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VIAGGIO APOSTOLICO IN POLONIA
(1°-9 GIUGNO 1991)

DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI RELIGIOSI E ALLE RELIGIOSE

Davanti alla Cattedrale di Kielce
 Lunedì, 3 giugno 1991

 

Cari fratelli e sorelle,

1. Vi saluto molto cordialmente con tutta la profondità, la forza e l’ardore delle parole di Paolo dalla Lettera ai Colossesi (Col 3, 1-4.12-17). È davvero difficile trovare un passo ugualmente ricco e ugualmente destinato a voi, che rappresentate le famiglie religiose di tutta la Polonia. È difficile leggere queste parole ispirate senza che “arda il cuore nel petto” (cf. Lc 24, 32) per amore e gratitudine verso il Padre che ci “ha messi in grado di partecipare alla sorte dei santi nella luce” (Col 1, 12).

Questa “sorte dei santi”, infatti è la vostra particolare vocazione. Benché essa sia universale e rivolta a tutto il Popolo di Dio, a voi si riferisce in modo speciale. Si può dire che la santità, il tendere alla santità, è una particolare ragione di essere delle vostre comunità, e in esse di ogni persona consacrata.

2. La consacrazione. Qui tocchiamo un concetto chiave. Se infatti ciò che l’Apostolo scrive della “liberazione dal potere delle tenebre e del trasferimento nel regno del suo Figlio diletto” (cf. Col 1, 13) riguarda tutti gli uomini, e più ancora tutti i battezzati; queste parole riguardano voi in modo speciale.

La consacrazione di una persona - la professione religiosa - è uno speciale “radicamento in Cristo” per “edificare su di lui tutta la vita e l’agire” (cf. Col 2, 7). Quando Cristo dice: “Seguimi” (cf. Mt 19, 21), ciò vuol proprio dire “affonda in me le radici”: Io desidero essere la terra fertile della tua crescita, del tuo costruirsi nello Spirito. In me c’è “la redenzione”, c’è “la remissione dei peccati” come processo della maturazione spirituale dell’uomo; la redenzione come una “nuova creazione”, tutti quei tesori “della sapienza e della scienza”, tutta la “pienezza di grazia e di verità”, per cui ogni uomo può diventare “un vero adoratore del Padre”: tale, che adora Dio “in spirito e verità” (cf. Gv 4, 23).

3. L’Apostolo indica la particolare intensità di ciò che all’inizio si attua mediante il Battesimo: “Voi . . . siete morti e la vostra vita è ormai nascosta con Cristo in Dio” (Col 3, 3). Sì, ogni uomo diventa in modo sacramentale partecipe della morte del Redentore per partecipare alla sua risurrezione: alla nuova vita rivelata da questa risurrezione del Signore.

Ciò che nel Battesimo è sacramento, il sacramentale inizio della vita in Cristo, nella consacrazione religiosa diventa un particolare programma di vita. Diventa una regola e carisma. Diventa testimonianza e apostolato.

l’annuncio di Cristo non solo con la parola, ma con la scelta stessa di vita, che va fino alle più profonde indicazioni del Vangelo: “Se vuoi essere perfetto, va’, vendi tutto quello che possiedi, dallo ai poveri . . . poi vieni e seguimi!” (Mt 19, 21): nella povertà, nell’obbedienza, nella castità. “Voi . . . siete morti e la vostra vita è ormai nascosta . . . in Dio”, scrive l’Apostolo (Col 3, 3).

E allo stesso tempo: “Siete risorti con Cristo . . . cercate le cose di lassù, non quelle della terra” (cf. Col 3, 1-2). Siete testimoni di un regno che non è di questo mondo. Appartenete alla famiglia di coloro che “per il regno dei cieli” hanno abbandonato ogni cosa, che testimoniano a tutti che: “passa la scena di questo mondo” (1 Cor 7, 31). “Il cielo e la terra passano, la parola di Dio non passa” (cf. Mc 13 ,31; Lc 21, 33).

