Index   Back Top Print

[ IT ]

DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI VESCOVI DELL'UMBRIA IN VISITA
«AD LIMINA APOSTOLORUM»

Sabato, 16 marzo 1991

 

1. “Il fatto di essere convenuti ad Assisi per pregare, digiunare e camminare in silenzio - e ciò per la pace sempre fragile e sempre minacciata, forse oggi più che mai - è stato come un limpido segno dell’unità profonda di coloro che cercano nella religione valori spirituali e trascendenti in risposta ai grandi interrogativi del cuore umano, nonostante le divisioni concrete”.

Con queste parole riassumevo cinque anni fa, nel discorso al Collegio dei Cardinali e alla Curia Romana per lo scambio degli auguri natalizi, il significato dell’incontro mondiale di preghiera per la pace, svoltosi poche settimane prima ad Assisi. Esse mi tornano in mente in questo momento, nel quale ho la gioia di salutarvi qui riuniti, dopo avervi incontrati separatamente, venerati Pastori della Chiesa che è in Umbria, terra profondamente segnata dal messaggio francescano della riconciliazione e della pace.

La vostra regione, ricca di nobili tradizioni artistiche, culturali e spirituali, è nota nel mondo intero per questa sua quasi naturale vocazione alla promozione della pace: basta pensare ai luoghi francescani e alla testimonianza del Poverello, che continua a risuonare nella coscienza dell’umanità come invito al rispetto di Dio, del prossimo e del creato, in vista dell’edificazione di un mondo all’insegna del perdono e dell’amore. Come non rallegrarmi con voi, venerati fratelli nell’episcopato, delle molteplici iniziative con le quali, anche in occasione del recente conflitto, avete tenuta desta fra le comunità a voi affidate la fiaccola della riconciliazione e della fraternità? Educare alla pace è per voi un’esigenza basilare della evangelizzazione; e promuovere un’autentica cultura del dialogo e della fraternità rappresenta quindi un impegno fondamentale della vostra azione pastorale. Occorre non lasciar cadere occasione alcuna che sia atta a promuovere nelle coscienze l’aspirazione alla concordia e a favorire l’intesa tra le persone nella dedizione alla causa della giustizia e della pace. Il desiderio di veder crescere secondo la tradizione francescana i valori della solidarietà, come pure l’impegno a diffonderli nel mondo, sembrano esprimere l’anima più vera dell’Umbria, cuore della Nazione italiana e, in un certo senso, ideale punto di riferimento per quanti scelgono il messaggio di Francesco quale norma ispiratrice della propria esistenza.

Ciò, se da una parte facilita la missione delle vostre Chiese, dall’altra la rende più esigente e stimolante. “La pace è un cantiere, aperto a tutti -osservavo ad Assisi a conclusione della Giornata di preghiera per la pace -e non soltanto agli specialisti, ai sapienti e agli strateghi. La pace è una responsabilità universale: essa passa per mille piccoli atti della vita quotidiana. A seconda del loro modo quotidiano di vivere con gli altri, gli uomini scelgono a favore della pace o contro la pace” (Insegnamenti di Giovanni Paolo II, IX/2 [1986] 1269).

La pace attende i suoi profeti e i suoi artefici: ecco un impegno vivo per le comunità ecclesiali, di cui voi siete chiamati ad essere padri solleciti e vigilanti pastori.

2. Perché, tuttavia, l’educazione alla pace diventi fermento di rinnovamento di tutta la società, bisogna che i credenti sentano con vigore la loro vocazione apostolica. Ciò suppone un loro personale e profondo contatto con Cristo, Principe della Pace. A tal fine, è necessario che si operi attivamente per una nuova evangelizzazione, proclamando all’uomo di oggi la Buona Novella della salvezza in modo credibile ed audace. I nostri contemporanei hanno bisogno di speranza, hanno sete di amore, cercano strade che li conducano alla verità. Ma troveranno pace, se non incontreranno Cristo? Voi sentite con urgenza il compito della nuova evangelizzazione, ben consapevoli che l’Umbria è una terra che, pur ricca di promesse, è resa difficile a causa di una sempre maggiore diffusione della cultura secolaristica e consumistica. Specialmente in questa fase storica, che ha conosciuto il crollo rapido delle ideologie, vi interrogate su come annunciare il Vangelo, nella fedeltà al mandato di Cristo: “Andate e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato” (Mt 28, 19-20). Ebbene, venerati fratelli, se impegnativo ed arduo appare il compito, vi sorregga la promessa del Redentore stesso: “Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt 28, 19-20).

3. La vostra gente, pur segnata da esperienze negative, resta aperta ai valori umani del rispetto, del dialogo, dell’ospitalità e della solidarietà. Sostenuta si mantiene pure la richiesta della celebrazione cristiana delle fasi più significative dell’esistenza: il battesimo alla nascita, la prima comunione e il sacramento della confermazione nell’infanzia e nell’adolescenza, il matrimonio al formarsi della nuova famiglia ed infine il funerale religioso ad accompagnare il duro momento della morte. Ma tale pratica, come voi avete concordemente osservato, sembra svuotarsi progressivamente del suo autentico senso religioso, finendo per non incidere più in modo significativo nelle scelte della vita. In particolare, un forte allarme viene dal numero delle interruzioni volontarie della gravidanza, le cui percentuali superano la media nazionale.

Pur in tale ambiguità, si mantiene viva una diffusa pietà popolare, che si esprime nella sentita venerazione alla Madonna e ai Santi Patroni e nel massiccio, costante pellegrinaggio ai tanti Santuari della Regione, anche se in tali manifestazioni difetta spesso il riferimento alla dimensione cristologica ed ecclesiologica della fede, mentre prevalgono gli aspetti intimistici ed individualistici.

