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VISITA PASTORALE IN SICILIA

INCONTRO DI GIOVANNI PAOLO II 
CON IL MONDO IMPRENDITORIALE
NEL SALONE DEL PALAZZO DEI CONGRESSI

Agrigento - Domenica, 9 maggio 1993

 

Carissimi fratelli e sorelle!

1. Grazia e pace a voi in abbondanza (1 Pt 1, 2). Con queste parole dell’apostolo Pietro, rivolgo a voi e a tutto il mondo del lavoro, che qui rappresentate, il mio più cordiale saluto. Ringrazio il Presidente della Camera di Commercio per le gentili parole che mi ha rivolto; ringrazio le Autorità intervenute a questo incontro, gli imprenditori, i lavoratori, i responsabili di Istituzioni locali, i direttori degli Uffici Pubblici, i componenti della Consulta del lavoro di questa e delle altre diocesi dell’isola. Grazia e pace a voi in abbondanza! Mi piace far oggi risuonare con forza questo augurio nella terra che porta i segni di una storia antica e gloriosa, ma che vive ora un momento non facile a motivo della crisi sociale, economica ed occupazionale che l’attanaglia. Si tratta certamente di problemi complessi e di difficile soluzione. Sappiamo tuttavia che l’uomo, sorretto dalla grazia di Dio, può trovare insospettabili e inesauribili risorse, specialmente quando la fede e la speranza cristiana ne illuminano l’esistenza.

2. Vi ringrazio, cari amici, per la vostra accoglienza. Desidero esprimervi il mio più vivo apprezzamento per quanto, in preparazione alla mia visita, avete generosamente realizzato non soltanto in ambito ecclesiale, ma anche nel più ampio contesto delle forze sociali, che avete chiamato a raccolta spronandole ad una rinnovata tensione ideale, con un appello all’impegno particolarmente per i giovani. Sono lieto che in questa iniziativa la Chiesa agrigentina si sia posta in prima linea, sforzandosi di dare un’anima all’auspicato rinnovamento sociale, in attuazione pure su questo versante della sua vocazione di “sacramento” di comunione (cf. Lumen gentium, 1). E come si potrebbe sottovalutare l’importanza del ruolo della Chiesa ai fini di un rinnovamento nel quale, accanto agli aspetti di carattere materiale e strutturale, sono decisivi soprattutto alcuni coefficienti di carattere morale? Nulla infatti si realizza, là dove mancano motivazioni sufficienti per prendere l’iniziativa. D’altro canto, lo stesso spirito di iniziativa finisce con l’essere vanificato se non può contare su un contesto di solidarietà e si scontra sul nascere con l’individualismo e la diffidenza. Sta qui la grande sfida che l’azione educatrice della Chiesa deve saper raccogliere, infondendo nell’opera di rinnovamento del territorio il fermento evangelico.

3. “Signore, mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque” (Mt 25, 20). Questo rendiconto del servo industrioso, raccontatoci nella parabola evangelica dei talenti, ben si applica all’insieme della vita, della quale Dio ci chiederà conto in rapporto ai doni e alle possibilità ricevute. Possiamo tuttavia attingere da questo brano un raggio di luce, anche per comprendere il senso cristiano dell’attività imprenditoriale. È urgente, infatti, specie in una zona come la vostra a forte tasso di disoccupazione, promuovere una “cultura dell’iniziativa” e, più specificamente, una “cultura dell’impresa”. A tal fine bisogna che si riscopra, specialmente tra le nuove generazioni, il gusto della creatività in ogni campo, compreso quello economico. Non ci si può aspettare tutto dagli altri, nemmeno si può pretendere tutto dallo Stato. Nel documento su “Chiesa italiana e Mezzogiorno”, i Vescovi hanno auspicato, per la soluzione dei problemi del sud, un nuovo “protagonismo della società civile”: “Un’organizzazione forte e autonoma della società civile – essi hanno scritto – costituisce un fattore decisivo e indispensabile per lo sviluppo del Mezzogiorno” (Sviluppo nella solidarietà. Chiesa italiana e Mezzogiorno, 21). Certamente, tale prospettiva di crescita ha bisogno di adeguati supporti e di opportune facilitazioni strutturali. Ma essa deve trovare in un atteggiamento culturale di apertura le sue motivazioni profonde. La visione cristiana può offrire in tal senso un insostituibile contributo e un forte impulso, ricordando che la vita è vocazione: siamo amministratori dei “talenti” che Dio ci ha affidato, e dobbiamo farli fruttificare per realizzare, nel tempo a nostra disposizione, qualcosa di utile e di buono. Tale vocazione all’iniziativa si rivela, al tempo stesso, come una chiamata al servizio. Inquadrata in una dinamica di amore, essa aiuta chi ha il dono dell’intraprendenza e la responsabilità di un ruolo di guida a comprendere di non dover produrre solo per sé, ma di doversi far carico dei propri fratelli. Una sana cultura di impresa è chiamata pertanto a trovare il giusto punto di equilibrio tra l’efficienza e la solidarietà. Ho scritto nella Centesimus annus che il profitto è legittimo, in quanto “indicatore del buon andamento dell’azienda”, ma la vitalità di un’azienda va rapportata anche ad altri fattori, primo dei quali il suo essere un’autentica “comunità di uomini che, in diverso modo, perseguono il soddisfacimento dei loro fondamentali bisogni e costituiscono un particolare gruppo al servizio dell’intera società” (n. 35).