Un saluto a voi, a voi tutti, Fratelli e Sorelle, ai quali lo Spirito Santo permette di essere in mezzo al mondo i testimoni del Dio vivo.

4. Vi auguro una fruttuosa testimonianza specialmente qui, in terra polacca, in questa terra, che attraverso le generazioni vi deve tanto, e che ha tanto bisogno della vostra testimonianza, nell’attuale tappa della sua storia.

Non si può essere testimoni di Dio senza appartenergli con tutto il cuore. Cercate di imitare Gesù Cristo prima di tutto in questo: la sua donazione totale all’eterno Padre. L’imitazione di Cristo - come insegna l’ultimo Concilio - è, infatti, la regola suprema e definitiva di tutti gli ordini religiosi cattolici (cf. Perfectae caritatis, 2).

Imitate, dunque, Gesù Cristo stesso, fratelli e sorelle, nel suo assoluto ascolto della volontà del Padre: “Non cerco la mia volontà, - Gesù diceva di se stesso - ma la volontà di colui che mi ha mandato” (Gv 5, 30). Imitate Gesù nelle sue preghiere durante le lunghe ore passate da soli davanti al volto del Padre (cf. Mt 14, 23; Lc 6, 12; 11, 1). Imitate la sua totale donazione al Padre perfino nella notte nel Getsemani (cf. Mt 26, 39) e nell’ora del Calvario (cf. Lc 23, 46).

Imitando Gesù e unendoci a Lui nella sua completa donazione al Padre, ci avviciniamo alla gloria della risurrezione, ed insieme diventiamo speciali testimoni di Dio davanti al nostro prossimo. La gente - guardando coloro che hanno riposto in Dio tutta la loro speranza - può davvero sperimentare la stupenda verità delle parole del Salmista: “Il mio bene è stare vicino a Dio: nel Signore Dio ho posto il mio rifugio, per narrare tutte le tue opere” (Sal 73, 28). Ancora una volta vi auguro cordialmente - sia ad ognuno e a ognuna di voi, che a tutte le vostre comunità - di essere dei buoni testimoni di Dio. “Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli” (Mt 5, 16).

5. Vi attende oggi molto lavoro faticoso, amate sorelle e cari fratelli. Coloro di voi che sono catechisti e catechiste sanno bene che il ritorno della religione nelle scuole esige da voi un sostanziale approfondimento sia della preparazione pedagogica che dello zelo pastorale. Mi auguro che saprete far fronte a questo compito!

La Chiesa oggi ha grande bisogno del vostro spirito di sacrificio, specialmente nel campo del lavoro caritativo. Comprendo bene che non è una cosa facile ricostruire ciò che è stato distrutto alcune decine di anni fa. Del resto i tempi sono cambiati: ormai non vale la pena ritornare ad alcune forme antiche; inoltre sono cresciuti i nuovi bisogni, a volte molto acuti (per esempio la necessità di occuparsi delle vittime della droga o di coloro che sono affetti di Aids). Vi sono anche dei bisogni che oggi vediamo meglio di una volta: per esempio la necessità di dare una mano alla donna in attesa del figlio, alla quale è difficile accogliere con gioia il suo bambino concepito. Una cosa è certa: uno sforzo enorme per entrare nella realizzazione del proprio carisma attende gli Istituti religiosi, specialmente quelli nella cui vocazione è contemplata l’attività caritativa o la cura della gioventù in difficoltà. Spero che non vi mancherà la comprensione e il sostegno sia dei Pastori della Chiesa che dei fedeli.

