Index   Back Top Print

[ FR  - IT ]

PELLEGRINAGGIO APOSTOLICO IN FRANCIA

INCONTRO DI GIOVANNI PAOLO II
CON I GIOVANI D
EUROPA NELLO STADIO MEINAU

Strasburgo (Francia) - Sabato, 8 ottobre 1988

 

I.

Creare

Cari giovani, cari amici.

A) Grazie per questa rappresentazione scenica che esprime le vostre attese. Grazie per la vostra fiducia. Voi ponete delle interessanti questioni, e mi domandate: “Parlaci della speranza che viene da Dio”.

Voi sapete quanto io desideri, in ogni Paese che visito, incontrare i giovani. Questa sera la mia gioia è grande; il vostro gruppo rappresenta un simbolo, raggruppa giovani di diverse regioni: prima dell’Alsazia e delle altre province della Francia, ma anche di quasi tutti i Paesi d’Europa.

Saluto cordialmente anche voi, giovani provenienti dalla Germania, dall’Austria, dal Lussemburgo e dalla Svizzera.

Saluto con altrettanta cordialità anche tutti i giovani del Belgio e dell’Olanda che sono venuti in questa città europea.

Rivolgo un saluto particolare ai giovani di lingua italiana provenienti dall’Italia e dalla Svizzera. Carissimi, vi ringrazio per la vostra presenza. Date testimonianza della vostra fede! Non è la prima volta che ci incontriamo sulle strade del Signore. Vi ringrazio per questo cammino insieme al Vescovo di Roma e successore di san Pietro.

Desidero salutare di cuore i giovani provenienti dalla Spagna che hanno voluto prendere parte a questo nostro incontro.

Do un cordiale benvenuto e saluto i rappresentanti della gioventù polacca che prendono parte a questo raduno europeo dei giovani con il Papa. In voi e per mezzo di voi saluto tutti i giovani nell’amata patria e nell’emigrazione.

Strasburgo è un autentico punto d’incontro per i giovani d’Europa, così come per le istituzioni politiche e giuridiche europee. Bene!

La vostra rappresentazione drammatica mostra ciò che vi fa male. Allora scaturisce la vostra domanda perché? Cosa fa la Chiesa? Come uscirne?

Io rispetto la vostra sofferenza. Accolgo le domande che essa suscita in voi. Poiché è un’esperienza che molti fra voi fanno nella propria vita, o almeno alcuni dei vostri amici. Voi l’avete detto nelle vostre risposte al questionario. Indubbiamente ci sono mali ancora più gravi, più grandi. I poveri degli altri continenti ve lo direbbero. In un certo senso l’Europa è ancora privilegiata. Ma voi volete essere solidali con gli altri. Questo è buono. Allo stesso tempo, vi sono sicuramente degli aspetti positivi, dei segni di speranza un po’ ovunque, anche e soprattutto fra i più poveri del mondo. Anche questo dovremo notare.

Voi non vi aspettate da me una soluzione tecnica per ogni situazione. Non vi sono comunque delle risposte generali, facili, non esistono rimedi miracolosi. Nemmeno il Papa ne ha! Ma vi è una Parola di Dio che mostra le vie per riflettere, per agire.

Tale parola non vi è estranea. Credo che voi siate capaci di ritrovare in voi stessi il cammino per superare poco a poco il disordine che vi preoccupa. Il vostro cuore è generoso. La vostra coscienza è retta. I vostri propositi traducono già una fede, una speranza. Anche la vostra insoddisfazione ha un significato nascosto: essa dimostra che questa terra non colmerà mai i nostri cuori umani, che Dio ci apre un’altra speranza.

