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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI FEDELI GIAPPONESI, FRANCESI, SPAGNOLI ED
ITALIANI CONVENUTI A ROMA PER LA
CANONIZZAZIONE DEI 16 MARTIRI DI NAGASAKI

Aula Paolo VI - Lunedì, 19 ottobre 1987

 

Il mio saluto si rivolge innanzitutto a voi, pellegrini di lingua italiana, e in special modo a voi che siete venuti dalla Sicilia per unirvi alla numerosa schiera di fratelli d’altri Paesi nel rendere omaggio ai nuovi santi martiri, uno di essi appartiene alla vostra terra: san Giordano Ansalone nacque infatti a Santo Stefano Quisquina, in diocesi di Agrigento. Saluto il vescovo di quella città mons. Luigi Bommarito, e i vescovi della regione qui presenti.

La vostra Chiesa è in festa perché vede presentato alla venerazione e imitazione dei credenti uno dei suoi figli, la cui vita è caratterizzata dalla singolare vocazione al martirio. San Giordano chiese di poter morire per Cristo, come predicatore del Vangelo, allorché impetrò e ottenne dalla Vergine la guarigione da una grave infermità. Entrò nell’Ordine domenicano proprio con l’intenzione di divenire missionario in Giappone dove la Chiesa era perseguitata. Terminata la preparazione, fu mandato dai superiori dapprima in Spagna, e di qui nelle Filippine dove per sei anni fu apostolo tra i malati cinesi di Manila. Partì per il Giappone nel 1632 e due anni dopo fu imprigionato. Dal 4 agosto al 17 novembre del 1634, giorno della sua morte, si mantenne incrollabilmente fermo nella fede, in mezzo a tormenti lunghi e strazianti accettando con fortezza, senza tentennamenti, il dolore e la morte. Egli portò così a compimento il proposito di essere nel sacrificio in tutto simile a Cristo suo maestro.

Vi invito a riflettere su questo esempio. Se rimaniamo attoniti nel considerare tanto ardore, che affronta con lucidità e gioia l’evidente rischio della vita pur di non venire meno all’anelito di predicare il Vangelo a ogni creatura, dobbiamo sentirci stimolati a raccogliere il messaggio del suo zelo apostolico, per farlo nostro, imitando la prontezza della sua volontà nell’obbedienza ai disegni di Dio fino al sacrificio supremo.

Affido alla vostra riflessione questo modello, con l’auspicio che susciti in voi propositi di fede coraggiosa, desiderio di testimonianza, generosa accettazione del servizio alla parola del Vangelo. L’incomparabile lezione di amore a Cristo e di dedizione alla diffusione della sua conoscenza è il vero messaggio che il nuovo santo martire lascia alla Chiesa e alla vostra Comunità in particolare. Siatene degni!

A tutti voi la mia benedizione.

Desidero ora rivolgere la parola ai cari fratelli nell’episcopato, degnissime autorità e amatissimi fratelli e sorelle venuti dalla Spagna per onorare i nuovi santi che ieri, Giornata mondiale delle missioni, ho avuto la gioia di proclamare davanti alla Chiesa universale.

I 16 martiri canonizzati appartengono alla missione domenicana spagnola del Giappone, che fu fondata nel 1602 nell’Isola di Kinshu dai religiosi della provincia del Rosario.

I quattro domenicani spagnoli vengono dalla Castiglia, da León e dai Paesi Baschi. Spinti da un ardente spirito missionario, e seguendo le orme degli esploratori Urdaneta e Legazpi, incontrarono nuovi popoli e culture per portar loro i messaggio evangelico.

Tutti costoro erano religiosi consacrati pienamente a Dio. I loro conventi erano centri di una intensa vita spirituale e apostolica che non poteva non esprimersi in vocazioni missionarie. San Telmo a San Sebastian; Santo Domingo a Vitoria, León e Benavente (Zamora) così come tanti altri conventi della Provincia spagnola, furono centri dell’irradiazione missionaria iniziata con la scoperta dell’America. Numerosi religiosi si offrirono con entusiasmo alla nuova provincia missionaria del Rosario per portare il Vangelo all’Estremo Oriente; fra costoro i nuovi santi domenicani furono religiosi di vita esemplare culminata nel martirio. Secondo lo spirito di san Domenico, unirono l’osservanza delle Costituzioni e l’apostolato tra i filippini nativi, allo studio della parola di Dio, insegnando nel benemerito Collegio di San Tommaso di Manila. Da lì partirono per il Giappone spinti dal desiderio di annunciare la buona novella di salvezza, anche se con grande rischio per le loro vite. Ma, come scrive sant’Agostino, “sono molti coloro che soffrono nelle tribolazioni; soffrono la stessa pena ma non per la stessa causa . . . il martire è tale non tanto per la pena quanto per la causa” (S. Augustini, Sermone 327, 1-2).

È inoltre motivo di gioia per tutta la Chiese, in particolare per la Chiesa in Spagna, l’esaltazione all’onore dell’altare di questi esemplari figli che incrementano il numero di tanti uomini e donne che sono l’onore della Chiesa cattolica e della nobile nazione spagnola.

