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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI FEDELI FIORENTINI GIUNTI A ROMA
PER LA BEATIFICAZIONE DI NIELS STENSEN

Domenica, 23 ottobre 1988

 

Carissimi fratelli e sorelle!

1. Siete giunti numerosi insieme col vostro Arcivescovo, il Cardinale Silvano Piovanelli, per restituirmi la visita che feci alla vostra comunità diocesana nel 1986, e a tale scopo, avete scelto una circostanza molto opportuna: la beatificazione del servo di Dio Niccolò Stenone, matematico e anatomista, che tanto predilesse la vostra bella città. In essa ricevette una particolare grazia divina che lo condusse in seno alla Chiesa cattolica e poi a divenire sacerdote di Cristo.

Vi ringrazio di cuore per aver voluto prendere parte, questa mattina, nella Basilica di San Pietro alla solenne celebrazione liturgica, in cui ho avuto la gioia di decretare l’onore degli altari del nuovo beato, la cui gloria certamente contribuisce ad illustrare anche Firenze, oltre che la nazione danese, sua terra di origine.

Ringrazio vivamente il Cardinale Piovanelli per l’affettuoso indirizzo che, anche a nome dell’intera arcidiocesi, ha voluto ora rivolgermi. Con lui saluto anche il sindaco dottor Massimo Bogianckino. Colgo l’occasione per esprimere ancora i sentimenti d’amicizia e di ammirazione che mi legano all’antica e nobile Chiesa fiorentina, così straordinariamente ricca di vicende storiche, nelle quali la virtù si accompagna alla scienza, la cultura alla santità, la gentilezza dei modi alla nobiltà dello spirito, la bellezza dell’arte all’impegno delle conquiste morali. Firenze è in ciò un faro splendente per tutto il mondo. E il beato Niccolò fu attratto da questa luce. La sua grande anima si sentì in spontanea consonanza ed affinità con l’antica anima cristiana dei fiorentini.

2. Firenze fu infatti come una seconda patria per il beato Stenone, le cui spoglie sono custodite nella Basilica di san Lorenzo. Nella vostra città egli maturò quelle decisioni fondamentali di carattere religioso che dovevano dare un indirizzo nuovo a tutto il resto della sua vita, arricchendo la sua personalità, già tanto dotata sul piano culturale, con l’apporto di una nuova e più alta professione di vita, quella del ministro di Cristo, che allarga il cuore di un uomo ad orizzonti ben più vasti e profondi di quelli che possa assicurare la semplice scienza umana, per quanto nobile essa sia.

Nella maturazione spirituale del nostro beato molto influirono i contatti con ambienti fiorentini nei quali l’amore per la scienza si sposava armoniosamente con le convinzioni di fede e con la pratica della carità: egli si rese conto che il cattolicesimo non solo non avviliva, ma esaltava quella ardente sete di verità e di conoscenza che negli anni precedenti aveva portato la sua acuta intelligenza a notevoli traguardi nel campo degli studi e delle scoperte scientifiche. Nello stesso tempo, egli rivisse e ripensò queste esperienze umane in una forma del tutto personale, e quindi profondamente libera e responsabile, come è testimoniato da quella famosa illuminazione del due novembre del 1667, con la quale, fugando ogni residua incertezza approdò alla pienezza della fede ed entrò nella Chiesa cattolica.

3. Questa sua decisione, che rivoluzionò in qualche modo la sua anima non gli fece però dimenticare i correligionari di un tempo. Tutt’altro! Divenuto Vescovo e vicario apostolico dell’Europa settentrionale, dette prova, nei numerosi contatti con le altre confessioni cristiane, di grande carità e delicatezza conquistandosi così presso di loro una stima universale e divenendo uno dei precursori del movimento ecumenico. Per questo lo invochiamo perché la sua intercessione conduca tutti i discepoli di Cristo all’unità della fede, per la quale il Signore ha pregato: “Ut omnes unum sint” (Gv 17, 11).

L’esempio che ci offre il Vescovo Stenone è importante, in particolare, per tutti i pastori della Chiesa: in lui rifulgeva un generoso spirito di servizio che lo rendeva sempre pronto ad andare là dov’era chiamato, anche se l’incarico era difficile ed impegnativo. In ogni occasione egli seppe dar prova di zelo fervente e di instancabile spirito apostolico, conducendo una vita mortificata e povera.

Cari fratelli e sorelle nel ricordare questa esemplare figura di sacerdote e di scienziato proviamo oggi una grande consolazione. Egli è per noi un aiuto presso il Padre, una guida, una luce. Egli costituisce una speranza per l’evangelizzazione della cultura, per animare lo zelo sacerdotale, la fedeltà della Chiesa, le speranze dell’ecumenismo.

4. Questo nostro incontro è significativo, anche perché avviene in concomitanza con i lavori preparatori del vostro Sinodo diocesano, che si svolgerà in tre tappe: vedere la situazione attuale della realtà ecclesiale; valutarla alla luce della Parola di Dio, e decidere in comunione con le indicazioni della Chiesa, ponendo in pratica le esigenze di miglioramento o di mutamento che emergono in base alla valutazione fatta.

Queste tre tappe possono trovare un’ispirazione evangelica nell’episodio dei due discepoli di Emmaus, di cui ci parla san Luca (Lc 24, 13-35). In un primo momento Gesù li lascia parlare, “vede” la loro situazione; in un secondo momento, egli interviene e “valuta” il loro comportamento, dando loro opportune direttive; in un terzo momento, i discepoli, illuminati e confortati dal Signore, prendono le opportune decisioni, tornando a Gerusalemme e ricongiungendosi con gli undici e gli altri discepoli.

Mi auguro che il cammino preparatorio, al quale dedicano il loro impegno le varie componenti della comunità diocesana - parrocchie, comunità religiose, associazioni, movimenti e gruppi -sia seguito dalla più vasta partecipazione da parte di tutto il Popolo di Dio che è in Firenze. Da parte mia, desidero assicurarvi che vi seguo con affetto nella preghiera, mentre imparto per questa importante iniziativa una larga benedizione, come pure benedico di cuore tutti voi qui presenti, insieme con i fratelli e le sorelle assenti.

 

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