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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
ALL'ASSOCIAZIONE DEI MEDICI CATTOLICI
ITALIANI NEL 50° DI FONDAZIONE

Venerdì, 9 dicembre 1994

 

1. Sono veramente lieto di rivolgere il mio saluto e la mia parola a voi tutti, carissimi Fratelli e Sorelle, riuniti a Roma per ricordare, con pregevoli iniziative - prima fra tutte il vostro ventesimo Congresso Nazionale, del quale saluto gli Illustri Relatori - il cinquantesimo anniversario di fondazione dell’Associazione dei Medici Cattolici Italiani.

Un particolare saluto dirigo al vostro Assistente Ecclesiastico, il Signor Cardinale Fiorenzo Angelini, che dal 1959 condivide con voi la vita dell’Associazione animandola con sempre giovanile entusiasmo, ai Soci Fondatori qui presenti, i Professori Luigi Gedda ed Agostino Maltarello, al vostro Presidente Professor Domenico Di Virgilio, ai membri della Presidenza e del Consiglio Nazionale, ai Delegati Regionali, nonché agli Illustri Soci già Presidenti nazionali.

2. Per misterioso disegno divino, tra le tante grazie di cui il Signore ha voluto arricchire il mio Pontificato, ho avuto anche quella, che ritengo del tutto peculiare, di un particolare rapporto con voi medici. Consentitemi, quindi, di sentirmi “in famiglia” tra voi, di alcuni dei quali ho anche avuto l’opportunità di conoscere direttamente la grande perizia professionale, la profonda umanità, lo spirito di sacrificio e di dedizione.

Citando il passo biblico “Sii deferente al medico, poiché . . . anch’egli è stato istituito da Dio” (Sir 38, 1), il mio venerato predecessore Pio XII, che tanto ebbe a cuore la vostra Associazione, affermava: “Il medico è un dono di Dio; per tale motivo egli ha diritto non solo agli onori ed alla stima degli uomini, ma anche alla loro riconoscenza e alla loro fiducia” (Pio XII, Discorsi e radiomessaggi, XIV, p. 107).

A questo doveroso riconoscimento mi associo di cuore, consapevole e grato di aver potuto anch’io beneficiare di questo “dono di Dio”.

3. Voi vi professate e siete medici cattolici. Come ebbi a ricordare in altra circostanza, “è una qualifica, questa di cattolici, che vi impegna a testimoniare con la parola e con l’esempio la fede in una vita che trascende la vicenda terrena e si colloca in un disegno superiore e divino” (Insegnamenti di Giovanni Paolo II, V/3 [1982] 675).

La vostra opera, quindi, è una forma privilegiata di solidarietà umana e di testimonianza cristiana. Voi qualificate il vostro lavoro arricchendolo con lo spirito di fede. Questo non compromette la vostra collaborazione con coloro che - forse in una diversa prospettiva religiosa o senza alcuna opinione certa sulle questioni religiose - riconoscono la dignità e l’eccellenza della persona umana quale criterio della loro attività. La Chiesa è per la vita e la sua preoccupazione è che nulla sia contro la vita nella realtà di una esistenza concreta, per quanto debole o priva di difese, per quanto non sviluppata o poco avanzata.

Essere medici cattolici, quindi, è sentirsi operatori sanitari che dalla fede e dalla comunione con la Chiesa ricevono sprone a rendere sempre più matura la propria formazione cristiana e professionale, infaticabile la propria dedizione, inesauribile il bisogno di penetrare e conoscere - secondo la preziosa indicazione della Humanae vitae (cf. Paolo VI, Humanae Vitae, n. 24) - le leggi della natura per meglio servire la vita.

4. Conosco la fedeltà, il coraggio, la coerenza con cui la vostra Associazione, nel corso dei suoi cinquant’anni di vita, ha tenuto fede al suo impegno cattolico rispettando rigorosamente la finalità statutaria di recepire, attuare e diffondere l’insegnamento della Chiesa e le direttive del suo Magistero nel campo medico-morale. Questo, che avete sempre considerato come il vostro criterio di riconoscimento, ha dato prove esemplari ogni qual volta siete stati chiamati ad offrire la vostra collaborazione all’azione ministeriale e pastorale della Chiesa nel difendere la vita umana dal suo concepimento fino al suo termine naturale, la qualità dell’esistenza, il rispetto dei più deboli, l’umanizzazione della medicina e la sua piena socializzazione. Questa fedeltà ha richiesto e richiede sacrifici che, in particolari circostanze, possono giungere all’eroismo, come quando il servizio alla verità vi obbliga alla doverosa obiezione di coscienza.

5. La Chiesa è consapevole dell’importanza della vostra partecipazione attiva alla sua vita e alla sua missione. Tale azione - come ha dichiarato il Concilio Vaticano II - è “talmente necessaria che, senza di essa, lo stesso apostolato dei Pastori non può per lo più raggiungere la sua piena efficacia” (Apostolicam actuositatem, 10). Oggi particolarmente si avverte la necessità e l’urgenza che questa azione si presenti con carattere di inconfondibile chiarezza sul piano sia della testimonianza personale che della testimonianza associativa.

La Carta degli Operatori Sanitari, recentemente pubblicata dal Pontificio Consiglio della Pastorale per gli Operatori Sanitari dopo diligente e meditata preparazione, traccia con grande chiarezza di lineamenti la figura di chi (medico, farmacista, infermiere religioso o laico, volontario dell’assistenza sanitaria) è chiamato a svolgere la sua professione nella realtà attuale, contrassegnata dal crescente ed obbligato coinvolgimento nei complessi problemi della bioetica.

