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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI VESCOVI DELLA CONFERENZA EPISCOPALE DI ANGOLA,
SÃO TOMÉ E PRÍNCIPE IN VISITA «AD LIMINA APOSTOLORUM»

Giovedì, 5 settembre 1991

 

Venerati fratelli nell’Episcopato,

1. È con profonda gioia che vi ricevo oggi in questo incontro collegiale, in occasione della vostra visita “ad limina Apostolorum”. Abbraccio fraternamente ciascuno di voi e ringrazio il Cardinale Alexandre do Nascimento, Presidente della Conferenza Episcopale, per i sentimenti che ha voluto esprimermi a nome vostro, condividendo anche i problemi e le speranze delle vostre diocesi. Nelle sue parole, ho sentito vibrare le preoccupazioni e le ansie che ciascuno di voi nutre nel suo cuore di Pastore incaricato dell’annuncio evangelico e della promozione della vita cristiana tra gli uomini e le donne del nostro tempo.

In voi saluto le comunità cristiane dell’Angola e di São Tomé e Príncipe che, dopo dure prove, si accingono ora a percorrere fraternamente le vie della ricostruzione nazionale. In questo mio saluto affettuoso desidero includere in modo particolare la diocesi recentemente eretta di Ndalatando e quella di Mbanza Congo colpita dal lutto a causa del tragico incidente che un mese fa ha falciato la vita di alcuni dei suoi figli e del suo zelante pastore, il nostro beneamato fratello Don Afonso Nteka. Ho inviato alle vostre Chiese particolari i miei sentimenti più cordiali, rassicurando tutti della mia solidarietà spirituale.

Questa visita “ad limina” ha luogo nel corso dell’anno giubilare commemorativo dei cinque secoli dall’inizio dell’evangelizzazione dell’Angola. Spero - se Dio vorrà - di avere la gioia di visitarvi al momento della celebrazione conclusiva di questo evento ecclesiale, che costituisce un nuovo appello ed un impulso per l’opera di evangelizzazione, in cui vi esorto a perseverare, affinché il Nome di Gesù Cristo Salvatore e Redentore rimanga sulle labbra e nei cuori di tutti gli abitanti delle vostre nazioni.

2. L’evangelizzazione vi si presenta oggi con una esigenza fondamentale: educare alla pace, promuovendo una autentica cultura del dialogo e della fratellanza. La guerra ha seminato sofferenze e morte, lasciando divisioni ancora più profonde; di fronte al calvario del popolo angolano, la Santa Sede non ha risparmiato sforzi per promuovere la causa della pace e desidera oggi assicurarvi una sollecita e fraterna solidarietà nelle sfide che si preannunciano. Come non pensare all’incalcolabile numero di famiglie distrutte e separate, alle migliaia di bambini orfani, alla moltitudine dei mutilati di guerra? Da parte loro, a São Tomé e Príncipe, i governanti, rispettando la volontà sovrana del popolo, sono riusciti a instaurare il multipartitismo senza spargimento di sangue - in un apprezzabile processo di maturità politica che è servito di modello e di stimolo per gli altri popoli del continente africano - ma, fra i diversi gruppi sociali del paese, si osserva ancora uno squilibrio di integrazione sociale e di sviluppo economico e culturale talmente accentuato, che intacca l’anima della nazione.

La Chiesa, per la sua universalità, può costituire un legame molto stretto tra le diverse comunità delle vostre nazioni, purché queste, attraverso i loro capi, “abbiano fiducia in lei e le riconoscano di fatto una vera libertà per il compimento della sua missione” (Gaudium et spes, 42). Essa, cercando innanzitutto di illuminare con la fede l’intimo della coscienza umana, contribuisce in modo notevole al bene della società, poiché molti problemi sociali e politici affondano le proprie radici nell’ordine morale. Mi auguro che, nell’ambito dei recenti progressi tra lo Stato e la Chiesa, venga concesso a quest’ultima il pieno riconoscimento giuridico e vengano garantite le condizioni fondamentali per il normale ed effettivo sviluppo della sua missione evangelizzatrice.

