questo modo, voi avete realmente reso testimonianza della natura collegiale del ministero episcopale nella vostra opera per assicurare un programma più efficace di formazione sacerdotale per tutte le vostre Chiese particolari.

Vi chiedo di conservare sempre questo interesse per il seminario e in particolare per i seminaristi, mediante il contatto personale e la cura paterna. È importante che tutti gli aspetti della formazione nei Seminari conducano i giovani a una maggiore conoscenza e a un maggiore amore per nostro Signore Gesù Cristo.

Vi incoraggio a continuare nel compito vitale della promozione delle vocazioni al sacerdozio e alla vita religiosa. Il futuro della Chiesa dipende in gran parte dalla testimonianza evangelica e dalla generosa disponibilità dei sacerdoti e dei religiosi. In particolare, vi incoraggio nella vostra sollecitudine pastorale per raggiungere i giovani delle vostre parrocchie e comunità. Prego affinché possiate vivere un tale fiorire di vocazioni tra di voi così che, in un futuro non troppo lontano, le Chiese istituite da missionari possano a loro volta inviare missionari in altre nazioni.

4. Incontrandomi con voi questa sera, vorrei fermarmi un attimo a riflettere sulla vita di due illustri santi della Chiesa: Pietro Chanel, il grande patrono dell’Oceania, che nel 1836 salpò dalla Francia per portare il Vangelo in questa parte del mondo; e Agostino, il vescovo e teologo di cui quest’anno celebriamo il sedicesimo centenario della conversione. Questi due uomini, di così diverso temperamento e qualità, e che hanno servito la Chiesa in situazioni storiche e geografiche così diverse, sono stati, nonostante ciò, motivati e sostenuti dallo stesso amore per Cristo e dallo stesso zelo per il Vangelo.

È opportuno che la Chiesa festeggi Agostino in questo centenario della sua conversione. Egli veramente è uno dei maggiori vescovi e maestri nella storia della cristianità. In ogni modo egli ha posto i suoi doni intellettuali e la sua energia spirituale al servizio della Chiesa: nella Chiesa particolare di Ippona, dove era rinomato per le sue iniziative catechetiche, per il sostegno fraterno che dava ai sacerdoti e ai religiosi, per le sue stimolanti omelie ed istruzioni, per la sua cura amorevole per i poveri; nella Chiesa dell’Africa del Nord e nella Chiesa universale, quando essa si trovò ad affrontare divisioni e confusioni, dovute a paganesimo e movimenti eretici.

Persino oggi, in questo mondo tecnologico, così diverso da quello di allora, Agostino rimane un modello di ispirazione per il ministero episcopale. Egli definì se stesso con queste parole: “Servo di Cristo, e attraverso di lui, servo dei suoi servi” (Epist 217: PL 33, 978). Sicuramente, non potremmo trovare motto migliore per la nostra vita di vescovi di questa Chiesa. Ma forse, quello che più rimane memorabile di Agostino, e più meritevole della nostra imitazione, è proprio la sua conversione. Egli è il grande convertito, non solo in un momento drammatico, ma per tutta la sua vita. Come egli disse una volta: “Dobbiamo sempre essere fatti da Dio, sempre perfezionati, dobbiamo aggrapparci a lui e restare nella conversione che ci porta a Lui . . . Perché noi siamo la sua creazione, non solo in quanto persone umane, ma anche in quanto noi siamo delle buone persone umane” (De Genesi ad Litteram, 8, 12, 27).

Come vescovi, anche noi dobbiamo sempre progredire nella via della conversione, sempre disponibili a crescere nell’amore di Cristo nostro Salvatore. Allo stesso tempo, dobbiamo invitare il nostro popolo a scegliere la stessa via e a continuare su di essa. La conversione richiederà la riconciliazione, e il grande dono che Dio ci ha messo a disposizione a questo scopo è il sacramento della Penitenza. È contemporaneamente il sacramento del perdono, della riconciliazione e della misericordia. Per questa ragione vi chiedo di incoraggiare una frequenza regolare a questo sacramento da parte del vostro popolo, e vi chiedo di incoraggiare i vostri fratelli sacerdoti a dedicarsi generosamente a questo servizio pastorale. Il sacramento della Penitenza è il primo passo fondamentale, attraverso la riconciliazione, verso la pace: pace nel cuore di ogni singolo, nelle nostre comunità e nel mondo.

