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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI CARDINALI E AI PRELATI DELLA CURIA ROMANA
RICEVUTI PER LA PRESENTAZIONE DEGLI AUGURI NATALIZI

Martedì, 22 dicembre 1987

 

Signori Cardinali,
Venerati fratelli nell’episcopato e nel sacerdozio,
Carissimi laici
,

1. Ringrazio sinceramente il Cardinale Decano per le parole di augurio, con cui ha interpretato i sentimenti di ciascuno di voi in questo tradizionale e sempre caro incontro pre-natalizio. Esse hanno pure attratto la nostra comune attenzione sul particolare significato che l’annuale circostanza riveste. In effetti ci incontriamo alla vigilia del Natale dell’Anno Mariano.

Se tutti gli anni, in questa occasione, i nostri cuori trepidano nell’attesa di Colui che nasce a Betlemme dal seno immacolato di Maria, e ci auguriamo a vicenda di vivere adeguatamente questo evento centrale della storia accogliendo in noi il Verbo Incarnato, in quest’Anno Mariano il nostro incontro riveste un carattere particolare, e dà un’impronta specifica alla nostra riflessione natalizia. L’Anno Mariano, infatti, ci prepara ad andare incontro a Cristo, in questo Avvento del terzo Millennio, a rivivere il mistero della sua incarnazione, seguendo Maria che ci precede in questo cammino di fede. Ella è stata la prima “ministra” del Verbo.

Come membri della Curia Romana siamo consapevoli di servire il Mistero dell’incarnazione, dal quale prende inizio la Chiesa come “Corpo”. In Maria, ha detto Sant’Agostino, “unigenitus Dei Filius humanam sibi dignatus est coniungere naturam, ut sibi capiti immaculato immaculatam consociaret Ecclesiam” (S. Augustini, Sermo 191,3; PL 38,1010). Nasce da Maria il Cristo Capo, a cui è da allora indissolubilmente unita la Chiesa, suo Corpo. Nasce il “Christus totus”. E noi, che siamo i servitori, i ministri di questo mistico Corpo, nutriti quotidianamente col Corpo Eucaristico di Gesù, manifestiamo quest’anno la gioia più profonda per la presenza particolare della Madre di Dio nel Mistero di Cristo e della Chiesa, nel quale ci sappiamo particolarmente inseriti.

2. Come ben sappiamo, il Vaticano II ha compiuto una grande sintesi tra la mariologia e l’ecclesiologia. L’Anno Mariano segue tale sintesi ed ispirazione conciliare affinché la Chiesa si rinnovi dappertutto mediante la presenza della Madre di Dio, che - come insegnavano i Padri - è “modello” (typus) della Chiesa.

Il Concilio ha dato un’interpretazione luminosa di questa presenza della Vergine nel piano divino della salvezza: proprio perché strumento e canale privilegiato dell’incarnazione del Verbo nell’umana natura, e della sua venuta in mezzo a noi, Maria “è intimamente congiunta con la Chiesa: la Madre di Dio è figura della Chiesa, come già insegnava San Ambrogio, nell’ordine cioè della fede, della carità e della perfetta unione con Cristo” (Lumen Gentium, 63). Sviluppando questo pensiero, ho scritto nell’Enciclica Redemptoris Mater che “la realtà dell’incarnazione trova quasi un prolungamento nel mistero della Chiesa-corpo di Cristo. E non si può pensare alla stessa realtà dell’incarnazione senza riferirsi a Maria, Madre del Verbo incarnato” (Ioannis Pauli PP. II, Redemptoris Mater, 5).

