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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI VESCOVI DELLA GRAN BRETAGNA
IN VISITA «AD LIMINA APOSTOLORUM»

Martedì, 17 marzo 1992

Cari confratelli Vescovi,

1. Con immensa gioia porgo il mio benvenuto a voi, membri della Conferenza Episcopale di Inghilterra e del Galles, Pastori delle Province di Westminster, Southwark e Birmingham. Uno degli scopi principali delle visite quinquennali dei Vescovi del mondo a questa Sede apostolica è quello di rendere omaggio ai sepolcri dei Principi degli Apostoli, Pietro e Paolo. In questo senso, la visita “ad limina” è un pellegrinaggio spirituale verso le origini della Chiesa, nel tempo in cui il Creatore divino affidò le ricchezze della sua grazia agli Apostoli per “pascere e sempre più accrescere il popolo di Dio” (Lumen gentium, 18). La vostra presenza non è puro adempimento di un dovere amministrativo o giuridico del vostro Ministero, ma è una manifestazione di autentica fratellanza e di comunione nell’amore di Cristo, il Pastore Supremo ( 1 Pt 5, 4), che mandò, e continua a mandare, i suoi vicari e i suoi ambasciatori, “affinché, partecipi della sua potestà, rendessero tutti i popoli suoi discepoli, li santificassero e li governassero” (Lumen gentium, 19). Saluto ognuna delle Chiese che voi presiedete in carità e servizio. Insieme a voi ringrazio Dio per la fede e la vita cristiana consacrata dei vostri sacerdoti, dei vostri religiosi e dei vostri laici, per l’unione di tutti i fedeli attorno ai loro Pastori e con il Successore di Pietro, il fondamento centrale e tangibile della perfetta unità della Chiesa. Vi incoraggio sentitamente a continuare a rafforzare l’“affectus collegialis”, che dovrebbe caratterizzare tutti i rapporti fra i Vescovi, in seno alla vostra Conferenza e nei confronti dei Confratelli Vescovi di tutto il mondo. In questo modo, la Conferenza, senza indebolire la responsabilità personale di ogni membro, vi permetterà di collaborare meglio dinanzi alle sfide non indifferenti dell’attuale epoca di evangelizzazione e di missione.

2. Riflettendo sul nostro ministero episcopale, mentre ci avviciniamo alla fine del Secondo Millennio Cristiano, ci rendiamo conto di come quasi ogni problema e ogni attività sia strettamente legato all’idea che noi abbiamo della Chiesa stessa. Siamo gli eredi di un lungo e fruttuoso sviluppo, nel corso del quale la Chiesa ha acquistato una consapevolezza più profonda della sua stessa natura e della sua missione universale (cf. Lumen gentium, 1). Nella sua Enciclica Ecclesiam suam, Papa Paolo VI indicò questa consapevolezza quale tema unificante dell’immensa opera di studio e di riflessione poi realizzata dal Concilio Vaticano II: “la Chiesa in questo momento” scrisse “deve riflettere su se stessa per confermarsi nella scienza dei divini disegni sopra di sé, per ritrovare maggiore luce, nuova energia e migliore gaudio nel compiere la propria missione e per determinare i modi migliori per rendere più vicini, operanti e benefici i suoi contatti con l’umanità” (Ecclesiam suam, 1). Dobbiamo, invero, ringraziare Dio perché, dalla forza del Signore Risorto, la Chiesa oggi “trova la forza... per svelare al mondo, con fedeltà, anche se sotto ombre, il mistero del Signore, fino a che alla fine dei tempi sarà manifestato nella pienezza della sua luce” (Lumen gentium, 8).

