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VIAGGIO APOSTOLICO IN POLONIA
(1°-9 GIUGNO 1991)

DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
ALLE AUTORITÀ DELLO STATO POLACCO*

 Castello reale di Varsavia - Sabato, 8 giugno 1991

 

llustre Signor Presidente!
Rappresentanti del Governo e del Parlamento!
Signore e Signori!

1. Permettete che inizi con una lunga citazione: “Riconoscendo che la sorte di noi tutti dipende soltanto dal consolidamento e dal perfezionamento della Costituzione nazionale, dopo aver conosciuto, attraverso una lunga esperienza, i vecchi difetti del nostro governo, e volendo trarre vantaggio dal tempo in cui si trova l’Europa e da questo momento attuale, che sta per finire, che ci ha restituiti a noi stessi, liberi da comandi ignominiosi di prepotenza straniera, stimando più della vita, della felicità personale, dell’esistenza politica, l’indipendenza esteriore e la libertà interiore della nazione, la cui sorte è affidata alle nostre mani, volendo meritare e la benedizione e la gratitudine delle generazioni presenti e future, nonostante gli ostacoli, che le passioni in noi possono causare, per il bene comune, per il consolidamento della libertà, per la salvezza della nostra Patria e dei suoi confini, approviamo con somma fermezza di spirito la presente Costituzione e la dichiariamo completamente sacra, inalterabile, fino a quando la nazione, nel tempo stabilito dalla legge, con la sua esplicita volontà ritenesse necessario il cambiamento di qualche articolo”.

2. Il passo riportato proviene da una Legge di Stato, cioè dalla Costituzione approvata il 3 maggio del 1791, duecento anni fa. Questa Costituzione giustamente può vantarsi di essere la prima nel continente europeo. È stata preceduta soltanto dalla costituzione americana degli Stati Uniti, la quale fino ad oggi è la legge fondamentale di quella grande potenza.

Un’altra sorte toccò alla nostra Costituzione di maggio. Divenne piuttosto l’ultima parola della storia della Repubblica, che era lo stato di molti popoli. Era anche un’espressione di saggezza civica e di responsabilità politica, che arrivò purtroppo ormai tardi e non fece in tempo a frenare il processo di declino di quel grande Organismo, minacciato già allora mortalmente dall’esterno, e anche corroso dal di dentro da una grave malattia.

Tuttavia, quella magnifica Costituzione era, allo stesso tempo, un nuovo inizio. Resi consapevoli del come avrebbe dovuto essere il moderno Stato Polacco i nostri connazionali mantennero tale coscienza che accompagnò tutti coloro che durante l’epoca delle spartizioni combattevano per quella Repubblica indipendente, per essa subivano numerosi sacrifici, non risparmiando neppure la vita, per essa infine lavorarono nello spazio di alcune generazioni, sia in terra patria occupata da una triplice prepotenza, come pure fuori dai suoi confini. Bisogna, che oggi rendiamo omaggio a tutti loro. Come figlio della Nazione desidero farlo insieme a voi, Illustri Signori, e anche a tutti i Connazionali, lungo il percorso del mio pellegrinaggio attraverso la terra patria.

3. Si può dire senza esagerazione che la Costituzione del 3 maggio approvata nel 1791, divenne la base del nuovo essere della Polonia come Stato, nel 1918 quando la sconfitta bellica di tutti e tre gli occupanti aprì la strada all’indipendenza della II Repubblica.

Tuttavia anche ora, dopo i mutamenti dell’anno 1989, lo stesso documento storico merita di diventare un punto di riferimento, modello, per la nuova Costituzione, sulla quale si poggerà la vita dell’intera comunità come Stato nella III Repubblica.

Mentre approfondiamo il testo riportato sopra, ci colpiscono le significative analogie. Non si tratta anche oggi di “trarre vantaggio dal tempo in cui si trova l’Europa” al termine di questo secolo, appesantito dal ricordo di due grandi guerre mondiali, e ancor più dal ricordo dei sistemi totalitari, che, dopo la caduta di uno di essi, continuavano a produrre frutti nelle decisioni politiche di Yalta? Non si può, allo stesso tempo, dire che gli eventi di questo secolo “ci hanno restituiti a noi stessi”, come l’esprimono gli artefici della Costituzione di duecento anni fa?

Sì. Siamo stati “restituiti a noi stessi”. Ha contribuito a ciò il corso degli eventi nei quali la Nazione polacca ebbe la sua parte attiva. Nella prima guerra mondiale, questa parte attiva si è distinta prima di tutto (anche se non esclusivamente) come sforzo armato fino alla battaglia presso Varsavia, nell’agosto del 1920. Nella tappa del dopo- Yalta questa parte attiva si distinse prima di tutto come un movimento cosciente in difesa della soggettività della società annientata dal sistema totalitario. Quel movimento raggiunse la sua forma più completa sin dal 1980 nella “Solidarnosc” polacca, e nonostante il Sindacato fosse stato privato della sua legalità durante lo stato di assedio, esso non cessò di agire nella stessa direzione, quell’agire dimostrò di essere efficace.