In questo contesto, cari fratelli, è di primaria importanza che le vostre Chiese locali si presentino agli occhi del mondo come il Sacramento dell’Unità, loro che, come affermava il Concilio Vaticano Secondo, camminano “insieme con l’umanità tutta e sperimentano assieme al mondo la medesima sorte terrena”, e per questo devono dimostrarsi sempre più “come il fermento e quasi l’anima della società umana, destinata e rinnovarsi in Cristo e a trasformarsi in famiglia di Dio” (Gaudium et spes, 40), affinché ognuno veda nel proprio simile non un antagonista con cui competere, bensì un fratello al quale unirsi per costruire un mondo più giusto e solidale.

Esortate i vostri fedeli a collaborare - insieme a tutti i cittadini di buona volontà - per la ricostruzione del tessuto umano e spirituale della società, con generosità e spirito di sacrificio. Catechizzate i fedeli nelle virtù proprie della vita sociale. Cercate allo stesso tempo di suscitare e sostenere la vocazione dei dirigenti cristiani affinché nelle attività lavorative, imprenditoriali, politiche e in tutti i settori della vita nazionale, si propongano di mettere in pratica i postulati della Dottrina Sociale della Chiesa.

3. Nella nuova tappa del cammino di riconciliazione, la vostra Conferenza Episcopale potrà raggiungere gli obiettivi desiderati solo se sarà animata da una progressiva e intensa comunione fra tutti i membri, in modo che la vostra voce si levi all’unisono di fronte ai fedeli e di fronte alla società. La vostra unione, tanto preziosa in passato, lo sarà ancor più in futuro.

Quali “successori degli Apostoli, i quali . . . reggono la casa del Dio vivente” (Lumen Gentium, 18), prendete in esame lo stato attuale delle comunità cristiane a voi affidate, soffermandovi sulle loro potenzialità e sui loro problemi. Esse sono oggi chiamate a riorganizzarsi e a dare un nuovo impulso alla loro vita interna e alla loro attività pastorale. Per questo, è necessario giungere all’elaborazione di un progetto di pastorale unificata per le vostre diocesi, in modo da rivitalizzare tutte le comunità della Chiesa, e poter in tal modo adempiere più pienamente al mandato evangelizzatore di Cristo. Perché la vita interiore della Chiesa “non acquista tutto il suo significato se non quando essa diventa testimonianza . . ., si fa predicazione e annuncio della buona novella” (Pauli VI, Evangelii nuntiandi, 15).

4. Mi unisco solidalmente ai pressanti appelli dei missionari, lanciati da tanti di voi a diverse congregazioni religiose e a diocesi di altre nazioni. Quanto desidero e prego il Signore della messe perché venga loro data una risposta generosa, nell’ambito di quello “scambio dei doni” considerato dal Concilio essenziale per la “communio Ecclesiarum” (cf. Lumen Gentium, 13)! Per far fronte alla grave carenza di sacerdoti che vi affligge, si trovino nuove vie e iniziative in un contesto di fruttuosa collaborazione tra le vostre diocesi e la Santa Sede che, in questo campo, si sente “chiamata a svolgere un ruolo di propulsione, di sensibilizzazione e di mediazione. Essa dovrebbe facilitare il contatto tra i due “poli”, quello del bisogno e quello dell’offerta di aiuti” come forza catalizzatrice (Prefetto della Congregazione per l’Educazione Cattolica: Per una più equa distribuzione dei sacerdoti nella Chiesa, in “L’Osservatore Romano”, 15 marzo 1991).

Vi esorto a trovare forme e modi di partecipazione anche nell’ambito della vostra Conferenza Episcopale, soprattutto per quanto riguarda i servizi comuni o di emergenza alle Chiese più bisognose, secondo l’esempio delle comunità apostoliche che, “nonostante la lunga prova della tribolazione, la loro grande gioia e la loro estrema povertà si sono tramutate nella ricchezza della loro generosità” (2 Cor 8, 2). Osservando le necessità attualmente avvertite e i frutti che da esse potrebbero nascere, menziono tre campi di mutua collaborazione. Inizio dal settore dei mezzi di comunicazione sociale che permetteranno di moltiplicare la vostra voce ecclesiale. Mi auguro che il processo di ritorno alla Chiesa di “Radio Ecclesia” e delle altre strutture al servizio della comunicazione sociale possa presto concludersi. Infatti i mass media costituiscono il primo “areopago dei tempi moderni”, dove il Vangelo deve essere annunciato (Ioannis Pauli PP. II, Redemptoris missio, 37).

