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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI PRESULI DELL
AFRICA MERIDIONALE

IN VISITA «AD LIMINA APOSTOLORUM»

Venerdì, 29 maggio 1992

 

Cari confratelli Vescovi,

1. In questi giorni di gioiosa aspettativa prima della Solennità di Pentecoste, ho la gioia di dare il benvenuto a voi, Vescovi dell’Africa Meridionale, in occasione della vostra visita “ad limina”. Abbraccio di cuore tutti i sacerdoti, i religiosi e i laici delle Diocesi e dei Vicariati apostolici di Botswana, Namibia, Sudafrica e Swaziland. Ringrazio il Vescovo Napier per le sue cortesi parole di saluto. Con San Paolo “ringrazio continuamente il mio Dio per voi, a motivo della grazia di Dio che vi è stata data in Cristo Gesù... che vi confermerà fino alla fine” (1 Cor 1, 4-8). Nel regno della fede, il vostro pellegrinaggio a questa Santa Sede rappresenta un incontro con le autentiche origini della Chiesa: la missione degli Apostoli e la loro confessione di Gesù quale Figlio di Dio e Salvatore del mondo. Secondo il disegno del Padre, fu a Roma che Pietro e Paolo suggellarono la loro predicazione con la testimonianza più eloquente, l’imitazione del libero dono di sé di Cristo: Pietro qui, ai piedi del Colle Vaticano e Paolo fuori dalle mura della città lungo la strada per Ostia. Noi, successori degli Apostoli, sentiamo Cristo darci lo stesso comandamento che diede loro: “Andate... e ammaestrate tutte le nazioni” (Mt 28, 19). Prego affinché la vostra visita “ad limina” vi incoraggi nella confessione del Signore e nell’impegno al suo servizio.

2. Nei cinque anni trascorsi dalla vostra ultima visita “ad limina”, nell’Africa Meridionale si è verificato un importante cambiamento nel corso degli eventi politici. Dopo un lungo travaglio la Namibia ha ottenuto l’indipendenza e ha preso il suo posto tra le nazioni libere del mondo. La Repubblica Sudafricana ha intrapreso nuovi passi lungo il cammino della trasformazione in una nazione senza apartheid. La speranza in una transizione pacifica verso una società più giusta e democratica si è rafforzata con l’accordo, nel dicembre del 1991, a favore della Convenzione per un Sudafrica Democratico e con il referendum di qualche settimana fa. Prego affinché Dio guidi i responsabili di tutti i vostri paesi nel gettare solide basi per una società in cui siano garantiti la dignità e i diritti di ciascun individuo. Soprattutto il mio cuore e la mia voce si uniscono ai vostri nel chiedere che ai popoli della vostra regione siano risparmiate ulteriori violenze.

3. La decisione di eliminare strutture politiche ingiuste, per quanto ben accetta, non significa che gli amari frutti delle politiche del passato possano semplicemente sparire. Qui si pone ai cristiani un compito straordinariamente urgente, un compito in cui la cooperazione ecumenica può rappresentare un elemento essenziale di effettivo progresso. Mi riferisco a un’osservazione fatta in molti dei vostri rapporti quinquennali: cioè che una delle grandi sfide che la Chiesa dell’Africa Meridionale deve affrontare adesso è quella di contribuire al risanamento delle ferite inferte dalla segregazione e dalla discriminazione razziale, di servire quale strumento di Dio alla riconciliazione di quei settori della società che, dopo anni di contese, vedono confermata la loro sfiducia reciproca. Tocca alla Chiesa sottolineare che la radice dell’inimicizia è il peccato: una decisione di agire in modo contrario al comandamento di amore di Dio. Umilmente, eppure con suprema fiducia nel Signore che le ha insegnato ad amare, la Chiesa dell’Africa meridionale deve invitare tutti a un cambiamento del cuore, deve insegnare le vie del pentimento e del perdono, affinché i passi concreti da intraprendere per la trasformazione della società uniscano effettivamente le persone nella mutua accettazione e solidarietà. A questo proposito vorrei richiamare la vostra attenzione sull’Assemblea del Sinodo dei Vescovi del 1983 dedicata alla “Riconciliazione e Penitenza nella Missione della Chiesa”. In quell’occasione il popolo di Dio ha ascoltato ancora una volta una forte chiamata ad essere segno di riconciliazione per tutta la famiglia umana. Nella successiva Esortazione apostolica, Reconciliatio et paenitentia, è stato mio desiderio “trasmettere ciò che, nel tesoro dottrinale e pastorale del Sinodo, mi appare provvidenziale per la vita di tanti uomini in quest’ora magnifica e difficile della storia” (n. 4). A voi, Padri e Pastori del gregge di Cristo in Africa meridionale, affido nuovamente questo documento. Il Vangelo di riconciliazione – affidato alla Chiesa, predicato dagli Apostoli e dai loro successori, e vissuto dai discepoli di Cristo in ogni tempo – è il più grande sostegno che la Chiesa può offrire all’Africa meridionale in quest’ora decisiva. Confido che il Signore che è morto “per riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi” (Gv 11, 52) vi rafforzi insieme a tutti i fedeli in questo compito.