Maria unita a Cristo, Maria unita alla Chiesa. E la Chiesa, unita a Maria, trova in Lei l’immagine più alta e perfetta della propria specifica missione, che è al tempo stesso verginale e materna. I Padri e Maestri della Chiesa antica hanno sottolineato molto questo duplice aspetto. Ancora Sant’Agostino, ad esempio, dice mirabilmente: “Hic est speciosus forma prae filis hominum, sanctae filius Mariae, sanctae sponsus Ecclesiae, quam suae genitrici similem redditit: nam et nobis eam matrem fecit, et virginem sibi custodit” (S. Augustini, Sermo 195, 2; PL 38,1018). La Vergine Maria è archetipo della Chiesa a causa della maternità divina, e, come Maria, la Chiesa deve, e vuole essere, madre e vergine. La Chiesa vive di questo autentico “profilo mariano”, di questa “dimensione mariana”, che il Concilio, raccogliendo le voci della patristica e della teologia, orientale e occidentale, ha così sintetizzato: “Contemplando l’arcana santità di Lei e imitandone la carità, adempiendo fedelmente la volontà del Padre per mezzo della parola di Dio accolta con fedeltà, (la Chiesa) diventa anche essa madre, poiché con la predicazione e il battesimo genera a una vita nuova e immortale figlioli, concepiti ad opera dello Spirito Santo e nati da Dio. Essa pure è vergine, che custodisce integra e pura la fede data allo Sposo, e ad imitazione della Madre del suo Signore, con la virtù dello Spirito Santo, conserva verginalmente integra la fede, solida la speranza, sincera la carità” (Lumen Gentium, 64).

3. Questo profilo mariano è altrettanto - se non lo è di più - fondamentale e caratterizzante per la Chiesa quanto il profilo apostolico e petrino, al quale è profondamente unito. Anche sotto questo aspetto della Chiesa, Maria precede il Popolo di Dio pellegrinante.

Maria è Colei che, predestinata ad essere Madre del Verbo, è vissuta continuamente e totalmente nella sfera della grazia divina, sotto il suo influsso vivificante; è stata specchio e trasparenza della vita di Dio stesso. Immacolata, “piena di grazia”, Ella è stata preparata da Dio all’Incarnazione del Verbo, e si è trovata sotto l’azione ininterrotta dello Spirito Santo; è stata il “Sì”, il “Fiat” per eccellenza a Colui che l’aveva prescelta “prima della creazione del mondo” (Ef 1, 4); e lo è stata nella docilità, nell’umiltà, nella rispondenza ai minimi cenni della giustizia, resa, possiamo ben dire, doppiamente madre per la piena conformità alla volontà di Dio: “Chi compie la volontà di Dio, è . . . mia madre” (cf. Mc 3, 35). La maternità divina, privilegio unico e sublime della sempre Vergine, deve essere vista in questa prospettiva, quale supremo coronamento della fedeltà di Maria alla grazia.

La dimensione mariana della Chiesa emerge dalla similitudine dei compiti nei confronti del Cristo totale: ad essa infatti si applica in modo particolare la parola di Gesù secondo cui “chi compie la volontà di Dio è mio fratello, sorella e madre” (cf. Mc 3, 35); anche la Chiesa, come Maria, vive nella grazia, nella sottomissione allo Spirito Santo, alla sua luce interpreta i segni e le necessità dei tempi, e avanza nel cammino della fede in piena docilità alla voce dello Spirito.

In questo senso, la dimensione mariana della Chiesa antecede quella petrina, pur essendole strettamente unita e complementare. Maria, l’Immacolata, precede ogni altro, e, ovviamente, lo stesso Pietro e gli apostoli: non solo perché Pietro e gli apostoli, provenendo dalla massa del genere umano che nasce sotto il peccato, fanno parte della Chiesa “sancta ex peccatoribus”, ma anche perché il loro triplice “munus” non mira ad altro che a formare la Chiesa in quell’ideale di santità, che già è preformato e prefigurato in Maria. Come bene ha detto un teologo contemporaneo, “Maria è “regina degli apostoli”, senza pretendere per sé i poteri apostolici. Essa ha altro e di più” (H. U. von Balthasar, Neue Klarstellungen, trad. it., Milano 1980, p. 181). Singolarmente significativa si rivela, da questo punto di vista, la presenza di Maria nel cenacolo, ove Ella assiste Pietro e gli altri apostoli, pregando con loro e per loro in attesa dello Spirito.

Questo legame tra i due profili della Chiesa, quello mariano e quello petrino, è dunque stretto, profondo e complementare, pur essendo il primo anteriore tanto nel disegno di Dio quanto nel tempo, nonché più alto e preminente, più ricco di implicazioni personali e comunitarie per le singole vocazioni ecclesiali.