L’elaborazione di un catechismo a livello nazionale è l’impresa in cui dovete cimentarvi tutti insieme, affinché le comunità ecclesiali possano disporre di un itinerario sistematico più incisivo di catechesi per le diverse fasi della vita, che renda possibile il consolidarsi religioso e culturale dell’anima cristiana del popolo di São Tomé e Príncipe e dell’Angola. L’eroico servizio e la testimonianza di tanti e tanti catechisti laici - a cui desidero tributare qui un debito omaggio -, la fame e la sete della Parola di Dio dei vostri fedeli, che in questi anni non hanno risparmiato sforzi per saziarla, saranno lo stimolo e l’appello a cui lo Spirito di Dio e voi saprete rispondere.

Desidero inoltre esortarvi a una solidarietà episcopale concreta per quanto riguarda l’edificazione di un vero e proprio presbiterio diocesano, in cui emerga il sacerdote integro e zelante, che riproduce in sé la figura del “buon pastore che offre la vita per le pecore” (Gv 10, 11). Un tale presbiterio costituisce una delle condizioni più importanti perché la Chiesa possa considerarsi stabilita, incarnata e fortificata dallo Spirito di Dio in una determinata regione della terra.

5. Nonostante attualmente si verifichi un consolante fiorire di vocazioni al ministero presbiterale e alla vita religiosa, e un’immensa necessità di queste nelle vostre diocesi, non trascurate la Pastorale delle Vocazioni né la selezione dei candidati o la loro adeguata formazione. La scoperta, la promozione e il consolidamento delle vocazioni dipende in gran parte dalla vita e dalla testimonianza cristiana presente nella famiglia, nella comunità ecclesiale e nell’ambiente scolastico che, proprio per questo, devono essere compresi e contemplati nella stessa pastorale.

La formazione del clero sia la vostra priorità assoluta. L’autenticità del criterio vocazionale e della formazione sacerdotale è valutata dal modo in cui aiuta il seminarista a trasformarsi sempre più a immagine di Gesù Cristo Sacerdote e Pastore. Cercate quindi di far sì che il Seminario sia realmente una comunità di educazione e di formazione in grado di creare, nel giovane, l’equilibrio necessario per le decisioni da prendere, nella certezza di aver maturato allo stesso tempo il proprio essere umano, cristiano e presbiterale; che sia un luogo di vita spirituale profonda, aperto alle esigenze del mondo attuale, in cui si respiri un’atmosfera di Vangelo e di autentica fratellanza.

La vostra azione è fondamentale nella scelta dei formatori. Siano essi veri uomini di Dio e della Chiesa, saldi nella dottrina e nella pietà, impregnati della Tradizione viva della Chiesa e, allo stesso tempo, aperti alle nuove realtà che lo Spirito suscita sempre in ogni epoca. So quanto sentite la mancanza di un numero sufficiente di formatori e di professori ben preparati spiritualmente e intellettualmente. Ciò vi spinge a seguire maggiormente il seminario e ad aprirvi all’aiuto fraterno dal di fuori.