Anche gli ordini chiamati in modo particolare ad annunziare la parola di Dio e al lavoro pastorale hanno bisogno di rinnovare il proprio carisma. Le parrocchie non sempre sono in grado di far fronte a tutti i bisogni religiosi a cui la Chiesa dovrebbe venire incontro. Dio chiamò nella sua Chiesa così numerosi ordini religiosi, tra l’altro, proprio perché non venga deluso nessuno di coloro che cercano nella Chiesa un aiuto spirituale. Amati fratelli e sorelle, fate particolare attenzione al fatto che oggi moltissima gente in Polonia necessita di una risposta individuale ai propri problemi di vita o agli interrogativi nel campo religioso. Che nessuno, in cerca di un tale aiuto alla porta del vostro convento, venga respinto!

Molta gente in Polonia ha nostalgia di una più profonda vita di preghiera. Dove, se non nei conventi, debbono trovare i maestri di orazione e direttori spirituali? Auguro inoltre ai religiosi polacchi, di riflettere sul modo per rinnovare quella tradizionale ospitalità conventuale, che consisteva nell’aprire la porta alle persone in cerca di rinnovamento spirituale e di approfondimento. [...].

6. Ho già parlato di due dimensioni della vostra vocazione religiosa, è rimasta ancora la terza. Ho parlato dell’imitazione di Cristo Signore nella sua obbedienza alla volontà del Padre.

Da qui scaturisce per voi l’obbligo della quotidiana sollecitudine per la propria vita spirituale, la necessità di una costante formazione e di lavoro su di sé; ovviamente, di un tale lavoro su di sé, di cui il primo artefice è lo Spirito Santo stesso e che attinge la propria efficacia dalla parola di Dio e dai sacramenti.

Ho parlato della vostra vocazione specifica: di alcuni al lavoro apostolico, di altri al lavoro caritativo, di altri ancora al lavoro educativo o qualsiasi altro. Esiste ancora la terza dimensione, non meno importante, della vocazione religiosa.

Dovreste costruire la Chiesa, voi, amate Suore, cari Padri e Fratelli, non solo nel proprio intimo e non soltanto nel lavoro esteriore, ma anche nelle proprie comunità religiose. Ce lo ha ricordato l’Apostolo Paolo nel passo della Lettera ai Colossesi, che abbiamo appena letto: “Rivestitevi dunque, come eletti di Dio, santi e amati, di sentimenti di misericordia, di bontà, di umiltà, di mansuetudine, di pazienza” (Col 3, 12).

Provate ad accogliere queste parole come un’indicazione di Dio con la quale potete paragonare la realtà delle vostre comunità religiose, per avvicinarvi sempre più alle attese di Dio. Il Dio, che ci ha chiamati, sa bene che siamo uomini deboli. Si tratta tuttavia di cercare di “sopportarvi a vicenda e perdonarvi scambievolmente” poiché anche “il Signore ci ha perdonato” (cf. Col 3, 13). E soprattutto adoperatevi per “la carità che è il vincolo della perfezione” (Col 3,14). E ancora una cosa: che “la pace di Cristo regni nei vostri cuori” (Col 3, 15). Se accogliete e vi prenderete a cuore tutto questo, nonostante tutte le vostre deficienze, sarete delle comunità veramente religiose. Cari fratelli e sorelle: scopi così alti non si raggiungono soltanto mediante i propositi. Vi deve caratterizzare una solida apertura ai doni di Dio. “La parola di Cristo dimori tra voi abbondantemente” (Col 3, 16), rammenta l’apostolo Paolo.

E non vi è lecito trattenere la parola di Dio solo per voi stessi, occorre condividerla con i nostri fratelli e sorelle: “ammaestratevi e ammonitevi con ogni sapienza” (cf. Col 3, 16). Nell’edificazione di una vera comunità di fede, un ruolo inestimabile compie tutto il ritmo della liturgia e della preghiera, che deve animare ogni casa religiosa. Per San Paolo è qualcosa di ovvio che “salmi, inni e cantici spirituali” edifichino la gioia interiore nei singoli membri della comunità. Siete anche voi, cari fratelli e sorelle, animati così dalla liturgia e dalla preghiera comunitaria che “cantate a Dio di cuore e con gratitudine” (cf. Col 3, 16)? Vi rafforza così “che tutto quello che fate si compia nel nome del Signore Gesù, rendendo per mezzo di lui grazie a Dio Padre” (cf. Col 3, 17)?

