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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
A CONCLUSIONE DELL
INCONTRO CON I METROPOLITI
DEGLI STATI UNITI D
’AMERICA

Sabato, 11 marzo 1989

 

Cari fratelli nell’Episcopato.

1. Per quattro giorni siamo stati insieme. Abbiamo pregato, riflettuto e discusso sul nostro ministero come successori degli apostoli chiamati a essere segni viventi di Gesù Cristo: il Cristo misericordioso, il Cristo orante, il Cristo totalmente fedele e contraddetto, il Cristo che venne “a predicare il Vangelo ai poveri” (Lc 4, 18). Nel momento in cui la nostra assemblea volge al termine, io sono certo che noi condividiamo un grande senso di gratitudine a Dio per ciò che ha significato per noi come Pastori questo incontro, individualmente e collettivamente, e per la vita della Chiesa negli Stati Uniti. Veramente Cristo è stato nostra forza e guida, e noi abbiamo fatto tutto per la gloria del Padre. Insieme abbiamo sperimentato la gioia che il Salmo esalta: “Ecco quanto è buono e quanto è soave che i fratelli vivano insieme! . . . Là il Signore dona la benedizione e la vita per sempre” (Sal 132, 1. 3).

Il nostro contatto durante questi giorni ci ha ulteriormente educati nello spirito collegiale e ci ha dato una possibilità per esprimere la comunione e la solidarietà che ci unisce in Cristo e nella Chiesa. Una prima conclusione generale che si può delineare è l’utilizzo di questo tipo di incontri per comprendere questioni o situazioni concernenti la vita pastorale della Chiesa nelle varie sfere geografiche e culturali della propria attività.

2. Il tema centrale delle nostre discussioni nel contesto generale della evangelizzazione è stato il Vescovo come maestro della fede. Non è mia intenzione qui di passare in rassegna l’importante analisi fatta del contesto culturale e delle circostanze sociali nelle quali voi siete stati chiamati a proclamare il messaggio evangelico come Pastori della Chiesa negli Stati Uniti. Sarà mia e vostra preoccupazione, e preoccupazione dei nostri fratelli Vescovi, continuare questa riflessione sulla relazione tra il messaggio cristiano e i contesti nei quali esso è predicato e vissuto.

A questo punto faccio riferimento brevemente alla questione più personale e fondamentale del ruolo del Vescovo come maestro della fede quale scaturisce dalla consacrazione che noi abbiamo ricevuto attraverso la pienezza del sacramento dell’Ordine. La preghiera di Gesù per i suoi discepoli ci spinge a considerare la questione radicale della nostra responsabilità in rapporto alla verità: “(Padre) . . . consacrali nella verità. La tua parola è verità. Come tu mi hai mandato nel mondo anch’io li ho mandati nel mondo; per loro io consacro me stesso, perché siano anche essi consacrati nella verità” (Gv 17, 17-19). Come Pietro in mezzo a voi, io devo incoraggiare e confermare voi e i vostri suffraganei e Vescovi ausiliari, e le Chiese particolari alle quali voi presiedete, in quella consacrazione alla verità che è la Parola di Dio, che è il Figlio di Dio fatto uomo per la salvezza di tutti.

3. Essenzialmente, durante questi giorni abbiamo parlato circa la fede e la trasmissione della fede. Alla radice della nostra discussione in ogni momento è stata la questione della fede riflessa nelle Chiese particolari della vostra Nazione, la fede viva nel laicato, nei religiosi e nelle religiose e nel clero che forma, con i Vescovi, la Chiesa cattolica negli Stati Uniti. Con i miei collaboratori nella Curia romana, ringrazio Dio per la storia colma di fede della Chiesa nel vostro Paese, della quale i vostri santi sono la più eloquente testimonianza. Il generoso spirito missionario dei vostri figli e delle vostre figlie - religiosi, preti e laici - è stato e continua ad essere evidenziato in molte parti del mondo.

