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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
DURANTE LA VISITA ALLA PARROCCHIA DI
SAN TOMMASO APOSTOLO A CASTEL FUSANO

Domenica, 3 dicembre 1989

 

Alla popolazione del quartiere  

La parrocchia di San Tommaso Apostolo a Castel Fusano riserva al Papa un’accoglienza molto calorosa. Già parecchio tempo prima dell’arrivo del Santo Padre, numerosissimi fedeli si sono assiepati lungo la stradina che conduce alla chiesa. Giovani, anziani, coppie di sposi con i loro figlioletti: tutti manifestano una profonda gioia per l’incontro che sta per avvenire. Ad attendere il Santo Padre, oltre al parroco, Don Plinio Poncina, sono il Cardinale Vicario, Ugo Poletti e il Vescovo Ausiliare del Settore Sud, Monsignor Clemente Riva. È il parroco a rivolgere al Santo Padre il primo saluto a nome dell’intera comunità parrocchiale.
Questa la risposta del Santo Padre.  

Quando io ero sacerdote, viceparroco, più giovane del vostro parroco attuale, nella parrocchia in cui mi trovavo ho imparato che la parte migliore della parrocchia sono sempre i confini, quanti vivono più lontani dal centro, dalla chiesa parrocchiale. Lo stesso si potrebbe dire per Roma. E precisamente per la vostra comunità, perché voi siete qui abbastanza lontani dal centro, da san Pietro: si deve camminare con la macchina una buona mezz’oretta per arrivare qui. Ma spero che anche questa parte della diocesi di Roma sia così buona così come lo sono le periferie della parrocchia in cui ho incominciato il mio servizio, il mio ministero pastorale.

Vi auguro una buona visita del Papa. Ce lo auguriamo insieme. Lo auguro a voi, fedeli di questa parrocchia, al vostro parroco e ai vostri sacerdoti e ve lo augurate voi stessi. Cosa vuol dire “buona visita”? “Buona visita” vuol dire incontrarsi, sentirsi vicini, sentirsi amici. Ma questa visita nella Chiesa, questo incontrarsi, vuol dire sempre incontrarsi in Cristo.

Questo è il mio augurio per voi tutti all’inizio di questa visita pastorale nella vostra parrocchia. Vi auguro, e lo auguro anche a me, di incontrarci in Cristo. Quel Cristo di cui la Chiesa oggi comincia di nuovo ad aspettare la venuta storica, avvenuta duemila anni fa. Da sempre nella liturgia della Chiesa questa venuta è aspettata. E aspettata la fine del mondo nella prospettiva escatologica. Ma è aspettata anche in altre diverse prospettive, soprattutto nella prospettiva della nostra coscienza, della nostra vita personale. Ciascuno di noi, se si incontra con Cristo, incontra la salvezza, incontra quel bene ultimo per cui noi siamo stati creati da Dio e per cui Cristo è venuto al mondo.

Voglio augurare questo incontro, non solamente nel periodo dell’Avvento, ma specialmente in questo periodo, a ciascuno di voi.  

Ai bambini  

Numerosissime sono domenica le giovani coppie con i propri figlioletti. A loro il Santo Padre riserva un particolare momento della visita, accarezzando e benedicendo i neonati. Immediatamente prima di entrare nella chiesa, dove incontrerà gli anziani e i malati, Giovanni Paolo II riceve l’omaggio di una ghirlanda di fiori offertagli da una coppia proveniente dallo Sri Lanka.
L’incontro successivo, in uno spiazzo retrostante alla chiesa, è quello con i bambini. È un momento particolarmente significativo perché i piccoli, attraverso alcune canzoni, mettono in risalto alcuni dei temi più scottanti nella vita del loro quartiere e della società intera: il problema degli anziani, della separazione dei coniugi e dell’accoglienza della vita.
Dopo aver ascoltato i canti, Giovanni Paolo II rivolge ai bambini le seguenti parole.
 

Voglio salutare tutti i presenti qui, in questo settore dietro la cappella, soprattutto i bambini, ma i bambini sono attorniati dai loro genitori, dai loro maestri e insegnanti, dalle suore. Voglio ringraziarvi per questo messaggio che avete adesso trasmesso al Papa. Tutto quanto avete cantato e anche presentato con i gesti è un messaggio molto importante per la vostra parrocchia, ma non solamente per questa sola parrocchia. Lo è per tutta Roma, per tutta l’Italia, per il mondo intero.

