Index   Back Top Print

[ FR  - IT ]

VIAGGIO APOSTOLICO IN ESTREMO ORIENTE E A MAURITIUS

INCONTRO DI GIOVANNI PAOLO II
CON I GIOVANI NELLO STADIO DI ROSE HILL

Rose Hill (Mauritius) - Domenica, 15 ottobre 1989

 

Come costruire la vera unità?

I - I pregiudizi razziali sono una bestemmia contro il Creatore.
Dobbiamo rendere pura la nostra visione degli altri

Cari giovani.

1. Grazie per la vostra accoglienza. Grazie al vostro Vescovo, Cardinale Margéot. Grazie a tutti coloro che hanno preparato il nostro incontro con tanta dedizione: l’ho visto nel documento che mi avete inviato.

Prima di rispondere alla vostra prima domanda, lasciate che vi spieghi brevemente qual è la mia missione, poiché avete espresso il desiderio di saperlo.

Quando Cristo proclama la lieta Novella, egli afferma che il Regno di Dio è qui. Infatti, questo Regno appare in un popolo che si chiama la Chiesa.

Il Signore ha affidato la Chiesa ad un gruppo stabile: gli apostoli ed ha posto alla loro testa uno di loro: Pietro. E Gesù ha affidato a Pietro la missione di essere una pietra per la Chiesa. Gli ha promesso la sua preghiera affinché la sua fede non venga mai meno.

Gli apostoli hanno come successori oggi i Vescovi e il compito del Papa nella Chiesa è modellato su quello di Pietro nel gruppo degli apostoli. Come Pietro, il Papa è chiamato ad essere una pietra, a confermare i suoi fratelli nella fede, nonostante la debolezza personale. È per questo che il Papa rende visita ai suoi fratelli in tutto il mondo.

Volete anche sapere cosa alberga nel mio cuore?

Essenzialmente due cose: l’amore per Cristo e l’amore per il prossimo. Ma allo stesso tempo un grande senso di responsabilità ed una profonda umiltà riguardo al mio compito.

Prima di affidare la sua Chiesa a Pietro, Gesù gli pose per tre volte la stessa domanda, come per mettere alla prova le sue capacità di Pastore: “Mi ami?”, e Pietro rispose: “Signore, tu sai tutto: tu sai che ti amo” (cf. Gv 21, 15-17). Allora Gesù gli rispose: “Pasci le mie pecorelle”. Come Pietro, è innanzitutto Cristo che io desidero amare.

Poi, l’uomo. In che senso? Perché? Perché niente potrebbe uguagliare l’uomo per dignità, perché “l’uomo che vuol comprendere se stesso fino in fondo . . . deve, con la sua inquietudine e incertezza ed anche con la sua debolezza e peccaminosità, con la sua vita e morte, avvicinarsi a Cristo” (Redemptor Hominis, 10). Ecco il secondo amore che Cristo si attende. Ecco, al tempo stesso, la mia missione e quella di tutta la Chiesa: fare di tutto perché gli uomini possano avvicinarsi a Cristo.

2. E adesso, vengo alla vostra prima domanda: “Come costruire la vera unità in un’isola multirazziale come Mauritius?”.

Vi dirò, come Gesù, che è importante avere “un occhio chiaro”. “La lucerna del corpo è l’occhio; se dunque il tuo occhio è chiaro, tutto il tuo corpo sarà nella luce” (Mt 6, 22).

Nell’ambito dell’unità del genere umano, avere “un occhio chiaro”, vuol dire essere ben convinto dell’uguale dignità di ogni razza. “Per chi crede in Dio - diceva il mio predecessore Paolo VI - tutti gli esseri umani, anche i meno fortunati, sono figli del Padre universale che li ha creati a sua immagine e guida i loro destini con amore previdente.

Paternità di Dio vuol dire fratellanza tra gli uomini: è un punto fermo dell’universalismo cristiano, un punto comune anche ad altre grandi religioni ed un assioma della più elevata saggezza umana di ogni tempo, quella che coltiva la dignità dell’uomo” (Pauli VI, “Allocutio ad Nationum apud Sedem Apostolicam Legatos, ineunte anno 1978”, II, die 14 ian. 1978: Insegnamenti di Paolo VI, XVI [1978] 30 s.).

Il pregiudizio razzista, blasfemo contro il Creatore, non può essere combattuto se non alla radice: il cuore dell’uomo. Come dice Gesù: “Dal di dentro infatti, cioè dal cuore degli uomini, escono le intenzioni cattive” (Mc 7, 21). Coltivare pensieri razzisti va contro il messaggio di Cristo, poiché il prossimo che Gesù mi chiede d’amare non è soltanto l’appartenente al mio gruppo, al mio ambiente, alla mia religione o alla mia nazione: il prossimo è ogni uomo che si trovi sulla mia strada.