Un’attenzione così grande al mistero della Chiesa, suggerita e guidata dal Concilio, è infatti un grande dono di Dio ed è stata fonte di benefici immensi per il mondo. Certamente, è stata una ricca sorgente di spiritualità e di impegno apostolico per milioni di fedeli a ogni livello della vita ecclesiale. La Sessione Straordinaria del Sinodo dei Vescovi del 1985, vent’anni dopo, definì il Concilio non soltanto “una grazia di Dio e un dono dello Spirito Santo”, ma anche “una legittima e valida espressione e interpretazione della testimonianza di fede come si trova nelle Sacre Scritture e nella tradizione vivente della Chiesa” (Relazione finale, I, 2). Questa è la chiara verità e convinzione che deve caratterizzare tutto l’insegnamento, tutto il ministero e tutta l’attività pastorale. È la verità su cui si sono basati tutti i documenti post-conciliari del Magistero Papale, favorendo un rinnovamento e un adattamento che non solo è utile e benefico, ma è anche strettamente conforme all’autentica dottrina e tradizione cattolica. Allo stesso tempo, dobbiamo essere illuminati dal fatto che la Sessione Straordinaria del Sinodo del 1985, indetta per riflettere su come si era mossa la Chiesa per mettere in atto il Concilio Vaticano II, sollevò una voce di monito a tal riguardo. I Vescovi partecipanti al Sinodo riconobbero che “una lettura parziale del Concilio” e “un presentazione unilaterale della Chiesa quale struttura puramente istituzionale priva del suo mistero” hanno condotto a gravi mancanze, soprattutto fra i giovani, che “criticamente considerano la Chiesa una pura istituzione” (Relazione finale, I, 4).

3. Dobbiamo comprendere con certezza che uno dei compiti urgenti del Magistero, e del vostro concreto ministero pastorale, è quello di garantire che sia presentata una autentica ecclesiologia cattolica a ogni livello dell’insegnamento della Chiesa, e che le strutture e le attività diocesane e parrocchiali, così come le varie associazioni e i vari movimenti, siano tutti permeati da un vero senso di ciò che la Chiesa è realmente. In seno alle vostre Chiese c’è stata una notevole fioritura di Consigli Pastorali Diocesani e Parrocchiali, e alcune hanno organizzato anche Assemblee o Sinodi Diocesani. A livello nazionale, la Conferenza Nazionale dei Sacerdoti, la Conferenza dei Superiori Maggiori Religiosi, l’Unione Cattolica e altri organismi offrono un alto grado di consultazione e cooperazione nella vita e nella missione della Chiesa. Il Consiglio Nazionale delle Donne Cattoliche può essere di particolare aiuto in questo momento, in cui il ruolo delle donne nella società e nella Chiesa è posto in discussione e sta subendo una trasformazione radicale. È essenziale che tutte queste strutture e le loro attività siano ispirate dall’amore autentico per la Chiesa, con un senso di appartenenza al suo mistero e al suo destino trascendente. È doloroso constatare che le energie, che dovrebbero essere impiegate per la costruzione del Corpo di Cristo, producano a volte un effetto opposto, a causa di una colpevole ecclesiologia che non riesce a tener conto della natura soprannaturale della missione della Chiesa e dei mezzi con cui Cristo la ha dotata per la sua realizzazione. I Pastori dovrebbero sentire la responsabilità di affrontare questo problema, e ciò che esso comporta, confidando pienamente nel fatto che solo una lettura autentica del Concilio offre l’ispirazione e l’illuminazione necessaria a quel rinnovamento della Chiesa, che è stato il motivo principale della convocazione del Concilio, un rinnovamento che ancora deve essere realizzato.

