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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AD UN GRUPPO DI STUDENTI FIAMMINGHI

Venerdì, 31 marzo 1989

 

É per me una vera gioia ricevere e salutare voi, giovani, che siete venuti a Roma con il pellegrinaggio pasquale, che ogni anno viene organizzato dal collegio sant’Uberto di Neerpelt, i cui studenti saluto in particolare.

La vostra presenza qui, una settimana dopo la festa di Pasqua, è come l’epilogo della grande sinfonia della vita che abbiamo celebrato a Pasqua e il cui preludio è stata la quarta Giornata Mondiale della Gioventù, che ho celebrato insieme con numerosi giovani una settimana prima della festa di Pasqua, la domenica delle palme, a piazza san Pietro.

Quanto è ancora più ricca di simbolismo la celebrazione della Pasqua, festa della vita nuova, se è iniziata e conclusa insieme con giovani, insieme con coloro che rappresentano l’avvenire, la nuova vita. Il vostro cuore, il vostro spirito, sta aperto all’avvenire, alla vita nuova, verso la quale sono rivolte le vostre aspettative, i vostri sogni, i vostri ideali. Così era anche per i giovani di Gerusalemme, per i “pueri hebraeorum”, per i figli degli Ebrei, che la domenica delle palme hanno acclamato Gesù al suo ingresso nella città santa: “Benedetto colui che viene, il Re, nel nome del Signore” (Lc 19, 38). Essi aspettavano un messia, un re, che avrebbe liberato la loro nazione dall’oppressione e dalla povertà e recato un avvenire pieno di prosperità e felicità, pieno di vita.

Ma alla domenica delle palme è seguito il venerdì santo, giorno della morte di Gesù sulla Croce, su cui Pilato aveva fatto scrivere: “Questi è Gesù, il re dei Giudei” (Mt 27, 37). Ciò sembrava il crollo completo di tutte le aspettative per l’avvenire, la fine della stessa vita. Però, al venerdì santo è seguita la Pasqua, il giorno della Risurrezione del Signore; alla morte della vita terrena è seguita la vita nuova, immortale, eterna. Gli angeli hanno detto alle donne, che erano venute al sepolcro: “Perché cercate tra i morti colui che è vivo? Non è qui, è risuscitato” (Lc 24, 5-6).

Voglio volentieri esortarvi, carissimi giovani, ad inserire questa vita nuova di Pasqua nel progetto della vostra vita, nelle vostre aspettative per l’avvenire. La vita di ogni uomo, anche quella di ciascuno e ciascuna di voi, passerà una volta attraverso il Golgota, il venerdì santo, la morte. Tuttavia ciò non sarà la fine, anzi sarà l’inizio della vita propria, se voi ne avrete inserito la prospettiva nella vostra vita terrena. E questo potete e dovete realizzare facendo della vostra vita terrena una vita di amore, una vita a servizio del prossimo, impegnandovi sempre per un’autentica civiltà dell’amore. In questo senso auguro a tutti una felice Pasqua e imparto di cuore la benedizione apostolica.

 

© Copyright 1989 - Libreria Editrice Vaticana

 



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