Sì, voi siete sulla via che porta alla luce. Senza dubbio perché voi siete gli eredi di una civiltà cristiana che ha segnato tutta l’Europa. Voi vivete senza saperlo bene. Tutto il vostro ideale ha le sue radici nella fede, anche quando Dio sembra assente dal vostro orizzonte. Questa mattina, ho parlato ai membri dell’assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa in questo senso. L’opera che essi hanno intrapreso è bella e nuova; attraverso i loro rappresentanti, ventuno Paesi cercano le basi di una nuova Europa. Li ho invitati a prendere in considerazione le radici dell’Europa, i dinamismi cristiani che hanno favorito il suo sviluppo, per trovare la via di un umanismo rinnovato, aperto ai valori trascendenti.

Voi, voi dovete anche riflettere individualmente e dentro di voi. Avete anche degli adulti che possono aiutarvi. Avete sacerdoti e Vescovi che vi accompagnano. Il Papa non li sostituisce. Soprattutto, avete lo Spirito Santo che dimora in voi.

Da parte mia, rendo volentieri la testimonianza di ciò che credo, di ciò che ho visto, di ciò che ho vissuto. E al tempo stesso la testimonianza della Chiesa, di tutti i cristiani che accolgono il pensiero di Dio. Io sono il testimone di questa Tradizione che viene dal Signore. E il Signore mi ha incaricato di non tenere per me questo tesoro, ma di condividerlo per confermare i miei fratelli e le mie sorelle.

B) Io rispondo soprattutto al vostro “perché”? Qual è dunque, nel progetto di Dio, il senso nascosto di questo mondo che appare spesso caotico? Cosa è quello che Dio ha voluto? Io mi ispiro al libro della Parola di Dio, che rivela il principio, la Genesi, e che trasmette il messaggio di Cristo.

1. In principio, Dio non ha voluto il male, né il disordine né l’umiliazione dell’uomo, né lo scompiglio della natura, né il disprezzo dei poveri.

Egli ha creato il mondo per essere abitabile, per essere buono, bello, armonioso. Egli ha creato la natura per l’uomo. Dio è amore in esso stesso. È questo il segreto di Gesù, rivelato al suo discepolo Giovanni. Voi pensate bene che il mondo sia un riflesso di questo amore creatore. Il versetto che scandisce il racconto della creazione delle stelle, della terra, delle piante, degli animali, dell’uomo, è: “Dio vide che era cosa buona, molto buona!” (cf. Gen 1, 1).

Ancor più, dopo aver abitato tutto l’infinito, al di là di ogni creatura Dio ha chiamato gli uomini a entrare in un rapporto personale con lui, a partecipare alla sua vita divina, a vivere come figli di Dio.

Ecco ciò che è sicuro nel progetto di Dio.

2. Se tutto viene da Dio, quale deve essere il nostro primo atteggiamento? Accogliere il mondo come un dono di Dio. Non disprezzarlo. Non catturarlo per sé. Ma rendere grazie. Essere consapevoli che, senza Dio, noi non saremmo nulla.

3. E ancora, rispettare la natura. La vostra generazione non capisce perché si distrugge la natura, perché si continua ad inquinarla senza senso, perché viene contaminata quotidianamente, perché viene interrotta la sua armonia. Avete ragione.

4. Ma l’uomo non può restare in posizione passiva timoroso della natura. Dio lo ha chiamato a dominare la natura. Gli ha donato l’intelligenza per scoprirne le leggi e i segreti, per controllarla. È il senso del lavoro. È anche il senso dei vostri studi. Il mondo è affidato alle mani dell’uomo, al suo genio creativo, al suo coraggio. L’intervento umano non ha che il rispetto di Dio come limite, il rispetto della vita e della dignità degli uomini, e anche la prudenza per non rischiare di rompere gli equilibri della natura. Ecco la grandezza dell’uomo! Lo si deve fare senza orgoglio, senza opporsi a Dio - come i costruttori della torre di Babele o Prometeo -, ma con lui. L’uomo e la donna sono con Dio creatori, o meglio “procreatori”, donando la vita e lavorando: “Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra” (Gen 1, 28). Il lavoro è molto importante per i suoi risultati oggettivi, ma soprattutto per rallegrare la persona del lavoratore (cf. Laborem Exercens, 6). È un diritto.

