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VIAGGIO APOSTOLICO NEGLI STATI UNITI D’AMERICA E IN CANADA

DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
ALLE POPOLAZIONI INDIGENE DEL CANADA

Fort Simpson (Canada)
 Domenica, 20 settembre 1987

 

“Grazie a voi e pace di Dio, Padre nostro, e dal Signore Gesù Cristo” (Rm 1, 7).

Cari fratelli e sorelle Aborigeni.

1. Voglio dirvi quanto sono felice di essere con voi, popoli indigeni del Canada, in questa meravigliosa terra di Denendeh. Sono venuto prima dall’altra sponda dell’oceano e ora dagli Stati Uniti per essere con voi. So che anche molti di voi sono venuti da lontano: dal gelido Artico, dalle praterie, dalle foreste, da tutte le parti di questo vasto e bellissimo Paese che è il Canada.

Tre anni fa non mi fu possibile venire a visitarvi, e ho atteso con impazienza il giorno in cui poter tornare. Quel giorno è venuto. Vengo oggi, come feci allora, come successore dell’apostolo Pietro, colui che il Signore scelse per aver cura della sua Chiesa, “il fondamento perpetuo e visibile dell’unità della fede e della comunione” (Lumen Gentium, 18). È mio compito presiedere all’intera assemblea di carità e proteggere la legittima varietà pur provvedendo a che le differenze non ostacolino l’unità ma piuttosto la promuovano (cf. Lumen Gentium, 13). Con le parole di san Paolo, sono “servo di Gesù Cristo apostolo per vocazione, prescelto per annunziare il Vangelo di Dio” (Rm 1, 1). Come san Paolo voglio proclamare a voi e a tutta la Chiesa del Canada “Io infatti non mi vergogno del Vangelo, poiché è potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede” (Rm 1, 16).

2. Vengo dunque a voi, come tanti missionari che mi hanno preceduto e che hanno proclamato il nome di Gesù tra i popoli indigeni del Canada - gli Indiani, gli Inuit e i Metis - e hanno imparato ad amare voi e i tesori spirituali e culturali del vostro modo di vivere. Hanno mostrato rispetto per il vostro patrimonio, le vostre lingue e i vostri costumi (cf. Ad Gentes, 26). Come osservavo in occasione della mia precedente visita, “la rinascita della vostra cultura e delle vostre tradizioni che sperimentate oggi, deve molto agli sforzi pionieristici e incessanti dei missionari” (Ioannis Pauli PP. II, Alle popolazioni autoctone del Canada, 18 set. 1984: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, VII/2 [1984] 593). “I missionari restano veramente i vostri migliori amici, quando dedicano la loro vita per servirvi predicando la parola di Dio” (Ivi). Anch’io vengo a voi da amico.

3. Questo servizio costruttivo è ciò che Gesù vuole dai suoi discepoli. È stata sempre questa l’intenzione della Chiesa quando si è fatta presente in ogni luogo, nella storia di ogni popolo. Quando la fede fu predicata per la prima volta tra gli indigeni di questo Paese, “le nobili tradizioni delle tribù indiane furono rafforzate e arricchite del messaggio del Vangelo . . . I vostri antenati seppero per istinto che il Vangelo, lungi dal distruggere i loro valori e costumi autentici, aveva il potere di purificare ed elevare il patrimonio culturale che avevano ricevuto. Così, non solo il cristianesimo è importante per i popoli indiani, ma Cristo stesso, nei membri del suo corpo è indiano” (Ioannis Pauli PP. II, Discorso a Shrine Field, Huronia Ontario, 15 set. 1984: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, VII/2 [1984] 547s.).

Con questo spirito di rispetto e di servizio missionario, ripeto oggi ciò che dissi in occasione della mia visita precedente, che cioè la mia venuta tra voi guarda al vostro passato per proclamare la vostra dignità e sostenere il vostro destino. Oggi ripeto queste parole a voi, e a tutti i popoli aborigeni del Canada e del mondo. La Chiesa esalta l’uguale dignità umana di tutti i popoli e difende il loro diritto di salvaguardare il proprio carattere culturale con le sue tradizioni e i suoi peculiari costumi.

4. So bene che le principali organizzazioni aborigene - l’assemblea delle Prime Nazioni, l’“Inuit Tapirisat” del Canada, il Consiglio Nazionale Metis e il “Native Council” del Canada - sono state impegnate in colloqui ad alto livello con il primo ministro e i “premiers” sui modi di proteggere e promuovere i diritti dei popoli aborigeni del Canada nella costituzione di questo grande Paese. Ancora una volta affermo il diritto a una giusta ed equa misura di autogoverno, assieme a un terreno proprio, e a risorse adeguate e necessarie per lo sviluppo di un’economia vitale, adeguata alle necessità della generazione presente e di quelle future. Prego con voi affinché un nuovo ciclo di conferenze sia positivo e affinché, con la guida e l’aiuto di Dio, si possa trovare la via di un giusto accordo a coronamento di tutti gli sforzi che si stanno facendo.

Questi sforzi sono stati a loro volta sostenuti dai vescovi cattolici del Canada e dai responsabili delle principali Chiese e comunità cristiane. Riuniti insieme hanno invocato “un nuovo accordo” per garantire i vostri diritti aborigeni fondamentali, inclusi i diritti all’autogoverno. Prego oggi che lo Spirito Santo aiuti tutti voi a trovare la via giusta affinché il Canada possa essere un modello per il mondo nel difendere la dignità dei popoli aborigeni.

