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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI PARTECIPANTI AL PELLEGRINAGGIO
PER IL LXXV ANNIVERSARIO DEL PONTIFICIO
SEMINARIO REGIONALE UMBRO «PIO XI»

Giovedì, 12 novembre 1987

 

Venerati fratelli nell’episcopato,
cari superiori, docenti, alunni ed ex alunni
del Pontificio seminario umbro!

Ringrazio anzitutto mons. arcivescovo Cesare Pagani per le gentili parole, con le quali ha voluto presentarmi la comunità del seminario regionale di Assisi in un momento significativo qual è quello della ricorrenza del 75° anniversario della fondazione, avvenuta il 3 dicembre 1912.

Porgo il mio cordiale saluto e il mio benvenuto a tutti voi qui presenti. Saluto in particolare i vescovi dell’Umbria che non cessano di dedicare le proprie energie per l’animazione cristiana di una regione così ricca di tradizioni cristiane e di figure emblematiche nella storia dei santi: basta accennare al nome di Francesco di Assisi per illuminare di luce meridiana la storia di quella terra, che si onora di avergli dato i natali! Saluto pure mons. rettore, insieme con i superiori e i docenti delle varie discipline; saluto poi tutti e ciascuno di voi, cari alunni, che vi preparate con impegno e generosità ad accedere degnamente all’altare del Signore e al ministero di riconciliazione, e con voi intendo salutare gli ex alunni che vi hanno preceduto nel tirocinio di formazione sacerdotale, e ora si dedicano con zelo apostolico all’evangelizzazione delle comunità cristiane che sono state loro affidate; saluto infine tutti coloro che vi amano e vi aiutano nelle necessità: le vostre famiglie, le suore, il personale di servizio, i benefattori e gli amici del seminario. A tutti apro il mio cuore, augurando ogni bene nella generosa dedizione per il servizio della Chiesa e delle rispettive diocesi da cui provenite.

2. Con questo familiare incontro voi intendete ricordare gli anni trascorsi da quel dicembre 1912, allorché venne inaugurato il vostro seminario sono stati anni segnati da impegno, fatica e anche difficoltà, ma che hanno dato consolanti frutti alla Chiesa umbra, quando si pensi che sono passati nel seminario ben 2430 alunni, dei quali 1228 hanno raggiunto il sacerdozio e 13 sono stati elevati alla dignità episcopale. Anche queste semplici cifre ci permettono di ringraziare insieme il Signore per i tanti favori concessi, e per esprimere riconoscenza a coloro che, a vario titolo, si sono adoperati per l’animazione vocazionale delle diocesi e per il buon funzionamento del seminario.

Ma con questa celebrazione voi intendete guardare anche al presente e al futuro. So che anche il vostro seminario ha risentito del doloroso fenomeno del calo delle vocazioni, ma che ora, grazie a Dio, sta registrando anch’esso una buona ripresa, secondo la tendenza generale. Ciò è dovuto anche al fatto che la vita interna del seminario ha ritrovato le linee autentiche della formazione, quali sono tracciate dalla “Ratio fundamentalis” e dal documento della Conferenza episcopale italiana su “La formazione dei presbiteri nella Chiesa italiana”, oltre che, naturalmente, dai documenti del Concilio Vaticano II. Il rifiorire della vita di pietà, dei fraterni rapporti comunitari e di seri studi presso l’Istituto teologico affiliato alla Pontificia Università Lateranense, alimenta un clima spirituale che favorisce una serena riflessione e maturazione dei candidati al sacerdozio.

