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VISITA PASTORALE IN BASILICATA

DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AL MONDO DEL LAVORO INDUSTRIALE
ED AGRICOLO DELLA BASILICATA

Stabilimenti dell'Enichem di Pisticci Scalo - Sabato, 27 aprile 1991

 

Carissimi fratelli e sorelle,

1. Sono lieto di incontrarmi con voi, uomini e donne che rappresentate il vasto mondo del lavoro lucano. L’odierna circostanza offre a tutti noi l’opportunità di riflettere sulla complessa realtà lavorativa della vostra Regione alla luce dei principi della Dottrina sociale della Chiesa e nella chiara consapevolezza dei vostri concreti problemi.

Rivolgo un cordiale pensiero a Monsignor Michele Scandiffio, Arcivescovo di Acerenza ed incaricato della Conferenza Episcopale Regionale per il mondo del lavoro. Lo ringrazio per le espressioni di benvenuto che mi ha rivolto e per la presentazione delle varie iniziative pastorali promosse dalla Chiesa in questo campo. Saluto, poi, i Presuli presenti e le Autorità qui intervenute. Ringrazio, inoltre, i rappresentanti degli imprenditori, degli operai e degli agricoltori che prendendo la parola mi hanno illustrato la realtà lavorativa nella vostra Regione e si sono fatti interpreti delle comuni speranze e preoccupazioni.

Desidero ora salutare i ricercatori scientifici e i tecnici che operano nel Centro di Geodesia Spaziale dell’ASI (Agenzia Spaziale italiana), responsabile del coordinamento delle attività spaziali d’Italia. Vorrei far loro pervenire la mia sincera ammirazione per la loro attività relativa alle osservazioni della terra e dell’ambiente ed un vivo augurio soprattutto per quei programmi concernenti le problematiche di frontiera avanzata in campo scientifico e tecnologico.

Con l’avvio e lo sviluppo dell’industrializzazione, specialmente in questi ultimi anni, e con il recente sforzo di riconversione industriale, si è andata creando nella vostra Regione una vera e propria rivoluzione culturale. I giovani, in passato avviati solo al lavoro dei campi, hanno acquistato, in breve tempo, una “cultura industriale” di alta rilevanza, mentre il territorio si è arricchito di moderne infrastrutture. Sono emerse, tuttavia, contestualmente nuove problematiche ed esigenze di altra natura. Con l’evoluzione della società la Chiesa è venuta a trovarsi di fronte a nuove questioni che postulano adeguate risposte pastorali.

2. La Chiesa, pur non avendo da proporre soluzioni tecniche, economiche e politiche, non può restare indifferente dinanzi ai problemi concreti.

L’attenzione alla dimensione trascendente dell’uomo, è ben lungi dal distrarla dalla cura verso le vicende terrene di chi, con il “sudore della sua fronte” (cf. Gen 3, 19) deve guadagnarsi il necessario per vivere; la rende anzi più attenta, più preoccupata e più impegnata a contribuire, entro i limiti della sua missione, alla soluzione delle varie difficoltà che vivamente la interpellano. Tutto ciò che concerne l’uomo la riguarda in modo profondo. Anche il lavoro.

Il lavoro è, infatti, il mezzo dato dal Creatore perché ciascuno possa sostenere se stesso, la sua famiglia, e servire i fratelli.

Gesù, venuto nel mondo per la nostra redenzione, è divenuto simile agli uomini “in tutto” fuorché nel peccato (Eb 2, 17); si è fatto per noi “lavoratore”, “falegname” (cf. Mt 13, 55).

La Chiesa, fedele al mandato ricevuto dal divino Maestro, proclama “i principi di riflessione, i criteri di giudizio e le direttive per le azioni” (Paolo VI, Octogesima adveniens, 4ss.), a cui ogni particolare soluzione si deve ispirare. Ed il mondo del lavoro, ne sono persuaso, si aspetta che essa non cessi mai di compiere questo peculiare servizio.

