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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI PARTECIPANTI ALLA CELEBRAZIONE
DEL XXV DELLA DICHIARAZIONE «NOSTRA AETATE»

Giovedì, 6 dicembre 1990

 

Vostre Eminenze, Vostre Eccellenze,
Illustri Ospiti,

1. Come delegati del Comitato Ebraico Internazionale per le Consultazioni Interreligiose e membri della Commissione per i Rapporti Religiosi con l’Ebraismo, siete venuti insieme per commemorare il XXV Anniversario della Dichiarazione Nostra Aetate del Concilio Vaticano II. In realtà, ciò che state celebrando non è niente altro che la divina misericordia che guida Cristiani ed Ebrei verso la comprensione reciproca, il rispetto, la cooperazione e la solidarietà. Cosciente di condividere la stessa speranza e le stesse promesse fatte ad Abramo e ai suoi discendenti, sono veramente lieto di accogliervi in questa casa! “Baruch ha-ba-be-Shem Adonai!”, “Benedetto colui che viene nel nome del Signore” (Sal 118, 26).

2. Il breve ma significativo Documento Nostra Aetate ha occupato un posto importante nel lavoro del Concilio. Dopo venticinque anni esso non ha perduto nulla della sua vitalità. L’efficacia del Documento e il suo durevole interesse derivano dal fatto che esso parla a tutti i popoli e riguardo a tutti i popoli da una prospettiva religiosa, prospettiva che è la più profonda e misteriosa delle molte dimensioni della persona umana, l’immagine del Creatore (cf. Gen 1, 26).

L’apertura universale di Nostra Aetate, comunque, è ancorata e trae il suo orientamento da un alto senso della singolarità assoluta della scelta di Dio di un particolare popolo, “il suo” popolo, Israele secondo la carne, già chiamato “Chiesa di Dio” (Lumen gentium, 9); (cf. Ne 13, 1; cf. Nm 20, 4; Dt 23, 1 ss). Così la riflessione della Chiesa sulla sua missione e sulla sua vera natura è intrinsecamente legata alla riflessione sulla stirpe di Abramo e sulla natura del popolo giudaico (cf. Nostra aetate, 4). La Chiesa è pienamente cosciente che le Sacre Scritture portano testimonianza che il popolo ebreo, questa comunità di fedeli e custodi di una tradizione antica migliaia di anni, è una parte essenziale del “mistero” della rivelazione e della salvezza. Nel nostro tempo molti scrittori cattolici hanno parlato di quel “mistero” che è nel popolo ebreo: tra questi Geremia Bonomelli, Jacques Maritain e Thomas Merton.

La Chiesa perciò, soprattutto tramite i suoi studiosi biblici e i suoi teologi, ma anche attraverso altri scrittori, artisti e catechisti, continua a meditare e ad esprimere più completamente il suo pensiero sul mistero di questo popolo. Sono lieto che la Commissione per i Rapporti Religiosi con l’Ebraismo stia intensamente promuovendo studi su questo tema in un contesto teologico ed esegetico.

3. Quando consideriamo la tradizione giudaica vediamo quanto voi veneriate profondamente le Sacre Scritture, il Migra e, in particolare la Torah. Voi vivete in uno speciale rapporto con la Torah, l’insegnamento vivo del Dio vivente. La studiate con amore nel Talmud Torah, così come la mettete in pratica con gioia. Il suo insegnamento sull’amore, sulla giustizia e sulla legge è reiterato nei Profeti - Nevi’im, e nel Ketuvim. Dio, la sua santa Torah, la liturgia della sinagoga e le tradizioni delle famiglie, la Terra di santità, sono sicuramente ciò che caratterizza il vostro popolo dal punto di vista religioso. E queste sono cose che costituiscono il fondamento del nostro dialogo e della nostra cooperazione.

Al centro della Terra Santa, quasi come suo cuore consacrato, giace Gerusalemme. È una Città sacra per tre grandi religioni, per gli Ebrei, i Cristiani e i Musulmani. Il suo stesso nome evoca la pace. Vorrei che vi uniste in una preghiera quotidiana per la pace, la giustizia e il rispetto dei fondamentali diritti umani e religiosi dei tre popoli, le tre comunità di fedeli che abitano quell’amata Terra.

4. Nessun dialogo tra Cristiani e Ebrei può trascurare la dolorosa e terribile esperienza dello Shoah. Durante l’incontro a Praga, nel settembre di quest’anno, la Commissione Internazionale d’Unione Giudaico-Cattolica considerò a lungo le dimensioni religiosa e storica dello Shoah e dell’antisemitismo, e giunse a conclusioni che sono di grande importanza per la continuazione del nostro dialogo e della nostra cooperazione. Spero che queste possano essere largamente riconosciute e che le raccomandazioni allora formulate saranno rese effettive laddove i diritti umani e religiosi sono violati.

Possa Dio concedere che la commemorazione del XXV Anniversario di Nostra aetate porti nuovi risultati di rinnovamento spirituale e morale per noi e per il mondo. Possa essa portare su tutti i frutti di cooperazione nella promozione di giustizia e di pace. Nel Talmud babilonese leggiamo: “Il mondo poggia su una sola colonna che è l’uomo giusto” (Hagigagh, 12 b). Nel Vangelo Gesù Cristo ci dice che beati sono gli operatori di pace (cf. Mt 5, 9). Che la giustizia e la pace riempiano i vostri cuori e guidino i vostri passi verso la pienezza della redenzione per tutti i popoli e per l’universo intero. Che Dio ascolti le nostre preghiere!

 

© Copyright 1990 - Libreria Editrice Vaticana

 



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