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PELLEGRINAGGIO APOSTOLICO IN NUOVA ZELANDA

DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AL CORPO DIPLOMATICO*

Wellington (Nuova Zelanda), 23 novembre 1986

 

Eccellenze, signore e signori.

1. Colgo con grande piacere questa occasione per salutare voi, membri del Corpo Diplomatico, durante la mia visita in Nuova Zelanda. Come sapete, la Nuova Zelanda è un paese di grande varietà, un paese di differenti razze e culture. La vostra presenza qui come rappresentanti di numerosi paesi mi fa venire in mente la diversità di gran lunga maggiore delle nazioni che costituiscono la famiglia umana. Questa diversità, sia in una società come quella della Nuova Zelanda che tra nazioni, scaturisce dai differenti patrimoni storici, culturali, linguistici e religiosi dei popoli. Permette a ciascun gruppo di portare il proprio contributo unico e inconfondibile al bene comune, ma può anche essere un pretesto di separazione e di divisione. Può incrementare la ricchezza e la profondità della nostra umanità come può anche essere usata, come tutti ben sappiamo, per promuovere odio, violenza e guerre.

Nello stesso tempo riconosciamo che esiste un’unità ancora più basilare che trascende tutte le differenze. È quella che scaturisce dal fatto che siamo tutti figli di Dio. La nostra comune umanità è un dono di Dio. Trova espressione nel desiderio universale, di vita e di libertà, di benessere spirituale e materiale per se stessi e per i propri cari. Tutti condividono inoltre il desiderio di pace.

2. Nel mio messaggio nella recente Giornata mondiale della pace ho affermato: “La pace è valore che non ha frontiere. Essa è un valore che corrisponde alle speranze e alle aspirazioni di tutte le persone e di tutte le nazioni, dei giovani e dei vecchi, di tutti gli uomini e donne di buona volontà”.

In un mondo nel quale le distanze sono annullate dai moderni mezzi di trasporto e di comunicazione, in un mondo che diventa sempre più interdipendente nonostante le sue diversità, vi può essere una sola pace, se dev’esservene una. Se anche un solo popolo o una sola nazione si chiuderà contro gli altri o contro le legittime aspirazioni di un altro popolo o di un’altra nazione, non vi potrà essere pace nel mondo. Gli egoismi portano solo a strategie d’ingiustizia, di repressione e di violenza, sia all’interno di una nazione che tra nazioni.

3. Signore e signori: come uno che serve nella veste di pastore religioso per popoli di molte razze, culture e nazioni, mi appello a voi e ai governi che rappresentate per promuovere la pace concentrando la vostra attenzione su ciò che unisce la famiglia umana anziché su ciò che la divide. Mi appello a voi perché aiutiate il mondo a vedere la diversità come fonte di benedizione e di pace piuttosto che come fonte di discordia. Sarebbe ingenuo da parte nostra pensare che tutti i conflitti e tutte le discordie possano essere aboliti. Ma non possiamo sperare forse di avere capi saggi e umani i quali abbiano il coraggio di trascendere le ideologie, gli interessi miopi e i fini puramente politici, e che vogliano dare testimonianza dell’unità tra gli uomini?

Non possiamo forse sperare, signore e signori, che i differenti popoli e le differenti nazioni del mondo crescano nella loro umanità cercando una migliore comprensione delle diversità degli altri, un maggior apprezzamento del punto di vista degli altri, e un più generoso rispetto delle legittime speranze e aspirazioni di persone che sono differenti da loro? Non possiamo forse sperare che noi stessi, popoli di differenti paesi e di differenti credenze religiose, contribuiremo a promuovere una pace unica attraverso una maggiore comprensione, un maggior apprezzamento e un maggior rispetto gli uni per gli altri nella nostra vita quotidiana? Questo sarà possibile soltanto se saremo disposti a imboccare la via del dialogo. Nel messaggio per la Giornata della pace cui accennavo un momento fa, mi esprimevo così: “Il dialogo porta gli esseri umani a entrare in contatto quali membri di una sola famiglia umana, in tutta la ricchezza delle loro diversità culturali e storiche . . . Il cammino del dialogo è un cammino di scoperte, e quanto più noi ci scopriamo l’un l’altro, tanto più possiamo sostituire le tensioni del passato con i vincoli della pace”.

4. Sono convinto che le speranze che ho espresso oggi non sono speranze vane. Sono i traguardi verso i quali ogni persona e ogni nazione deve muoversi con coraggio e perseveranza. Sono fiducioso che anche voi, che vi siete dedicati al servizio diplomatico, condividiate queste speranze in un mondo più pacifico, per voi stessi e per i vostri figli, per le vostre famiglie e per i vostri amici, per i vostri vicini e per i vostri concittadini.

In conclusione, signore e signori, vi ringrazio per essere venuti qui oggi e per l’occasione che mi viene data di farvi parte di alcune riflessioni che hanno particolare importanza per me nell’adempimento del mio ministero. Vi faccio i miei più sentiti auguri per l’adempimento dei vostri importanti compiti e invoco la benedizione di Dio su di voi e sui vostri cari.


*L'Osservatore Romano 24.11.1986 p.4.

 

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