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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI VESCOVI DELL

’ARIZONA, DEL COLORADO,
DEL NEW MEXICO E DEL WYOMING

IN VISITA «AD LIMINA APOSTOLORUM»

Martedì, 8 giugno 1993

 

Cari fratelli nell’Episcopato,

1. “Grazia a voi e pace da Colui che è, che era e che viene” (Ap 1, 4). Vi do il benvenuto questa mattina, pastori eletti per pascere il gregge del Signore (cf. Lumen gentium, 21) in Arizona, nel Colorado, nel Nuovo Messico e nel Wyoming. Questa visita “ad limina” testimonia la responsabilità che condividiamo per tutte le Chiese (cf. 2 Cor 11, 28), e il nostro compito comune di custodire la verità che ci è stata affidata dallo Spirito Santo che abita in noi (cf. 2 Tm 1, 14). Stiamo vivendo questo momento di unione fraterna mentre la Chiesa si prepara a celebrare la Solennità del Corpo e del Sangue del Signore. Questa festa solenne ci offre l’opportunità di ribadire che la comunione tra le Chiese particolari nella Chiesa universale è radicata soprattutto nell’Eucaristia, dalla quale “l’unità della Chiesa è simboleggiata e prodotta” (Unitatis redintegratio, 2). In tal modo ci viene ricordato che solo essere uno in Cristo nel suo offrirsi al Padre, reso presente e sacrificato sull’altare della croce, può fare di noi strumenti degni ed efficaci della santificazione dell’amato popolo di Dio.

Infatti, in questi dialoghi “ad limina” con i vescovi degli Stati Uniti ho fatto spesso riferimento al compito dei vescovi di predicare la chiamata alla santità. I miei colloqui con i membri della vostra Conferenza rafforzano in me la convinzione dell’urgente necessità di un autentico rinnovamento spirituale nella vita della Chiesa nel vostro Paese. Anche voi dovete essere persuasi del fatto che lo scopo principale del vostro ministero è quello di condurre le persone a voi affidate “a rivestire l’uomo nuovo, creato secondo Dio nella giustizia e nella santità vera” (Ef 4, 23). il significato e lo scopo di tutti gli altri impegni che vi vengono affidati scaturiscono da questo compito fondamentale.

2. La scorsa settimana, ad un altro gruppo di vescovi ho parlato di alcuni aspetti del Battesimo, della Penitenza e dell’Eucaristia. Oggi desidero parlare del Matrimonio e degli Ordini sacri, due sacramenti previsti per la vita collettiva della comunità ecclesiale. Coloro che ricevono questi sacramenti vengono consacrati dallo Spirito Santo a una missione speciale nella Chiesa, sia come sposi e genitori cristiani sia come pastori di anime (“Catechismo della Chiesa Cattolica”, 1534-1535). La generale crisi di valori nella società ha avuto un effetto particolarmente dannoso sul modo in cui questi due sacramenti vengono considerati e vissuti. Ma la Chiesa, come realtà viva e dinamica la cui forza è nel Vangelo “potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede” (Rm 1, 16), deve reagire per difendere tutta la verità e tutelare la giusta applicazione del disegno di Dio per il matrimonio e il sacerdozio.

3. Una visione che esprime la presunta autonomia assoluta del giudizio personale pretende di vedere la famiglia semplicemente come una delle numerose istituzioni disponibili, liberamente scelte, il cui scopo è promuovere l’autorealizzazione individuale. Questa visione fa sorgere tentativi di legittimare altre forme di convivenza che rivendicano diritti che appartengono soltanto alle famiglie. Invece, per la Chiesa, il matrimonio e la famiglia sono realtà sacre. Esse non costituiscono solo uno stile di vita personale, il progetto personale degli individui coinvolti. Il rispetto per la volontà di Dio così chiaramente rivelata nell’ordine della creazione (cf. Gen 1, 26-28) esige che la Chiesa si opponga a qualsiasi tentativo di ridefinire il matrimonio e la famiglia su altre basi. La Chiesa continua a proclamare che gli autentici valori familiari possono essere costruiti solo sulla base del matrimonio tra l’uomo e la donna come ordinato “da principio” (cf. Mt 19, 4). I pastori dovrebbero incoraggiare i laici ad assumersi la loro piena responsabilità per la promozione di leggi civili, di politiche nazionali e di istituzioni sociali che difendano e promuovano i diritti e i doveri della famiglia nella sua autentica verità (cf. “Familiaris consortio”, 4).