4. Alla cultura dell’impresa così concepita, è necessario che corrisponda una nuova “cultura del lavoro”, che coinvolga gli uomini, impegnati a qualunque titolo nell’attività produttiva, in uno sforzo di corresponsabilità, di partecipazione, di solidarietà. Non è più il tempo delle contrapposizioni frontali. Nella crisi sociale ed economica del momento è importante trovare dei punti di incontro, per risolvere adeguatamente i problemi che minacciano la serenità e il futuro dei lavoratori. Una cultura del lavoro, cristianamente intesa, implica il rispetto per la dignità dell’uomo che lavora, per i suoi diritti fondamentali e inalienabili, per gli organismi che lo rappresentano e lo tutelano. Da un maggiore coinvolgimento della soggettività del lavoratore nel processo produttivo, c’è tutto da guadagnare per la salute delle stesse aziende. Bisogna osservare, peraltro, che un’autentica cultura del lavoro non si sviluppa adeguatamente, se non è animata e sorretta da una “cultura della solidarietà”, e questa, a sua volta, non potrà essere praticata nel mondo del lavoro, se un tale atteggiamento non cresce contestualmente in tutto il corpo sociale. Vi esorto, pertanto, a perseverare nell’impegno per un generale rinnovamento della politica, orientandola sempre più decisamente all’obiettivo del bene comune, e depurandola da quelle torbide logiche clientelari che inquinano profondamente l’esperienza della democrazia. La lotta decisa alla mentalità e all’organizzazione mafiosa, che pur essendo di una minoranza disonora questa terra e ne mortifica le potenzialità, sia proseguita con fermezza e piena collaborazione.

5. Coraggio, dunque! Lo dico a tutti. Mi rivolgo, in modo speciale, agli imprenditori e ai lavoratori che si fregiano del nome cristiano. La Chiesa che è in Sicilia si sta muovendo all’insegna di un’esaltante missione: “Una presenza per servire”. Il battezzato, partecipe della missione sacerdotale, profetica e regale di Cristo, ha il compito di farsene carico, diventando testimone, nella vita quotidiana e in particolare nel mondo del lavoro, di tale programma. Imprenditori cristiani, questa è l’ora in cui siete chiamati a riconoscervi come amministratori dei doni ricevuti dal Signore, sviluppandoli a favore dei più deboli. Lavoratori e forze vive dell’universo produttivo, non sentitevi destinatari passivi dell’altrui iniziativa, ma responsabili collaboratori nelle imprese come nel pubblico servizio. Giovani, è la vostra ora! Su di voi grava l’incubo della disoccupazione, ma in voi è pure la speranza del futuro. Di fronte ai numerosi problemi incombenti siate capaci di uno sforzo ardimentoso di carità, di una adesione cordiale a Cristo, Redentore dell’uomo, di un impegno supplementare per superare la crisi del momento.

Carissimi fratelli e sorelle, a tutti vorrei domandare di affidarvi con abbandono filiale alla Vergine Santissima, protettrice della vostra terra. Vi sia di conforto poi la benedizione apostolica che imparto volentieri a voi, alle vostre famiglie, particolarmente ai disoccupati e a quanti si trovano in più preoccupanti situazioni economiche.

Vi aiuti il Signore a conservare nel cuore la voglia di vivere e il coraggio di sperare.

 

 



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