In tale luce vive e deve vivere la Curia Romana, dobbiamo vivere tutti noi. Certamente la Curia si trova direttamente collegata al profilo petrino, al cui servizio è deputata per fisionomia, costituzione e missione. La Curia serve la Chiesa come Corpo, e, collocata si può dire al vertice, offre la sua collaborazione al Successore di Pietro nel suo servizio alle singole Chiese locali. E, pertanto, in questa attività, ciò che le è più necessario e indispensabile è conservare e avvalorare la dimensione mariana del suo servizio a Pietro. Maria precede anche tutti noi della Curia, che serviamo il Mistero del Verbo Incarnato, come precede l’intera Chiesa per la quale viviamo. Che Lei ci aiuti a scoprire sempre meglio, e a vivere sempre più autenticamente questa ricchezza che per noi, starei per dire, è vitale, decisiva; ci aiuti a inserirci consapevolmente in questa simbiosi tra la dimensione mariana e quella apostolico-petrina, da cui la Chiesa quotidianamente trae orientamento e sostegno. L’attenzione a Maria ed ai suoi esempi porti un di più di amore, di tenerezza, di docilità alla voce dello Spirito, perché si arricchisca interiormente la dedizione di ciascuno al servizio del ministero di Pietro.

4. Alla luce dell’idea-guida dell’Anno Mariano, che continua l’insegnamento del Vaticano II nel presentare Maria a guida del Popolo di Dio pellegrinante nel suo cammino di fede, vorrei ora soffermarmi su alcuni fatti salienti dell’anno che si sta per chiudere: e cioè il Sinodo dei Vescovi, le numerose beatificazioni e canonizzazioni, e la visita del Patriarca ecumenico Dimitrios I di Costantinopoli.

Anzitutto la Sessione del Sinodo: a due mesi dal termine dei lavori, vediamo sempre più chiaramente che, dagli interventi e lavori dei Padri Sinodali, è emersa l’immagine globale della Chiesa: come essa vive, come lavora, come prega, come soffre, come combatte, come segue il Cristo. Il Sinodo, effettivamente, ha offerto l’immagine di questo Popolo pellegrinante sulla terra, e perciò di quella porzione del Popolo di Dio che è il laicato, nella caratteristica della sua sfera specifica. In questo pellegrinaggio è ancor sempre la Madre che precede i suoi figli nel loro impegno di “cercare il regno di Dio trattando le cose temporali e ordinandole secondo Dio” nello spirito delle beatitudini (Lumen Gentium, 31). Questa presenza mariana nella missione dei laici, nel loro cammino di fede, è la linea che definisce lucidamente quel grande evento.

Man mano che aumenta la distanza dal Sinodo dello scorso ottobre, più se ne costata il risultato positivo, non solo per avere riaffermato l’insegnamento dei grandi documenti del Vaticano II, ma anche per l’accento posto sulla ecclesiologia di comunione come contesto necessario per situare il ruolo del laicato nella Chiesa per la salvezza del mondo. A tale riuscita hanno collaborato efficacemente i laici stessi: sia perché ciascuno dei Padri Sinodali ne rappresentava la voce, sia perché i laici, uomini e donne, sono intervenuti attivamente, mediante la loro rappresentanza cospicua e qualificata nel Sinodo, parlando nelle assemblee plenarie e collaborando intensamente nei “circuli minores”. Ne è risultato un quadro veramente universale delle diverse realtà che costituiscono la vera immagine della Chiesa di oggi. Come per i Sinodi precedenti, sarà mio dovere seguire le indicazioni emerse in quei giorni indimenticabili.

Intanto mi è piaciuto sottolineare, nel nostro incontro odierno, come questa ricchezza e pluralità di risultati sia il segno che la Chiesa è veramente aperta alla voce dello Spirito, in cammino sulla via della fede e dell’amore, e sempre più cosciente delle proprie responsabilità davanti a Dio e davanti al mondo. Maria è presente in questo cammino dei laici, per guidarli, come tutti ci guida, verso l’Avvento di Cristo.