In una recente dichiarazione della Conferenza nazionale dei vescovi cattolici, avete notato con preoccupazione che gli Stati Uniti presentano “il più alto tasso di divorzi, di gravidanze adolescenziali, di denatalità e di aborti nel mondo occidentale” (“Bambini e famiglie al primo posto”, II, A). Questi segnali di crisi sociale e morale rappresentano una seria sfida a cui la comunità cattolica deve rispondere con realismo pastorale. Bisognerebbe dedicarsi maggiormente al rafforzamento del senso del matrimonio e della vita familiare tra gli stessi cattolici, in particolar modo tra le giovani coppie che si preparano al matrimonio.

Un ampio ed esauriente programma di preparazione per i catecumeni ha dato eccellenti risultati in molte diocesi degli Stati Uniti. Data l’importanza del matrimonio come sacramento vocazionale attraverso la cui grazia la maggior parte degli uomini e delle donne vengono santificati, e i bambini educati nella vita così come nella fede, è certamente necessaria un’analoga preparazione spirituale per coloro che devono essere sposati “nel Signore” (cf. 1 Cor 7, 39). Un rafforzamento del Pre-Cana e di altri programmi, e il coinvolgimento personale di sacerdoti nella preparazione spirituale delle coppie costituirà la base per matrimoni più saldi. Inoltre, proprio come il catecumenato è seguito da un periodo di “mystagogia”, così agli sposi novelli dovrebbe essere manifestata una sollecitudine pastorale altrettanto efficace.

4. Quest’anno la Chiesa celebra il 25° anniversario della Humanae vitae, in cui Papa Paolo VI ribadì l’insegnamento sull’immoralità di separare – intenzionalmente e con mezzi artificiali – i due intrinseci significati dell’atto coniugale: quello della unione e quello della procreazione. Durante gli ultimi venticinque anni questo insegnamento è stato ripetuto costantemente nella Chiesa (cf., ad esempio, Familiaris consortio, 29-33). Il “catechismo della Chiesa Cattolica” lo ribadisce chiaramente (cf. n. 2370). Tuttavia una spiegazione insufficiente e inadeguata è almeno parzialmente responsabile del fatto che molti cattolici trovano difficile mettere in pratica questo insegnamento. La sfida consiste nel rendere più conosciuta e apprezzata la dignità e la gioia della sessualità umana vissuta secondo la verità del significato nuziale del corpo. I programmi di preparazione al matrimonio e altri sforzi pastorali volti a sostenere il matrimonio e la vita familiare, dovrebbero presentare alle coppie la piena verità del disegno di Dio affinché vivano il loro amore coniugale con integrità.

Ancora, incoraggio voi e i vostri fratelli vescovi degli Stati Uniti a sostenere con generosità i programmi di pianificazione familiare naturale. Ogni diocesi dovrebbe onestamente esaminare le proprie priorità per comprendere se fornisce i mezzi necessari per rendere più conosciuti i metodi naturali per regolare la fertilità (cf. “Familiaris consortio”, 35).

