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VISITA PASTORALE A CIVITAVECCHIA

DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI SACERDOTI, AI RELIGIOSI E AI LAICI

Cattedrale di San Francesco - Giovedì, 19 marzo 1987

 

Cari fratelli e sorelle, sacerdoti, religiosi e religiose,
membri dei movimenti laicali di Civitavecchia e di Tarquinia!

1. Questo nostro incontro in Cattedrale è una manifestazione particolarmente evidente di quel mistero di comunione, del quale parla san Paolo: “Un solo corpo, un solo spirito,  . . . un solo battesimo . . . A ciascuno di noi, tuttavia, è stata data la grazia secondo la misura del dono di Cristo” (Ef 4, 4-5.7).

Ringraziamo lo Spirito Santo, perché oggi, in questo luogo sacro, risplende in modo speciale questo mistero di unità nella diversità, che è una nota della Chiesa, del corpo mistico di Cristo. Una nota, quindi, della vostra Chiesa locale.

Questo mistero di unità nella pluralità si fonda sul battesimo; che ci configura a Cristo, e riproduce, in ciascuno di noi, in forme e gradi diversi, le stesse fattezze del volto di Cristo: “Quanti siete battezzati in Cristo, vi siete rivestiti di Cristo” (Gal 3, 27).

Ognuno di voi è chiamato, in mezzo al Popolo di Dio e davanti al mondo, a testimoniare Cristo in un modo speciale, ad imitarlo più da vicino, a riprodurre con maggiore chiarezza ed evidenza i tratti della sua vita, del suo messaggio, della sua morte, della sua risurrezione. I tratti del suo amore, della sua donazione senza riserve, del suo sacrificio. Il mistero della sua presenza tra noi.

Ringraziamo lo Spirito Santo, che vi ha chiamati a questa testimonianza, ciascuno di voi secondo un particolare carisma destinato all’“utilità comune” (1 Cor 12, 7).

Questi carismi ci costituiscono altresì, “membra gli uni degli altri” (Rm 12, 5), per formare un solo corpo, e perché “le varie membra abbiano cura le une delle altre” (1 Cor 12, 25). Essi sono dunque un perenne principio di unità, di riconciliazione, di espansione missionaria, di testimonianza coraggiosa, di sempre nuove iniziative di carità e di giustizia.

2. Con questi pensieri, che vogliono essere un ringraziamento, oltre che a Dio, anche a voi, cari fratelli e sorelle qui presenti, io vi saluto cordialmente esprimendo la mia gioia di essere tra voi. Gioia che è il gaudio dell’esperienza di Chiesa, e che ricorda il detto del salmista: “Quanto è soave che i fratelli vivano assieme!” (Sal 133, 1). Ringrazio in particolare il vostro Vescovo, Monsignor Girolamo Grillo, per le espressioni con le quali, a nome di tutti, ha voluto salutarmi, accennando ai problemi, alle prospettive e alle speranze della vostra comunità ecclesiale.

È particolarmente significativo il nostro incontrarci in Cattedrale, centro spirituale della diocesi: in questa bella chiesa, che fu un tempo dei figli di san Francesco, e che è stata ammirevolmente ricostruita dopo i danni subiti nell’ultima guerra mondiale. Essa è il simbolo di quel titolo episcopale che la vostra città di Civitavecchia ha riavuto nel secolo scorso dopo tanti secoli, avendosi notizia di quel titolo fin dagli albori dell’era cristiana.

Nella giornata di oggi, festosa e solenne, in questo tempio così significativo per tutti voi, desidero confermarvi nella vostra vocazione con le stesse parole di san Paolo: “Vi esorto dunque, fratelli, per la misericordia di Dio, ad offrire i vostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio; è questo il vostro culto spirituale. Non conformatevi alla mentalità di questo secolo, ma trasformatevi rinnovando la vostra mente, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto” (Rm 12, 1-2).

3. Il battesimo ci configura all’offerta che Cristo, sacerdote e vittima, fa di se stesso al Padre per la salvezza del mondo.

