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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
ALLA LATERANENSE PER IL 50°
ANNIVERSARIO DELLA NUOVA SEDE

Lunedì, 9 novembre 1987

 

1. Sono lieto di trovarmi in mezzo a voi questa sera, nella festa della Dedicazione della basilica di San Giovanni in Laterano, mentre tutta la Chiesa cattolica e romana volge la mente e il cuore, in segno di unità e di comunione, verso la basilica che è “omnium ecclesiarum urbis et orbis mater et caput”.

L’occasione della visita è il ricordo cinquantenario della erezione di questa sede, che il mio grande predecessore Pio XI ha voluto situata in questo luogo perché anche l’ubicazione e l’appellativo “lateranense” esprimessero il vincolo speciale che essa ha con la Chiesa di Roma che “presiede alla carità” universale (Sant’Ignazio di Antiochia, Ad Romanos, prologo).

Saluto con affetto l’eminentissimo card. gran cancelliere, mio vicario per la diocesi di Roma, i signori cardinali qui convenuti per i rapporti che li uniscono con l’“alma mater”, gli arcivescovi, i vescovi e i prelati della Curia romana e del Vicariato, non pochi dei quali sono stati alunni dell’Università; saluto il rettore magnifico, mons. Pietro Rossano, e con lui il corpo accademico, gli ex alunni e gli studenti, il personale addetto ai servizi e al buon funzionamento dell’Università; il mio saluto va anche ai presidi e rappresentanti degli Istituti incorporati e affiliati, agli ospiti illustri e alle maestranze che hanno sostenuto i lavori e sono a giusto titolo qui presenti. Voglio qui ringraziare anche i benefattori che hanno contribuito al completamento e all’abbellimento degli ambienti. Se vogliamo ricordare questo giubileo è per trarne spunti e lezioni di vita e incitamento per i compiti che attendono la vostra università, insieme con le altre università ecclesiastiche qui a Roma.

2. La Pontificia Università Lateranense è storicamente legata alla Santa Sede e alla Chiesa di Roma, tanto da venire detta “L’Università del Papa”, un appellativo onorifico ma anche oneroso, che impone esigenze e richiede impegno. I miei venerati predecessori si sono presi grande cura dell’università, la cui storia è tutta segnata da personali interventi dei Papi. Per limitarci ai tempi vicini, Pio XI, come ho già accennato, la dotò di questa nuova sede, trasferendovi l’“Institutum utriusque iuris” fino allora legato a Sant’Apollinare. Pio XII, che vi fu alunno e professore, vi fondò nel 1957 l’Istituto pastorale; Giovanni XXIII vi tenne lezioni alla Facoltà di teologia, le consociò l’Accademia Alfonsiana per gli studi di teologia morale e la insignì del titolo di Università. Paolo VI vi fu docente nell’“Institutum utriusque iuris” e approvò la cooptazione dell’Istituto di scienze religiose “Ecclesia Mater”, dell’Istituto Augustinianum per studi patristici, e dell’Istituto Claretianum per la teologia della vita religiosa. Io stesso vi ho collocato il nuovo Istituto per studi su matrimonio e famiglia, e, per favorirne l’incremento e lo sviluppo, ne ho disposto i miglioramenti strutturali che ora vediamo. Tutto questo è indice dell’attenzione e della fiducia dei Papi verso questa istituzione.

3. Inaugurando solennemente la nuova sede cinquant’anni fa Pio XI parlò di due atenei, uno materiale, l’altro spirituale; il primo costituito da mura, ambienti e strutture; il secondo risultante dalla somma dell’intelligenza, della fede e dell’operosità di chi dentro vi lavora, insegna studia e apprende.

È chiaro che l’ateneo materiale esterno è al servizio e in funzione di quello interno, spirituale, che si dedica a “comprendere, con tutti i santi, l’ampiezza e la grandezza, l’altezza e la profondità” del mistero di Cristo (Ef 3, 18), nel quale è racchiusa la “multiforme sapienza di Dio” (Ef 3, 10).

