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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI RAPPRESENTANTI DELLE COMUNITÀ EBRAICHE
GIUNTI A ROMA PER IL CONCERTO
COMMEMORATIVO DELLA "SHOAH" 

Sala del Concistoro - Giovedì, 7 aprile 1994

 

Signore e Signori,

Questo è senza dubbio un incontro molto importante, e sono particolarmente lieto di dare il benvenuto all’insigne gruppo di responsabili ebrei e di organizzatori del Concerto commemorativo della “Shoah”, che avrà luogo questa sera nell’Aula Paolo VI in Vaticano. In particolare, do il benvenuto ai superstiti della terribile esperienza dei campi di concentramento che ci onorano con la loro presenza. Rivolgo un saluto anche al Maestro Gilbert Levine, che ha fatto così tanto perché questa manifestazione potesse avere luogo.

La vostra visita non può non ricordarmi il periodo del mio pellegrinaggio ad Auschwitz e a Dachau. Durante il primo anno del mio Pontificato mi sono recato di nuovo ad Auschwitz, e davanti alla lapide commemorativa con iscrizione ebraica ho tentato di esprimere la forte emozione suscitata in me dal “ricordo del Popolo i cui figli e le cui figlie erano destinati allo sterminio totale”. Come dissi in quell’occasione: “Questo Popolo ha la sua origine da Abramo, che è “padre della nostra fede” (cf. Rm 4, 12), come si è espresso Paolo di Tarso. Proprio questo popolo, che ha ricevuto da Dio il comandamento: “non uccidere”, ha provato su se stesso in misura particolare che cosa significa l’uccidere. Davanti a questa lapide non è lecito a nessuno di passare oltre con indifferenza” (Giovanni Paolo II, Omelia al campo di concentramento di Brzezinka, 7 giugno 1979, n. 2: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, II (1979) 1484). Ho usato le stesse parole nel 1986 quando ho visitato la Sinagoga di Roma. Anche in questa città la comunità ebraica ha pagato un prezzo elevato con il sangue per il solo motivo di essere ebrea. Come in quell’occasione, così anche oggi esprimo “una parola di esecrazione per il genocidio decretato durante l’ultima guerra contro il popolo ebreo e che ha portato all’olocausto di milioni di vittime innocenti” (Giovanni Paolo II, Discorso presso la Sinagoga di Roma, 13 aprile 1986, n. 6. Insegnamenti di Giovanni Paolo II, II (1979) 1484).

Il concerto di questa sera è una commemorazione di quei terribili eventi. Le candele che arderanno mentre ascolteremo la musica ci ricorderanno la lunga storia di antisemitismo che ha avuto il suo culmine nella Shoah. Tuttavia non è sufficiente ricordare, poiché nel presente, purtroppo, si verificano nuove e numerose manifestazioni di antisemitismo, di xenofobia e di odio razziale che sono stati i semi di quegli indicibili crimini. L’umanità non può permettere che ciò accada di nuovo.

La nostra comune speranza è che la musica che ascolteremo insieme confermi la nostra decisione di consolidare i buoni rapporti fra le nostre due comunità, affinché con l’aiuto di Dio Onnipotente possiamo operare insieme per impedire il ripetersi di tale atroce male.

Dobbiamo essere profondamente grati a tutti coloro che operano per garantire un riconoscimento più ampio e più completo del “vincolo” e del “comune patrimonio spirituale” che esistono fra gli ebrei e i Cristiani (cf. Dignitatis humanae, 4). In passato, questi vincoli hanno ispirato azioni di coraggiosa solidarietà. A questo proposito, in quanto evento storico, non si può dimenticare che nel mio Paese d’origine, così come in altri Paesi e anche qui a Roma, nei terribili giorni della Shoah, molti cristiani, con i loro Pastori, hanno lottato per aiutare i loro fratelli e le loro sorelle della comunità ebraica, anche a costo della propria vita. Di fronte ai pericoli che minacciano i figli e le figlie della generazione attuale, i cristiani e gli ebrei hanno molto da offrire ad un mondo che lotta per distinguere il bene dal male, un mondo chiamato dal Creatore a difendere e a tutelare la vita, ma anche vulnerabile alle voci che diffondono valori che portano soltanto morte e distruzione.

Che questa sera, ascoltando insieme la musica che verrà eseguita per noi, possiamo tutti essere ispirati a ripetere nei nostri cuori il Canto delle Ascensioni di Davide: “Ecco quanto è buono e quanto è soave che i fratelli vivano insieme!” (Sal 133, 1).

Questo è ciò che auspico per gli ebrei e per i cristiani di ogni luogo. Questa speranza ravviva la mia preghiera per la pace nella Terra Santa che è così vicina a tutti i nostri cuori.

 

© Copyright 1994 - Libreria Editrice Vaticana

       



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