La Chiesa ha dettato, al riguardo, chiare direttive. L’impegno del medico, che si professa cattolico e che vuole far parte di una Associazione riconosciuta dall’Autorità ecclesiastica quale forma di apostolato dei laici, non può non comportare l’accettazione di una norma statutaria che contempla l’adesione piena e costante ai principi della dottrina cattolica e alle direttive del magistero della Chiesa particolarmente in materia di bioetica.

6. La fedeltà alle direttive del Magistero è stata nel passato salvaguardia di unità, fattore di crescita, qualifica di coerenza e criterio di riconoscimento della vostra Associazione. Deve continuare ad esserlo anche per il futuro. Ciò è tanto più necessario in un tempo in cui la vostra testimonianza è chiamata a farsi trasparente e inconfondibile, nella sicurezza che la Chiesa è accanto alla scienza nella sua incessante ricerca. Infatti “lo sviluppo della scienza e della tecnica, splendida testimonianza della capacità dell’intelligenza e della tenacia degli uomini, non dispensa dagli interrogativi religiosi ultimi l’umanità, ma piuttosto la stimola ad affrontare le lotte più dolorose e decisive, quelle del cuore e della coscienza morale” (Giovanni Paolo II, Veritatis splendor, 1).

Nessuno scontro, quindi, tra scienza e fede nel campo della ricerca e della prassi medica di fronte alle sfide della bioetica, ma piuttosto fecondo incontro, propiziato dalla comune finalità di celebrare nell’uomo quella vita che è dono di Dio. In questo senso, il vostro servizio alla vita diventa una forma qualificante di apostolato che ben può inserirsi nell’impegno della nuova evangelizzazione. Perciò, dieci anni orsono volli istituire il Pontificio Consiglio della Pastorale per gli Operatori Sanitari che, per esplicita finalità, recepisce e dilata, sul piano della pastorale sanitaria, la testimonianza cristiana resa sia da voi medici cattolici sia da tutti coloro che operano nel campo della sanità e della salute (cf. Giovanni Paolo II, Dolentium hominum, 6). Considerate, quindi, il Pontificio Consiglio come il vostro Dicastero, il primo e più efficace referente della dimensione apostolica del vostro impegno di medici cattolici, particolarmente per quanto riguarda il sempre più stretto ed efficace coordinamento con le altre Associazioni internazionali e nazionali di Medici cattolici.

7. La vostra Associazione gode di una sorta di primogenitura anagrafica rispetto alle Associazioni consimili via via sorte nel mondo. Sul vostro esempio, ed anche per vostra sollecitudine, si costituirono la Federazione Europea delle Associazioni dei Medici Cattolici (FEAMC) e la Federazione Internazionale delle Associazioni dei Medici Cattolici (FIAMC) all’interno delle quali voi siete autorevolmente rappresentati.

Questo vi impegna ad essere di esempio nell’esercizio della professione. Molti occhi sono puntati su di voi. Le vostre parole, i vostri gesti, i vostri consigli, le vostre scelte hanno un’eco che travalica il campo strettamente professionale e diventa, se coerente, testimonianza di fede vissuta. La professione assurge così alla dignità di vero e proprio apostolato. Vi è infatti - come rilevavo già anni addietro - “una necessaria interazione tra esercizio della professione medica ed azione pastorale, poiché unico oggetto di entrambe è l’uomo, colto nella sua dignità di figlio di Dio, di fratello bisognoso al pari di noi di aiuto e di conforto” (Insegnamenti di Giovanni Paolo II, V/3 [1982] 676). E questo si conferma particolarmente vero nei settori più strettamente connessi con la promozione e la difesa della vita, ove sono in gioco leggi che ne regolano la trasmissione e la salvaguardia.

8. I cinquant’anni di vita della vostra benemerita Associazione siano sentiti da tutti non come un semplice dato storico, ma come una tappa significativa che vi impegna ad un ulteriore cammino di crescita e di maturazione per poter assumere, in un mondo sempre più socializzato, compiti progressivamente più delicati e complessi. Apritevi alla collaborazione con tutte le persone e le istituzioni che con voi condividono l’amore alla vita e si adoperano per servirla nella sua dignità, sacralità e inviolabilità. In particolare, sappiate armonizzare i vostri sforzi con quelli dei sacerdoti, dei religiosi e delle religiose e di tutti gli operatori della pastorale sanitaria, ponendovi insieme con loro accanto alle persone che soffrono: esse hanno grande bisogno dell’apporto vostro e loro. Siate ministri, oltre che di cure, di fraterna carità, trasmettendo a quanti avvicinate, con l’apporto delle vostre conoscenze, la ricchezza del vostro “cuore”.

L’augurio cordiale, che porgo singolarmente a ciascuno di voi, è che sappiate essere accanto a coloro che assistete con la stessa premura con cui alcuni di voi sono stati accanto a me quando ho avuto bisogno delle loro cure. Insieme alla scuola della sofferenza assegnatami da Dio, ho potuto frequentare la scuola di umanità di cui i medici che mi hanno assistito sono stati veri maestri.

La Vergine Santissima, che la vostra Associazione venera particolarmente come “Salus Infirmorum” e “Mater Scientiae”, benedica i propositi con i quali - a ricordo efficace dei vostri primi cinquant’anni di vita - intendete predisporre l’azione futura.

In pegno di questo cordiale augurio e con l’implorazione dell’assistenza divina su voi, sui vostri familiari, sull’intera Associazione dei Medici Cattolici Italiani, a tutti imparto la mia affettuosa benedizione.

 

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