Si tratta, quindi, di purificare la nostra visione degli altri. È un’impresa che dura per tutta la vita: è un aspetto della conversione del cuore, è il prezzo da pagare per eliminare progressivamente il campanilismo.

3. Giovani mauriziani, di razze e culture diverse, vi state sempre più accostando al mondo del lavoro: se preparerete una società ancora più tollerante, realizzerete il disegno di Dio sulla famiglia umana. Contribuirete ad eliminare per il futuro le incomprensioni e le sofferenze che troppo spesso accompagnano i matrimoni misti. Incoraggiate una sana apertura ed eviterete l’insostenibile prova dell’emarginazione per alcuni di voi.

In breve, cari amici, con l’aiuto dei vostri pastori e delle vostre guide religiose, sviluppate in voi una profonda spiritualità per costruire sulla roccia. La Chiesa non smette di esortare alla conciliazione e all’unità. Ascoltate questa chiamata che giunge da Cristo, accettate di cambiare la vostra mentalità, siate veramente fraterni. Ecco il prezzo da pagare perché il vostro sogno diventi realtà, perché i cambiamenti strutturali non restino lettera morta. Ogni giorno, imparate a perdonare, imparate ad amare!

II - Il difficile dialogo tra genitori e figli

4. In fondo, la vostra domanda è positiva. Testimonia l’importanza da voi riconosciuta alla comunicazione con gli adulti.

Senza i nostri genitori, senza i nostri antenati, non saremmo nulla. È al loro amore, alla loro dedizione e al loro lavoro che noi dobbiamo la vita che è il primo dei doni. Noi dobbiamo ad essi anche la nostra patria. Per voi, è l’isola Mauritius; e so che amate la vostra isola e che siete fieri di essere Mauriziani. Ed avete ragione.

Raggiungendo l’età adulta, il giovane acquista una certa autonomia rispetto alla sua famiglia; si producono degli urti e dei conflitti: è naturale. Il raggiungimento dell’autonomia passa attraverso crisi di crescita, che hanno come effetto di situare genitori e figli nella giusta posizione e di incoraggiarli a riconoscersi mutuamente. Ciascuno ha le sue responsabilità.

5. È proprio dei genitori creare l’atmosfera familiare che favorisca lo sviluppo armonioso della vita affettiva e della personalità dei figli. Essi donano loro l’amore di cui hanno bisogno; consacrano loro il tempo dell’ascolto; mostrano loro di comprendere la loro ricerca della felicità. I genitori cattolici non desiderano imporre ai loro figli quello che essi hanno vissuto, ma desiderano favorire l’incontro della generazione emergente con Cristo.

Nelle circostanze che in questo momento cambiano così rapidamente, il dialogo tra genitori e figli diviene vieppiù difficile. So che nell’isola di Mauritius alcuni movimenti organizzano degli incontri specialmente concepiti per consentire ai giovani di scoprire le loro personali responsabilità, di incontrare nella verità i loro genitori, di prendere parte attivamente alla vita familiare e non trascorrere tutto il tempo al di fuori di essa. Vi esorto a trovare il tempo necessario per formarvi al dialogo; questo vi sarà utile nella vita, anche al di là della cerchia familiare.

Oggi, in particolare nelle società caratterizzate dalla modernità, siamo molto più coscienti del fatto che alcune situazioni esasperano i rapporti tra genitori e figli, specialmente le condizioni dell’ambiente in cui si vive, di lavoro e di disoccupazione, di salute fisica, mentale o morale. Bisogna pertanto lavorare alla umanizzazione delle condizioni di vita di tutte le famiglie. In realtà, il dialogo tra genitori e figli è un problema di tutti i membri della società. Questo dialogo non è fine a se stesso, ma è il mezzo più naturale offerto ad un adolescente per conquistare la sua libertà, sulla linea tracciata dai suoi genitori.

6. Quello che auguro a tutti i giovani di Mauritius, è che imparino a diventare liberi e responsabili. Bisogna che possano conoscere il vero cammino della felicità per fare le loro scelte in piena consapevolezza. Per raggiungere questo fine, non potete fare a meno del dialogo con i genitori, poiché i vostri genitori hanno acquisito un’esperienza ed una saggezza di cui sarebbe sbagliato non beneficiare.