5. Ma vi è un’altra legge della creazione: quella della solidarietà. Gli uomini sono stati creati in solidarietà con Adamo, legati gli uni agli altri, nel bene e nel male. Tale solidarietà ha un aspetto meraviglioso: noi ereditiamo dalla saggezza e dal progresso delle generazioni precedenti; ma anche dai loro sbagli. Non si può avere l’uno evitando l’altro. Questa regione dell’Europa è stata profondamente segnata dai conflitti mortali delle due guerre mondiali. Voi non avete conosciuto tali guerre. Ma esse hanno segnato i vostri genitori e vi segnano nel vostro subcosciente. Spetta a voi ora consolidare la pace.

6. La terra appartiene a Dio, ma essa è stata donata a tutti gli uomini. Dio non vuole lo spreco di alcuni e la fame di altri, l’abbondanza di alcuni perché il loro suolo è generoso, la miseria di altri perché non hanno tale fortuna. Non si devono avere privilegi per i ricchi e i forti, e l’ingiustizia per i poveri e gli handicappati. Tutti sono uguali nella dignità. Non possiamo esistere gli uni senza gli altri; abbiamo tutti da ricevere dagli altri. Certamente, è buono che ciascuno abbia una responsabilità personale, sviluppi i propri talenti, si appropri di una parte della natura per valorizzarla. Ma Dio ha voluto un mondo di condivisione, di solidarietà, di collaborazione.

La Chiesa lo afferma con forza? Forse no. Anche i membri della Chiesa hanno le loro debolezze. Noi siamo la Chiesa, voi e io. E la Chiesa non è la sola a educare questo mondo. Essa vorrebbe portare alla conversione coloro che abusano dell’uomo, ma non attraverso l’odio o la violenza. Per quanto mi riguarda, la questione sociale mi sta talmente a cuore che le ho consacrato un’enciclica: la Sollicitudo Rei Socialis. “La pace è frutto della solidarietà” (Sollicitudo Rei Socialis, 39).

7. Il disegno di Dio è ancora la collaborazione fra l’uomo e la donna. All’uno e all’altra Dio ha voluto affidare il mondo. L’uno e l’altra sono stati creati a sua immagine. La donna è della stessa razza dell’uomo, “carne della sua carne” secondo l’immagine biblica. La sua sorte dipende molto dallo sguardo che l’uomo ha su di lei, come disse Gesù. Ella non deve mai essere ridotta ad un oggetto. Ha la stessa dignità, gli stessi diritti. Ma l’uomo e la donna hanno ciascuno i loro doni. Non si può assimilarli gli uni agli altri. Voi avete sottolineato il contributo originale della donna quando nasce una vita, il sogno, l’amore. Anche l’uomo vive queste cose, ma diversamente. La donna ha il suo contributo specifico nella società. Essa lo ha anche nella Chiesa. Ho appena pubblicato un documento sul ruolo della donna nel disegno di Dio.

8. Rimane un ultimo aspetto molto importante, della creazione. È la libertà dell’uomo e della donna nella ricerca del bene. Dio non ha fatto il male. Ma ha lasciato l’uomo libero. Cosa sarebbe l’uomo senza libertà? Dio ha preferito questa libertà alle prostrazioni degli schiavi, come ha detto il vostro poeta Péguy. Ora l’uomo e la donna si sono chiusi a Dio. Essi hanno creduto di poter disporre a loro gradimento del bene e del male. Ma essi non possono evitare le conseguenze delle loro scelte. Questo perché c’è nel cuore dell’uomo una misteriosa rottura con Dio, con il bene, che ha avuto ripercussioni su tutta la creazione, fra gli uomini, fra l’uomo e la donna, fra la natura e l’uomo. È una certezza della rivelazione. Ciò spiega molte delle nostre miserie. Poiché gli uomini d’oggi fanno la stessa cosa. Essi si credono Dio. Essi non ritroveranno la pace se non con l’obbedienza a Dio. Sì, siamo tutti peccatori. È in noi che si trova la ragione del male; è nella nostra conversione che risiede la felicità.

