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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI PELLEGRINI PROVENIENTI DALLA
REPUBBLICA FEDERATIVA CECA E SLOVACCA

Giovedì, 25 aprile 1991

 

Cari confratelli nel Ministero Episcopale,
Eccellentissimo signor Ambasciatore,

Carissimi fratelli e sorelle,

Amici pellegrini di Boemia, Moravia e Slovacchia!

1. Siete venuti tanto numerosi per “restituire la visita” al Papa, dopo il pellegrinaggio che potei finalmente compiere nella vostra terra, un anno fa.

Grazie di questo pensiero così delicato, che tanto più apprezzo perché so che il vostro viaggio a Roma ha comportato per voi grandi sacrifici. Il Signore vi ricompensi. I fedeli cechi e slovacchi non si smentiscono mai! E continuano a dar prove tanto eloquenti della propria fede e del proprio amore a Cristo e alla Santa Chiesa. I nostri cuori gioiscono insieme nel ricordare quelle intense ore di preghiera eucaristica e di entusiasmo popolare.

Dopo la rivoluzione di velluto e la normalizzazione della vita sociale e politica, voi siete stati i primi fra i quali ho potuto esprimere la mia gioia per la ricuperata libertà, per la pacifica vittoria del diritto, per la riaffermata libertà dell’uomo. Oggi riviviamo insieme quelle tappe, per me e per voi tanto significative: Praga, Velehrad, Bratislava.

Tre nomi, tre simboli, tre capisaldi. Praga, “madre delle città”, crocevia d’Europa, fucina di cultura e di civiltà nel cuore del continente europeo, con le sue chiese stupende, i suoi monumenti storici, le sue famose istituzioni culturali tra cui eccelle l’Università Carlo, la sua vivace e stimolante attenzione per i movimenti spirituali, la sua apertura al Vangelo, Praga, città intellettuale, città ecumenica, città giovane. Velehrad, centro vivo della tradizione cristiana nel vostro paese, con i ricordi dell’attività evangelizzatrice dei santi Cirillo e Metodio, dove - come ho amato dire là - “veneriamo in modo speciale la consegna storica del regno ereditato a coloro che di esso sono diventati amministratori e custodi, evangelizzatori e apostoli” (Ioannis Pauli PP. II, Messa presso il santuario di Velehrad, 22 aprile 1990).

E Bratislava! Anch’essa è posta sull’itinerario missionario dei Fratelli di Tessalonica, la cui opera ha profondamente segnato la storia, la liturgia, il folklore, le glorie e le sofferenze dell’intera Slovacchia, tanto che “chi volesse togliere la fede cristiana dalla cultura e dalla vita del popolo slovacco non potrebbe più comprendere la storia, da quella antica fino a quella recente”, come ho detto a Vajnori a voi Slovacchi (Eiusdem, Messa per i fedeli della Slovacchia, 22 aprile 1990).

Da quei tre luoghi benedetti, nei quali ho vissuto esperienze indimenticabili, viene qui oggi un richiamo alla continuità e alla fedeltà.

2. Continuità. Sì, carissimi fratelli e sorelle della CSFR: voi siete posti sulla traiettoria della vostra storia religiosa, iniziata con la missione cirillo-metodiana, e col costante benevolo incoraggiamento della Sede di Roma. Continuate su quelle orme sulle quali hanno camminato i vostri santi e i vostri antenati, in tutti questi secoli segnati da tante vicende.

La fede cristiana è stata, da sempre, il centro focalizzante della vostra storia. Le vostre nazioni sono nate col segno della croce di Cristo: è questa la gloria che ha fatto grandi le terre di Boemia, Moravia e Slovacchia. Senza la luce, che si irradia dal Vangelo, quanto si impoverirebbe il significato storico e lo stesso quadro naturale e artistico delle vostre città, dei vostri paesaggi, aspri e pittoreschi ad un tempo, segnati da innumerevoli chiese e cappelle di grande devozione popolare.

La fede cristiana, inscindibilmente unita alla coscienza storica della vostra dignità di uomini e di cittadini, vi ha sostenuti nei momenti bui del passato. Soprattutto ha dato un’anima a quella opposizione, tacita ma irremovibile, che vi ha fatto sopportare quaranta lunghi e terribili anni, ed è esplosa finalmente nella riconquista della vostra libertà di uomini e di credenti, nelle storiche giornate del novembre 1989.

Le sofferenze di tanti fratelli e sorelle - tra i quali molti vostri impavidi sacerdoti - vi chiedono oggi di continuare con gioiosa fermezza e convinzione a collegare il passato col presente, a costruire la civiltà dell’amore che deve avere sempre il primato, a preparare alle nuove generazioni che crescono un domani degno di uomini e di cristiani. Non abbiate paura, mai, di confessare la vostra fede! Non stancatevi mai di far capire a chi non la condivide, che la Chiesa è la vera e sincera alleata dell’uomo, del suo progresso autentico e duraturo, della difesa della sua libertà e grandezza morale.