4. Voi avete a lungo riflettuto sui modi con i quali è meglio per voi portare avanti il vostro servizio pastorale alle religiose e ai religiosi delle vostre diocesi, sostenendoli nella loro esigente ma estremamente fruttuosa osservanza dei consigli evangelici. Voi avete parlato dell’immenso contributo dei singoli religiosi e delle congregazioni religiose alla vita della Chiesa nel vostro Paese, mentre allo stesso tempo riconoscete che lo stato della vita religiosa presenta speciali problemi e sfide che richiedono la vostra continua attenzione. Avete espresso la vostra determinazione a portare avanti con responsabilità e sensibilità il vostro servizio pastorale a questo riguardo.

5. Permettetemi di dire una speciale parola riguardo ai sacerdoti. Nella nostra discussione sul loro ruolo come operatori di evangelizzazione, molti hanno parlato della devozione e dell’efficienza dei sacerdoti negli Stati Uniti. É stato notato che in qualche modo essi sopportano più direttamente il peso dei fattori nella vostra cultura che si scontrano con la loro missione di insegnare ed evangelizzare. Con voi io ringrazio i sacerdoti degli Stati Uniti per il loro ministero, per tutto ciò che essi fanno, per proclamare più efficacemente Gesù Cristo come Signore. Quando voi e i vostri Vescovi suffraganei vi raccogliete con i vostri sacerdoti per la Messa crismale di quest’anno, vogliate assicurarli della mia gratitudine, del mio affetto e benedizione. Durante questi giorni voi li avete portati ancora più vicino al mio cuore.

6. Voi avete prestato molta attenzione alla celebrazione della fede nella liturgia e nell’amministrazione dei sacramenti della Chiesa, specialmente del sacramento della Penitenza. In effetti uno dei primi requisiti dell’evangelizzazione, una delle richieste prioritarie che la fede rivolge a ogni persona che desidera abbracciare Cristo è la penitenza o la conversione. Nei primi versetti del vangelo di san Marco, Gesù presenta egli stesso una sintesi di questa chiamata alla salvezza con le parole: “Convertitevi e credete al vangelo” (Mc 1, 15). Ai Vescovi della quinta regione venuti per la loro visita “ad Limina” ho suggerito che “la conversione proclamata da Cristo è un intero programma di vita e azione pastorale. É la base per una visione organica del ministero pastorale poiché è legata a tutti i grandi aspetti della rivelazione di Dio” (Allocutio ad quosdam episcopos Faederatorum Civitatum Americae Septentrionales limina Apostolorum visitantes, 2, die 31 maii 1988: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XI, 2 [1988] 1696).

Avete discusso sulla conversione nella sua forma ed efficacia sacramentale. Uno dei bisogni universali della Chiesa, che è anche tra le esigenze speciali della Chiesa negli Stati Uniti, è il ripristino del sacramento della Penitenza e il rinnovamento della sua pratica (cf. Reconciliatio et Paenitentia, 28). Un tale rinnovamento avrà un importante influsso sulle famiglie, sui giovani e su tutti i laici; il suo uso appropriato e frequente può avere profondo impatto sulla vita religiosa, la promozione delle vocazioni, la preparazione spirituale dei seminaristi e il ministero dei nostri fratelli sacerdoti.

7. A questo punto ritorniamo alla difficoltà che è tante volte riaffiorata nelle nostre discussioni: il compito di trasmettere le verità della fede in un contesto culturale che mette in forse l’integrità e spesso la stessa esistenza della verità. Molto di ciò che è stato discusso riflette questa sfida fondamentale alla Chiesa contemporanea quando cerca di evangelizzare. Voi avete additato le diverse strade con cui i vari operatori dell’evangelizzazione possono essere aiutati a proclamare in modo più efficace le verità della Scrittura e della Tradizione. Vi incoraggio a considerare seriamente queste proposte.