Io vi ringrazio per questo messaggio. Cosa potrei dirvi ancora di più? Ecco, ho visto che la vostra chiesa, piuttosto la vostra cappella, è piccola, non si possono trovare molte persone dentro questa cappella-chiesa, chiesa parrocchiale.

Ma c’è un’altra cosa, o piuttosto un’altra casa che mi sembra molto spaziosa, molto grande, e sono i cuori. Ecco ho trovato una piccola chiesa, questa costruzione materiale, e ho trovato i cuori aperti e molto vasti, molto abbondanti delle diverse esperienze, dei sentimenti, dei diversi desideri del bene. Allora vi auguro, nella vostra vita in futuro, come anche ai vostri genitori, vi auguro anche una casa sufficiente, una casa dove si abita. Ma vi auguro soprattutto, nella vita, un cuore largo, un cuore aperto, un cuore ricco. Perché si può vivere nella casa ricca e avere un cuore povero, impoverito. E questo è contrario a quello che ci ha detto e lasciato Gesù, con il suo messaggio.

La sua casa di Nazaret era molto povera e poi ha vissuto quasi senza casa. Ma il suo cuore come era aperto, come era ricco, come era vasto! Ancora oggi sentiamo questa larghezza del suo cuore. Lo sentono le generazioni, lo sentono i popoli, tanta gente vive della ricchezza di questo cuore di Gesù. Auguro a tutti voi parrocchiani, e specialmente a voi piccoli, questo dono, il dono di un cuore ricco.

Ai giovani  

Parole sentite sono rivolte al Papa da una rappresentante dei gruppi giovanili della parrocchia. All’incontro, che ha luogo in un tendone per l’occasione sistemato accanto alla chiesa, partecipano anche alcuni rappresentanti delle comunità srilankese e polacca presenti nel quartiere.
Questa la risposta di Giovanni Paolo II.
 

Ai giovani della parrocchia voglio dare una risposta soprattutto per le parole belle e sentite che ho potuto ascoltare. La vostra rappresentante ha parlato non solamente con le labbra ma anche con il cuore. Vi ringrazio per questa solidarietà con il Papa e con la Chiesa che vi ispira, e vi auguro di continuare, come giovani di questa parrocchia, di crescere spiritualmente, di crescere umanamente e cristianamente, di essere sempre più maturi e più degni del nome cristiano, del nome di Cristo Gesù, Dio-uomo, di questa dignità che ci ha portato, la dignità dei figli di Dio. Vi auguro di maturare sempre più anche nelle scuole, nel lavoro, nelle vostre professioni, nell’amore che vi conduce verso le soluzioni della vita: matrimonio, famiglia. Tutto ciò è davanti a voi e vi auguro una strada retta, un cammino giusto verso questi traguardi, verso queste finalità.

Ringrazio i giovani per i canti. Hanno cantato durante la santa Eucaristia. Hanno cantato anche adesso, con grande vigore, con grande entusiasmo. E così, come ha detto sant’Agostino, chi canta, prega due volte. Chi canta, “bis orat”. Grazie a questo canto abbiamo veramente pregato due volte. Ancora un altro risultato di questi canti è che abbiamo sentito meno freddo. Quando si canta certamente si sente meno il clima rigido. Vi ringrazio per tutto questo.

Vorrei indirizzarmi ai vostri fratelli dello Sri Lanka che hanno qui una comunità. Mi hanno salutato, presentato i doni. Vi auguro tutto il bene qui a Roma, in questa parrocchia, nelle vostre famiglie. Vi auguro anche il bene della vostra patria lontana, veramente lontana e provata dalla guerra interna. Vi auguro la pace nella vostra patria, nello Sri Lanka. A voi e a tutti i vostri concittadini, a tutti i membri della comunità dello Sri Lanka, in patria e all’estero. Devo aggiungere che ogni giorno prego per lo Sri Lanka, come anche per altri paesi del mondo, come per la mia patria, per la Polonia. Qui sono presenti anche i figli e le figlie di questa patria.

