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VIAGGIO APOSTOLICO IN BRASILE

DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI VESCOVI BRASILIANI

«Centro de Convenções» (Natal) - Domenica, 13 ottobre 1991

 

Carissimi fratelli nell’Episcopato,

1. Saluto tutti voi, in questa grande sala del Centro Convegni “Governador Lavoisier Maia”, che ci vede fraternamente riuniti in questo giorno, e desidero esprimere l’“affetto nella carità” che unisce il Successore di Pietro con i Pastori della Chiesa in Brasile: auguro a tutti, con le parole dell’Apostolo San Paolo, “grazia, misericordia e pace da Dio Padre e da Cristo Gesù, Signore nostro” (1 Tm 1, 2).

“Congregavit nos in unum Christi amor”.

Rendo grazie a Dio perché mi concede la possibilità di essere nuovamente con voi e di poter salutare tutti voi fraternamente come veri e autentici maestri della fede, pontefici e Pastori (cf. Christus Dominus, 2). Rendo grazie a Dio anche perché mi concede di condividere, in questi momenti di intima comunione, la sollecitudine pastorale con cui avete cura del gregge che vi è stato affidato. Sarebbe praticamente impossibile nominare tutti coloro che formano oggi il corpo episcopale della Chiesa in Brasile. Tuttavia non posso non citare nel loro insieme i nuovi membri della direzione recentemente formata della Conferenza Episcopale, qui rappresentati nella persona del loro Presidente, l’Arcivescovo di Mariana, S.E. Luciano Mendes de Almeida.

Questo momento, che adesso ci è concesso di vivere, ha per me il sapore di un incontro cordiale. Ho ancora ben presente il caro ricordo dei giorni in cui, in occasione delle ultime visite “ad limina”, ho potuto condividere con i Vescovi del Brasile le loro preoccupazioni pastorali, ricevere il conforto della loro sentita comunione con il Successore di Pietro, conoscere più da vicino il generoso impegno con cui si dedicano alla loro missione, e studiare insieme a loro alcune delle immense sfide che l’evangelizzazione presenta nel vostro paese.

In tutte queste occasioni ho potuto verificare più di una volta il difficile compito che vi compete in una nazione che, rispetto alle sue dimensioni territoriali e al cuore della sua gente, vive i più dolorosi contrasti e le più urgenti carenze spirituali e materiali.

La realtà stessa, le concrete situazioni umane, religiose e sociali delle comunità che Dio ha affidato alla vostra cura, costituiscono un forte appello per una rinnovata evangelizzazione che faccia irradiare, con la forza trasformatrice del lievito (cf. Mt 13, 33), la Buona Novella nei cuori di tutti e di ciascuno degli uomini e delle donne di questa terra, in seno alle famiglie, nelle molteplici manifestazioni della cultura e nel giusto ordinamento della società.

2. Lo scorso mese di giugno la vostra Conferenza Episcopale ha pubblicato il testo delle “Direttive Generali per l’Azione Pastorale”, discusse nell’ultima Assemblea Generale di Itaicí. Ho molto apprezzato la sua lettura, in cui si percepisce l’equilibrio, il realismo e il senso di sollecitudine pastorale con cui pianificate la vostra azione per i prossimi quattro anni. In questo testo avete usato una felice espressione, di cui mi sono fatto eco: sfide pastorali. So che non vi manca la fede né il coraggio di affrontare le innumerevoli sfide che si presentano alla vostra missione evangelizzatrice. So anche che, nel considerare l’urgente compito che vi compete, avete piena coscienza del fatto che è nell’unione con Cristo e nella fedeltà al suo Vangelo, nell’autentico magistero e nella disciplina della Chiesa, che troverete la forza di superare tante difficoltà e sacrifici che, nel mondo di oggi, il ministero episcopale comporta; l’incentivo per dedicarvi con maggior entusiasmo al gregge che vi è stato affidato; e il segreto dell’efficacia del vostro generoso zelo apostolico.

È soprattutto su questi motivi di conforto e di speranza che oggi vorrei soffermarmi, in questo fraterno colloquio con i confratelli Vescovi del Brasile.

L’influenza disgregatrice delle sette

3. In primo luogo, dovete tenere sempre presente, carissimi fratelli, che l’anima, la forza e la vita dell’evangelizzazione - di questa evangelizzazione rinnovata che ci invita, in prossimità del V centenario della proclamazione della fede nel continente americano - è la “Parola della salvezza” (At 13, 26), cioè la Verità del Vangelo che è “potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede” (Rm 1, 16).