Ma possiamo arrivarci con le nostre sole forze? È un’altra storia. Abbiamo bisogno di un salvatore, che ci illumina, che ci libera. Ho nominato Gesù Cristo. Egli viene a noi, figlio di Maria. Egli viene da Dio, Figlio di Dio. Egli ci insegna nuovamente la via di Dio, il cammino del dominio di sé e del mondo, il cammino del bene, della condivisione, dell’amore.

Dell’amore . . . Ma anche voi, voi avete una nuova testimonianza da offrire a tale proposito.

II.

Amore

1. Cari amici, Cristo è venuto. Egli ha seminato la Parola di Dio, sotto forma di parabole, nel cuore dei discepoli, perché il Regno di Dio cominci sulla terra, attendendo il suo compimento nell’aldilà.

Ma Cristo non si è accontentato di parlare, nemmeno di guarire. Egli ha dato la sua vita. Egli stesso è stato seminato sulla terra come il chicco di grano che muore per portare frutto (cf. Gv 12, 24). Egli è risorto. Ha mandato il suo spirito, il suo “soffio”. È nata la Chiesa. Egli ha dato un comandamento nuovo: “Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se voi vi amerete gli uni e gli altri” (Gv 13, 34-35).

2. Voi siete i suoi eredi. A voi è stato dato di conoscere i misteri del Regno di Dio, di parteciparvi, di darne l’annuncio al mondo. Ma cosa potete fare di fronte ai grandi problemi che vi si pongono, davanti alle masse di gente alla ricerca della felicità, della salvezza? Gesù vi dice come ha detto agli apostoli: “Non temete, piccolo gregge”, come se voi foste soli ad agire. Ciò che Cristo ha seminato nella sua Chiesa, in voi, sembra modesto e debole in principio, come il grano di senapa, il più piccolo di tutti i grani. Ma egli ha dentro di sé la forza per germogliare, per svilupparsi come un albero. Gesù dà la certezza: il suo regno non cesserà di crescere, di irradiarsi, di accogliere coloro che vengono a lui come gli uccelli. Nulla può fermare il bene che nasce dalla grazia di Cristo, dal Vangelo messo in pratica.

3. Egli solleverà il mondo come il lievito: mescolato ad una grande quantità di pasta, finisce per farla lievitare tutta. Cari giovani, avete capito la potenza del Vangelo?

Occorre ancora che il lievito sia veramente mescolato, presente in tutta la pasta; e che rimanga un autentico fermento, con tutta la sua forza, senza essere snaturato. Tali sono anche le condizioni della diffusione apostolica della Chiesa nel mondo. I cristiani devono essere presenti in tutti i cantieri del mondo, laddove si prepara la società del domani, laddove sono le basi dell’Europa, laddove gli uomini studiano, cercano, lavorano, si addolorano, soffrono, laddove essi si prendono anche i loro svaghi, sempre più abbondanti. Ma essi devono, al tempo stesso, proteggere la loro fede originale senza portarla al grado delle opinioni e delle ideologie, senza sposare costumi estranei al Vangelo. Per questo, il legame con Cristo deve essere sempre più approfondito nella meditazione della Bibbia, nella preghiera, nei sacramenti della Riconciliazione, dell’Eucaristia, nella vita ecclesiale. È necessario per loro essere nel mondo senza essere del mondo.

4. Voi disponete di un tesoro, di una perla di grande valore. Sì, Gesù paragona il Regno a un uomo che ha scoperto un tesoro nascosto, a un negoziante di perle raffinate. Il tesoro e la perla sono ricercati e stimati da tutti. Ci si attacca come a un qualcosa di assoluto, pronti a sacrificare tutto il resto. Essi diventano lo scopo e la motivazione della vita.

