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VISITA PASTORALE IN CAMPANIA

DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI SACERDOTI, AI RELIGIOSI E ALLE FORZE MISSIONARIE
DELLA DIOCESI DI CASERTA

Caserta - Domenica, 24 maggio 1992

 

[Discorso improvvisato:]

Di nuovo ho la tentazione di lasciarvi il testo scritto da studiare, ma voglio dirvi parecchie cose così, come si dice, a braccio.

Era durante il Vaticano II che si è introdotto nei Documenti anche, ma soprattutto nella mentalità dei Padri conciliari, e poi di tutta la Chiesa, l’espressione: “Ecclesia semper in statu missionis”. Questo suonava un po’ strano nei Paesi dove la Chiesa Cattolica è già introdotta, stabilita, organizzata da anni, da secoli, da millenni, come per esempio la vostra Italia e tanti altri Paesi europei.

Ma questa espressione è verissima. La Chiesa, anche se già organizzata, stabilita, strutturata gerarchicamente e nelle diverse forme dell’apostolato dei laici, è sempre in stato di missione. La missionarietà appartiene all’essenza, alla natura stessa della Chiesa. Essere Chiesa vuol dire essere in missione, “in statu missionis”.

Perché? Perché la Chiesa viene dalla missione divina. Dio si è rivelato “in statu missionis”. Noi conosciamo il mistero profondissimo della sua divinità. Lo conosciamo nella missione del suo Figlio e attraverso questa missione conosciamo poi, come missione continua e permanente, lo Spirito Santo; lo conosciamo e attraverso questa missione, che non è visibile ma è reale. Come il Padre ha inviato me, dice Cristo agli Apostoli, anch’io mando voi, ricevete lo Spirito Santo.

Allora la Chiesa non può non essere missionaria nel senso estensivo, perché deve andare sempre verso i popoli che ancora non conoscono Cristo. Deve essere missionaria anche in un altro senso estensivo: deve andare verso gli ambienti che hanno dimenticato Cristo e forse una volta erano cristianizzati, battezzati, forse ancora sono formalmente cristiani. Deve andare verso gli ambienti e i problemi, come dice il Documento ultimo sulle missioni, Redemptoris missio, verso questi nuovi areopaghi, così come una volta è andato Paolo in Atene.

Così la Chiesa non può essere mai “in statu quiescientiae”, non può essere mai soddisfatta di se stessa: è già tutto fatto. Mai è tutto fatto. È tutto da fare.

Questa è una piccola introduzione al pensiero che soprattutto volevo comunicarvi. Io vedo in questa vostra assemblea, in questa iniziativa della vostra Diocesi di Caserta, un’attuazione concreta di quelle parole del Concilio Vaticano II: la Chiesa in stato di missione, la Chiesa missionaria.

Non può non essere missionaria, non solamente in senso estensivo, fuori di sé, se non è missionaria prima dentro di sé. Voi rappresentate e realizzate soprattutto questa missionarietà nella vostra Chiesa casertana, nel suo ambiente. Ma uno poi produce l’altro, come ciascuno di noi non può essere missionario, non può essere apostolo, fuori di sé, non può essere testimone di Cristo davanti agli altri se non è prima testimone di Cristo in se stesso, se non vive profondamente il mistero divino e umano di Cristo, nel suo io intimo.

In questo documento che vi lascio ci sono molte cose bellissime, ci sono indirizzi a tutti i gruppi della Diocesi, a quelli coinvolti nella missione di questa Chiesa da anni, a questi carissimi fratelli nel presbiterato, a questi carissimi fratelli e sorelle nelle vocazioni religiose, nella consacrazione esclusiva al Signore, e poi a tutti voi laici, giovani e meno giovani, a tutti i giovani, senza eccezione. Solamente il Papa è un po’ più vecchio.

Ma vorrei dirvi, scherzando con questa giovinezza e non giovinezza, che c’è una parola greca che è entrata nella tradizione dogmatica, dottrinale, e liturgica-pastorale della Chiesa: presbyteros, che vuol dire “più anziano”. Riceve l’ordinazione sacerdotale un giovane di 23 anni ed è già presbyteros: niente da fare. Anche qui si tratta non solamente dell’età nel senso numerico di avere più anni, si tratta di una maturità, di una nuova maturità che viene dal soffio divino, dallo Spirito Santo, per questo anche un giovanissimo che domani, a 23 o 24 anni, verrà ordinato sacerdote è veramente presbyteros a causa di questa maturità divina, soprannaturale, sacramentale.

