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VISITA PASTORALE A MANTOVA

DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
ALLA CITTADINANZA DI MANTOVA

Piazza delle Erbe - Sabato, 22 giugno 1991

 

Onorevole Ministro,
Signor Sindaco,
cari fratelli e sorelle
,

1. Con gioia mi incontro con voi in questa splendida piazza, centro della vita civica dei Mantovani, richiamo e sintesi della vostra storia, simbolo eloquente della sensibilità artistica e della intraprendenza che vi contraddistingue. Sono tra voi a circa cinque secoli di distanza dal soggiorno a Mantova del mio predecessore, il Papa Pio II che qui sostò per alcuni mesi tra il 1459 e il 1460. Ricordo inoltre un altro grande pontefice, San Pio X, che della vostra Diocesi fu Vescovo dal 1884 al 1893.

Ringrazio il Signor Sindaco per le parole di omaggio a me indirizzate a nome della cittadinanza. Ringrazio altresì l’Onorevole Mino Martinazzoli, Ministro per gli Affari Regionali e i Problemi Istituzionali, qui giunto per portarmi il benvenuto del Governo Italiano.

Saluto Monsignor Egidio Caporello, Vescovo di questa Diocesi e già Segretario Generale della Conferenza Episcopale Italiana. Con lui saluto i sacerdoti, i religiosi e l’intera Comunità diocesana.

Rivolgo un cordiale pensiero a tutta la gente mantovana ed in particolar modo a voi, che riempite la piazza, ringraziandovi per la sincerità e il calore della vostra accoglienza. Il mio pensiero va pure, in questo momento, a quanti non hanno potuto qui convenire, perché trattenuti dall’infermità, dal dovere o da qualche altro impedimento. Se la mia voce li può raggiungere, voglio dir loro che sono egualmente vicini al mio cuore.

2. La ragione prima che mi ha spinto a visitare la Chiesa che è a Mantova è di ordine eminentemente religioso e pastorale: sono qui per celebrare con voi la ricorrenza quattro volte centenaria della morte di un vostro concittadino illustre, discendente collaterale del ramo della famiglia che per lungo tempo ha segnato la storia di Mantova: San Luigi Gonzaga, giovane e modello della gioventù, vissuto tanto tempo fa, ma ancora attualissimo; uscito dall’ambiente sfarzoso delle corti del Cinquecento, ma tutto dedito ai valori che non tramontano mai.

Sono qui, inoltre, per incontrare, nel nome di Cristo, tutti i fratelli nella fede, come coloro che da Cristo si fossero in qualche modo allontanati o non gli fossero mai stati dichiaratamente vicini. A tutti intendo riproporre l’annuncio del messaggio evangelico, nel quale soltanto può trovare appagante risposta ogni interrogativo dell’uomo.

Il mio venerato predecessore Paolo VI, figlio di questa terra lombarda, parlando della soluzione dei problemi sociali, soleva ricorrere ad un’espressione che è da sola un programma: andare a tutti gli uomini, arrivare a tutto l’uomo. Nessuna persona di buona volontà può rinchiudersi nel rifugio tranquillo del proprio benessere, quando nel mondo vi sono ancora molti, moltissimi che non dispongono delle condizioni più elementari per una vita umana degna di tale nome; ugualmente, però, nessuno può sentirsi in pace con se stesso quando intorno a lui vi sono ancora moltissimi che, pur disponendo in abbondanza di beni materiali non hanno, tuttavia, ciò che solo può dare senso pieno alla vita nella sua dimensione temporale e nella sua prospettiva eterna. Cristo è venuto sulla terra per camminare a fianco dell’uomo ed offrirgli le risposte che il suo cuore attende. Sono risposte che egli solo può dare, perché come Figlio unigenito di Dio, ha potuto scrutare gli eterni disegni del Padre (cf. Gv 1, 18).

A voi dico, perciò: ponetevi in ascolto di Cristo, lasciate che Egli vi parli. Nulla vi dirà che non sia per il vostro vero bene.

Questo hanno capito i vostri avi, che hanno saputo accogliere i valori della fede facendone l’anima della loro storia e della loro cultura. Ricordate: anche il “vostro” poeta, Publio Virgilio Marone, benché vissuto prima di Gesù, ebbe un certo presentimento della sua venuta, quando cantò la nascita di un “puer” miracoloso, che avrebbe inaugurato nel mondo una nuova era di giustizia e di pace (Virgilio, Ecloga VI).