Per noi, il tesoro nascosto è Gesù Cristo, scoperto dalla fede. È la sua persona, misteriosa, a cui ci si attacca veramente. E anche il suo Spirito, il suo soffio, che ci ispira e ci dà la forza. È il suo messaggio, ciò che ci chiede di credere e di fare, è la sua legge. Sono i beni, i valori del suo regno. Molti giovani hanno testimoniato un notevole attaccamento a Cristo. Mi riferisco al giovane francese Marcel Callo. Mi riferisco al giovane tedesco Carl Leisner che scriveva, prima di essere mandato al campo di Dachau: “Il segreto della forza dell’Europa è Cristo”. Cari amici, quanto siete attaccati a Cristo?

5. Voi mi domandate se la Chiesa è l’unica a dettare delle leggi sulla vita, sulla morte, sull’amore. Altri seguono la propria saggezza, la loro ragione, a volte i loro istinti per determinare la loro condotta in questi gravi campi. Ovunque si pronuncino civiltà, religioni, istanze giuridiche o politiche secondo una retta coscienza, rispettando la dignità umana, noi ne gioiamo. Ma, ciò di cui sono sicuro, è che nulla può essere paragonato al regno di cui parla Gesù. Lui sa chi è Dio. Lui sa cosa c’è nell’uomo. Lui, l’autore della vita, sa che cosa è la vita. Lui, risorto dai morti sa che cosa è la morte. E sa che cosa è l’amore: nessuno ha amore più grande di quello di donare la vita per i suoi amici.

6. Praticamente, quali sono dunque i valori che Cristo ha portato nel mondo per salvarlo? Essi sono, soprattutto, quelli delle Beatitudini che costituiscono la legge del regno (Mt 5, 1-12). Possono sembrare paradossali, ma esse rinnovano tutto il comportamento umano.

Gesù ci dice: “Beati gli operatori di pace”.

Essere operatori della pace, è rifiutare certamente ogni forma di terrorismo. È fare tutto per evitare la follia delle guerre, è anche avere il coraggio di impedire ad un ingiusto aggressore di ridurre i nostri fratelli in schiavitù. Non si vive in pace a qualsiasi prezzo.

Essere operatori di pace, è creare di stabilire una fraternità attraverso tutte le frontiere, di riunire tutto il mondo intorno ad una tavola universale per mangiare lo stesso pane. È lo scopo ultimo del Regno di Dio. Ma le frontiere sono anche in noi. L’unione fraterna non consiste nel misurare le legittime differenze, ma nell’accogliere e amare l’altro diverso. Così l’Europa offre una sfida che i nuovi mondi conoscono meno: essa è parte di antiche e nobili culture, di lingue, di nazioni della ricca storia. Si tratta di sapere come ci ameremo e coopereremo nel reciproco rispetto. Per fare un esempio, costa meno obbligare tutti a parlare la stessa lingua che fare lo sforzo di imparare quella degli altri.

7. Gesù ci ha detto: “Beati i miti, perché erediteranno la terra”.

I miti soffrono delle dispute, delle gelosie, delle rivalità che nascono nelle famiglie, fra vicini. Essi non accettano passivamente le situazioni di ingiustizia. Sono l’esatto contrario degli indifferenti. Ma essi non rispondono alla violenza con la violenza, all’odio con l’odio. È anche una vostra convinzione. Ho detto recentemente ai giovani del Lesotho circondati da situazioni di apartheid che la non violenza è una scelta di amore coraggioso a favore dei diritti dell’uomo.

Gesù ci ha detto: “Beati coloro che hanno fame e sete di giustizia”, coloro che sono perseguitati per causa della giustizia.

Vale a dire: aspirate soprattutto a essere giusti agli occhi di Dio, aspirate a vedere ogni uomo trattato con giustizia, secondo la sua dignità di figlio di Dio, secondo i diritti fondamentali di cui Dio è garante.