Fra i rimanenti compagni di martirio, merita una menzione particolare il primo santo canonizzato delle Filippine, il secolare Lorenzo Ruiz, di Manila. A questo riguardo è una felice coincidenza la presente celebrazione del Sinodo dei vescovi sulla missione del laico nella Chiesa e nel mondo. Questo protomartire secolare filippino, insieme agli altri quattro secolari giapponesi, si presenta come modello di carità e santità perfetta, segnata con la croce di Cristo.

Che la gioiosa celebrazione che ci ha riunito, serva da stimolo e incoraggiamento per ravvivare, nei pastori e fedeli di Spagna, la vocazione missionaria che scrisse nella storia tante gloriose pagine, facendo della fede cattolica una parte, essenziale dell’anima della vostra gente e della sua proiezione nel mondo.

Benedico tutti di cuore.

Vorrei salutare molto cordialmente il gruppo dei pellegrini francesi che sono venuti ad onorare san Guglielmo Courtet. La vostra presenza, con mons. Louis Boffet, vescovo di Montpellier e con padre Etienne Solvetti, provinciale dei Domenicani di Tolosa, testimonia la vostra fedeltà al vostro illustre compatriota. La sua memoria infatti è stata viva nel corso degli ultimi secoli a Serignan dove egli è nato, a Béziers, a Tolosa, a Saint-Maximin e in altre città ancora. Ci si ricorda che lo stesso padre Lacordaire lo invocava con fiducia.

Potete essere felici di vedere esaltata davanti a tutta la Chiesa la figura di questo religioso. Entrato nella Congregazione domenicana riformata d’Occitania, immediatamente Guglielmo Courtet ebbe il desiderio di partire in missione. L’esempio dei Gesuiti martirizzati in Giappone l’aveva segnato. Molto naturalmente quindi, dopo alcuni anni di studio, di vita religiosa e di insegnamento teologico, accetta con entusiasmo di raggiungere la Provincia del Santo Rosario a Manila.

Alla sua partenza scrive a uno dei fratelli domenicani: “Mi glorierei sempre . . . di essere schernito, anche crocifisso . . . per la verità, secondo l’esempio di Gesù Cristo. Pregare Dio che gli piaccia rendermi degno di questo grande bene . . .” (Guillaume Courtet, Lettera al Fr. Adriani, 30 agosto 1628). Penetrato da una spiritualità centrata sulla croce del Redentore, approda in Giappone nove anni più tardi. Certamente desidera predicarvi il Vangelo e non cerca la morte. Ma la sua predicazione infatti sarà “imitare il Figlio di Dio e i santi in verità” secondo le sue parole (Guillaume Courtet, Lettera al Fr. Adriani, 30 agosto 1628). Il dono che egli fa è la sua costanza nel corso di un anno di prigione di tortura, è la sua fedeltà a Cristo fino all’ora in cui tutto è consumato.

San Guglielmo Courtet raggiunge la corte dei santi francesi e dei santi domenicani. Possa ispirare e sostenere con la sua intercessione, voi suoi fratelli dell’Ordine, e voi suoi compatrioti, nel proseguimento dello slancio missionario che ha tanto segnato la vostra storia, nel coraggio della testimonianza evangelica intorno a voi ogni giorno! Che aiuti a suscitare oggi delle vocazioni! Che la sua santità sia per tutti voi un segno di speranza!

E che Dio vi benedica.

Il Santo Padre si rivolge poi ai pellegrini giapponesi.

Benvenuti a Roma! Ieri e stato un giorno glorioso per la Chiesa del Giappone. Sono stati canonizzati i 16 martiri del Giappone, di cui 9 giapponesi. Per questo mi congratulo con voi.

Mi ricordo della visita pastorale che ho fatto a Nagasaki 6 anni fa. Allora ero commosso della profonda fede dei cattolici i quali sotto una burrasca di neve partecipavano tutti indomiti e perseveranti alla Messa all’aperto, veramente degni discendenti dei martiri di Nagasaki.

“Sanguis martyrum semen christianorum”.

Anche voi, seguendo il buon esempio dei vostri precursori nella fede, cercate di testimoniare la fede cattolica a costo della vita divenendo apostoli dell’evangelizzazione in mezzo ai vostri connazionali giapponesi.

Alla fine io benedico con tutto il cuore ciascuno di voi e le vostre famiglie.

* * *

Un caro saluto infine ai pellegrini degli Agostiniani Recolletti spagnoli e a quelli provenienti da varie Province religiose dell’Ordine dei Frati Predicatori.

Una delle sante canonizzate ieri, Maddalena di Nagasaki, prima di essere Terziaria domenicana, appartenne alla Famiglia spirituale degli Agostiniani Recolletti: mentre tutti gli altri santi furono, in vari modi, membri della Famiglia domenicana.

Si comprende, quindi, carissimi fratelli e sorelle, la vostra presenza qui oggi. E ben comprensibile è la vostra gioia, alla quale partecipa tutta la Chiesa. È la gioia di veder confermati la bontà della vostra scelta di vita in ordine alla piena attuazione del messaggio evangelico. I santi ieri canonizzati illuminano di luce ancor più chiara la bellezza del vostro ideale e sono un aiuto in più, in vista del suo conseguimento.

Di cuore tutti vi benedico.

 

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