Ecco, vorrei offrirvi una benedizione e augurarvi un buon proseguimento di questa missione che avete incominciato, e introdotto nella vita della vostra Diocesi e che il vostro apostolato, di tutti i presenti e specialmente dei giovani missionari della Diocesi, porti frutti abbondanti, come ha augurato Gesù Cristo ai suoi Apostoli nel Cenacolo, prima di morire sulla croce, prima di risorgere. 

Nella Cattedrale di Caserta si svolge nella prima mattinata l’incontro con i sacerdoti, con i religiosi e gli operatori pastorali della Diocesi. L’incontro è particolarmente dedicato ai catechisti ed ai giovani missionari. Riportiamo il testo del discorso preparato per l’occasione e lasciato nelle mani dei sacerdoti ai quali il Santo Padre ha preferito parlare a braccio.

[Discorso preparato, ma non letto:]

Carissimi fratelli e sorelle!

1. A voi tutti il mio cordiale saluto. Sono lieto di incontrarmi con voi quest’oggi. In questa vostra assemblea vedo e riconosco l’intera comunità diocesana, nelle sue varie componenti e articolazioni. Mi rivolgo con affetto e stima innanzitutto al Pastore della Diocesi, il caro Mons. Raffaele Nogaro che, in nome di Cristo e nella comunione con la Sede di Pietro, è per voi il “testis resurrectionis”, il testimone della risurrezione. Saluto, poi, voi, pietre vive della Chiesa: i Sacerdoti, le Religiose, i Religiosi e voi “Giovani-missionari”. A ciascuno di voi spetta il compito di proclamare che in Cristo Gesù, morto e risorto, Dio si è presentato nella storia come amore che salva. La Chiesa, infatti, per disegno di Dio, è il luogo privilegiato dell’incontro degli uomini con Cristo, loro unico Salvatore: “Non vi è infatti altro nome dato agli uomini sotto il cielo nel quale sia stabilito che possiamo essere salvati” (At 4, 12). La Chiesa, anche in questo nostro tempo, è chiamata ad evangelizzare ogni uomo e tutto l’uomo. Al cuore umano, talora stanco e disorientato, essa non può non annunciare la parola della vita, della verità e della pace. È l’evangelizzazione la sua missione permanente.

2. Noi parliamo oggi di nuova evangelizzazione, perché gli effetti della prima sono stati compromessi dalle varie ideologie, ormai ferite a morte, ma ancora influenti, e anche perché “lo Spirito Santo rende sempre nuova la parola di Dio e sollecita continuamente gli uomini nel loro intimo” (Dichiarazione conclusiva dell’Assemblea speciale per l’Europa del Sinodo dei Vescovi, 3). Il nucleo centrale dell’annuncio salvifico sta in quella verità straordinaria: “Dio ti ama. Cristo è venuto per te” (Christifideles laici, 34). Gesù, vero uomo e vero Dio, dono del Padre, è risorto, è vivo per essere con te e in te mediante la potenza del suo Spirito. Egli, fonte di vita immortale, vuol rendere nuova anche la tua esistenza: “Chi è unito a Cristo è una creatura nuova” (2 Cor 5, 17). Si trova qui pure per voi la sorgente della vostra comune missione al servizio del Regno di Dio, missione protesa a diffondere l’amore del Signore in ogni ambito della vostra comunità diocesana. Carissimi, ho appreso con piacere che, sotto la guida del vostro Vescovo, state proprio lavorando per creare nella vostra Diocesi questo clima di più alta tensione spirituale e di maggior apertura verso i fratelli più deboli. Lo fate con i mezzi della pastorale ordinaria, ma soprattutto mediante le due nuove strutture diocesane: il Corso di Formazione per gli Operatori pastorali e la “Missione-Giovani”. Vi invito di gran cuore ad andare avanti, con coraggio e fermezza, nella luce di Cristo e con la potenza dello Spirito Santo, mettendo ciascuno a servizio della comunità il proprio carisma. Dal contributo di ognuno - ne sono certo - scaturirà un reciproco arricchimento spirituale e sarà notevolmente avvantaggiata la vostra azione missionaria.