Vi preoccupa, e con ragione, il panorama della grave carenza di dottrina, dell’ignoranza religiosa, che lascia il vostro caro popolo - così naturalmente incline alla trascendenza e ai valori cristiani della pietà e della fraternità - alla mercé delle influenze disgregatrici di un ambiente di deterioramento morale - sia sociale che pubblico, sia privato - e lo rende facilmente preda della seduzione delle sette e dei nuovi gruppi religiosi. La loro preoccupante espansione in questi ultimi anni in Brasile, come in tutta l’America Latina, dovrebbe essere oggetto di una seria presa di posizione da parte vostra. So bene che l’espansione di queste sette e gruppi conta su forti appoggi economici e che la loro predicazione alletta il popolo con falsi miraggi, illude con semplificazioni distorte e semina confusione, soprattutto tra i più semplici e i più carenti di istruzione religiosa. È importante, quindi, che la vostra pastorale, con profondo senso missionario, sappia occupare gli spazi in cui esse operano, risvegliando nel popolo la gioia e il santo orgoglio di appartenere all’unica Chiesa di Cristo che sussiste nella nostra Santa Chiesa Cattolica (cf. Lumen Gentium, 8).

Tutta questa realtà deve continuare a spronarvi a un profondo esame di coscienza - come so che avete fatto recentemente - e, allo stesso tempo, a farvi assumere attraverso nuove vie la grande responsabilità che vi spetta quali Maestri della fede.

L’autentico magistero della Chiesa

4. I Vescovi del Brasile hanno dimostrato, da molti anni, una particolare sensibilità nel dare una risposta cristiana alla pressante fame di pane e di giustizia del popolo brasiliano. Dio vi benedica e vi aiuti a proseguire - in sintonia col cuore di Cristo - in questa nobile sollecitudine. Ma non dimenticate che questo proposito sarà autentico nella misura in cui sarà autenticamente evangelico, ossia, nella misura in cui attingerà la sua linfa nella dottrina sociale cattolica - che fa parte della più vasta e ricca dottrina morale della Chiesa -, senza cedere a tentazioni del tipo della teologia della liberazione, che non si conforma all’autentico Magistero della Chiesa (cf. Congr, pro Doctr. Fidei, Libertatis nuntius, Introduzione).

Sì, il Papa incoraggia e benedice la vostra preoccupazione ispirata all’“amore preferenziale - né esclusivo né escludente - e alla sollecitudine verso i poveri e i bisognosi”, di cui parlava la Conferenza di Puebla (Puebla, 382). Ma, nel ricordarvi la vostra inderogabile responsabilità, come Maestri della fede, vuole spronarvi ad assumere adesso, con maggior pienezza, il vostro munus docendi e, soprattutto, l’urgente compito catechetico che le circostanze del vostro paese impongono.

La logica della dominazione economica

5. Durante la mia ultima visita in Brasile si viveva la tensione tra i due grandi blocchi dell’Oriente e dell’Occidente, con tanta risonanza in tutto il mondo. Sembrava allora che il destino dell’organizzazione economico-sociale di qualsiasi paese avrebbe dovuto optare tra il modello capitalista e quello del socialismo marxista. A quell’epoca, era allo studio l’Enciclica Laborem exercens, che ebbe larga eco in Brasile. In essa, la Chiesa cercava di superare la visione parziale e relativa di questa tensione mondiale, mettendo l’accento sull’elemento decisivo che è il primato della persona umana, soprattutto nella sua vocazione al lavoro. Si accennava anche a ciò che allora era stato chiamato “nuova civiltà del lavoro”.

Sono trascorsi undici anni. Il Papa ritorna in Brasile in altri tempi. La tensione Est-Ovest si è praticamente dissolta e molti vogliono vedere, in questo fatto, una vittoria dell’opzione capitalista-liberale, attraverso cui il mondo potrà entrare in una nuova era di pace, di prosperità economica e sviluppo sociale. Non spetta a me fare pronostici. Ma devo manifestarvi la mia preoccupazione. Gli ultimi avvenimenti, noti a tutti, nel Medio Oriente, nella penisola balcanica e in altri luoghi, ci stanno mostrando, dolorosamente, quanto la pace sia lontana. Rimane, e sembra perfino accentuarsi, il divario tra i paesi più sviluppati e gli altri paesi, vuoi in via di sviluppo, come il Brasile, vuoi in uno stato ancora molto precario.

