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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI VESCOVI DEL BRASILE IN VISITA «AD LIMINA APOSTOLORUM» 

Giovedì, 5 luglio 1990

 

Cari fratelli nell’Episcopato,

1. Questo incontro rappresenta per voi e per me un momento di pienezza ecclesiale in questi giorni in cui siete stati a Roma, per la vostra visita “ad limina Apostolorum”.

L’Eucaristia che celebriamo oggi, costituisce il coronamento di queste giornate nelle quali ho avuto modo di dialogare personalmente con ognuno di voi sulla situazione delle vostre Chiese locali e adesso, in questa riunione comune ci è dato sentire la profonda comunione ecclesiale che ci unisce come Pastori posti dal Signore a governare il Popolo di Dio (cf. At 20, 28).

La sollecitudine pastorale per tutte le Chiese (cf. 2 Cor 11, 28), così come il mio particolare affetto e la mia preoccupazione per la Chiesa che si trova in Brasile, mi hanno portato a considerare diversi temi di carattere dottrinale e pastorale con i differenti gruppi di Vescovi che sono venuti a Roma nel corso di quest’anno.

Ora, a voi che fate parte del Regionale Centro-Ovest, desidero parlare di un grande evento che si avvicina e che richiama in modo particolare l’attenzione sui popoli del vostro Continente: il V Centenario dell’inizio dell’Evangelizzazione dell’America Latina.

2. Il 12 ottobre del 1492 fu certamente una data importante e significativa per l’Umanità, poiché ciò che da quel momento rimase definito come la “scoperta” dell’America, oggi è da tutti riconosciuto come “un fantastico allargamento delle frontiere dell’umanità, della reciproca scoperta di due mondi, l’apparizione dell’Ecumene intera di fronte agli occhi dell’uomo, il principio della storia universale” (Discorso a Santo Domingo, 12-10-1984).

Lasciamo che gli storici studino con obiettività tutti i fenomeni connessi alla conquista e a ciò che alcuni definiscono uno scontro fra le civiltà europea e amerinda; ciò che ci interessa è soffermarci su un fatto inconfutabile di per sé: e cioè che tutta quest’opera fu accompagnata dall’evangelizzazione.

Infatti già col secondo viaggio di Cristoforo Colombo, giunsero al mondo da poco scoperto i primi missionari. Così sull’isola che venne chiamata “La Española” (Santo Domingo), fu eretta per la prima volta in America la Croce di Nostro Signore Gesù Cristo e si celebrò la Prima Messa. Lo stesso avveniva in Brasile, alcuni anni più tardi, quando, come tutti sappiamo, il 3 maggio del 1500, Padre Henrique de Coimbra celebrò la Santa Messa sul suolo di quella che sarebbe divenuta la Capitania di Porto Seguro. La vostra terra venne per questo chiamata, in modo appropriato, Terra da Santa Cruz. Le prime strutture ecclesiastiche sembra che risalgano al 1532: si andarono costituendo parrocchie a servizio dei coloni. In seguito giunsero i francescani a Santa Caterina, i gesuiti a Bahia, i carmelitani ad Olinda. Così i missionari cominciavano a porre le basi della Chiesa fino a quando, il 25 febbraio del 1551, il Romano Pontefice eresse la prima diocesi a Sao Salvador da Bahia. Da allora quante diocesi sono state costituite in questa grande Nazione! Oggi le circoscrizioni ecclesiastiche sono già 252.

3. La storia della prima evangelizzazione è senza dubbio appassionante. Si presenta piena di luci ed ombre, certamente più luci che ombre, ma soprattutto arricchita di innumerevoli lezioni pastorali per noi.

Ora, nel momento in cui ci accingiamo a commemorare il V Centenario dell’arrivo del Messaggio evangelizzatore a questo Nuovo Mondo, la prima cosa che dobbiamo fare è riflettere sul passato, con discernimento e lungimiranza ecclesiali. Non possiamo soffermarci sul passato, ma, partendo dal presente, dal momento attuale della Chiesa in America Latina, dobbiamo guardare al futuro, nella prospettiva della Nuova Evangelizzazione alla quale ho convocato tutte le Chiese.

C’è in questo senso, nell’ambito delle diverse Conferenze Episcopali, tanto dell’Europa quanto dell’Africa e dell’America, un vero clima di Sinodo nel quale si preparano gli schemi e le strategie pastorali - nella linea del Concilio Vaticano II - per rispondere alle sfide della nostra epoca.

Ora dobbiamo chiederci: da quale punto di vista bisogna commemorare un così fausto evento?

Bene, innanzitutto, rendendo grazie a Dio per tutti i benefici che per questi popoli ha significato l’attività evangelizzatrice della Chiesa.

Tutti sappiamo che l’evangelizzazione dell’America Latina, nonostante le difficoltà che ha dovuto sopportare nel corso di questi secoli è stata senza dubbio un capitolo rilevante della Chiesa.

Non posso tralasciare di ribadire qui ciò che ho affermato giungendo a Brasilia il 30 giugno del 1980: “La vostra storia religiosa [...] è stata scritta da missionari eroici, dinamici e virtuosi e continuata dall’impegno di devoti servitori di Dio e degli uomini loro fratelli. Tutti hanno lasciato tracce profonde nell’anima e nella civilizzazione brasiliana. Il Papa vuole [...] manifestare la propria gratitudine in nome della Chiesa, a tutti loro”.