Avete organizzato molto bene questa visita pastorale. Veramente, avendo pochi mezzi e una piccola chiesa, avete trovato modo di attirare una buona giornata. E se questa giornata avesse avuto condizioni atmosferiche un po’ diverse, sarebbe stato più difficile godere così della visita del Papa e di incontrarci in pace, in tranquillità e gioia. Grazie per questo tempo buono che è certamente dono di Dio, ma io spero che anche voi abbiate collaborato a questo dono di Dio come avete collaborato anche a tutta l’organizzazione della visita fuori la cappella, ai diversi incontri.

Si vede in tutto questo l’entusiasmo. Certamente l’entusiasmo del vostro giovane parroco e del suo collaboratore, ma penso anche l’entusiasmo dei parrocchiani e specialmente dei giovani.  

Ai gruppi parrocchiali  

L’ultimo incontro dell’intenso pomeriggio del Santo Padre nella parrocchia ha luogo nella chiesa. Qui si è raccolta la comunità degli adulti guidata dal Consiglio Pastorale. Al suo ingresso Giovanni Paolo II è accolto con la versione italiana di un canto religioso polacco. Numerosi anche in questa occasione i doni offerti al Papa, tra i quali alcuni quadri e il fazzoletto degli scout.
Un rappresentante del laicato pronuncia un indirizzo d’omaggio particolarmente sentito. Ed ecco le parole pronunciate dal Papa.
 

Ringrazio per le parole così profonde, brevi, ma piene di contenuto, di contenuto di mente e di cuore. Grazie anche per questo canto che mi ricorda lo stesso canto cantato in polacco tanti anni fa. Non lo sento molte volte qui in Italia, ma si cantava molto nella mia patria. E poi vi ringrazio per i doni, vi ringrazio per il vostro contributo, non solamente in questa circostanza della visita pastorale, ma il vostro contributo continuo nella costruzione spirituale di questa vostra parrocchia. Ringrazio tutti, ringrazio il vostro parroco, i sacerdoti che lo aiutano, ringrazio le suore, ringrazio tutti i fratelli e le sorelle laici, anche loro impegnati nell’opera pastorale e apostolica di questa parrocchia. Ringrazio i giovani, ringrazio gli scout, anzi porto il segno distintivo degli scout. Me lo offrono molte volte in ogni parrocchia. Potrei già fare una piccola collezione.

Vi auguro di rimanere fedeli; rimanere fedeli a questa consegna che ci ha lasciato san Tommaso apostolo. E vero che sono quasi le uniche sue parole nel Vangelo, ma veramente sono le parole più piene di contenuto. Questo Tommaso che si chiama anche “infedele” perché non voleva credere agli altri apostoli che Cristo è risorto. Dopo, quando lo ha visto, si è messo in ginocchio davanti al Signore e ha confessato: “Signore mio, Dio mio, Dio mio”. Forse in nessun altro punto del Vangelo la divinità di Cristo è confessata così apertamente, così assolutamente come in queste parole di Tommaso apostolo. E poi la risposta di Gesù: “Mi hai visto Tommaso, hai creduto. Benedetti tutti quelli che credono non avendo visto”. Tutto ciò è, carissimi, bellissimo, profondissimo. Tutto ciò appartiene al tesoro della vostra comunità parrocchiale, grazie al vostro patrono.

Io vi auguro di crescere nella luce di queste parole e di questo avvenimento. Di crescere nella fede. Questa parrocchia situata così alla periferia di Roma in un ambiente molto bello, molto attraente, questa parrocchia deve crescere, deve cercare la sua strada verso questo “Signore mio, Dio mio”, che è Cristo. Lui si è fatto uomo per noi uomini. Vuol dire per farci suoi seguaci, non solamente seguaci che lo seguono esteriormente, ma seguaci del suo mistero, della sua figliolanza divina. Noi siamo figli. Ecco, tutto ciò appartiene al compito della vostra parrocchia. Tutto ciò si deve lentamente, ma con grande pazienza e perseveranza, costruire, realizzare, compiere, in ciascuno di noi, interiormente e comunitariamente. Ecco, sono i voti che vi lascio, e, come ha chiesto il vostro rappresentante, terminiamo con il Padre nostro.

 

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