Concluderò con l’equilibrata esortazione di san Paolo: “Figli, obbedite ai vostri genitori nel Signore, perché questo è giusto . . . E voi, padri, non inasprite i vostri figli, ma allevateli nell’educazione e nella disciplina del Signore” (Ef 6, 1-4).

III - Amore e responsabilità

7. All’inizio del nostro incontro vi dicevo, seguendo Gesù, quanto sia importante avere “un occhio chiaro”. È forse su questa bruciante domanda dell’amore che è più necessario vedere chiaramente.

Attenzione, cari amici, a non confondere amore e sessualità. Nella vita di un uomo e di una donna vi può essere molto amore al di là dei rapporti sessuali, come vi possono essere anche dei rapporti sessuali senza amore.

L’amore è un dinamismo interiore che spinge a donarsi e trascina verso una comunione degli esseri. È in questo modo che il Figlio di Dio ci ha amati al punto di farsi uomo, di condividere la nostra condizione, di donare la sua vita per noi e di proseguire la sua presenza e il dono di sé nell’Eucaristia: “Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici” (Gv 15, 13). Molti hanno amato alla maniera di Gesù, donando la vita per i loro amici. Certi lo hanno fatto scegliendo di rinunciare al matrimonio, come i sacerdoti, i religiosi, le persone consacrate . . . A Mauritius, il Signore chiama alcuni fra voi ad amare in questo modo.

Sappiate tutti, cari amici, custodire “un occhio chiaro”, una coscienza vigile e responsabile. Non lasciatevi sviare da immagini dell’amore che sono false: alcune video-cassette che si stanno diffondendo, presentano i rapporti dell’uomo e della donna contraffacendo l’amore. La prostituzione che imperversa anche nel vostro Paese è tipica della divaricazione instaurata fra relazioni sessuali e amore.

8. Per la maggioranza, è nel matrimonio che l’amore si effonde veramente. Per rendere felici, non vi è nulla di più bella che l’unione fedele di tutta la vita. Dio non vuole queste contraffazioni dell’amore che non si dovrebbe osar presentare come normali nell’esistenza. Egli desidera che l’uomo e la donna formino una coppia stabile, legata da un amore ad immagine dell’amore che è la vita stessa di Dio: le tre Persone che formano la “Famiglia” trinitaria sono incessantemente volte l’una verso l’altra in una totale donazione reciproca ed in una perfetta unità. Il sacramento del Matrimonio dona ai coniugi la grazia necessaria per vivere il loro reciproco dono in una alleanza che nessun tribunale umano può dissolvere.

Il matrimonio dà tutta la sua dimensione all’amore umano, offrendo alla comunione dell’uomo e della donna il dono della vita dei bambini, prolungato dagli anni dell’educazione, nella stabilità e nella sicurezza.

9. Vi esorto, cari giovani, a comprendere la serietà delle vostre responsabilità nell’amore. Se non le assumete, rischiate il lassismo generalizzato. Preparate il vostro avvenire, preparatevi a riuscire nel vostro amore!

In una società in cui gli slogans pubblicitari ripetono incessantemente le parole “istantaneo”, “immediatamente” ed in cui si vuol avere “tutto, subito”, rendetevi conto che ci vuole del tempo per costruire il rapporto interpersonale tra marito e moglie, e che la prova dell’amore è l’impegno durevole. Il modello è Dio, fedele malgrado le nostre infedeltà, che giunge a dire persino, attraverso il profeta Isaia: “Si dimentica forse una donna del suo bambino? . . . Anche se ci fosse una donna che si dimenticasse, io invece non ti dimenticherò mai” (Is 49, 15). La fedelta è una componente dell’amore ed innanzitutto dell’amore coniugale: san Paolo lo ha paragonato all’indefettibile amore di Gesù Cristo per la sua Chiesa.

Permettetemi di concludere questo capitolo riprendendo i concetti del Cardinale Margéot nella sua ultima lettera pastorale sulla famiglia: “Poiché è nella famiglia che ciascuno di noi si forgia nella personalità e trova gli impulsi per il suo accrescimento umano . . ., è verso la famiglia che dobbiamo volgerci prioritariamente se vogliamo che l’Isola Mauritius conosca uno sviluppo equilibrato” (Fonder sa famille sur la roc, 16 janvier 1989).

 IV - La vera ricchezza è l’uomo

10. Come dare un senso alla vita in un mondo materialista? Come lottare per la dignità dell’uomo nel lavoro? Capisco perfettamente la vostra inquietudine. Come in molti paesi, il materialismo segna la vita di tutti i giorni, seduce. Ma voi sentite che se l’isola di Mauritius non si difendesse, potrebbe certamente venir meno alla sua missione di crocevia culturale in cui l’incontro di culture diverse dona una visione autenticamente spirituale della vita.