4. Due sono i poli dell’ateneo spirituale: Dio uni–trino che si comunica e si rivela in Gesù Cristo, e l’uomo creatura libera e responsabile, immersa nel finito ma aperta all’infinito, che trova la sua realizzazione e il suo fine ultimo nella comunione con Dio.

Due sono quindi le grandi direzioni della ricerca e del sapere nelle Università ecclesiastiche: Dio nella sua eterna e inesauribile immensità di luce e di amore e nel suo disegno di salvezza realizzato nella storia, e l’uomo creato a immagine sua, ma peccatore, “id quod est perfectissimum in tota natura” (San Tommaso, Summa Theologiae, I, q. 29, a. 1) ma bisognoso di sicurezza e di luce quasi di “una qualche parola divina”, secondo la celebre intuizione della scuola di Socrate (Platone, Fedone, 85d).

Possiamo riferire qui l’alta parola di sant’Agostino che compendia mirabilmente le mete dello studio e della ricerca teologica: “Deus semper idem; noverim me, noverim te” (Sant'Agostino, Soliloquia, 2.1).

Lo studio e il sapere delle facoltà universitarie ecclesiastiche sono orientati a questi due poli: “noverim te, noverim me”, e tendono a formare maestri e persone qualificate che sappiano essere nella vita e nella comunità cristiana mediatori e collaboratori dell’incontro di Dio con l’uomo.

Conoscere il mistero di Dio come è stato rivelato progressivamente nella “Historia salutis”, come è stato approfondito con gli sforzi del pensiero e dell’intelligenza umana nella ricerca e nella investigazione teologica, come fu definito e presentato dal magistero della Chiesa, come ne è stata diffusa la conoscenza e l’esperienza nella storia, come viene a contatto con le diverse situazioni della vita individuale e sociale. Ne deriva tutto l’arco delle discipline bibliche, della teologia dogmatica, della storia della Chiesa, della teologia morale, del diritto canonico, della pastorale, della liturgia e della spiritualità.

5. La seconda grande traiettoria dello studio ecclesiastico sono le profondità dell’uomo, destinatario della comunicazione divina, le sue aspirazioni, le sue ricerche, le sue realizzazioni spirituali, in una parola la “via hominis”, quale si esprime soprattutto nella ricerca scientifica, filosofica, antropologica e religiosa, per farla incontrare con la “via Dei ad homines” culminata in Gesù Cristo e annunciata dalla Chiesa. L’uno e l’altro sapere, su Dio e sull’uomo, sono infatti in funzione dell’incontro in cui consiste la salvezza e la piena realizzazione dell’essere umano. Di tale incontro la Chiesa è mediatrice e ministra del mondo. L’ateneo spirituale, al quale si riferiva Pio XI, tende a formare gli artefici di questo incontro, gli specialisti nelle varie discipline e gli operatori ministeriali.

Tale è il compito altissimo e delicato delle università ecclesiastiche, la cui opera si svolge nelle funzioni dell’insegnamento, della ricerca e della risposta alle domande spirituali degli uomini e ai bisogni della Chiesa nel mondo di oggi. Insegnamento solido e fedele alla parola di Dio e alla tradizione e al magistero della Chiesa; ricerca continua e sagace per analizzare e scoprire i mille riflessi della verità nascosta nella rivelazione divina, nella creazione, nell’uomo e nella sua vicenda terrena; risposta agli interrogativi degli uomini, mossi instancabilmente a “cercare Dio, se mai lo trovino come a tastoni, lui che è vicino a ciascuno di noi” (At 17, 27); attenzione alla missione della Chiesa nel mondo contemporaneo, chiamata dal dinamismo della storia e della cultura a confrontarsi con problemi sempre nuovi, da risolvere prudentemente alla luce della parola di Dio, scrutata con amore e docilità di spirito, nella preghiera.