5. Ancora il Vaticano II ha mostrato nella Madre di Dio Colei in cui la Chiesa ha già raggiunto il suo traguardo finale: “In cielo, glorificata ormai nel corpo e nell’anima, è immagine e inizio della Chiesa che dovrà avere il suo compimento nell’età futura” (Lumen Gentium, 68); questa affermazione riassume quanto la Costituzione dogmatica sulla Chiesa aveva spiegato in precedenza nel trattare sia “l’indole escatologica della Chiesa peregrinante e la sua unione con la Chiesa celeste” (Lumen Gentium, cap. VII), sia “l’universale vocazione alla santità nella Chiesa” (Lumen Gentium, cap. V). Nella “pienezza del tempo”, Maria, in grazia della sua concezione immacolata, ricompone in sé il disegno salvifico di Dio, sconvolto dal peccato, e, assunta in Cielo col suo corpo santissimo - che è l’Arca dell’Alleanza nuova ed eterna - già regna con Cristo nell’unità psico-fisica della sua persona.

Ella è dunque, dopo Cristo “primogenito dei morti” (Ap 1,5; cf. Col 1,18), Colei che precede la Chiesa in cammino verso il compimento finale della santità, e che l’attende in questa pienezza senza tramonto. Ma con Lei già si trovano, in attesa della risurrezione, tutti coloro che, secondo il giudizio della Chiesa, già sono in Cielo, e, avendo realizzato in se stessi il piano di Dio, hanno raggiunto il “successo” di ogni umana esistenza: il conseguimento della più intima unione con Cristo (cf. Lumen Gentium, 49).

Col pensiero rivolto alla Regina di tutti i Santi, in questo Anno Mariano, ricordo ora le 2 canonizzazioni e le 11 beatificazioni, che, così numerose nel 1987, hanno dimostrato - in modo forse più straordinario del solito - quanto sia reale, vera e attuale la chiamata universale della Chiesa alla santità, facendone vedere la pluralità etnico-vocazionale.

Infatti, i nuovi santi e beati appartengono a diverse vocazioni nel Popolo di Dio: vi sono, tra di essi, Cardinali come Marcello Spinola y Maestre (29.III) e Andrea Carlo Ferrari (10.V); Vescovi come Michael Kozal (14.VI) e Jurgis Matulaitis (28.VI); Sacerdoti e religiosi come Manuel Domingo y Sol (29.III), Rupert Mayer (3.V), Pierre-Francois Jamet (10.V) e Jules Arnould Rèche (1.XI); Religiose come Teresa de los Andes (3.IV), Benedetta Cambiagio Frassinelli (10.V), Ulrika Nisch e Blandina Merten (1.XI); Laici, uomini e donne, come Lorenzo Ruiz (18.X), Giuseppe Moscati (25.X), e molti altri di tutte le professioni e mestieri, anche i più umili; è una testimonianza data nelle più diverse circostanze, come pastori e ministri della Chiesa, come medici, come educatori ed evangelizzatori.

Non di rado questa testimonianza è stata la più ardua ed alta, quella del martirio per antonomasia, come è avvenuto per le tre Carmelitane di Guadalajara (29.III), per Edith Stein (1.V) e Karolina Kozka (10.VI), per Marcel Callo, Pierina Morosini e Antonia Mesina (4.X), per i 16 martiri del Giappone (18.X) come per gli 85 martiri inglesi (22.XI).

Inoltre, buona parte dei nuovi santi e beati sono vissuti nel nostro secolo, ci sono contemporanei: davvero, i santi sono ancora in mezzo a noi, e dimostrano che ancora oggi la Chiesa è chiamata alla santità, e vi risponde generosamente, ispirata e guidata da Maria.

Essi, inoltre, appartengono a diverse nazioni dei vari continenti: Francia, Spagna, Germania, Italia, Gran Bretagna, Polonia, Lituania, Giappone, Filippine, Cile: le recenti beatificazioni e canonizzazioni hanno avuto perciò un significato universale anche dal punto di vista geografico.

