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VISITA PASTORALE A CORTONA ED AREZZO

DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
ALLA CITTADINANZA DI AREZZO IN PIAZZA VASARI

Arezzo - Domenica, 23 maggio 1993

 

Carissimi Fratelli e Sorelle!

1. A tutti il mio cordiale saluto ed un vivo ringraziamento per la calda accoglienza che mi avete riservato. Saluto l’On. Maria Pia Garavaglia, Ministro della Sanità, e la ringrazio vivamente per i sentimenti espressi a nome anche del Governo italiano. Saluto il Signor Sindaco di Arezzo, le cui gentili parole di benvenuto, rivoltemi a nome di tutti i cittadini, ho ascoltato con vivo interesse.

Rivolgo pure il mio deferente saluto alle Autorità civili e Militari della Regione Toscana e delle Province aretina e senese. Sono lieto inoltre di salutare i rappresentanti delle libere professioni, delle associazioni imprenditoriali e sindacali, come pure gli esponenti del mondo della cultura e dell’insegnamento. A tutti giunga un sentito ringraziamento per aver voluto onorare con la loro presenza questo incontro.

Mi rivolgo con stima al Pastore della Diocesi, il caro Monsignor Giovanni D’Ascenzi, e lo ringrazio per l’invito a suo tempo fattomi e per il cordiale indirizzo con cui mi ha accolto stamattina a Cortona, anticipando l’incontro di Arezzo. Insieme a lui, saluto il Cardinale Silvano Piovanelli ed i Vescovi della Regione qui convenuti.

2. Avvicinandomi alla vostra storica ed interessante Città, che ai segni dell’attuale sviluppo unisce antiche vestigia culturali e religiose, ho notato l’agile profilo del campanile della Cattedrale, che si slancia verso il cielo e, poco lontano, le tipiche forme della Torre civica, testimone piuttosto dell’impegno per i problemi della terra. Sono simboli del passato, che insieme ricordano il fecondo connubio, allora realizzato, tra impegno civile e vita religiosa. Essi interpellano la generazione cristiana di oggi, invitandola a dare concretezza alla fede mediante un confronto costruttivo con la moderna realtà sociale, per farne scaturire nuove manifestazioni della forza sempre viva dei valori evangelici.

Dopo la difficile esperienza della seconda guerra mondiale, causa di non poche sofferenze e lutti per gli abitanti di questa Regione a ridosso dell’Appennino, negli ultimi decenni un fortunato sviluppo economico ha procurato nuovi posti di lavoro ed ha contribuito ad elevare il livello medio del reddito, creando un miglioramento delle condizioni di vita per l’intera popolazione.

Ma oggi, qui come altrove, si registra una delicata congiuntura economica, che mette in luce l’intrinseca precarietà dei risultati raggiunti seguendo una logica produttiva priva di riferimenti a valori superiori. Perché non trarne spunto per una riflessione approfondita sulle contraddizioni di uno sviluppo centrato quasi esclusivamente sulla massimizzazione del profitto?

3. Per rispondere pienamente ai suoi fini, l’attività imprenditoriale deve porsi essenzialmente al servizio dell’uomo. Mai deve accadere che sia invece l’uomo ad essere asservito alle esigenze dell’apparato produttivo. Occorre pertanto un’opera di autentico rinnovamento che rimetta al primo posto nella società il rispetto per l’uomo, creando le condizioni affinché la famiglia, nella quale l’uomo si forma, possa ritrovare interiore armonia grazie all’accresciuta unità e saldezza dei rapporti fra i vari suoi componenti.

Va, inoltre, perseguita con tenace e concorde volontà una lungimirante valorizzazione delle risorse del territorio, ad evitare la concentrazione degli insediamenti produttivi in pochi centri urbani col conseguente svantaggio, che può giungere a volte fino all’abbandono e al degrado, di altre zone un tempo fiorenti e potenzialmente ancora in grado di offrire un determinante contributo al bene comune.