6. A questi compiti propri delle università ecclesiastiche, adombrati nella costituzione apostolica Sapientia Christiana, si aggiungono per voi quelli caratteristici e tradizionali della Pontificia Università Lateranense. Se si considera che essa è legata particolarmente al Papa, vescovo di Roma e pastore della Chiesa universale, non pare dubbio che caratteristica particolare di questa Università, oltre alla fedeltà esemplare e indiscutibile verso la Sede apostolica, ha da essere, come è stata sempre, uno spiccato orientamento verso le discipline che trattano dell’inserimento dei valori cristiani nel concreto della vita e della società.

Mi riferisco in particolare alla distinta tradizione di studi giuridici espressa emblematicamente nell’“Institutum utriusque iuris” che unisce in sé lo studio del Diritto civile e canonico nella sua integrale dimensione e nella sua valenza attuale. Tale tradizione, che trova espressione in apprezzati Colloqui internazionali, ha da essere tenuta in onore per il servizio che reca alla cultura e alla Chiesa. In questo contesto è da menzionare anche lo studio del diritto canonico. Dopo la pubblicazione nel 1983 del Codex Iuris Canonici, che ha recepito nei suoi canoni il ricco messaggio del Concilio Vaticano II, lo studio del diritto ha ripreso lodevolmente respiro nella Chiesa. Anche questa tradizione, in onore presso l’Università Lateranense, deve essere continuata con impegno, essendo il diritto canonico un compendio della prudenza operativa della Chiesa, alimentata dalla carità e orientata verso la crescita ordinata e armoniosa del corpo di Cristo.

Esiste poi da trent’anni in questa Università un “Istituto pastorale” con un notevole programma, mirante a far scendere e penetrare negli ambiti dell’esistenza la luce e il sapore del Vangelo. Inoltre da alcuni anni opera nell’Università, da me voluto e fondato, l’“Istituto per studi su matrimonio e famiglia”, per illustrare scientificamente e irradiare pastoralmente i principi della fede e della dottrina cattolica sui temi capitali della famiglia, della procreazione e della formazione umana.

7. Tutto questo qualifica l’Università Lateranense, orientando i suoi studi verso il concreto dell’esistenza e sollecitando le altre discipline accademiche, come la teologia e la filosofia, a prendere in particolare considerazione il rapporto della fede con la cultura nella società di oggi, la via del Vangelo verso l’uomo, verso la società e l’esperienza contemporanea.

È noto che l’uomo d’oggi, a Roma come in tante parti del mondo, soprattutto occidentale, si trova avvolto e come immerso in una cultura che fa da schermo al passaggio della luce della rivelazione divina e pone a ciascuno nuovi problemi e difficili interrogativi. Applicarsi a conoscere le vie della comunicazione evangelica, analizzare la cultura, anzi le culture contemporanee per aprirle alla parola di Dio, interpretare fedelmente secondo le indicazioni del magistero i contenuti del mistero cristiano per esprimerli nel linguaggio della cultura odierna (il grande problema ermeneutico che occupa tanta parte della riflessione filosofica e religiosa), in altre parole il dialogo con la cultura in vista della sua evangelizzazione, sono istanze che emergono dalla vocazione singolare di questa università, particolarmente inserita e quasi immersa nella realtà della Chiesa di Roma, la quale sotto molti aspetti appare sempre più come un microcosmo del mondo.

La mia esortazione è dunque di mostrarvi all’altezza del vostro compito: che è di studio, di fedeltà al magistero, di dedizione al lavoro, con ogni assiduità, diligenza, concordia, alacrità nel compiere il dovere quotidiano. Grande è la missione dei docenti ed esigente la responsabilità degli alunni; la Chiesa ha bisogno di voi. Per questo tutti, autorità accademiche, professori, alunni, personale ausiliare, tutti siete chiamati a collaborare perché questo centro di studi appaia sempre più come valido strumento culturale della Santa Sede e della Chiesa di Roma, nella sua proiezione diocesana e in quella universale e porti i frutti che il Papa e la Chiesa attendono. Per questo lo affido, in questo momento e in questo Anno mariano, alla Madre di Cristo e Madre della Chiesa. E vi accompagni ogni giorno nel vostro lavoro la mia paterna benedizione in tutto quest’anno accademico, che ho la gioia di inaugurare e dichiarare aperto ufficialmente.

 

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