3. A voi, Sacerdoti, raccomando di conservare sempre viva e chiara la coscienza del vostro ministero. Dio vi ha chiamati ad essere nella Chiesa, immagine e trasparenza del suo amore misericordioso. Siate apostoli di fedele ascolto del Signore e di incessante carità fraterna. Soltanto una Chiesa di comunione, che sappia rispettare e accogliere la diversità dei carismi di ogni battezzato, può essere riconosciuta come immagine della comunione trinitaria. Siate pertanto nella comunità una finestra costantemente aperta sul mistero di Dio, per trasmettere ai fratelli, con l’annuncio della Parola e con il vostro quotidiano apostolato, l’Amore trinitario che salva. Siate instancabili cercatori dell’uomo per le strade del vostro territorio, e presentate a ciascuno Cristo risorto e vivo, l’Uomo nuovo, riuscito, unificato in sé, completo, sintesi di tutti quei valori umani, di cui si avverte oggi uno struggente bisogno. Aiutate particolarmente i giovani, con la vostra guida pastorale, a saper cogliere la piena sintonia che esiste tra la novità della vita evangelica e le attese e le domande che essi portano nel loro cuore.

4. A voi, Religiose e Religiosi, affido in particolare il compito di testimoniare, nella fedeltà al vostro rispettivo carisma, il valore della trascendenza. Molti uomini del nostro tempo sembrano vivere senza preoccuparsi di Dio e negano di fatto la dimensione trascendente dell’essere umano. Tale negazione, dando forza al fenomeno della secolarizzazione, rende l’uomo più povero di umanità. Grazie alla pratica dei consigli evangelici, della povertà, carità e obbedienza. Voi richiamate, invece, l’insegnamento di Gesù: “Guardatevi e tenetevi lontani da ogni cupidigia, perché anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende dai suoi beni” (Lc 12, 15). Voi ricordate ai nostri contemporanei che la più grande disgrazia per l’uomo è di legare la propria esistenza unicamente ai beni materiali che periscono e dai quali non dipende il definitivo destino della persona.

Siate, carissimi fratelli e sorelle, con la vostra vita testimoni e profeti della radicalità evangelica! E voi, Religiose, in virtù della vostra femminilità consacrata impegnatevi a offrire nell’ambiente nel quale operate un segno particolare della tenerezza di Dio, che predilige i piccoli e i poveri.

5. A voi, poi, cari Giovani-Missionari, dico: Cercate sempre la verità, che rende liberi (Gv 8, 32): “Una libertà che rifiuti di vincolarsi alla verità scadrebbe in arbitrio e finirebbe col sottomettere se stessa alle passioni più vili e con l’autodistruggersi” (Centesimus annus, 4). Il segreto del fascino e dello stupore, che Cristo, l’eterno Giovane della storia, irradia intorno a sé, si trova nella sua perfetta comunione col Padre e nell’offerta totale della sua vita per l’opera progettata dal Padre, “facendo sempre le cose a Lui gradite” (cf. Gv 8, 29). Rendete anche voi continuamente nuova e gioiosa la vostra esistenza, unendola intimamente a quella di Gesù. Come Lui sappiate essere disponibili agli altri, con prontezza e generosità. Non c’è opera più bella e più grande del rendersi utili agli altri per amore. Non si costruisce nulla di serio e di duraturo con la violenza, che tutto distrugge, né con l’intolleranza, che rinnega l’identità dell’essere umano, ma con la solidarietà, guidata e sorretta dalla forza dell’amore, che genera, promuove e tutto rinnova. Mediante il vostro impegno nelle Associazioni, nei Movimenti, nelle strutture pastorali, siate la parte viva e profetica della vostra comunità ecclesiale. Portate la speranza, la gioia della vita nuova che, sola, è in grado di appagare il cuore dell’uomo. Con questi voti e affidando ciascuno di voi alla materna protezione della Vergine Santissima, tutti di cuore vi benedico.

 



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