La logica della dominazione economica, di imposizione di modelli senza il rispetto della legittima autodeterminazione di ciascun popolo e altri fattori, hanno creato meccanismi perversi che stanno impedendo l’accesso di paesi come il Brasile al livello delle nazioni più sviluppate. È vero che questi paesi devono fare molto, in ambito interno, per un’organizzazione più razionale della propria economia, per il recupero inderogabile della moralità amministrativa, per la creazione nei settori più favoriti e dinamici di una maggiore sensibilità sociale. Soprattutto, è fondamentale lo sviluppo quantitativo e qualitativo dell’educazione, non solo scolastica, ma che comprenda il comportamento sociale e la mentalità del popolo. Il sottosviluppo, lo sappiamo tutti, è innanzitutto un problema culturale nella sua accezione più ampia. Ma occorre dire, con forza, perché giunga a tutto il mondo, che il debito estero di un paese non potrà mai essere pagato a costo della fame e della miseria del suo popolo!

In questi ultimi anni, due importanti documenti hanno arricchito la dottrina sociale della Chiesa: le Encicliche Sollicitudo rei socialis e Centesimus annus.

In esse si ribadisce, ancora una volta, che la Chiesa non ha una proposta concreta di organizzazione sociale o di modello economico. Non è suo ruolo, né è il compito dei Vescovi. Ma essa mai potrà tacere, dinanzi a tutti, quando è in gioco la vita, la libertà, la dignità della persona umana, di tutti gli uomini in tutte le latitudini, di qualsiasi razza, condizione sociale o credo religioso! Spetta ad essa, come Sacramento di Gesù Cristo, Redentore dell’uomo, ricordare sempre e a tutti i principi eterni, i criteri di azione e le esigenze morali che devono governare la vita sociale, politica ed economica, in ogni nazione o nel contesto internazionale. All’interno del contesto nazionale, tuttavia, e in ciascuna diocesi, dipende dalla grande responsabilità della Conferenza Episcopale e di ogni Vescovo, quale Maestro della fede.

Il Vescovo maestro di fede

6. In questa linea di responsabilità quali Maestri della fede, voglio incoraggiare tutti i vostri sforzi per sviluppare una predicazione e una catechesi sempre più ampia e profonda su tutto il panorama delle verità della fede e della morale cattolica. Basti pensare all’urgente necessità di affermare con fermezza la dottrina sull’unità e la santità del matrimonio, sul senso cristiano della sessualità e dell’amore umano, sul carattere intangibile della vita umana dal primo momento del suo concepimento.

Vi ricordo ancora l’importanza fondamentale dell’insegnamento chiaro sulla sacralità del mistero eucaristico e del culto liturgico - che in questo mistero ha il suo centro. Mi preoccupano, in questo senso, i tentativi che si notano in Brasile, presso alcuni gruppi, di un’acculturazione della liturgia della Santa Messa e dei Sacramenti, senza tenere in dovuta considerazione che essa deve sempre essere un’espressione inequivocabile dell’integrità della nostra fede.

Un altro aspetto importante è la santità del sacerdozio e il valore del celibato, la necessità vitale della pratica del Sacramento della Riconciliazione nella sua normale espressione, che è la confessione personale e segreta, tanto feconda per un’evangelizzazione rinnovata.

Tutti questi argomenti sono stati oggetto della vostra attenzione e, a suo tempo, li saprete mettere in evidenza nell’agenda delle vostre Assemblee Generali, come anche delle riunioni del Consiglio Permanente della Commissione Episcopale di Pastorale e di Dottrina della vostra Conferenza.

Difendete, confidando in Dio e con umiltà, l’integra dottrina della fede, non trascurando, al tempo stesso, il dovere che vi ho ricordato undici anni fa, di affrontare, in modo sereno e forte, gli errori - come anche le ambiguità e le riletture soggettive della Sacra Scrittura -, proponendo con precisione la verità ai fedeli (Ioannis Pauli PP. II, Discorso ai Vescovi nella città di Fortaleza, 10 luglio 1980: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, III, 2 (1980) 216 ss.).

La consuetudine alla comunione

7. Mi riferivo, all’inizio di questo incontro, alle fonti da cui i Pastori dovranno attingere la loro forza - “virtus Christi” (2 Cor 12, 9) - e trovare il segreto della fecondità della loro missione.

Oltre la fedeltà alla Parola, ricordavo anche - come espressione dell’unione con Cristo - la consuetudine alla comunione.