In sintesi, l’analisi della condizione ecclesiale nel suo insieme presenta una minoranza di persone impegnate nei gruppi o movimenti ecclesiali e nelle attività pastorali, mentre la maggioranza mantiene un qualche legame con la Chiesa, ma non assume la fede come scelta capace di incidere in modo significativo nella vita di ogni giorno.

4. Guardando in prospettiva ai compiti pastorali che tale situazione suggerisce, voi ritenete che lo sforzo della “nuova evangelizzazione” debba in primo luogo puntare sul rinnovamento della Parrocchia come “comunità che annunzia, celebra e testimonia il Vangelo della carità”. È questo, infatti, il tema scelto per il VI Convegno Ecclesiale regionale, come pure per la III Settimana residenziale di formazione permanente del clero diocesano, previsti entrambi ad Assisi per il prossimo autunno. A tal fine è stata già attuata la ristrutturazione delle Parrocchie, da me sollecitata nella scorsa visita “ad limina”, così da favorire una maggiore concentrazione dei fedeli. Ci si muove ora, con generale impegno, verso un modello di comunità parrocchiale che non sia soltanto luogo di servizio, di culto e di incontri occasionali, ma esperienza concreta di fede e di carità, con dinamismo missionario e forza di testimonianza evangelica. Un modello di Parrocchia-comunità, in cui presbiteri e laici collaborino insieme secondo i carismi e i ministeri propri di ciascuno. È questo il lavoro certamente più impegnativo per superare la mentalità secondo cui le attività della Chiesa sarebbero riservate alla competenza dei sacerdoti e dei religiosi, mentre i laici si ridurrebbero al ruolo di destinatari e utenti.

Di qui la necessità di attendere alla formazione di laici impegnati. Se ciò è richiesto dalla costituzione divina della Chiesa, in Umbria è questione che si rivela particolarmente urgente per l’invecchiamento e la progressiva diminuzione dei sacerdoti, come pure per le prospettive offerte dal numero dei seminaristi che, pur in lieve crescita, non è tale da poter soddisfare le accresciute esigenze pastorali.

Del resto, quando la parrocchia diventa comunità vera e dinamica, dove i laici, insieme ai sacerdoti, partecipano attivamente alla vita pastorale e agli impegni apostolici, rifioriscono tutte le vocazioni e, in particolare, quelle sacerdotali e di speciale consacrazione.

Oltre a sostenere la partecipazione dei laici alla vita ecclesiale, voi vi preoccupate, venerati fratelli, di educarli più profondamente a rispondere alla loro vocazione specifica, che è quella di animare cristianamente le realtà terrene: famiglia, scuola, professione, quartiere, sindacato, politica, cultura. Grazie a questo loro apporto insostituibile e quanto mai urgente, sarà l’intera comunità ad essere rinnovata. In tal modo il fermento del Vangelo, diventato vita nell’esistenza dei credenti, trasformerà l’intera società.

5. Per rinnovare le comunità parrocchiali, soggetti primari della nuova evangelizzazione, è necessario il contributo attivo di tutti i fedeli. La Chiesa, nel suo cammino incontro all’uomo, non può non proporsi oggi una coraggiosa prospettiva missionaria, capace di offrire risposte soddisfacenti a problematiche nuove ed emergenti nell’attuale contesto socio-culturale della vostra regione. Tocca a voi, Pastori, guide illuminate e prudenti, coadiuvati dai presbiteri, vostri più stretti collaboratori, far sì che il popolo cristiano prosegua “il suo pellegrinaggio fra le persecuzioni del mondo e le consolazioni di Dio, annunziando la passione e la morte del Signore fino a che egli venga” (Lumen Gentium, 8).

Tuttavia, affinché la fede diventi cultura e quindi vita, non basta soltanto un suo annuncio o una sua astratta proclamazione. Occorre che il credente e l’intera comunità sappiano attuare una compagnia concreta con l’uomo in cammino nella storia. In altri termini: l’inculturazione della fede dev’essere la prioritaria scelta pastorale delle Chiese dell’Umbria, ad ogni livello e in tutti gli ambiti della società, specialmente quello sociale e pubblico. In questo impegno ecclesiale la parrocchia resta costante punto di riferimento e centro dell’annuncio, della celebrazione e della testimonianza di fede.

6. Carissimi fratelli nell’episcopato, a conclusione di questo mio fraterno colloquio con voi, intendo ribadire tutto l’affetto e la stima che nutro per ciascuno. Ascoltandovi personalmente, mi sono reso conto della dedizione con cui guidate le vostre diocesi e ho apprezzato la comunione che vi lega gli uni agli altri. Nell’ascolto prolungato della Parola e nel silenzio della preghiera voi potrete trovare forza per affrontare le difficoltà del quotidiano servizio apostolico, luce per condurre il gregge affidato alla vostra responsabilità pastorale e vigore spirituale per confermare i vostri fratelli nella fede.

Non stancatevi di pregare per le vostre comunità ed educatele alla docile adesione alla volontà di Dio. Siate in ogni circostanza fermento vivo di coesione e di fraternità e a tutti proclamate la gioia del Vangelo, additando ad un mondo, lacerato da tanti tipi di violenza, Cristo “nostra pace” (Ef 2, 14).

Maria, regina della Pace, sostenga il vostro impegno e protegga sempre tutte le Chiese della vostra Regione. Ed io, di gran cuore vi imparto la mia benedizione, che estendo volentieri ai Sacerdoti, ai Religiosi, alle Religiose e ai Fedeli dell’Umbria.

 

© Copyright 1991 - Libreria Editrice Vaticana

 



Copyright © Dicastero per la Comunicazione - Libreria Editrice Vaticana