4. Soltanto una vita ecclesiastica basata fermamente sulle verità della fede può aiutare i membri della Chiesa a rimanere fedeli a Cristo e a cogliere le implicazioni del messaggio del Vangelo riguardo alle scelte culturali, politiche ed economiche di tutti i giorni. In una società molto secolarizzata, esiste la tentazione di predicare i “valori” condivisi dalla maggioranza, celando così, almeno in parte, la vera natura del Vangelo quale “potenza di Dio per la salvezza” (Rm 1, 16). La Chiesa d’Inghilterra e del Galles gode di una vasta rete di scuole e collegi cattolici, di pubblicazioni cattoliche, di programmi per l’educazione religiosa degli adulti, come il Maryvale Institute a Birmingham, o il Catholic Enquiry Centre per quanti sono interessati alla fede, solo per citare qualche esempio. Questo “mondo” di insegnamento della fede fa appello alla vostra guida pastorale personale e consacrata.

I Vescovi hanno la responsabilità di verificare che nelle preghiere e nelle catechesi, nell’istruzione religiosa e negli studi teologici, così come nelle pubblicazioni cattoliche, sia presente, in modo completo, il mistero della Chiesa come mistero di verità e di grazia divina e, al contempo, umana (cf. Lumen gentium, 8), avente lo Spirito Santo quale principio di vita (Ivi, 7). Nessuno dovrebbe sorprendersi che i Vescovi correggano tutto ciò che non corrisponde all’insegnamento autentico della Chiesa o che sollecitino i membri della Chiesa a una obbedienza leale. I Vescovi stessi sono i primi a dover obbedienza allo Spirito Santo e fedeltà alla testimonianza della fede.

5. Talvolta, nel vostro ministero, accade che incontriate resistenza a mutamenti, legittimi e autorizzati o incontriate critiche sistematiche a tal riguardo. Un comportamento simile può riflettere una mancanza di comprensione della natura dinamica del ruolo e della missione della Chiesa nel mondo, com’è evidente, per esempio, negli Atti degli Apostoli, dove è ampiamente dimostrato l’adattamento della Chiesa del tempo al mutare delle circostanze. Allo stesso tempo, molti cattolici preparati sono disturbati e perfino scandalizzati quando, nelle loro comunità, notano una “incapacità di distinguere correttamente tra un’apertura legittima... verso il mondo e l’accettazione della mentalità e dell’ordine dei valori di un mondo secolarizzato” (Dichiarazione Finale del Sinodo dei Vescovi, I, 4). Non occorre dire che spetta, in primo luogo, ai Vescovi “esaminare ogni cosa” e “tenere ciò che è buono” (cf. 1 Ts 5, 21), ricordando l’ammonimento di S. Paolo: “annunzia la parola, insisti in ogni occasione opportuna e non opportuna, ammonisci, rimprovera, esorta con ogni magnanimità e dottrina” (2 Tm 4, 2). A questo proposito desidero incoraggiarvi nel vostro difficile ma necessario compito, quello di offrire una guida efficace per garantire che la vita delle comunità affidate alla vostra cura pastorale sia ferma nella tradizione autentica, che abbiamo ereditato dagli Apostoli.

6. Quali maestri della fede, avete denunciato molte volte i problemi che affliggono la vita della vostra società. La direttiva che avete dato, per esempio, nella difesa della vita e nelle aree della giustizia sociale, della disoccupazione, degli alloggi, dei rapporti razziali e della piaga dei rifugiati, è stato uno stimolo per molti a diventare più attivi nel dibattito pubblico di tali problemi e negli sforzi di soddisfare le molte e varie necessità proprie di una società sviluppata come la vostra. È impossibile citare tutte le eccezionali iniziative che sono sorte e che ricevono il vostro sostegno. Penso, in particolare, alle molteplici attività a favore della vita, in cui cattolici, cristiani di diverse denominazioni, e altri non appartenenti a una specifica religione, condividono una convinzione comune riguardo all’inviolabile valore della vita umana dal momento del concepimento alla morte naturale. Potrei ricordare l’organizzazione di un Convegno Nazionale, svoltosi l’anno scorso a Liverpool, per celebrare il centenario di Rerum novarum, e la presentazione fatta dal Catholic Media Office dell’Enciclica Centesimus annus, quali esempi che hanno permesso a molte persone di acquistare una rinnovata consapevolezza di come l’insegnamento sociale della Chiesa si applica ai problemi reali della società. La Relazione sui Senzatetto del vostro Dipartimento della Conferenza per la Cittadinanza e la Responsabilità Sociale ne è un esempio. Alcune aree continueranno a richiedere, soprattutto, una guida attenta, perché le difficoltà nel loro ambito sono molto grandi: la difesa della vita, la famiglia e il rispetto dei principi etici e morali nell’applicazione dei progressi scientifici e tecnologici e nelle scelte politiche che determinano se la vita socio-economica serve o meno il benessere degli individui e della comunità.