La Chiesa stessa, Corpo di Cristo (1 Cor 12, 27), come ricordavano i Vescovi latinoamericani a Puebla, è un mistero di comunione, riflesso del mistero della comunione trinitaria, che è la fonte da cui deriva tutta la comunione ecclesiale (Puebla, 167 e 220).

Mi sono permesso di ricordarvi ora che, nella vita e nella missione del vescovo, questo mistero di comunione si manifesta in una triplice e inseparabile dimensione.

- In primo luogo, come dice San Giovanni, “la nostra comunione è col Padre e col Figlio suo Gesù Cristo” (1 Gv 1, 3). Da ciò scaturisce il dovere fondamentale di ricercare, con tutte le forze, la santità personale, ossia, l’intima identificazione con Gesù Cristo, “pastore e guardiano delle vostre anime” (1 Pt 2, 25). Siate modelli di preghiera e di adorazione, di fede, di carità, di umiltà, di spirito di servizio, insomma, di tutte le virtù, in modo che, per vostro mezzo, la presenza di Cristo si manifesti in seno alle vostre comunità ecclesiali.

- In secondo luogo, abbiate sempre presente che questa comunione con il Padre in Cristo, nello Spirito Santo, è inseparabile dalla stretta unione dei membri del Collegio Episcopale, successore dell’unico Collegio apostolico, con il Romano Pontefice che è, per istituzione dello stesso Cristo, “principio e fondamento perpetuo e visibile dell’unità di fede e di comunione” (Lumen Gentium, 18).

Voglio ricordare adesso, con gioia, l’affetto che i Vescovi che hanno partecipato all’incontro tenutosi a Roma a marzo di quest’anno, mi hanno espresso - a nome di tutto l’Episcopato brasiliano - “il vivo desiderio di comunione con il Successore di Pietro”. Vi ringrazio per questa manifestazione di fede e di adesione alla Sede di Pietro e chiedo a Dio che la faccia fruttificare sempre di più in realtà feconde.

- In terzo luogo, è necessaria una solida comunione tra i Vescovi che formano la Conferenza Episcopale, organismo che ha nella consuetudine della comunione la sua principale finalità.

Se noi chiedessimo quali sono i princìpi che devono animare questa comunione, credo che troveremmo una risposta che si conforma a quell’antica e veritiera formula, sempre valida: “in necessariis unitas, in dubiis libertas, in omnibus caritas”.

Alla luce di questa verità, è evidente che l’unità nelle cose necessarie è il presupposto indispensabile perché sia legittima la libertà, ed è anche condizione per cui l’unione tra i membri della Conferenza Episcopale costituisce espressione della carità.

Vicini al cuore del Papa

8. Avendo come base questa triplice comunione, tutti i Vescovi e ciascuno di essi, saranno anche “individualmente, il visibile principio e fondamento di unità nelle loro Chiese particolari, formate ad immagine della Chiesa universale” (Lumen Gentium, 23). È certamente grande la responsabilità che spetta a ciascun vescovo nella sua comunità ecclesiale. Una responsabilità che non può essere diluita e a cui il Vescovo non può abdicare.

9. Saluto, per concludere, il Signor Arcivescovo di Natal, S.E. Alair Vilar Fernandes de Melo, e il suo Ausiliare, S.E. Antonio Soares Costa, come anche i signori Vescovi del Brasile qui presenti, o che non hanno potuto partecipare a questo incontro. Il Vescovo di Roma, Pastore della Chiesa universale, vi benedice e invoca dalla divina Provvidenza abbondanti grazie celesti, per un rinnovato coraggio nello svolgimento del ministero che vi è stato affidato. Gradirei abbracciarvi tutti fraternamente, per incoraggiarvi a porre una rinnovata energia nella costruzione del Regno di Dio, a servizio del gregge della Chiesa particolare che è affidato alle vostre cure.

A conclusione di questo incontro, rivolgo il mio sguardo e ripongo la mia fiducia nella Madre comune, Nostra Signora Aparecida. Nelle sue mani, sotto la sua protezione, voglio rimettere adesso le vostre preoccupazioni apostoliche, le vostre gioie e i vostri dolori, i vostri lavori e la vostra zelante dedizione. A queste mani materne affido anche le speranze degli uomini e delle donne del Brasile, che sono così vicine al cuore e del Papa. Sia pegno di questi desideri e dei doni del cielo, la mia e la vostra affettuosa benedizione apostolica a tutti.

 



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