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VISITA PASTORALE ALLA PARROCCHIA
ROMANA DI SANTA MARIA IN VIA

DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II

Domenica, 20 febbraio 1994

 

Sia lodato Gesù Cristo!

Edoardo con poche parole ha detto tutto, anch’io sono felice di essere qui in questo Centro di Roma, in questa parrocchia così ricca di tradizioni, così benedetta da Dio e protetta dalla Madonna, Maria in Via. Poi c’è questo pozzo da cui abbiamo bevuto.

Vi auguro a tutti di essere buoni ragazzi, ragazzini, bambini, giovani, nelle vostre famiglie. E lo dico perché la famiglia è questo ambiente in cui cresce ciascuno di noi, anche il Figlio di Dio, anche Gesù, ha voluto crescere nella famiglia, attraverso la famiglia. La famiglia è la prima scuola, la prima catechesi, prima di andare a scuola elementare, poi media, si fa questa scuola domestica della famiglia dove s’impara tanto e s’imparano anche le verità più profonde su Dio Padre, su Gesù Cristo Redentore nostro, questo Cristo che ha voluto essere tentato, come ricordiamo oggi, e poi ha voluto soffrire, ha preso sulle spalle la croce, è morto crocifisso, per portarci la vita, per rivelarci la vita eterna, la vita divina e poi darci questa vita, offrirci questa vita.

Allora vi auguro che veramente la scuola, soprattutto questa scuola domestica, questa chiesa domestica, sia per voi l’ambiente della prima evangelizzazione. Ringrazio i parenti, i genitori, come anche i catechisti, i vostri sacerdoti, per tutto quello che fanno per costruire la chiesa parrocchiale cominciando dall’inizio, dal Battesimo, il primo Sacramento che c’introduce nel Mistero di Cristo.

Vorrei offrire a tutti una benedizione. Vi auguro una buona Quaresima e una buona Pasqua.

Alle associazioni laicali

Cosa posso dire alla fine di questa visita? Questo è l’incontro conclusivo. Devo dire che è una parrocchia interessantissima. Io ho visitato già più di 200 parrocchie romane, soprattutto nella nuova Roma, nelle periferie. Roma cresce, il Signore ci elargisce sempre. Qualche volta m’invitano anche in questa vecchia città di Roma, sempre sono parrocchie interessantissime, come territorio e come tradizione. Forse i nostri fratelli Ortodossi ci obiettano un po’ che noi siamo troppo attaccati al mistero della Incarnazione. Loro sono pasquali, “Cristo è risorto”: questo è il centro, anche il giusto centro, della loro religiosità, della loro spiritualità, della loro liturgia.

Ma possiamo dire, carissimi fratelli, non sarebbe risorto se non fosse nato a Betlemme. E allora questo attaccamento alla sua nascita, al suo Natale, si esprime qui in Italia con tanti presepi. Io ammiro questa tradizione italiana, napoletana, si vede qui romana, siciliana, e di tante altre terre. Io conosco naturalmente anche la tradizione propria della mia patria, poi noi polacchi siamo specialmente ricchi nei canti natalizi.

Ma qui si vede questo attaccamento al mistero della Incarnazione, questo mistero tanto profondo, tanto umano se lo prendiamo nella descrizione di San Luca e tanto profondo se lo prendiamo nel Prologo di Giovanni: “Verbum caro factum est et abitavit in nobis”.

Allora questa parrocchia non può essere vecchia. È anziana, ma anziana sembra che la chiesa viene dai templi barocchi, post-rinascimentali, del XVI secolo, non è tra le Basiliche e tra le chiese romane la più anziana, ma certamente che è anziana se si paragona con le chiese delle periferie che frequento quasi ogni settimana, ogni domenica, con la grazia del Cardinale che mi conduce. Prima mi conduceva il Cardinale Poletti adesso il Cardinale Ruini e mi distribuiscono un po’ queste parrocchie di Roma cercando fin quando questo Papa ancora riuscirà a frequentarle, a visitarle. Ma è un compito direi ambizioso perché sono più di 300 parrocchie. Era più facile per i miei Predecessori, anche per Pio X, erano 80 parrocchie. Allora io sarei per tre volte visitatore di tutte.

Io vorrei solamente augurarvi una continuazione buona, un grande amore per questo mistero della Incarnazione, per questa vostra comunità, per questa tradizione dei Servi di Maria. È una tradizione stupenda, tipicamente italiana, una delle ricchezze della vostra storia religiosa, della vostra cultura cristiana, una delle ricchezze del vostro apostolato. Come lo sono anche altre Congregazioni religiose maschili e poi anche le Congregazioni femminili che si vedono qui.

Vi auguro di rimanere con questo amore perché l’amore vince sempre e ci attira sempre. Voi siete una piccola comunità, intorno ai mille parrocchiani, ma tanti che vengono, tanti pellegrini, certamente Roma è meta di pellegrinaggi dal mondo, che cosa cercano qui? Solamente le memorie? Sì, “memores Domini”. Ma cercano soprattutto l’amore che fa Roma. Anche un poeta polacco ha detto: se dici Roma ti risponde “Amor”. Se lo leggiamo dalla fine all’inizio si dice “Amor”. Allora auguro a tutti noi romani, anche a questo romano di adozione che è il Papa venuto da lontano, questo “Amor”, questo amore che fa Roma, fa la sua storia, la sua vera tradizione, la sua elezione. Come questo semplice pescatore di Galilea ha saputo, se fosse stato Paolo si capirebbe meglio, ma come questo pescatore di Palestina, questo Simon Pietro, ha saputo che doveva andare a Roma? Non ad Atene, a Roma. Certamente era la Capitale dell’impero, poi grazie a lui è rimasta Capitale della Chiesa, della Cristianità, del mondo cristiano, dell’universo. Quanti vengono a Roma! Basta vedere il mercoledì alle Udienze generali: quanti asiatici, giapponesi, coreani, tutti. Roma rimane sempre questo punto di attrazione perché rappresenta questo amore. Amore supremo, amore che si dona, amore di Dio Padre e Figlio e Spirito Santo, amore trinitario, amore incarnato.

Auguro tutto il bene alla comunità, alle vostre famiglie, a tutte le generazioni. Si cominciano sempre le visite con i bambini, come anche qui, e si finisce con i giovani. Qui tutti sono i giovani.

 

© Copyright 1994 - Libreria Editrice Vaticana

 



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