Vi ripeto: non mettete Cristo ai margini della vostra vita, non escludetelo dai progetti relativi al vostro futuro.

3. Fratelli e sorelle, questa terra, che ha un grande passato, che ha conosciuto e conosce profonde tribolazioni, vi ha visti e vi vede decisi, ma tolleranti. Pur nelle contraddizioni morali e sociali del nostro tempo, voi siete impegnati a recuperare i valori primari dell’esistenza, nel confronto e nella collaborazione, aprendovi ad orizzonti sempre più ampi: per questo siete pronti alla solidarietà, all’accoglienza verso quanti giungono a voi da lontano e cercano qui ragioni di speranza. Non emarginate nessuno.

Siate consapevoli che il trapasso culturale e il progresso sociale, che vi ha portati dall’angustia della povertà di ieri ai livelli del benessere di oggi, sono certamente frutto delle vostre risorse e della vostra genialità. Abbiate, però, il coraggio di riconoscere il rischio, che si può correre adesso più che mai, di conquistare il mondo intero, perdendo l’anima, che è il bene più grande.

Può verificarsi anche per voi il deleterio malinteso di “nascondervi” a voi stessi; di schermare gli occhi fino a non vedere le povertà, vecchie e nuove, che si annidano tra di voi; di adorare idoli e coltivare miti effimeri; di perdere e di far perdere il gusto del vivere.

Non chiudetevi nel recinto angusto del vostro benessere, dei vostri interessi e delle vostre prospettive. Con la mente e col cuore, sorretti da spirito cristiano, andate oltre ogni particolarismo. Operate per il bene comune del Paese, specialmente in favore delle fasce sociali più depresse; apritevi con spirito di solidarietà all’Europa, e al mondo intero. Fate in modo - e mi rivolgo particolarmente ai giovani - che il grande dono della libertà non degeneri in disvalore. Tutti voi avete risorse enormi da impiegare per il trionfo di così giusta causa.

4. La Chiesa, anche a Mantova, intende fare il suo dovere ed offrire al progresso della società il contributo della sua competenza: l’apporto attivo ed illuminante del Vangelo e della dottrina sociale che al Vangelo s’ispira.

So che è viva la tradizione nella vostra Diocesi di dedicare forze generose e consistenti all’educazione dei giovani, ad istituzioni e servizi di carità. E quanto numerose ed eloquenti sono le testimonianze di volontariato e di impegno sociale tra i laici cristiani della vostra terra! Penso, ad esempio, a Vittorina Gementi. Camminate in questo solco, rispettando la multiformità nell’unità. Agite secondo i criteri del Vangelo nei confronti della vita, della persona umana, della famiglia, della giustizia, della vocazione degli uomini a riconoscere e amare Dio sopra ogni cosa e ad amarsi a vicenda. La Madre di Dio, che è anche Madre degli uomini, vi protegga col suo patrocinio.

Con tali voti rinnovo a tutti il mio benedicente saluto.

Dopo la lettura del discorso, il Santo Padre così prosegue:

Forse non devo dimenticare la mia prima visita a Mantova. Ho avuto la gioia e il privilegio di essere invitato qui dal vostro compianto Vescovo, poi Cardinale di Bologna, Antonio Poma, quando era Vescovo di Mantova, durante il Concilio. Il vostro Vescovo di allora mi ha invitato a prendere parte, anzi a concelebrare nella domenica delle Missioni, in ottobre. La mia memoria della vostra città è legata a quella domenica missionaria, e questo mi suggerisce anche un augurio per oggi e per domani: che la vostra città e la vostra Chiesa rimangano sempre con la consapevolezza di essere missionarie, di essere in stato di missione, perché per dare una risposta ai problemi che ho toccato nel mio discorso introduttivo, non vedo altro che questo: sentirsi chiamati ad una missione. Dio si è sentito chiamato ad una missione perché ha inviato il suo Figlio; poi attraverso il Figlio è venuto lo Spirito Santo e la sua missione ci guida sempre. Questo è l’esempio più sublime, esempio propriamente divino. Noi siamo creati ad immagine di Dio, anche noi non possiamo essere pienamente noi stessi se non nello spirito della missione, cioè del dono gratuito di sé per gli altri, come dice il Concilio Vaticano II.

Io vi auguro questo all’inizio della mia visita e auguro anche a me stesso di imparare da voi, come una volta ho imparato in quella domenica missionaria, la stessa qualità. Auguri!

 



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