Allo stesso modo, nel vostro ministero dovreste infondere fiducia e speranza nei genitori, sottolineando le gioie e le sfide della loro vocazione. La carità pastorale esige che le strutture della Chiesa si occupino in particolare delle famiglie in difficoltà, delle famiglie divise, delle famiglie monogenitoriali, ma anche che il punto centrale della pastorale della Chiesa sia la famiglia stabile e tradizionale in cui vengano garantite l’educazione, la socializzazione e la trasmissione della fede e dei valori cattolici. La Santa Sede, riconoscendo il valore della proposta delle Nazioni Unite di proclamare il 1994 Anno della famiglia, ha aderito volentieri a quella iniziativa. A livello locale, le diocesi e le istituzioni cattoliche devono cogliere questa opportunità per accrescere i loro sforzi per difendere e promuovere la vita familiare.

5. Riconoscendo le nuove sfide da affrontare nella preparazione degli uomini che diventeranno i sacerdoti per il terzo millennio della cristianità, l’ultimo Sinodo dei vescovi ha trattato a lungo della questione della formazione sacerdotale. Raccogliendo i frutti di questa discussione ho di conseguenza resa pubblica l’esortazione apostolica Pastores dabo vobis al fine di guidare i pastori e tutti gli interessati nel loro compito di rivitalizzare la preparazione umana, spirituale, intellettuale e pastorale dei seminaristi. Mi sento anche incoraggiato dall’approvazione espressa dalla vostra Conferenza riguardo al rivisto programma di formazione sacerdotale. Questo documento garantisce una solida cornice alla formazione in quanto presenta chiaramente la consacrazione sacramentale come una configurazione a Gesù Cristo così che egli può realmente agire “in persona Christi capitis” e nel nome della Chiesa (Catechismo della Chiesa Cattolica, 1548-1553). Nessun altro modo di concepire il sacerdozio rende giustizia alla comprensione che ha la Chiesa delle intenzioni del Signore. Mi rimane soltanto di esortarvi ad essere esigenti nella scelta dei candidati, a fornire sacerdoti opportunamente qualificati per il ministero nei seminari e a non compromettere i livelli necessari alle sfide che oggi i sacerdoti si trovano a fronteggiare. Solamente l’Ordinario può chiamare un candidato al diaconato e al sacerdozio. Perciò egli deve sentirsi personalmente responsabile davanti al Signore e davanti alla Chiesa per le decisioni che prende.

Prego affinché l’incremento dei candidati al sacerdozio, che risulta in alcune diocesi, sia l’avvio di una tendenza che si diffonda in tutti gli angoli del vostro grande Paese. I vescovi che conoscono i loro seminaristi e che occupano il loro tempo prendendosi cura di loro come figli spirituali costruiranno delle Chiese forti nella fraternità e nella comunione spirituale. In tal modo, la testimonianza coerente della vostra sollecitudine per le anime, la vostra fedeltà al Vangelo trasmesso all’interno della Chiesa, la vostra gioia interiore e il vostro stile di vita semplice, garantiranno costantemente quell’esempio dal quale gli uomini riescono, per la prima volta, a riconoscere la loro chiamata al sacerdozio.

Affinché la nuova evangelizzazione porti dei frutti, la Chiesa avrà bisogno di sacerdoti la cui vita spirituale è stata forgiata dal senso dell’ascesi, dalla disciplina interiore, dallo spirito di sacrificio e di rinuncia (Pastores dabo vobis, 48). Laddove ha fatto irruzione una cultura incentrata sull’egocentrismo e sull’autoindulgenza, è necessario che nella formazione spirituale venga data un’attenzione specifica a queste virtù e disposizioni essenziali.

6. Il ministero sacerdotale contraddistingue l’uomo in modo permanente e indelebile nella sua intima essenza. Non si tratta di una professione o di una carriera in senso secolare. Una certa mondanità, eccessive preoccupazioni finanziarie e atteggiamenti secolari nei confronti del ritiro dal ministero sono tra i fattori che operano contro la promozione di una genuina carità pastorale che promana da una vita interiore ravvivata dallo Spirito (cf. Pastores dabo vobis, 19). I vescovi e i sacerdoti devono fronteggiare insieme queste esigenze e rispondere alle sfide che esse comportano. Allo stesso modo, meritano il vostro incoraggiamento quelle associazioni il cui obiettivo è sostenere i sacerdoti offrendo opportunità di aiuto fraterno e di crescita spirituale, in modo da rinvigorire l’entusiasmo per il loro ministero.