7. C’è un ulteriore aspetto del vostro ministero a cui vorrei accennare brevemente. È la questione importante dell’ecumenismo e il bisogno di porre le difficoltà, incontrate nel cammino verso l’unità cristiana, nel contesto generale delle relazioni ecumeniche, che sono mutate e notevolmente migliorate. Una serie di avvenimenti recenti, inclusa la pubblicazione dell’Official Response to the ARCIC I Final Report (Risposta Ufficiale alla Relazione Finale ARCIC I), hanno dimostrato che si può raggiungere il cuore delle gravi differenze fra Cristiani divisi e continuare a perseverare in un dialogo fraterno e progressivo. Il significato della Risposta sta non solo nella sua continuazione del dialogo teologico, che è anche importante, ma, soprattutto, nel fatto che la Chiesa Cattolica e la Comunione Anglicana comunicano fra di loro, a un livello che può definirsi di vero dialogo ecclesiale. È proprio a questo livello che, alla fine e con la grazia di Dio, ci si muoverà concretamente verso l’unità di fede e si realizzerà la tangibile unità ecclesiale. Il problema del “metodo ecumenico” dovrebbe essere considerato anche sotto questa luce. Attendo con ansia la prossima visita di Sua Grazia l’Arcivescovo Carey quale opportunità per discutere insieme il corso che dovrebbe seguire la futura discussione sulle relazioni ecumeniche con la Comunione Anglicana. L’Ecumenismo, naturalmente, non è soltanto un argomento destinato alle più alte autorità della Chiesa. Implica anche un dialogo di vita a livello di scambi e collaborazione fra credenti in ogni settore. È incoraggiante che organizzazioni come Chiese Insieme in Inghilterra, CYTUN nel Galles e il Consiglio delle Chiese per la Gran Bretagna e l’Irlanda stiano dando buoni risultati. Possa Dio continuare a ispirare tutti i cristiani in Inghilterra e nel Galles con sentimenti di amore evangelico, fiducia e rispetto reciproci in nome di una testimonianza sempre più efficace della parola di Dio e del servizio della missione salvifica di Cristo.

8. Cari Confratelli Vescovi, prima di concludere desidero ringraziarvi di cuore per la vostra fedeltà a nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo e per il vostro profondo senso di comunione con la Chiesa universale. Sono trascorsi dieci anni dalla mia memorabile visita al vostro Paese. Ricordo ancora con fervore quel tempo. E ancora ricevo molte lettere dalla Gran Bretagna, che ricordano i giorni del nostro incontro religioso. Permettetemi oggi di ripetere un pensiero che ho condiviso con voi durante la nostra riunione nella Casa dell’Arcivescovo a Westminster: “Con il nostro clero, i nostri religiosi e i nostri laici, e uniti l’uno all’altro, proclamiamo il messaggio di salvezza e di riconciliazione del Vangelo, nella profonda convinzione che - come Gesù e con Gesù - non siamo soli. Nella collegialità dell’Episcopato Cattolico recuperiamo nuova forza e nuovo vigore per guidare il popolo di Dio” (Saluto ai Vescovi di Inghilterra e del Galles, 28 maggio, 1982). Possa lo Spirito rafforzarvi in questo pensiero confortante!

Con la mia benedizione apostolica.

 

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