Certo, lo sviluppo economico, industriale e turistico ha salvato l’isola di Mauritius dalla crisi e la condizione di molte persone è migliorata, in particolare grazie a nuove risorse. Di tutti questi progressi mi rallegro con voi.

Peraltro, constatate di già con la vostra personale esperienza che la mera accumulazione di beni non è sufficiente a realizzare la felicità umana. Quando l’uomo non sa gestire la massa di risorse poste a sua disposizione, mantenendo intenti moralmente retti, l’abbondanza, anche relativa, si volge facilmente contro di lui. Diventa schiavo del godimento dei beni materiali; il suo orizzonte si limita alla moltiplicazione degli oggetti continuamente sostituiti da altri più perfezionati. È il regno della civiltà del “consumo” in cui anche voi siete entrati.

11. Come reagire? La Chiesa ha qualcosa da dire nei campi in cui gli uomini e le donne svolgono le loro attività. Essa possiede ciò che si chiama una “dottrina sociale” e cioè una dottrina sull’uomo, sul suo primato, sui suoi diritti e i suoi doveri, sul suo legame con l’economia della nazione, sul servizio che l’economia nazionale deve rendere all’uomo e alla sua famiglia.

La Chiesa afferma con vigore, in particolare, il primato dell’uomo sulle cose: l’uomo è il “padrone” delle creature. È in funzione della sua dignità di creatura ad immagine di Dio e salvata da Gesù Cristo, che la Chiesa esorta a trattare alcuni problemi come l’impiego, la disoccupazione, il lavoro professionale delle donne.

Vi incoraggio vivamente a studiare questa dottrina sociale nei diversi gruppi cui appartenete. Essa vi guiderà nei vostri impegni per la giustizia, la solidarietà fra i lavoratori, il dialogo tra datori di lavoro e dipendenti.

Non perdete di vista il fatto che le vostre responsabilità religiose sono le più decisive: esse danno alla vostra persona, alla vostra vita, al vostro lavoro, il loro valore e significato più elevati.

Infine, mi piacerebbe invitarvi a scegliere e sviluppare, alla luce del Vangelo, il meglio del vostro patrimonio etnico, rigettando ciò che vi è di ambiguo per il vostro equilibrio nella modernità che vi invade. Cercate lo sviluppo completo della persona umana, aderite in primo luogo ai valori d’intelligenza, di forza morale, di fratellanza, di solidarietà e di compassione. Per questo, Cristo è il nostro modello. A coloro che desiderano camminare alla sua sequela, egli propone una strada: quella delle beatitudini. La prima di esse si oppone direttamente all’ambiente materialista: “Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli” (Mt 5, 3). La vera ricchezza è l’uomo e non quel che egli possiede. Quello che conta non è “avere” ma “essere”. “Avere” degli oggetti e dei beni non rende felici se non aiuta ad “essere” degni della propria vocazione di uomini ad immagine di Dio.

V - Per essere operai bisogna formarsi

12. Vi è nel Vangelo una parabola in cui si vede il proprietario di un terreno chiamare degli operai alla sua vigna a diverse ore della giornata: alcuni giungono per lavorare al levarsi del sole, altri verso le nove, altri a mezzogiorno, altri ancora verso le tre e gli ultimi giungono intorno alle cinque (cf. Mt 20, 1-16). Si può vedere nella vigna un’immagine della Chiesa e negli operai che arrivano alle diverse ore i battezzati chiamati in tutte le età della vita.

Questo per dirvi subito che i giovani hanno il loro posto nella Chiesa, o piuttosto, il loro “lavoro”, così come i fanciulli, gli adulti e le persone anziane. La Chiesa è anche una società “arcobaleno”. Tutti sono chiamati a lavorare allo stesso fine: l’avvento del Regno, seguendo il vigore e la sensibilità della propria età, in una comunione di amore fraterno.

13. Per essere dei buoni operai, bisogna formarsi. La mia prima raccomandazione è quindi la seguente: cercate il tempo e i mezzi per conoscere la vostra fede, per acquisire questo “occhio chiaro” che vi consentirà di fare il vostro viaggio in piena luce nella vita. Interrogate i vostri genitori, i vostri educatori e i vostri pastori. Apritevi al messaggio che essi vi trasmettono.