3. Fedeltà. Per un tale compito, che esige chiarezza di idee, saldezza di volontà, coraggio davanti alle prove, è necessaria la fedeltà alle vostre tradizioni civiche ed ecclesiali. È vero che una certa mentalità odierna, dichiara impossibile il rimanere coerenti a se stessi, e propugna la “morale della situazione”. Ma voi ben sapete che non vi è nulla di più pericoloso per una nazione che addormentarsi in una tale incoscienza fino a perdere il senso del vivere. Sarebbe la fine. Per voi non è stato, non è, e non sarà mai così! Siate fedeli al vostro patrimonio cristiano, alle consegne che i vostri padri vi hanno tramandato, alle severe ma gratificanti esigenze del Vangelo, a voi portato dai santi Cirillo e Metodio.

Siate fedeli alla Parola di Dio!

Siate fedeli alla Chiesa!

Siate fedeli a Maria, che voi venerate in tanti santuari! E, per consolidare questa fedeltà, siate uniti. Formate sempre una compagine armoniosa di fratelli, dove siano valorizzati i tesori propri del genio di ciascuno dei vostri popoli di Boemia, Moravia e Slovacchia. Mettete a frutto le ricchezze spirituali e culturali che vi distinguono: solo così saprete raccogliere i frutti della vostra opera costruttrice nella verità e nella carità.

4. Un anno è passato, Quante cose in questo breve periodo! Speranze e attese, prove e difficoltà, legate al sempre difficile emergere di una nuova entità politica e sociale.

In questo anno anche la Chiesa ha ripreso a vivere con la bellezza delle sue liturgie, col numero dei suoi nuovi figli - quanti battesimi nella notte di Pasqua! - con le iniziative culturali e caritative, col suo sforzo di riprendere in pieno il suo posto nella società.

In questo periodo ho creduto giunto il momento di accogliere le insistenti richieste del venerando Cardinale Tomásek, di essere sollevato dal suo oneroso incarico. Egli rimane come il modello del buon pastore, e il simbolo vivo della fortezza invincibile della vostra fede. A lui il mio grazie commosso, la mia ammirazione, il mio perenne ricordo.

A succedergli ho chiamato il caro fratello Monsignor Miloslav Vlk: a lui il mio augurio di saper guidare la diocesi di Sant’Adalberto verso le mete esaltanti e le sfide esigenti dell’ultimo decennio del secolo, in prospettiva di speranza e di certezza per gli anni duemila. I miei auguri vanno altresì a tutti gli altri carissimi vescovi, e alle singole diocesi. So bene che anche la vita civile, culturale e spirituale della CSFR è permeata di fermenti stimolanti, e continua ad aprirsi al buono, al vero e al bello, per lo sviluppo equilibrato e armonioso della società.

Mi è gradito rivolgere di qui il mio pensiero anche ai vostri uomini, responsabili della prosperità dello Stato, in primo luogo al Presidente Havel, col quale ricordo i miei incontri nello scorso anno. Accompagno il processo di crescita dello Stato con i miei voti più sinceri. E guardando alla gioventù che sale, do a tutti i giovani l’appuntamento a Czestochowa, nel prossimo agosto.

5. Al termine della mia visita all’aeroporto di Vajnori, così sintetizzavo le mie impressioni e le mie consegne per tutti voi: “Porto nella mente e nel cuore il ricordo della vostra fede e del vostro entusiasmo. Gli anni di dura prova hanno lasciato le loro tracce, ma hanno manifestato anche la perseveranza di molti . . . Penso alle famiglie . . . alla gioventù . . . al fedele ministero di tanti sacerdoti . . . ai religiosi e alle religiose . . . ai vari movimenti di laici . . . Davanti a voi, carissimi, si aprono campi immensi di lavoro per l’evangelizzazione e per la catechesi. Questo sarà il vostro compito principale, da affrontare con ogni impegno. Lo esige la fedeltà alle vostre radici storiche cirillo-metodiane, lo impone la prospettiva di una crescita armoniosa nel rispetto della vostra identità nazionale, lo richiede il vero benessere delle vostre famiglie, l’avvenire dei vostri figli” (Ioannis Pauli PP. II, Messa per i fedeli della Slovacchia, 22 aprile 1990).

6. Con quelle stesse parole termino anche l’incontro di oggi, spirituale prosecuzione di quello di un anno fa. Sappiate, carissimi Boemi, Moravi e Slovacchi, che l’amore del Papa per voi non solo non è diminuito, ma si è accresciuto, giorno per giorno. Vi porto sempre nel cuore, come ho occasione di dire ai vari gruppi di pellegrini, che giungono tutto l’anno dalla CSFR alle udienze generali. E sono certo che anche voi siete uniti a me, e che pregate ogni giorno per me e per la Santa Chiesa.

A tutti la mia benedizione, nell’amore dei vostri Santi.

Tutti vi benedico, nel cuore di Maria Addolorata.

Na Shledanou.

Dovidenia!

 

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