5. In questa visuale, reputo una grazia del Signore l’aver potuto proporre alla comune venerazione della Chiesa - venendo incontro alle ripetute insistenze dei Vescovi locali - alcuni di questi campioni della fede negli stessi ambienti sociali in mezzo ai quali vissero. Ciò mi fu dato durante alcuni dei viaggi apostolici di quest’anno: Suor Teresa de los Andes, a Santiago del Cile (3.IV); Suor Teresa Benedetta della Croce, a Colonia (1.V); Padre Mayer, a Monaco di Baviera (3.V); Karolina Kózka, a Tarnow (10.VI); e Monsignor Kozal, a Varsavia (14.VI).

La possibilità sempre più frequente di proclamare pubblicamente la santità eroica di figli e figlie della Chiesa nel corso delle mie visite ai vari Paesi del mondo, mi conferma che tali viaggi sono un servizio particolare sulla via della peregrinazione del Popolo di Dio, esattamente di quella peregrinazione verso il Regno definitivo di Cristo, nella quale Maria “precede” la Chiesa nei diversi luoghi della terra. Poiché i viaggi sono, con l’aiuto di Dio, l’applicazione coerente del mandato di Cristo - “euntes in mundum universum” (Mc 16, 15) - e della specificità del ministero petrino - “confirma fratres tuos” (Lc 22, 32) - essi hanno una irradiazione ancora maggiore proprio nell’esercizio del “munus” tanto alto e solenne di proporre all’imitazione della Chiesa gli esemplari autentici della santità, che le è propria. Essi danno inoltre la prova, davanti al mondo, che la santità è possibile a tutti i popoli, in tutte le civilizzazioni e a tutte le latitudini.

6. L’Enciclica Redemptoris Mater, seguendo il Concilio ha sottolineato che la “peregrinazione” della Chiesa, nella quale la Madre di Dio la “precede”, ha un evidente tratto ecumenico.

Per i fratelli disuniti delle Chiese e comunità ecclesiali di Occidente, il documento rileva come essi possono, anzi desiderano progredire insieme nel cammino di fede di cui Maria è esempio; di ciò esso vede un lieto auspicio nel fatto che quelle Chiese convengono “con noi in punti fondamentali della fede cristiana anche per quanto riguarda la Vergine Maria” (Ioannis Pauli PP. II, Redemptoris Mater, 30); l’enciclica sottolinea poi la convergenza di testimonianze storiche, teologiche, liturgiche e artistiche che la Chiesa ortodossa e le antiche Chiese orientali offrono circa la loro venerazione, teologicamente profonda e umanamente delicata, della Theotokos (Ivi, 31-33).

In questa luce acquista particolare significato la venuta a Roma di Sua Santità Dimitrios I, Patriarca ecumenico, dal 3 al 7 dicembre scorso, che ho avuto la grande gioia di ricevere in Vaticano, con la carità fraterna e l’onore che gli erano dovuti. È stata una visita di comunione ecclesiale in restituzione di quella che avevo fatto al Patriarcato ecumenico per la festa di Sant’Andrea del 1979, e realizzata con l’esplicito intento di contribuire al ristabilimento della piena comunione tra Cattolici ed Ortodossi.

L’evento ha tenuto pienamente conto della maturazione di sentimenti avvenuta fra Cattolici ed Ortodossi dal Concilio in poi e anche dei risultati del positivo dialogo teologico in corso. Abbiamo così potuto pregare insieme durante la celebrazione eucaristica nella Basilica di San Pietro; e nello spirito di questo Anno Mariano abbiamo potuto pregare insieme anche nella Basilica di Santa Maria Maggiore. Nella sua omelia mariologica il Patriarca Dimitrios I ha voluto rilevare come “le nostre due Chiese sorelle hanno mantenuto attraverso i secoli inestinguibile la fiamma della devozione alla veneratissima persona della Tutta Santa Genitrice di Dio”. Ciò costituisce un forte legame di congiunzione e di comune tradizione. Anche se, nel corso del tempo, sono state apportate distinzioni che certamente vanno chiarite nel dialogo, “il comune patrimonio dogmatico e teologico sviluppatosi intorno alla venerabile persona della Tutta Santa Genitrice di Dio costituisce un asse d’unità e di riunione delle due parti disgiunte”. Per sottolineare tutta l’importanza positiva di questa prospettiva il Patriarca Dimitrios ha voluto proporre che “il tema della mariologia occupi un posto centrale nel dialogo teologico tra le nostre Chiese, esaminato dal punto di vista non solo cristologico, ma anche antropologico e in particolare ecclesiologico per il pieno ristabilimento della nostra comunione ecclesiale, per la quale preghiamo, ci adoperiamo e verso la quale guardiamo con molta attesa”.