6. Tuttavia la Chiesa non potrà avere piena vitalità senza il contributo decisivo dei laici e soprattutto della famiglia cristiana, cellula primaria dell’organismo ecclesiale. In questo campo, vi sarà utile prendere la Famiglia di Nazaret come modello e base della vostra azione pastorale. So che alcune diocesi hanno dedicato alla Pastorale Familiare un interesse prioritario, rendendola uno dei punti fondamentali della nuova evangelizzazione. L’accogliere con gioia la vita è un valore che sentite molto vivo, e che deve essere premurosamente difeso e incoraggiato. Promuovete una pastorale che porti i credenti a diventare artefici di una “cultura della vita”, in grado di limitare quelle forme di violenza che ancora oggi non permettono di considerare la persona nella sua giusta prospettiva. Proseguite nel cammino che avete già intrapreso in questo senso, consapevoli del fatto che la famiglia si difende predisponendo un’opportuna tutela sociale, etica e spirituale, curando la formazione integrale di tutti i suoi membri, e soprattutto educandola ad una matura pratica della fede e all’aiuto reciproco sia all’interno del focolare domestico come tra le diverse coppie. Si tratta di dar vita a una pastorale familiare organica e permanente, destinando a ciò i mezzi necessari e preparando a tale obiettivo agenti pastorali idonei tra i vostri sacerdoti, religiosi e famiglie che, con una formazione specifica nelle materie relative a tale contesto, vi aiutino ad affrontare con creatività ed efficacia la salvaguardia della famiglia.

7. Il mio pensiero si rivolge in modo speciale a São Tomé e Príncipe, dove un’insufficiente opera di evangelizzazione e diversi avvenimenti storici hanno accumulato preconcetti e traumi, che sono sfociati nell’instaurarsi di una vera e propria mentalità anti-matrimonio. Questo primo lustro di presenza permanente di un proprio vescovo, il caro fratello Abilio Ribas, ha reso possibile l’inizio di una nuova evangelizzazione che, con animo forte e fiducia nel Signore Gesù, vi esorto a proseguire. Occorre ricostruire la famiglia di São Tomé come una sacra alleanza di persone, come un rifugio di generazioni. Che questa famiglia costituisca un ambiente autentico e responsabile di amore e di vita. Educate le famiglie al senso di Dio e all’aiuto reciproco; e non sottraetevi al compito di annunziar loro tutta la volontà di Dio (cf. At 20, 27). Il futuro della Chiesa a São Tomé e Príncipe e il bene di questa nazione dipendono, in gran parte, dal consolidamento dell’istituzione familiare - fondata sul matrimonio indissolubile.

Non esiste infatti una società sana se non con famiglie sane. Solamente esse potranno offrire al paese una gioventù piena di speranze. La mancanza o la rottura della vita familiare fa le sue prime vittime nei figli che, sentendosi affettivamente e spiritualmente abbandonati, non riusciranno a raggiungere il loro sviluppo integrale con conseguente disorientamento, mancanza di valori e norme di vita, scarso amore per il lavoro, vulnerabilità nei confronti dell’edonismo e della corruzione morale, dell’alcolismo, della droga e della delinquenza.

8. Carissimi fratelli nell’Episcopato, nel concludere questo mio fraterno colloquio con voi, voglio riconfermare tutto l’affetto e la stima che nutro per ciascuno di voi. Nell’ascoltarvi individualmente, dopo aver riletto i vostri resoconti, ho potuto constatare la dedizione con cui guidate le vostre diocesi e apprezzare la comunione che vi unisce gli uni agli altri. Nell’incessante ascolto della Parola e nel silenzio della preghiera potrete trovare la forza per affrontare le difficoltà del servizio apostolico quotidiano, la luce per condurre il gregge affidato alla vostra responsabilità pastorale e il vigore spirituale per confermare i vostri fratelli nella fede.

Non stancatevi di pregare per le vostre comunità ed educatele alla docile adesione alla volontà di Dio. Siate in ogni circostanza fermento vivo di coesione e fratellanza e continuate a proclamare la Buona Novella indicando al mondo, lacerato da tante violenze, Cristo “nostra Pace” (Ef 2, 14). Di tutto cuore imparto a ciascuno di voi la benedizione apostolica, estesa ai sacerdoti, ai religiosi, alle religiose, ai seminaristi, ai catechisti e a tutti i cari figli dell’Angola e di São Tomé e Príncipe, che saranno sempre vicini al cuore del Papa. Maria, Madre della Chiesa e Signora della pace, sostenga i vostri sforzi e custodisca le vostre diocesi in una perenne fedeltà al Vangelo, e in incessante servizio di liberazione, di solidarietà e di riconciliazione tra gli uomini e tra essi e Dio.

 

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