È una delle vostre domande. Voi conoscete bene l’impegno della Chiesa per tutti i diritti dell’uomo. È normale per i cristiani che nessuno sia disprezzato, oppresso, maltrattato perché è di un’altra razza, di un’altra cultura, di un’altra religione. Il rispetto riguarda l’integrità della vita, a tutti gli stadi: come avete ragione a sollevarvi contro coloro che uccidono e torturano! Tale rispetto tocca anche le libertà fondamentali, quelle di pensare ed agire secondo la propria coscienza.

Gesù ci ha detto: “Beati i misericordiosi”.

Coloro che sono sensibili alla miseria degli altri, che li guardano con tenerezza, coloro che sono benevoli, coloro che sanno perdonare.

8. Gesù ci dice ancora: “Beati i puri di cuore”.

L’avete detto voi stessi, amarsi fra uomo e donna, fra ragazzo e ragazza, è rispettare l’altro nel suo corpo, nel suo cuore, nella sua libertà; è il ricevere con ammirazione come un dono di Dio, è l’amare in modo diverso, con l’intenzione di fare di tutto per renderlo felice e migliore; è unirsi per creare una famiglia. L’altro deve essere amato per se stesso, non come oggetto di piacere. Un tale amore si apprende con pazienza; esso richiede sacrifici, è fatto per durare. Su questo punto, dite voi, alcuni sono esitanti, scossi dai costumi dei giovani e degli adulti che sono a favore della convivenza giovanile e del divorzio. Capisco che essi siano turbati. Ai tempi di Gesù, alcuni pensavano anche di approfittare delle concessioni che Mosè sembrava avere accordato in materia di fedeltà, a causa della durezza dei cuori. Ma Gesù ha ricordato il disegno originale di Dio: “L’uomo dunque non separi ciò che Dio ha unito” (Mc 10, 9). Se Dio esige una totale fedeltà, vuol dire che questa è possibile. Se Gesù ne ha fatto un sacramento, a immagine del suo amore indissolubile per la Chiesa, è perché la sua grazia non verrà mai a mancare. L’atto che unisce l’uomo e la donna in una sola carne è così grande e forte che esprime la totale unione di due persone, esso perde il suo senso al di fuori di questa alleanza, sigillato dal sacramento. Così come non si può vivere soltanto per provarlo, né morire per provarlo, non si può amare veramente in modo superficiale. Questo vorrebbe dire confondere l’esperienza prematura della gioia con il dono di sé nell’amore consentito per sempre. Il problema è di prepararsi a questo dono di sé, a livello di cuore e di volontà.

9. Gesù ci ha detto soprattutto: “Beati i poveri in spirito”.

Voi pensate a coloro che si preoccupano dei poveri, che cercano in modo preminente di servirli. È questo che vorrebbe fare la Chiesa. Ma Gesù ha visto coloro che sono essi stessi poveri nel loro cuore, cioè umili, come Maria, la serva del Signore, disponibili a Dio, alla ricerca della sua volontà. Essi ripudiano la sufficienza, l’orgoglio, l’intolleranza, il fanatismo. È così che ho pregato di fronte ai giovani musulmani a Casablanca: “non permettere o Dio, che invocando il tuo nome, veniamo a giustificare i disordini umani!”. Coloro che hanno un cuore povero sono veramente liberi.

Cari giovani, un uomo, una donna, che vive secondo tali Beatitudini, che riconosce loro un valore assoluto, ha trovato un tesoro. È divenuto egli stesso un tesoro per il mondo. Egli annuncia il Paradiso. Vi domanderete: che può fare ancora la religione nell’anno 2000? Essa farà grandi cose se i giovani di oggi si impegnano senza paura su questo cammino. Tutto è possibile con il soffio che viene da Gesù, il soffio del suo Spirito. Ecco l’amore che viene da Dio!

III.

Sognare

1. Cari amici, ho ascoltato attentamente la vostra lettera. Essa rivela punti molto positivi. Potrei firmarla! Ma forse è riservata a coloro che sono ancora nell’età della giovinezza! Possa la vostra vita ispirarsi tutti i giorni a tale ideale generoso!