È in tale linea che si colloca l’odierno incontro che assume un significato particolare nel quadro del centenario della prima grande Enciclica sociale dei tempi moderni, la Rerum novarum di Leone XIII. Essa, com’è noto, è dedicata alla “condizione degli operai”, in quegli anni piuttosto precaria.

Le numerose manifestazioni per ricordare questo giubileo, che vanno ormai svolgendosi in tante parti del mondo, anche in contesti non ecclesiali, pongono in luce l’attualità dell’insegnamento sociale della Chiesa e mostrano, in modo eloquente, la validità e la necessità del suo impegno a difesa e a promozione della dignità del lavoro e del lavoratore.

I Vescovi italiani hanno già fatto sentire la loro voce attraverso il ben noto documento “Sviluppo nella solidarietà: Chiesa italiana e mezzogiorno” (18 ottobre 1989), con il quale hanno inteso applicare alle concrete situazioni dell’Italia i principi, i criteri e le direttive universali della Dottrina cristiana.

3. Come ho potuto comprendere preparandomi a questa visita pastorale ed ora ascoltando gli interventi dei vostri vari rappresentanti, la situazione del lavoro e del lavoratore presenta in questa vostra terra diverse luci ed ombre. Talora anzi le ombre sembrano avere il sopravvento sulle luci.

Sono confortanti i progressi conseguiti nell’agricoltura, tuttora principale risorsa dell’economia regionale, nell’industria, in questi anni alla ricerca di un vasto rilancio imprenditoriale, e nell’artigianato. Tali progressi, talvolta sono modesti, talora più significativi, come ad esempio in campo agricolo dove esprimete la vostra apprezzata capacità tecnica in un’agricoltura d’avanguardia. Voi costatate, però, anche l’insorgere di difficoltà, di rischi e disagi che pongono in forse il vostro avvenire. Tra questi, non ultima, la minaccia attuale e potenziale all’habitat ecologico.

Tuttavia, ciò che avete potuto realizzare sinora sta a dimostrare che, con la buona volontà, con un’attenzione responsabile alle persone, con un profondo senso del lavoro, con un’intelligente attività imprenditoriale e l’applicazione di una tecnologia che salvaguardi la qualità dell’ambiente e della vita, si possono raggiungere risultati sempre più incoraggianti. Non si è, quindi, condannati al sottosviluppo, alla disoccupazione e all’emarginazione!

La vostra terra, oltre che sulle sue risorse naturali può contare su un grande capitale umano, incomparabilmente più importante di ogni altra potenzialità della natura.

A tutti sono note le doti di laboriosità, il senso cristiano della “fatica”, la volontà di progredire che vi contraddistinguono e fanno di voi un popolo indomito e generoso.

Insieme ai Vescovi italiani (CEI, Sviluppo nella solidarietà: Chiesa italiana e mezzogiorno, 38, 18 ottobre 1989), lasciate che anch’io oggi vi proclami un “messaggio di speranza”. Il Mezzogiorno d’Italia, in particolare la Basilicata, “porta con sé la sua forte ricchezza umana e la sua freschezza di spirito” (Ivi).

A questa “ricchezza” e a questa “freschezza” vorrei far appello, per voi stessi e per coloro dai quali il vostro sviluppo in qualche misura dipende, qui ed in altre regioni d’Italia, in Europa e nel mondo. Nessuna parte dell’umanità è indipendente dalle altre. Anche quando le decisioni, ad esempio in campo agricolo, si prendono altrove, ben lontano magari da voi, esse finiscono per ricadere sulla vostra vita quotidiana. E pertanto è doveroso che non siate mai dimenticati.