Il Vangelo è una grande forza spirituale: bisogna che lo accogliate, lo viviate e che lo irradiate. È un lievito: mischiato a molta pasta, finisce per farla lievitare tutta. Gesù paragona il Regno di Dio anche ad un uomo che scopre un tesoro nascosto, ad un commerciante di perle preziose. Il tesoro e la perla sono ricercate e considerate al di sopra di tutto. Ci si attacca ad esse come a un assoluto, pronti a sacrificare tutto il resto. Essi divengono lo scopo e la motivazione della vita.

Il tesoro nascosto è Cristo, scoperto per mezzo della fede. È la sua Persona misteriosa, ma presente e viva a cui ci si affeziona in diversi modi come ad un amico. È il suo Spirito. È il suo messaggio. È la sua legge. Sono i valori del Regno.

Questo tesoro ha mobilitato molti giovani. Lo fa ancora oggi, come attesta il recente raduno di Santiago de Compostela. Nella vostra ricerca di Cristo, nel vostro personale annuncio della lieta Novella, siete i fratelli di una folla di giovani sparsa per il mondo.

14. La Chiesa, voi dite, parla un linguaggio che voi non capite. Indubbiamente, i pastori devono sempre fare degli sforzi per rendere accessibile il messaggio di Cristo. Ma bisogna anche ascoltare con il proprio cuore. Ricevere la Parola come un tesoro affidatovi dal migliore degli amici. Durante la celebrazione eucaristica, la Parola di Dio giunge con tutta la sua forza, grazie ai riti, ai gesti e ai canti ed è resa ancora più esplicita dalle parole del sacerdote. Vi esorto a partecipare attivamente alle celebrazioni parrocchiali. È in questo modo che voi troverete il vostro posto di giovani. Introdurrete lì in maniera naturale il vostro linguaggio e le vostre preoccupazioni.

La parola “dialogo” è tornata spesso nel corso di questo incontro e, a proposito del dialogo genitori-figli, avete espresso il desiderio che i vostri genitori, a volte sotto pressione per colpa del lavoro, riescano a dedicarvi del tempo. Non è forse Dio in diritto di desiderare, anch’egli, che voi passiate più tempo con lui attraverso questo dialogo che si chiama la preghiera? Anche voi, date a Dio la gioia della vostra presenza e del vostro ascolto attento: “E non vogliate rattristare lo Spirito Santo di Dio, col quale foste segnati per il giorno della redenzione” (Ef 4, 30). Guardate Cristo, che è via, verità e vita, e che è la gioventù dell’umanità! È lui che diventerà per voi sorgente di creatività nella comunità e ovunque.

Formati nella fede e nella preghiera, possiate diventare voi stessi gli apostoli della gioventù, poiché anche voi dovete portare la lieta Novella ai vostri fratelli! Gesù ha posto il suo sguardo su di voi. Egli vi ama! Anche il Papa vi ama e vi dà fiducia!


Al termine dell’incontro con i giovani  

Infine voglio offrirvi una benedizione apostolica. Che sia benedetto il nome del Signore.

Mi avete riservato un tempo un po’ capriccioso, un po’ di sole, un po’ di pioggia, e l’arcobaleno, tutto insieme. Ma ciò non vuol dire che voi siete capricciosi. Vi ringrazio per questo incontro, per la vostra preparazione, per la problematica che avete proposto, io vi ho dato delle brevi risposte. Si potevano prolungare ed approfondire, ma bisognava lasciare qualcosa per il Cardinal Margéot, per i sacerdoti e per voi stessi perché chiaramente siete voi che dovete cercare la risposta nella preghiera, con l’aiuto dei vostri pastori. La risposta non e generale, ma soprattutto personale.

Tali risposte si trovano con la preghiera, e la risposta di Cristo stesso è lo Spirito Santo che ci risponde, che ci illumina. Gesù ha detto: “Mio padre si adopera tutto il giorno ed io faccio lo stesso”. Allora dovete essere sensibili a quest’opera divina del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, ed in tal modo troverete le giuste risposte per valutare la vostra vita, per costruire, edificare la Chiesa, la società e, soprattutto, la vostra personalità. Devo ringraziare ancora ognuno di voi, le vostre famiglie, le vostre vocazioni, tutti coloro che ci hanno presentato queste immagini riguardanti vari temi. È un artista speciale, ma ci sono molti artisti qui, all’Isola di Mauritius, molti artisti.

Grandi bellezze da contemplare e da ammirare. Allora vi ringrazio per ieri, per oggi, per ieri sera e per questa sera, vedremo. Allora arrivederci. Che Dio vi benedica.

 

© Copyright 1989 - Libreria Editrice Vaticana

 



Copyright © Dicastero per la Comunicazione - Libreria Editrice Vaticana