Questo sacramento fa di noi delle “nuove creature”; crea in noi quell’“uomo nuovo”, “spirituale”, che possiede il “pensiero di Cristo” (1 Cor 2, 16), che vince, in Cristo, il peccato e la morte. In questa crescita dell’uomo nuovo sta il criterio di ogni vero rinnovamento nella Chiesa, che è fruttificazione della grazia battesimale; rinnovamento che è espressione della “offerta del proprio corpo come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio”.

Voi sacerdoti siete chiamati a vivere questa grazia battesimale conformandovi a Cristo stesso sacerdote, mediante il sacramento dell’ordine, agendo e - potremmo dire anche - soffrendo “in persona Christi”.

Voi religiosi e religiose, di vita attiva o contemplativa, siete chiamati a vivere la vostra consacrazione battesimale - ci insegna il Concilio (Perfectae Caritatis, 5) - secondo un’“espressione più perfetta”: mediante la professione dei consigli evangelici, “rinunziando anche al mondo” (Perfectae Caritatis, 5): voi “respingete la mentalità di questo secolo”, con le sue seduzioni e i suoi vani affanni, per essere segno dell’umanità futura della risurrezione.

Voi, laici, che, nei movimenti e nelle associazioni, volete vivere più a fondo il vostro cristianesimo, siete mossi dallo spirito, nella “libertà dei figli di Dio”, a vivificare evangelicamente le realtà temporali, affinché esse possano essere una prefigurazione del regno di Dio venturo.

4. Le profonde trasformazioni sociali e culturali avvenute in questi ultimi tempi, fanno sentire anche nella vostra comunità ecclesiale l’urgenza di una reimpostazione dell’attività evangelizzatrice, che tenga conto in modo particolare del fenomeno della scristianizzazione, dei problemi della famiglia, dei giovani, degli anziani, del mondo del lavoro.

È evidente, cari fratelli e sorelle, come voi siate chiamati “in prima linea”, in forza degli stessi compiti che vi siete assunti, a far fronte a questa complessa situazione. Dovete essere i testimoni del soprannaturale nella società di oggi.

A tale riguardo, è sempre importante non deflettere mai da quella visione ecclesiale d’insieme, fondata sulla grazia battesimale. Tale visione di fede vi assicurerà sempre il giusto criterio per mantenervi fedeli alla vostra vocazione e dare alla vostra azione un’autentica efficacia soprannaturale, senza lasciarvi influenzare da modelli che allontanerebbero dalla volontà e dal “pensiero di Cristo”. Occorre sì inventiva, occorre sì iniziativa, ma sempre alla luce dei criteri della fede. Occorre un continuo contatto col mondo contemporaneo - penso soprattutto a voi operatori laici - ma sempre illuminato dalla sapienza del Vangelo.

5. Oggi ricorre il cinquantesimo dell’enciclica Divini Redemptoris di Pio XI, la quale reca appunto la data del 19 marzo 1937. Nel grande solco della dottrina sociale della Chiesa, questo importante documento offre validi insegnamenti in ordine alla animazione del mondo contemporaneo mediante le verità del Vangelo, soprattutto per quanto si riferisce ai problemi della giustizia sociale, nel superamento di un materialismo ateo che destituisce di valore l’ideale spirituale dell’umanizzazione del lavoro, della tecnica e della natura.

Oggi, grazie a Dio, si può riscontrare da varie parti la testimonianza di una nuova sensibilità per la dimensione trascendente dell’esistenza, che fa bene sperare in una ripresa di coscienza dell’importanza del primato di Dio nella vita umana.

Voi tutti siete chiamati a dare il vostro contributo per la costruzione di una società che riconosca a Dio il primo posto e che sia fondata sulla verità, sulla carità, sulla giustizia e sulla pace.

San Giuseppe, del quale oggi ricorre la festa e Maria, tanto venerata nei vostri santuari della Madonna delle Grazie ad Allumiere e in quello di Valverde a Tarquinia vi sostengano nel vostro cammino di fede e di testimonianza.

A tutti di cuore imparto la mia affettuosa benedizione.

 

© Copyright 1987 -  Libreria Editrice Vaticana

 



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