Voi mi domandate di rendere testimonianza della vitalità delle Chiese, così come si manifesta fra i giovani che ho incontrato. Sì, ne ho incontrati molti, a est e a ovest, a sud e a nord. E soprattutto a Roma. Potrei rendervi partecipi di numerose memorabili esperienze. Ma devo sintetizzare e scegliere. Innanzitutto, assicuro i giovani che la Chiesa li ama, così come Cristo li ama. E al tempo stesso, accolgo le loro testimonianze e le loro domande, i segni delle loro attese e delle loro speranze. È magnifico vedere come Cristo viene loro incontro, cambia la loro vita, li fa vivere in comunione con lui, gli fa scoprire la loro missione. Animati dalla fede, essi prendono in terra delle iniziative di pace, di giustizia, di riconciliazione, di condivisione con i più poveri, in tutti i campi che avete menzionato. Questa sera, considero soprattutto tre tipi di esperienze, sperimentate un po’ ovunque, che sono segni eloquenti e diretti della fede e della vita ecclesiale fra i giovani.

2. E soprattutto come non essere toccati dalla nuova fioritura di pellegrinaggi di giovani in questi ultimi anni? Mi ricordo i pellegrinaggi di universitari a Czestochowa, dal 1936: ho spesso partecipato con alcuni miei compagni, a volte nella semi-clandestinità; si raggiungeva il Santuario della Madre di Dio a Jasna Gora, antico luogo spirituale della Polonia. Ma l’esperienza supera di molto il quadro del mio paese natale. Dopo un periodo di minor fervore, si è ripresa la rotta dei pellegrinaggi: molti sono i giovani che marciano da Parigi a Chartres, da Macerata a Loreto, da Buenos Aires a Luján. Si potrebbe dire che il nostro incontro di Strasburgo rientra già nella preparazione della Giornata Mondiale della Gioventù del 1989. Essa raggiungerà l’apice a Santiago de Compostela, in Spagna, il 19 e 20 agosto del prossimo anno. Vi sono invitati i giovani di tutto il mondo. Anche io ci sarò come pellegrino. Vi incoraggio a intraprendere questo pellegrinaggio verso la tomba dell’apostolo san Giacomo. Così la vecchia Europa comprenderà ancor meglio le sue radici, sulle strade che hanno portato tanti pellegrini a Santiago dal Medioevo, con voi, giovani evangelizzatori dell’anno duemila.

La partenza del pellegrino ha infatti una grande importanza. Il pellegrinaggio simbolizza la vostra vita. Significa che non volete stabilirvi, che resistete a tutto ciò che mira a spegnere le vostre energie, a soffocare le vostre domande, a chiudere il vostro orizzonte. Si tratta di mettersi in rotta accettando la sfida delle intemperie, di affrontare gli ostacoli - soprattutto quelli della nostra fragilità -, di perseverare fino alla fine.

Gesù è il nostro cammino. Egli ci accompagna, come ha fatto con i discepoli di Emmaus. Ci mostra la direzione della nostra marcia. Egli ci consiglia quando sbagliamo strada. Ci risolleva quando cadiamo. Egli ci attende alla fine del percorso, quando verrà il momento del riposo e della gioia. I santuari sono come “un angolo di cielo” in cui Cristo ci accoglie, con sua Madre e nostra Madre, con i santi; dove ci fa gustare il mistero della comunione cui siamo destinati.

3. Ecco altre esperienze che voglio condividere con voi: la nuova fioritura di comunità cristiane e movimenti ecclesiali. Essi nascono dalla chiamata che Cristo rivolge a ciascuno. Se non siamo addormentati o distratti, noi riconosciamo la sua presenza. Noi ci mettiamo “in movimento”, secondo le vie che la Provvidenza riserva a ciascuno. Durante il recente Sinodo dei Vescovi, a Roma, si è molto parlato dei movimenti ecclesiali. Essi costituiscono certamente una delle sorprendenti manifestazioni dello Spirito Santo nella vita della Chiesa di oggi. Non conviene opporli alle associazioni tradizionali, né ai movimenti di Azione Cattolica che hanno avuto e hanno sempre il merito di contribuire all’evangelizzazione dei diversi luoghi e di avere un impatto cristiano nella società. Ma le nuove comunità offrono un segno promettente; e si vedono produrre conversioni e anche frutti di santità; vi si scopre un profondo senso della comunione e slanci missionari al servizio degli altri. Unendo la ricerca spirituale e l’azione temporale essi offrono una sintesi cattolica.