Permettetemi però di riportare a questo punto le parole di un filosofo polacco contemporaneo, che indicano ancora un’altra dimensione dei processi storici. Ecco quello che scrive: “Oggi l’umanità costituisce un intreccio abbastanza compatto di nazioni unite strettamente da diversi legami. Ogni nazione e ogni individuo ha la propria vocazione. Essa non è stabilita in modo univoco, ammette diverse varianti. Oggi non è possibile intendere il mondo diversamente che in dialogo con Dio, che chiama, riapre ciò che l’uomo guasta e continuamente ci dà nuove chance” (Andrzej Grzegorczyk, Solidarietà-Ethos o accettazione del destino?, «Ethos», 11-12 (1990) 114).

4. I due secoli che ci separano dall’approvazione della Costituzione del 3 maggio, erano anche il tempo di un tale dialogo con Dio. Esso non si svolgeva soltanto nel nascondimento dei cuori degli uomini e delle umane coscienze. Questo dialogo divenne il contenuto di ciò che in diversi modi è stato annotato, il che determinava un periodo particolare nella storia della cultura polacca, specialmente della letteratura. Questa stesura continua nelle nuove generazioni - e bisogna che duri. È stata infatti un particolare commento alla Costituzione del 3 maggio. Indicava e continua ad indicare la strada verso la nostra identità polacca nell’Europa: l’identità come una società e come una comunità politica.

Ciò è importante, alla soglia della III Repubblica quando, “restituiti a noi stessi” cerchiamo sempre ancora la via verso “se stessi”, ad una forma politica, e anche economica di questa sovrana soggettività, che è la nostra parte. Permettetemi di citare ancora una volta le parole di un pensatore d’oggi, questa volta non un polacco ma un italiano, che con una particolare perspicacia approfondisce la nostra specificità polacca: “I Polacchi - egli scrive - possono o semplicemente entrare nella società consumista, occupandovi - se andrà loro bene - l’ultimo posto, prima che questa chiuda definitivamente le sue porte ai nuovi arrivati, oppure contribuire alla riscoperta della grande, profonda autentica tradizione dell’Europa, allo stesso tempo proponendo ad essa l’alleanza: del libero mercato e della solidarietà” (Rocco Buttiglione, Giovanni Paolo II e la via polacca verso la libertà, «Ethos», 11-12 (1990) 49).

La solidarietà infatti ha ormai superato i confini della Polonia. È divenuta un elemento del pensiero ed una esigenza morale per il mondo contemporaneo, non solo per l’Europa. Su questo tema ho già parlato quattro anni fa sul Baltico e, dopo, esso è trattato in una forma ancor più completa nelle encicliche Sollicitudo rei socialis e nella Centesimus annus. Speriamo dunque che introducendo il libero mercato, i Polacchi non cessino di consolidare in se stessi l’atteggiamento di solidarietà e di approfondirlo.

Un importante elemento di tale atteggiamento è la sollecitudine per i diritti umani, cominciando dal più importante di essi, il diritto alla vita. Si tratta non solo di pretendere questi diritti per se stessi. Solidarietà vuol dire anche adoperarsi per il rispetto dei diritti di tutti coloro che hanno subìto torti e dei più deboli. Specialmente di coloro che non sanno difendersi da soli. La vera solidarietà deve essere integrale. Non è dunque lecito escludere da essa i figli concepiti. Anche essi, come tutti gli altri esseri umani, hanno diritto alla vita.

5. “Nel nome di Dio unico nella Santissima Trinità”. La Legge Governativa del 3 maggio 1791 inizia con l’invocazione del nome di Dio. Come figlio della nazione polacca e allo stesso tempo Successore di San Pietro nella sede dei vescovi di Roma, anch’io ricorro a quel Nome Santissimo davanti a voi, che qui rappresentate le autorità della Repubblica all’inizio di un nuovo periodo della sua storia.

Come allora così anche ora “l’indipendenza esteriore e la libertà interiore della Nazione”, la sua sorte, “è affidata alle vostre mani”. Dunque, vigilate anche voi - come una volta gli artefici della Costituzione del 3 maggio - “per poter meritare la benedizione, la gratitudine delle generazioni di oggi e di quelle future”, e ciò “nonostante gli ostacoli che le passioni anche in voi (come una volta nella generazione del 3 maggio) possono causare” nella loro molteplice forma. Nonostante tutto. La libertà è sempre una sfida.

E l’autorità è la sfida della libertà. Non si può esercitarla diversamente che servendo! Vi auguro dunque, e per questo ogni giorno prego ardentemente, che possiate esercitare l’autorità a voi affidata “per il bene comune, per il consolidamento della libertà”, memori, che la libertà non viene consolidata diversamente che mediante la verità. Cristo disse: “La verità vi farà liberi” (Gv 8, 32).


*L'Osservatore Romano 9.6.1991 p.6.



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