4. Si tratta di un vostro diritto!

Quando si considera che la Basilicata sta attraversando una precaria situazione occupazionale nonostante gli sforzi della classe politica e dell’imprenditoria locale, quando si è costretti a registrare una alta percentuale di disoccupati fra i giovani e gli adulti, quando si pensa che alcuni di essi si avviano forse all’età del pensionamento senza aver mai avuto, per lo meno in forma stabile, esperienze significative di lavoro e la gioia che da esse si ricavano, non si può non ribadire con forza che ogni uomo e ogni donna hanno diritto ad un lavoro che possa loro assicurare il necessario sostentamento per sé e per la propria famiglia. Tocca, certo, alla Chiesa riaffermare tale diritto (Ioannis Pauli PP. II, Laborem exercens, 16) e contribuire, secondo le sue specifiche competenze, alla sua realizzazione; è compito, però, soprattutto dei Responsabili ad ogni livello adoperarsi perché tale diritto non rimanga parola vana.

Molte sono le difficoltà e talvolta sembrano insormontabili. Ma ogni sforzo diventa parte integrante di una doverosa mutua solidarietà, all’interno della quale chi ha di più condivide con quanti posseggono di meno o non hanno nulla. Vi impegna a ciò il rispetto che si deve ad ogni essere umano. Vi sostiene la fede cristiana che impedisce ai credenti di guardare a simili situazioni con indifferenza e distacco.

Gli interventi d’emergenza sono utili ed in qualche caso indispensabili, ma non possono rappresentare mai le soluzioni totali e definitive.

Il popolo della Basilicata ha bisogno non di uno sviluppo “distorto, dipendente, assistito” (CEI, Sviluppo nella solidarietà: Chiesa italiana e mezzogiorno, 12-13, 18 ottobre 1989), bensì di uno sviluppo “autopropulsivo” e globale (Ivi).

Uno sviluppo che favorisca la ripresa in tutti i campi, che sia sorretto da una speranza fondata sul coinvolgimento di tutte le strutture sociali interessate, che sia aperto ad una reale solidarietà. Occorre passare dall’assistenzialismo sistematico alla ricerca di forme nuove di rilancio economico, valorizzando le strutture di cooperazione, il terziario e i servizi sociali.

5. Cari fratelli e sorelle, gli artefici dello sviluppo della vostra terra siete anzitutto voi stessi.

Vi ripeto quanto ho avuto modo di affermare già altre volte (Ioannis Pauli PP. II, Sollicitudo rei socialis, 28): un “modello di sviluppo” orientato più verso l’“avere” che verso l’“essere” non è degno della persona umana. Il progresso materiale, pur necessario, non riesce da solo a soddisfare pienamente l’uomo. Occorre, per questo, che soprattutto voi, lavoratori cristiani, infondiate nel vostro campo di azione i valori e i principi evangelici sì da facilitare l’apertura del mondo produttivo alla dottrina della Chiesa ed una maggiore e più qualificata attenzione della stessa Chiesa alle problematiche occupazionali.

Fate tutto il possibile per non perdere mai di vista la via che conduce all’autentico progresso! Siate protagonisti del vostro destino, e prendete nelle vostre mani, nelle vostre menti e nei vostri cuori il vostro futuro.

6. Ho detto nelle vostre mani, nelle vostre menti e nei vostri cuori perché si tratta anzitutto di voi stessi, della qualità della vostra vita e delle vostre capacità organizzative, delle vostre scelte e delle vostre decisioni.

Non vi abbandoni mai, su questo cammino, la consapevolezza di essere figli di Dio, chiamati, mediante l’attività lavorativa, a realizzare la missione affidatavi dalla Provvidenza.

Potrete, allora, affrontare e risolvere i problemi che oggi vi angustiano; sarete in grado di offrire un apporto notevole al progresso economico e sociale in Italia, in Europa, e nelle diverse parti del mondo, nelle quali sono emigrati dalla vostra terra tanti vostri conterranei. La spinta evangelica alla solidarietà vi farà guardare con attenzione ai bisogni degli immigrati giunti fra voi da Paesi con ben più gravi problemi, per ricercare possibili fonti di sussistenza per sé e le loro famiglie.

Animati da viva fiducia nel Signore e dalla virtù della speranza cristiana, non dimenticate mai di ringraziare Iddio per i doni che ogni giorno vi elargisce ed invocate su di voi, sulle vostre famiglie, sul vostro quotidiano lavoro, la sua protezione.

Con affetto tutti vi benedico.

 



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