Certamente, questi movimenti richiedono necessariamente un discernimento. Bisogna valutare ciò che sostanzialmente si manifesta in essi. I limiti oggettivi potrebbero decantarsi poco a poco nel tessuto della comunione, sotto la vigilanza pastorale dei Vescovi, e in un paziente sforzo di carità. Ciò che è capitale, è che essi ci portano a riporre tutta la nostra energia e fiducia in Cristo. Così possiamo divenire uomini liberi, senza lasciarci incantare dal materialismo, né legare dalla schiavitù degli idoli: il potere, il consumo, il piacere; senza cedere al conformismo; senza essere intimoriti dalle persecuzioni o le opposizioni più sottili che tendono a emarginare i cristiani. La pedagogia dei movimenti è quella di portare i giovani a proclamare il Vangelo attraverso la parola e gli atti, come un messaggio di liberazione che rende la vita pienamente umana e introdotta nella vita eterna con Dio.

4. Infine vorrei parlarvi di una terza esperienza di giovani che è un chiaro segno della vitalità ecclesiale: le vocazioni. Cristo fissa il suo sguardo su noi come sul giovane ricco: “Vieni, e seguimi”. La marcia ha a sua volta l’aspetto di cammini molto diversi, che rispettano la personalità di ciascuno. Molti sono chiamati a formare famiglie cristiane esemplari; essi dunque si impegnano sulla via del sacramento del Matrimonio, che è una vocazione bella e grande. Molti lo fanno anche attraverso il loro lavoro o il loro impegno sociale, politico, culturale, sindacale. Ma come tacere la nostra ammirazione quando si incontrano dei giovani che come i discepoli delle prime ore, sono capaci di lasciare tutto per seguire Cristo, nel ministero sacerdotale o nella messa in pratica radicale dei consigli evangelici? Dopo alcuni tempi difficili, ecco che le vocazioni sacerdotali e religiose aumentano. Se ne incontrano molte in India, in Corea, in molti paesi d’Africa, come un frutto dello slancio missionario. A tale proposito si registra ugualmente un rinnovamento delle comunità cristiane evangelizzate da cinquecento anni, in America Latina, nelle Filippine; e anche nella nostra vecchia Europa, ma in modo ancora molto insufficiente. Tuttavia la grazia di Dio non è mai mancata; il Padrone delle messe chiama sempre tutti i suoi operai per la sua mietitura. Ma sarebbe necessario che si aprissero i cuori di giovani tanto generosi. Questo sarà - ed è già - un segno della vitalità delle Chiese.

Amo essere l’amico dei giovani. Ma, come vedete, rimango un amico esigente. Perché Cristo è esigente: egli chiede tutto. Egli vi chiama a rifiutare le cortesi demagogie. Il vostro cuore è alla portata degli slanci radicali che impegnano tutta la vita. Ciò che ha valore forse costa, come il tesoro e la perla preziosa. Così si arriva alle Beatitudini. Seguendo Cristo, si porta la croce, ma si riceve la gioia di una ricompensa centupla, in questa vita.

Prima di riprendere il mio cammino per annunciare agli altri la buona novella, vi invito a unire le vostre mani in segno di pace, e poi vi inviterò ad alzarle, per rendere grazie a Dio, con Maria. Egli ha operato in lei, egli opera in voi delle meraviglie!

 

© Copyright 1988 - Libreria Editrice Vaticana

 



Copyright © Dicastero per la Comunicazione - Libreria Editrice Vaticana