Vorrei ricordare che, agli albori della presenza della Chiesa nel Nuovo Mondo, il mio predecessore Papa Paolo III proclamò nel 1537 i diritti dei popoli indigeni di quei tempi. Affermò la loro dignità, difese la loro libertà e dichiarò che non potevano essere ridotti in schiavitù o privati dei loro beni o delle loro proprietà. Questa è sempre stata la posizione della Chiesa (cf. Pauli III, Pastorale Officium, 29 maggio 1537: Denz.-S. 1495). La mia presenza tra voi oggi segna la mia riaffermazione e riconferma di quell’insegnamento.

5. Esistono vincoli molto stretti tra l’insegnamento del Vangelo di Gesù Cristo e il progresso umano. Nella sua famosa enciclica sullo sviluppo dei popoli, Papa Paolo VI rifletteva su questa realtà tenendo conto delle profonde aspirazioni dei popoli di tutto il mondo alla libertà e allo sviluppo. Secondo le sue parole, il desiderio fondamentale dei popoli di ogni parte del mondo è di “cercare di fare di più, far conoscere e avere di più per essere di più” (Puali VI, Populorum Progressio, 6). Non è forse questa la speranza più profonda dei popoli Indiani, Metis e Inuit del Canada? Essere di più. È questo il vostro destino, ed è questa la sfida che dovete affrontare. E sono venuto oggi per assicuravi che la Chiesa è dalla vostra parte, mentre vi sforzate a promuovere il vostro sviluppo come popoli indigeni. I suoi missionari e le sue istituzioni cercano di impegnarsi per questa causa insieme a voi.

6. Nello stesso tempo, istruita dagli insegnamenti di Cristo e illuminata dalla storia, la Chiesa si rivolge a tutti i popoli in via di sviluppo ovunque si trovino affinché non limitino il concetto di progresso umano alla ricerca del benessere materiale a spese della crescita religiosa e spirituale. Paolo VI scriveva saggiamente che siffatta crescita personale e comunitaria verrebbe compromessa ove si deteriorasse la vera scala dei valori. Legittimo è il desiderio del necessario, e il lavoro per arrivarci è un dovere . . . Avere di più per i popoli come per le persone, non è dunque lo scopo ultimo (Pauli VI, Populorum Progressio, 18-19).

Vi sono altri valori che sono essenziali per la vita e la società. Ciascun popolo possiede una civiltà tramandabile dai suoi antenati, con istituzioni richieste dal suo modo di vivere, con le sue manifestazioni artistiche, culturali e religiose. I valori autentici contenuti in queste realtà non devono essere sacrificati a considerazioni di ordine materiale. “Un popolo che consentisse a tanto perderebbe con ciò stesso il meglio di sé: sacrificherebbe per vivere le sue ragioni di vita” (Ivi, 40).

Ciò che Cristo disse degli individui è valido anche per i popoli: “Quali vantaggi avrà infatti l’uomo se guadagnerà il mondo intero, e poi perderà la propria anima?” (Mt 16, 26). Cosa ne sarebbe della “vita” dei popoli Indiani, Inuit e Metis se cessassero di promuovere i valori dello spirito umano che li hanno sostenuti per generazioni? Se non considerassero più la terra e i suoi beni come affidati loro dal Creatore? Se i legami della vita familiare fossero indeboliti e l’instabilità minasse le loro società? Se giungessero ad adottare una mentalità estranea nella quale le persone sono giudicate secondo ciò che hanno e non secondo quello che sono?

L’anima dei popoli indigeni del Canada è assetata dello Spirito di Dio, perché ha sete di giustizia, di pace, di amore, di bontà, di fortezza, di responsabilità e di dignità umana (cf. Ioannis Pauli PP. II, Redemptor Hominis, 18). Questo è realmente un momento decisivo nella vostra storia. È indispensabile che siate spiritualmente forti e lungimiranti mentre costruite il futuro per le vostre tribù e nazioni. State pur certi che la Chiesa percorrerà questa strada con voi.

7. Venendo tra di voi ho voluto sottolineare la vostra dignità di popoli indigeni. Con sincera preoccupazione per il vostro futuro, vi invito a rinnovare la vostra fiducia in Dio che guida i destini di tutti i popoli. L’eterno Padre ha inviato il suo Figlio per rivelarci il mistero della nostra vita in questo mondo e del nostro cammino verso la vita eterna che deve venire. Nel mistero pasquale della morte e risurrezione di Gesù Cristo siamo stati riconciliati con Dio gli uni con gli altri. Gesù Cristo è la nostra pace (cf. Ef 2, 14).

“Possa il Dio del Signore nostro Gesù Cristo, il Padre della gloria, dare a voi” - popoli aborigeni del Canada - “uno spirito di sapienza e di rivelazione per una più profonda conoscenza di lui. Possa egli davvero illuminare gli occhi della vostra mente per farvi comprendere a quale speranza vi ha chiamati” (Ef 1, 17-18).

Nell’amore del nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo, benedico ognuno di voi e prego per la pace e la felicità delle vostre famiglie, dei vostri gruppi delle vostre nazioni. Dio sia con tutti voi!

 

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