Permettetemi alcune parole di fiducia in relazione alle situazioni che addolorano profondamente voi e tanti altri, e il cui fardello tutti profondamente portiamo (cf. Gal 6, 2). “Quale anziano come voi e testimone delle sofferenze di Cristo” (1 Pt 5, 1), condivido la vostra tristezza e l’amarezza quando coloro cui è affidato il sacro ministero vengono meno al loro impiego, divenendo causa di pubblico scandalo che incrina la fiducia delle persone nei pastori della Chiesa e danneggia la morale cattolica.

Questi fallimenti sono tragici per le vittime e per gli ecclesiastici coinvolti. Dobbiamo ardentemente pregare per tutti coloro che sono condizionati da questa condotta negativa, nella consapevolezza che il nostro Redentore è vicino a coloro che soffrono l’ingiustizia per mano altrui e che la sua misericordia raggiunge i cuori contriti.

Il fallimento di un esiguo numero di ecclesiastici fa sì che sia ancora più importante che la formazione dei seminari discerna scrupolosamente il carisma del celibato fra i candidati al sacerdozio. Questa necessità non è soltanto una norma legale transitoria o una condizione imposta esternamente per l’ordinazione, ma un valore profondamente connesso alla condivisione sacerdotale della cura che lo Sposo deve avere al suo corpo, la Chiesa (cf. Pastores dabo vobis, 50). Sostenendo i loro sano sviluppo psico-sessuale, una solida formazione umana e una crescita nella grazia e nella virtù farà sì che i seminaristi accettino gioiosamente e vivano serenamente questo “prezioso dono di Dio” (Optatam totius, 10), grazie alla quale essi condividono la donazione sponsale di Cristo alla Chiesa (cf. Ef 5, 25-27), laddove egli ama il suo popolo con cuore puro, generoso e costante (cf. Pastores dabo vobis, 22).

7. In conclusione, i miei pensieri si rivolgono alla Giornata mondiale della gioventù di Denver che si avvicina rapidamente. Lì ci uniremo ai giovani di tutto il mondo per professare con Pietro: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente” (Mt 16, 16); “Tu hai parole di vita eterna” (Gv 6, 68). Questo è un pellegrinaggio di fede e di amicizia per incontrare Cristo nella città, nella sua eucaristica offerta di sé, nelle sofferenze dei nostri fratelli e sorelle, nelle preghiere del suo popolo. Possa il Salvatore che ha dato se stesso “per la vita del mondo” (Gv 6, 51) trovare giovani preparati a incontrarlo, generosamente incoraggiati dalla vostra assistenza e dal vostro entusiasmo. I giovani sono doni speciali per la Chiesa, araldi di speranza e protagonisti della nuova primavera del cristianesimo (cf. “Redemptoris missio”, 86)

In quest’era della Chiesa, lo Spirito Santo perpetua la grazia della Pentecoste, preservando l’unità, guidando i discepoli di Cristo alla pienezza della verità (cf. Gv 16, 13) e rafforzando la comunione di tutti i fedeli (cf. Dominum et vivificantem, 25). Tuttavia, come il suo sposo e Signore, anche la Chiesa deve passare attraverso un’“ora” terrena (cf. Gv 17, 19) di grande impegno e lavoro, perfino di sofferenza. Prego affinché Nostra Signora di Guadalupe, protettrice delle Americhe, alla quale affido i sacerdoti, i religiosi e i laici delle vostre diocesi, vi accompagni e vi rafforzi nel vostro ministero. Attraverso la sua mediazione materna possa ottenere per voi una condivisione nella sua fede incrollabile, nella costante speranza e nel fervido amore. Con la mia benedizione apostolica.

 

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