3. Il seminario dunque prosegue con lena rinnovata il suo cammino nello spirito delle indicazioni date da colui che ne promosse la fondazione, il Papa Pio XI il quale, nell’enciclica Ad catholici sacerdotii ( Pio XI, Ad catholici sacerdotii, nn. 53), scriveva che chi tende al sacerdozio deve essere “seriamente impegnato ad acquistare una soda pietà, una purezza ben provata e una scienza adeguata”. Rimane tuttavia il dovere di riconquistare all’attenzione verso il seminario le comunità cristiane e in primo luogo le famiglie. Tale opera di sensibilizzazione è indispensabile, giacché, come affermava lo stesso Pontefice, “Il primo giardino, dove devono germinare e sbocciare quasi spontaneamente i fiori del santuario, è sempre la famiglia, nella quale il cristianesimo viene sentito e vissuto”.

Ben vengano perciò tutte quelle iniziative destinate, nell’ambito della ricorrenza giubilare, a illuminare le coscienze sul delicato e grave problema delle vocazioni sacerdotali. A questo riguardo mi fa piacere apprendere che è stata organizzata una “Veglia di preghiera” per le vocazioni da parte di tutte le comunità ecclesiali della vostra regione, nella notte dal 3 al 4 dicembre, che coincide con la data anniversaria dell’inaugurazione del seminario. Questa lodevole iniziativa, e le altre che sono state programmate per l’ultimo scorcio di questo anno, come lungo tutto il corso di quello prossimo, sono provvidenziali, e si inseriscono nel piano pastorale delle vostre diocesi, in armonia con le parole che rivolsi ai vescovi dell’Umbria durante la visita “ad limina” del 19 aprile 1986, allorché dicevo “. . . è necessario intensificare la preghiera, perché le vocazioni sono anzitutto un dono di Dio; sensibilizzare i vari gruppi giovanili; interpellare coloro che presentano germi di vocazione” (Insegnamenti di Giovanni Paolo II, IX/1 [1986] 1065).

4. Per raggiungere questi traguardi occorre soprattutto conseguire, fin dagli anni del seminario, una piena consapevolezza dell’importanza della vita comunitaria, o meglio della vita vissuta in piena comunione di fede e di amore. Essa è richiesta dal Concilio Vaticano II come un periodo di specifica esperienza di Chiesa per essere in grado domani di animare le comunità ecclesiali di ogni ordine. La comunità del seminario ha un suo senso compiuto solo se è idonea a educare ad una più larga comunione ecclesiale. In questo contesto l’ubbidienza ai superiori, i rapporti interpersonali, il senso dell’amicizia e del dialogo non sono soltanto comportamenti lodevoli, ma esigenze reali di una seria preparazione al futuro ministero.

Tale esperienza infatti è tanto più importante in quanto è finalizzata alla realizzazione della comunità sia parrocchiale che diocesana, intorno al proprio vescovo, che è chiamato a fondare e a rappresentare anche visibilmente l’unità (cf. Presbyterorum Ordinis, 8). Un altro frutto di questa educazione alla vita comunitaria è anche la comunione che deve esistere fra gli ex alunni stessi, i quali, pur non facendo parte di una medesima diocesi, mantengono tra loro un vivo collegamento, basato sulle esigenze di una medesima vocazione e su un identico impegno di ministero, oltre che su un rapporto spirituale per il vicendevole sostegno.

5. Mentre vi affido alla materna protezione della Vergine Ss.ma in questo Anno mariano, rinnovo l’auspicio - come dicevo nella suddetta visita “ad limina” - che “l’esempio di Benedetto da Norcia, di Francesco d’Assisi, di Scolastica e di Chiara, come pure quello di tanti zelanti sacerdoti, religiosi e religiose, che per secoli hanno illuminato e fecondato spiritualmente la terra umbra, spinga tanti giovani a seguirli, impegnandosi ad essere nel mondo testimoni dell’infinito amore di Dio” (Insegnamenti di Giovanni Paolo II, IX/1 [1986] 1065).

Con questi voti imparto a ciascuno di voi con effusione di cuore la mia benedizione che desidero estendere con pari affetto a tutte le popolazioni dell’Umbria.

 

© Copyright 1987 - Libreria Editrice Vaticana

 



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