7. Davvero magnifici sono i doni di Dio! Infatti Gesù Cristo, il cui nome abbraccia tutta la nostra vita e per mezzo del quale ci avviciniamo al Padre, è il Figlio di Dio, “per mezzo di lui sono state create tutte le cose . . . e tutto sussiste in lui” (cf. Col 1, 16-17). Se dunque siamo colmi di Cristo - e Cristo vuole colmare di sé in modo particolare le persone consacrate - allora “in lui siamo stati colmati” (cf. Col 2, 10) di tutto ciò che appartiene a Lui, cioè di tutta la ricchezza di Dio, la creazione. Ecco il profondissimo senso del voto di povertà.

Avete rinunciato, fratelli e sorelle, al possesso di cose materiali, perché, in Cristo, il mondo intero diventi in un certo senso vostra proprietà: ormai non più proprietà che rende difficile l’accesso a Dio, ma proprietà secondo l’originale disegno di Dio. Chi è povero secondo Dio, riceve tutto il mondo come luogo del proprio contatto con Dio. Poiché tutto il mondo è stato creato da Cristo e in Cristo, e Cristo “sostiene tutto con la potenza della sua parola” (Eb 1, 3). Se dunque appartenete a Cristo “tutto è vostro” (1 Cor 3, 22). Che dunque quest’incontro odierno con il Papa vi aiuti, Fratelli e Sorelle, a ravvivare i vostri voti religiosi. Sappiate anche accettare tutta l’opera della creazione come un meraviglioso dono di Dio.

8. Una persona consacrata, in contatto, mediante Cristo, con tutta l’opera della creazione nella sua profondità e ricchezza originale, è, allo stesso tempo, anche mediante Cristo, “radicata” profondamente nella Chiesa.

Cristo infatti è “il capo del corpo, cioè della Chiesa” (Col 1, 18), della Chiesa in cammino verso i destini escatologici: Cristo è “il principio, il primogenito di coloro che risuscitano dai morti, per ottenere il primato su tutte le cose . . . Piacque a Dio di fare abitare in lui ogni pienezza e per mezzo di lui riconciliare a sé tutte le cose rappacificando con il sangue della sua croce” (Col 1, 18-20).

9. Cari sorelle e fratelli! Abbiamo ascoltato le parole ispirate della Lettera ai Colossesi. Alla loro luce, quanto è meravigliosa la vocazione di ogni cristiano! Quanto meravigliosa è la vostra vocazione!

Fate di tutto affinché gli occhi della vostra anima siano sempre più aperti a questi “tesori della sapienza e della scienza” (Col 2, 3). Implorate anche in ginocchio la grazia di saper far conoscere questi tesori agli altri, ai giovani: ragazzi e ragazze, perché essi trovino la loro via dietro a Cristo. Si sono aperti tanti campi “pronti alla messe”. C’è tanto bisogno di mietitori. Chiedete! Con insistenza “pregate . . . il padrone della messe perché mandi operai per la sua messe” (Lc 10, 2). Stamani a Lubaczów ho incontrato non solo la comunità locale, ma anche molti esteri venuti da fuori, anche da lontano. E proprio lì ho realizzato questa cosa in modo particolare.

Peccato che voi non c’eravate, ma io vi porto almeno l’eco di quell’incontro, di quella esperienza che non appartiene solo a Lubaczów, non è solo locale, ma riguarda tutto l’Oriente, molto provato da anni di brutale e sistematica ateizzazione, che ora attende, affamato e assetato.

Del resto ciò non riguarda solo l’Oriente, ma qui, siamo più vicini all’Oriente. E che la testimonianza della vostra vita sia trasparente e attraente! Che essa sia salvifica, qui sulla terra, ed ovunque, dove il Signore della messe vi vorrà mandare!



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