4. Le trasformazioni sociali in Africa meridionale modificano sensibilmente il contesto in cui i membri del Corpo di Cristo vivono la vita di grazia e si sforzano di essere un lievito nella società. Occorre un’azione su diversi fronti per giungere a un ordine civile degno della persona umana e in armonia con la legge morale naturale stabilita dal Creatore. La verità sulla dignità umana, che rende ogni discriminazione e ingiustizia razziale tanto odiosa, è il motivo per cui la Chiesa deve difendere la santità della vita sin dal momento del concepimento, deve opporsi all’aborto e all’eutanasia, promuovere una sana vita familiare avente come fondamento il matrimonio indissolubile e monogamo, e sottolineare lo stato di uguaglianza, anche se di complementarità, di uomini e donne nella società. La Chiesa allo stesso modo sostiene la verità sull’uomo quando fa appello a uno sviluppo autenticamente umano. Un obiettivo essenziale di tale sviluppo è rappresentato da un ordinamento economico in cui tutti gli uomini e le donne abbiano la possibilità di usare i propri doni e talenti in un lavoro che contribuisca al bene comune e da cui traggano una giusta ricompensa, al fine di mantenere se stessi e le proprie famiglie. La Chiesa ha il compito di usare tutta la sua autorità spirituale per informare e confermare le coscienze individuali e la coscienza morale di ciascuna nazione in Africa meridionale sui requisiti della giustizia e della libertà. Come avete sottolineato così chiaramente nella vostra Lettera pastorale “Un Appello per costruire un Nuovo Sudafrica”, poiché la Chiesa cattolica trascende ogni sistema politico, economico o sociale (cf. Gaudium et spes, 42), i suoi pastori continueranno a levare una voce imparziale su problemi etici o morali di pubblico dibattito e sulle tendenze nella vita della nazione. Sotto molti aspetti, sia per la società che per la Chiesa, il processo di costruzione di un futuro migliore può essere molto più impegnativo delle lotte del passato. Esigerà fresche risorse di intelligenza, saggezza e rettitudine morale.

5. Per rispondere al suo Signore con una fedeltà sempre più grande, la Chiesa diventa quell’effettivo segno e sacramento di unità per cui è stata stabilita (cf. Lumen gentium, 1). È proprio questa fedeltà che voi cercate di promuovere attraverso i piani pastorali che avete messo a punto o state preparando per le vostre Chiese particolari. Prendo nota con vivo interesse della vostra decisione di rendere l’incoraggiamento alle piccole comunità cristiane un elemento centrale di questi sforzi. Questo obiettivo, se giustamente compreso, può portare i fedeli a un’esperienza più intensa della Chiesa quale comunione, un’unione viva in cui i membri condividono i doni di grazia e rendono visibilmente presente l’unica vita divina del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo (cf. Ivi, 4). Avete saggiamente osservato che il rinnovamento nella predicazione, la catechesi e la liturgia sollecitato dal Concilio Vaticano Secondo si realizza rafforzando la comunione ecclesiale. Approfondire la partecipazione della famiglia dei credenti alla vita della Trinità rafforza la testimonianza profetica della Chiesa e il suo appello alla giustizia. Un’esperienza più intensa di autentica fratellanza cristiana si è dimostrata in molte parti della Chiesa un mezzo efficace per offrire assistenza pastorale ai giovani. Per loro la consapevolezza del sostegno della famiglia ecclesiale è particolarmente necessaria mentre si apprestano a ricoprire un ruolo adulto nella Chiesa e nella società e ad affrontare le sfide che accompagnano il loro sviluppo.

6. Nel cercare di coltivare piccole comunità cristiane, una particolare sollecitudine del Vescovo è quella di far sì che in ogni parte del gregge sia presente la vita integrale e la fedeltà a tutta la Chiesa cattolica unita intorno al Successore di Pietro. Ciò naturalmente esige una grande attenzione da parte di voi Pastori. Un aspetto particolare di questa responsabilità pastorale è la vostra supervisione dell’insegnamento della teologia nei seminari, nei collegi e nelle università e della istruzione religiosa impartita nelle scuole e nelle parrocchie. Nel far ciò assolvete il dovere, che Dio vi ha imposto, di garantire che il suo popolo riceva la verità salvifica che gli spetta di diritto in quanto formato da membri battezzati della Chiesa. Quando la comunità cristiana è pienamente viva nello Spirito di Cristo, è piena di zelo nel condividere l’amore di Dio con gli altri e più prontamente si mostra come l’efficace strumento di salvezza per cui tutti i cuori umani sono stati fatti.