É essenziale che gli operatori, e in primo luogo noi Pastori, proclamiamo il vero messaggio: “il vangelo di Dio, che egli aveva promesso per mezzo dei suoi profeti nelle sacre Scritture, il vangelo riguardo al Figlio suo. Per mezzo di lui abbiamo ricevuto la grazia dell’apostolato per ottenere l’obbedienza alla fede da parte di tutte le genti, a gloria del suo nome” (Rm 1, 1-5). Noi siamo i custodi di qualcosa che è stato dato, e dato alla Chiesa universale, qualcosa che non è il risultato della riflessione, per quanto competente, sulle questioni culturali e sociali del giorno, e non è soltanto il sentiero migliore fra tanti, ma l’unica strada della salvezza: “Non vi è infatti altro nome dato agli uomini sotto il cielo nel quale sia stabilito che possiamo essere salvati” (At 4, 12). Il Popolo di Dio, i vicini e i lontani debbono sentire il nome. Noi siamo tutti - voi ed io - obbligati a fare un esame di coscienza su come stiamo adempiendo il compito, “perché non venga resa vana la croce di Cristo” (1 Cor 1, 1). La vera misura del nostro successo consisterà in una più grande santità, in un servizio più amorevole verso coloro che sono nel bisogno, e la promozione della verità e della giustizia in ogni ambito della vita del vostro popolo e del vostro Paese. Come uno dei nostri fratelli molto opportunamente ha detto: “Il successo non può essere il criterio o la condizione della evangelizzazione. Il criterio e la condizione dell’evangelizzazione devono essere la fedeltà alla missione”.

8. Non mancheranno le difficoltà. Ciò che è importante è che le sfide o anche l’opposizione alla verità salvifica che la Chiesa professa siano affrontate nel contesto della fede. Il nostro Signore e salvatore Gesù Cristo in questa e in tutte le cose traccia la via per noi. Ricordate il racconto di san Giovanni circa l’insegnamento di Gesù che la Chiesa interpreta come rivelazione dell’Eucaristia (cf. Gv 6). La risposta di Pietro in quell’occasione deve essere la risposta di Pietro oggi, una risposta pronunciata nel nome degli apostoli e dei loro successori: “Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna” (Gv 6, 68).

In ultima analisi, nell’evangelizzazione noi siamo interessati a proclamare la verità di Gesù Cristo e della sua Chiesa, la verità che dà la vita, la verità che sola rende liberi. Gesù Cristo rivela a noi la verità che è Dio e la verità che è la persona umana totalmente libera. Il Signore ci parla mentre affrontiamo il nostro compito quando dice: “Se rimanete fedeli alla mia parola, sarete davvero miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi” (Gv 8, 31-32).

9. Io sono certo che in questo incontro noi siamo tutti divenuti ancora più consapevoli delle ragioni della nostra certezza circa la nostra missione e il suo valore per il mondo d’oggi. La sorgente della nostra fiducia è Dio stesso ma noi siamo anche profondamente incoraggiati dalla santità e dal servizio generoso di tanti membri del Popolo di Dio: giovani e vecchi, ricchi e poveri, sacerdoti, religiosi e laici. Voi ritornerete alle Chiese particolari che sono ricche spiritualmente e già posseggono le risorse per una rinnovata evangelizzazione. Riferirete ai vostri fratelli Vescovi che il tema centrale che noi abbiamo discusso in fraternità e in amore è stato ed era la necessità di essere trovati fedeli nel trasmettere ciò che noi stessi abbiamo ricevuto (cf. 1 Cor 4, 2), fedeli nello spezzare il pane della verità e dell’amicizia con i vostri sacerdoti, fedeli nell’assicurare una totale e solida formazione dei seminaristi, fedeli nel venire incontro alla vita e ai carismi dei religiosi, fedeli nella catechesi, fedeli nell’incoraggiare i laici a prendere il loro proprio e giusto posto nella vita e missione della Chiesa, fedeli nel sostenere i valori della vita e dell’amore nel matrimonio e nella vita della famiglia.

Mentre ringrazio voi e i vostri fratelli Vescovi per il ministero che esercitate con amore e generosità, e mentre vi incoraggio a continuare ulteriormente le riflessioni di questi giorni, invito tutta la Chiesa negli Stati Uniti a vivere nella fede del Figlio di Dio, che ci ha amati e ha dato se stesso per noi (cf. Gal 2, 20).

Per intercessione della beata Vergine Maria e a gloria della Santissima Trinità, possa “il Dio della pace essere con voi tutti. Amen” (Rm 15, 32).

 

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