5. È veramente conveniente che questo seminario regionale sia stato posto sotto il patronato di san Pietro Chanel. Quale modello migliore di sacerdozio potrebbe essere offerto ai giovani, se non questo missionario divenuto il primo martire per la fede in Oceania? Il martirio, come ha detto il Concilio Vaticano II, è “il dono eccezionale e la suprema prova di carità” (Lumen Gentium, 42). È bene però che noi ricordiamo che le basi per l’eroico martirio di Pietro Chanel erano state poste molto prima della sua morte.

Molti anni prima che fosse messo a morte nella sua stessa capanna, Pietro Chanel aveva iniziato a vivere, nel modo più intimo, il mistero pasquale di Cristo. Insieme a san Paolo egli poteva dire: “Tutto quello che voglio è di conoscere Cristo, la potenza della sua risurrezione, la partecipazione alle sue sofferenze, diventandogli conforme nella morte” (Fil 3, 10). Questo è quanto sosteneva lui, e ancora oggi sorregge i vostri sacerdoti in Oceania. Quando egli si trovò ad affrontare le privazioni materiali e gli ostacoli sociali in quei primi anni passati a Futuna, e quando fu pervaso dal senso di isolamento e di scoraggiamento, che erano parte di quei primi sforzi missionari, egli si rincuorò e trovò la forza di perseverare guardando fermamente alla croce e risurrezione del nostro amorevole Redentore.

Con la sua profonda fede e la sua notevole pazienza, egli era sempre gentile. Mai perse la speranza nel potere del Vangelo di trasformare. Se consideriamo che nei due anni successivi al suo martirio l’intera isola divenne cattolica, ci rendiamo conto che doveva esserci qualcosa di notevole nella sua testimonianza quotidiana di vita in Cristo. La sua vita conferma la verità di quanto Paolo VI ebbe a dire nella sua esortazione apostolica sull’evangelizzazione: “Per la Chiesa, la testimonianza di una vita autenticamente cristiana, abbandonata in Dio in una comunione che nulla deve interrompere, ma ugualmente donata al prossimo con uno zelo senza limiti, è il primo mezzo di evangelizzazione . . . È dunque mediante la sua condotta, mediante la sua vita, che la Chiesa evangelizzerà innanzitutto il mondo, vale a dire mediante la sua testimonianza vissuta di fedeltà al Signore Gesù, di povertà e di distacco, di libertà di fronte ai poteri di questo mondo, in una parola di santità”.

6. Fratelli nell’episcopato, vi lascio con questi pochi pensieri, pienamente cosciente che molto di più vi sarebbe da dire. Non ci è possibile ora parlare di tutto ciò che è nelle nostre menti e nei nostri cuori, ma io, dal canto mio, desidero assicurare della mia vicinanza voi e il vostro popolo. Tra il successore di Pietro e i successori degli altri apostoli esiste veramente un profondo legame spirituale e pastorale; è la nostra “collegialitas affectiva et effectiva”. Possiamo sempre trovare le strade per sostenerci a vicenda nei nostri sforzi uniti nella costruzione della Chiesa e per vivere questa comunione nel servizio e nella fede.

Davanti all’altare ogni giorno, e in tutte le mie preghiere presento voi e il vostro clero, i religiosi e i laici, al Padre in gratitudine orante. Le parole di san Paolo esprimono bene quanto sento nel cuore: “Ringrazio il mio Dio ogni volta ch’io mi ricordo di voi, pregando sempre con gioia per voi, a motivo della vostra cooperazione alla diffusione del Vangelo” (Fil 1, 3-5).

Cari fratelli nell’episcopato, in questa ora di gioia e di comunione ecclesiale vi raccomando a Maria Madre di Gesù e Madre della sua Chiesa. Affido anche alle sue amorevoli cure il futuro delle vostre Chiese locali, e in particolare il vostro generoso impegno affinché nostro Signore Gesù Cristo sia sempre meglio conosciuto e amato. La imploro affinché aiuti i poveri e i bisognosi, e affinché protegga tutto il popolo di Dio sparso nel Pacifico. Che ella sia per tutti voi motivo di gioia e sorgente di forza!

 

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