7. Il sostegno alla vita delle piccole comunità cristiane nelle vostre Chiese particolari produce allo stesso tempo un ambiente favorevole da cui Dio trarrà sacerdoti e religiosi che servano il suo popolo e che portino la luce del Vangelo a quanti non hanno ancora sentito parlare del suo amore. Comprendo la vostra ansia nel fornire operai per la vigna; è l’eco nei vostri cuori della stessa sollecitudine del Buon Pastore per quanti ha cari più della sua stessa vita (cf. Gv 10, 11). Potete essere fiduciosi che dalle comunità cristiane rinnovate nella grazia, un numero maggiore di giovani verrà chiamato e che essi saranno sostenuti dai loro fratelli e sorelle nel rispondere all’invito del Signore. Nell’opera di vegliare sul gregge di Cristo e di guidarlo, i principali collaboratori dei Vescovi sono i membri del presbiterio. Conosco bene la grande generosità dei vostri sacerdoti e confido che continuerete a sostenerli con la vostra sollecitudine paterna e fraterna. Nelle circostanze dell’ora presente, una forma di assistenza e di sostegno di cui i sacerdoti hanno particolarmente bisogno è la conferma dell’indispensabile valore del loro ministero per la salvezza eterna di quanti sono affidati alla loro cura. La loro opera è l’opera di Cristo. Nell’illustrare la vocazione, la missione e la consacrazione dei sacerdoti, l’Esortazione apostolica Pastores dabo vobis afferma che “il sacerdote ha come relazione fondamentale quella con Gesù Cristo Capo e Pastore: egli, infatti, partecipa, in modo autorevole, alla “consacrazione/unzione” e alla “missione” di Cristo... così il presbitero come gli apostoli funge da ambasciatore per Cristo” (n. 16). Questa verità sul sacerdozio ministeriale è il centro di ogni autocoscienza del sacerdote, indipendentemente dal contesto particolare in cui il Signore lo manda a servire. Solo costruendosi su questo fondamento, la formazione dei futuri sacerdoti e la formazione permanente di quanti sono già ordinati porterà frutti duraturi (cf. Gv 15, 16). L’identità che tutti i sacerdoti – diocesani e religiosi – condividono con il Buon Pastore, è la ragione e la sorgente della loro carità pastorale e della loro cooperazione fraterna nella cura del suo gregge.

8. Cari confratelli Vescovi, le mie osservazioni di oggi non possono sperare di rispondere pienamente alla diversità e complessità delle circostanze in cui esercitate il vostro ministero. Ciò che è essenziale è che dobbiamo restare uniti nel garantire che la genuina visione ecclesiologica trasmessaci dal Concilio Vaticano Secondo sia la fonte della nostra predicazione e della nostra guida pastorale. Sappiamo che la Chiesa è assai più di uno strumento di progresso umano o di trasformazione sociale. Essa è il campo di Dio (cf. 1 Cor 3, 9), la Sposa di Cristo (cf. Ap 21, 2), il tempio in cui dimora lo Spirito (cf. 1 Cor 3, 16). È “nostra madre” (Gal 4, 26) che ci plasma secondo l’immagine di Cristo finché egli non è pienamente formato in noi (Gal 4, 19). È il luogo di incontro con Cristo vivente. Come ci ricorda il Concilio: “Le condizioni del nostro tempo rendono più urgente questo dovere della Chiesa, affinché tutti gli uomini... possano conseguire una piena unità in Cristo” (Lumen gentium, 1). Non un Cristo immaginario, che non sarebbe altro che la proiezione di aspirazioni fin troppo terrene, bensì “Cristo crocifisso ... Cristo potenza di Dio e sapienza di Dio” (1 Cor 1, 23-24). Solo in unione con il Figlio incarnato del Padre i vostri popoli saranno veramente liberati e veramente benedetti con la vita e la pace.

Con amore e sollecitudine per voi e le vostre comunità, ricordo nelle mie preghiere tutti i popoli dell’Africa meridionale. Nell’affidare voi e tutti i fedeli del Botswana, Namibia, Sudafrica e Swaziland a Maria, Madre di Dio, vi imparto la mia benedizione apostolica.

 

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