Questo pensiero incontra direttamente l’orientamento dell’Enciclica Redemptoris Mater. Rallegrandomi profondamente, esprimo la convinzione che anche per questo punto la visita del Patriarca ha dato un impulso positivo in profondità alle relazioni tra Cattolici ed Ortodossi. L’incontro nella carità fa vedere meglio la verità e fa vivere nella speranza. Sia gloria a Dio.

L’interesse, vorrei dire l’entusiasmo che questa visita ha suscitato mi fa ripetere il voto che la Chiesa “torni a respirare pienamente con i suoi “due polmoni”: l’Oriente e l’Occidente . . . Ciò è oggi più che mai necessario . . . Sarebbe anche la via per la Chiesa in cammino di cantare e vivere in modo più perfetto il suo Magnificat” (Ioannis Pauli PP: II, Redemptoris Mater, 34).

7. Ormai al termine del nostro incontro, mi è caro cogliere questa occasione per annunciare ufficialmente la non lontana pubblicazione di una Lettera Enciclica al fine di commemorare il XX Anniversario della Populorum Progressio di Paolo VI. Questa ha segnato una tappa fondamentale nella vita contemporanea della Chiesa, ed ha suscitato echi profondi nell’opinione pubblica, dando un nuovo segno della presenza viva della Chiesa stessa nelle drammatiche situazioni dello sviluppo e della pace nel mondo. Nel ricordare la continua attualità di quel grande documento, l’enciclica intenderà anche rilevare le nuove tematiche e rispondere ai problemi nuovi che, sullo stesso argomento, si sono presentati alla coscienza dell’uomo di oggi: essa vuole perciò mettersi sulla scia della Populorum Progressio, come sua ideale continuazione e prosecuzione.

Anche questo sottolinea quanto la Chiesa voglia camminare insieme agli uomini del nostro tempo: per tale motivo affido fin d’ora alla Vergine Santa questa enciclica, che tanto mi sta a cuore, affinché trovi risposta nella società e susciti rinnovati, concreti propositi di cooperazione internazionale per la fraterna intesa fra le nazioni e la promozione dell’autentico sviluppo, secondo il piano di Dio.

8. In questa prospettiva, che dobbiamo mantenere viva nei nostri spiriti, rinnovo oggi i miei ringraziamenti ed auguri per il Santo Natale. Li porgo a tutti voi, che, in ogni ordine e grado prestate una valida e apprezzata collaborazione alla Santa Sede nella Curia Romana, alla diocesi di Roma nel Vicariato, e alla Città del Vaticano; li porgo ai rappresentanti pontifici ed al personale diplomatico che li coadiuva nella loro missione; li estendo ai vostri cari, con un pensiero particolare alle famiglie ove sia qualche pena, fisica o spirituale. Gesù che viene, porti a tutti la sua grazia e la sua pace.

Cristo Bambino, che troviamo come i pastori ed i Magi tra le braccia di Maria sua madre, è la luce del mondo, ed è la luce delle nostre vite: “Ipse est menti nostrae lumen”, come dice Sant’Agostino (S. Augustini, Quaest. Evangeliorum, I,1; PL 35,1323). Che la sua luce guidi il servizio che prestiamo al Mistero dell’Incarnazione, ove è particolarmente inserita Lei, la Madre sua e nostra, la Madre della Chiesa: sarà quindi Lei a prenderci per mano e ad aiutarci ad essere fedeli nel nostro servizio ecclesiale, nel quale è anche e sempre Lei a “precederci”.

E con quell’affetto, che l’imminenza delle feste rende più intimo e forte, tutti vi benedico.

 

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