4. Ma al ringraziamento dobbiamo unire come ho detto prima il discernimento con la consapevolezza del fatto che ora “siamo in una nuova era storica, che esige chiarezza per vedere, lucidità per diagnosticare e solidarietà per agire” (Messaggio della Conferenza di Medellín ai Popoli dell’America Latina, 1968).

Comprendere ciò che è avvenuto in questi cinquecento anni, cercando di comporre un bilancio che, del resto, sarà sempre positivo poiché è Cristo che ha sempre condotto la nave della Chiesa in direzione del compimento della Redenzione dell’uomo.

Ma allo stesso tempo l’evangelizzazione significherà anche una capacità per vedere e diagnosticare in che termini essa deve essere proposta in questa fine di secolo e all’inizio del terzo millennio.

Tutti avvertiamo, cari fratelli nell’Episcopato le enormi sfide che si presentano alla Chiesa, in un’epoca segnata dal progresso raggiunto nella scienza e nella tecnica, che contribuisce all’aumento del benessere sociale, ma crea parallelamente seri ostacoli al cristiano che vuole essere coerente con la propria fede. Le esigenze della società urbano-industriale che forzano l’individuo ad una corsa sfrenata alla ricerca del modo per guadagnare il pane quotidiano; l’influenza dei Mezzi di Comunicazione Sociale che non sempre rispettano l’individualità dell’uomo nel suo diritto ad essere ben informato, ma che è indispensabile per raggiungere un numero sempre maggiore di persone, di lingue, culture e mentalità differenti; l’analfabetismo, barriera invisibile dell’apertura al mondo della cultura sia profana che religiosa. In questo senso, possiamo aggiungere qui, come uno degli aspetti che più preoccupano la Chiesa ed i suoi Pastori, la perdita dello spontaneo spirito religioso che affligge tutti gli strati della popolazione. Esiste un’enorme carenza di conoscenza circa la fede ed i principi morali da sempre insegnati dalla Chiesa e che, tuttavia oggi sono relegati nell’oblio.

Per questo comprendiamo come a Medellín, nel Messaggio ai Popoli dell’America Latina, la Chiesa si sia impegnata a “sollecitare una nuova evangelizzazione ed una catechesi intense che raggiungono le élite e le masse per ottenere una fede lucida ed impegnata”.

Il mio predecessore, Papa Paolo VI, ha puntualizzato perfettamente quest’obiettivo, evidenziandolo ancora di più: “. . . non si tratta soltanto di predicare il vangelo in fasce geografiche sempre più vaste o a popolazioni sempre più estese, ma anche di raggiungere e quasi sconvolgere mediante la forza del vangelo i criteri di giudizio, i valori determinanti, i punti di interesse, le linee di pensiero, le fonti ispiratrici e i modelli di vita dell’umanità, che sono in contrasto con la parola di Dio e col disegno della salvezza” (Evangelii nuntiandi, 19).

Questo vuol dire fra le altre cose che non sarà il Vangelo che dovrà adeguarsi ai tempi, alle esigenze attuali dell’uomo, ma piuttosto al contrario, si tratta di collocare la vita personale di tutti e di ogni uomo al contatto con questa antica novità che è il Vangelo. Sappiamo bene che qualsiasi processo di evangelizzazione trova il proprio fondamento nel mistero di Cristo: nella sua Incarnazione, vita, morte e resurrezione. Il Signore ha assunto un’Umanità concreta ed ha vissuto tutte le circostanze proprie della condizione umana, in un luogo, in un tempo determinati e in seno ad un determinato popolo; così la Chiesa, sull’esempio e mediante il dono dello spirito, può essere compresa in qualsiasi circostanza di lingua, cultura o razza (cf. At 2, 5-11). Ciò a cui essa tende, con tutto il proprio processo evangelizzatore è la conferma della perennità del Vangelo che non è soggetto alle mutazioni degli usi e costumi dei diversi periodi storici. Certamente i metodi dell’evangelizzazione devono adattarsi alle circostanze di ogni popolo o nazione, conformemente al loro condizionamento storico-culturale, rimanendo però fermi i principi evangelici che hanno Cristo come fondamento.

5. Concludo pieno di speranza e di entusiasmo pensando alla portata che la nuova evangelizzazione avrà per tutti i popoli del mondo. Tutti i punti ed i problemi che ho indicato, insieme a quelli che voi stessi potrete suggerire, devono essere oggetto di studio e risoluzione della IV Conferenza Generale dell’Episcopato Latino Americano, che con tanta cura sta preparando il CELAM, in stretta unione con la Santa Sede.

Raccomando alla Madre di Dio, fonte di saggezza - Nostra Signora Aparecida - il vostro ministero episcopale. Chiedo a Maria Santissima che si degni di intercedere presso nostro Signore perché vi mandi la forza dello Spirito Santo, affinché illumini la comprensione e rafforzi la volontà, mentre cercate di compiere con sollecitudine la missione che vi è stata affidata.

Con queste speranze, desidero che giunga a tutti voi, ai sacerdoti, ai religiosi, alle religiose e ai fedeli delle vostre comunità cristiane la mia Benedizione Apostolica.

 

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