Tutto ciò è possibile, carissimi Fratelli e Sorelle, grazie al solidale impegno di tutti e di ciascuno, a cominciare da coloro ai quali sono affidate speciali responsabilità nell’amministrazione pubblica. Da essi è legittimo attendersi un marcato atteggiamento di rettitudine nella gestione dei comuni interessi, una spiccata sensibilità per le esigenze delle fasce più deboli ed indifese della popolazione, bisognosa di continua tutela, uno spirito di servizio a tutta prova, che susciti nei cittadini un rinnovato senso di fiducia e li disponga a collaborare attivamente con i poteri dello Stato.

4. La società civile e la Chiesa devono camminare insieme. In passato esse hanno scritto pagine di storia comune a servizio del popolo, fiero delle sue libertà, e devoto dei suoi Santi, ricco di iniziative ispirate al Vangelo, come le Misericordie e le Compagnie, ed aperto ad altre più moderne forme associative, soprattutto al volontariato.

È in questo contesto che trova il suo significato più eloquente l’iniziativa di solidarietà, promossa in occasione dell’odierna visita pastorale, di contribuire alla costruzione di una scuola di addestramento professionale per giovani nella diocesi di Formosa, in Argentina. Esprimo al riguardo il mio vivo compiacimento e rivolgo una parola di sentito apprezzamento a quanti hanno risposto o vorranno rispondere a tale appello alla solidarietà.

Carissimi Fratelli e Sorelle, cittadini di Arezzo, sia la solidarietà la strada che tutti vi accomuna nel cammino verso il nuovo Millennio. Solidarietà con quanti incontrate ogni giorno nel luogo del lavoro, solidarietà con i poveri, presenti anche in queste vostre contrade, solidarietà con i popoli d’ogni Continente. Siate instancabili fautori dei grandi ideali della giustizia, della libertà, della pace, che costituiscono l’aspirazione di ogni essere umano, a qualunque cultura appartenga.

5. Generoso popolo di Arezzo, Iddio ti benedica! A Lui affido ogni tuo desiderio e proposito, ogni speranza e progetto di bene. La Madre del Signore, onorata con particolare affetto e devozione in questa vostra Città sotto il titolo di Madonna del Conforto, accompagni il cammino quotidiano di ciascuno. E tutti sostenga pure la benedizione, che di cuore imparto a voi qui presenti ed a quanti troverete al ritorno nelle vostre case, specialmente alle persone ammalate ed anziane ed ai vostri bambini.  

Al termine del discorso, il Papa, rivolgendosi ai fedeli aretini convenuti in Piazza Vasari aggiunge le seguenti parole.  

Devo confessarvi che, come dappertutto, io sono venuto qui soprattutto per pregare insieme con tutti quelli che pregano. A questa preghiera ci ha introdotto una figura stupenda, Santa Margherita da Cortona, il cui Santuario ho potuto visitare questa mattina, e che per noi rimane non solo un simbolo, ma soprattutto, a tanto tempo dalla sua morte, una testimonianza viva della forza della preghiera. È una forza che fa conversione, che rinnova la persona umana. Rinnova anche gli ambienti. Essa è sempre pronta a rinnovare. La preghiera non passa mai. Essa è sempre, oggi e domani. In nome di Santa Margherita da Cortona, dei tanti altri Santi e Beati che hanno attraversato questa terra benedetta dalla presenza di San Francesco e di Santa Chiara, voglio confermare la semplice verità che la preghiera non è mai di passaggio, ma è dell’oggi e del domani. Fin quando crescerà il mondo, fin quando cresceranno i problemi di questo mondo, fin quando si vedranno le difficoltà di questo mondo, deve crescere, la preghiera, deve essere più impegnata, più elevata dai cuori umani a Dio, perché così è strutturata la nostra realtà creaturale, umana, storica, metafisica e fisica. Tutto ci dice che la preghiera è vincente. Ancora una volta, grazie per la buona accoglienza.

 

 



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