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VISITA PASTORALE ALLA PARROCCHIA
ROMANA DI SANTA GEMMA GALGANI

DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II

Domenica, 30 gennaio 1994

 

Ai bambini

Voi vi preparate alla prima comunione e con voi si preparano anche le vostre mamme, i papà, gli insegnanti, le suore, tutti. È un grande momento nella vita di tutti, di un bambino sì ma anche di tutti, anche se fosse un vecchietto perché è un gran momento. Perché è così grande? È grande perché in questo momento Gesù viene a noi personalmente benché lo faccia attraverso le Specie, il Sacramento, il Pane, il Vino; soprattutto Pane perché la comunione si riceve nella forma del pane. Gesù dunque viene personalmente da noi e ci domanda, come ha domandato a Pietro: mi ami tu? Voi studiate tante cose: il catechismo, la Bibbia, il Vecchio e il Nuovo Testamento ma è più importante la risposta che dovete dare. La comunione sempre, ma soprattutto la Prima Comunione, è il momento in cui Gesù ci pone questa domanda: mi ami tu? e aspetta da noi la stessa risposta che ha ricevuto da Pietro. Pietro ha detto “Signore tu sai tutto, tu sai che io ti amo”. Allora nel momento della Prima Comunione Gesù aspetta la risposta da voi, da ciascuno di voi. Aspetta di sentirsi dire “Signore tu sai che io ti amo”. Si tratta di una risposta decisiva. Certo poi corre la vita, gli anni aumentano, crescono le difficoltà. Tutto questo è vero: ma se questa risposta di un ragazzino di 7-8 anni è sincera allora rimane per tutta la vita. E poi saprà tornare sempre alla stessa domanda di Gesù e saprà trovare sempre la stessa risposta. Saprà tornare alla domanda di Gesù perché questa domanda la si fa a tutti in ogni momento della vita fino alla morte. È tanto importante che noi siamo capaci di dare sempre la stessa risposta, soprattutto nell’ultimo momento della nostra vita. È questo che auguro a voi, cari ragazzi; ma lo auguro anche a voi cari genitori, a voi tutti qui presenti, a tutta la parrocchia: sappiate sempre dare questa risposta, come la sapeva dare Santa Gemma Galgani, la patrona di questa parrocchia. E poi vi auguro una buona domenica ed un buon anno perché lo abbiamo già iniziato; siamo alla fine di gennaio, io vi auguro tutto il bene possibile da Dio ma soprattutto dagli uomini. Ve lo auguro per le vostre famiglie, per la vostra comunità parrocchiale; ve lo auguro per tutta la città di Roma, per l’Italia e per tutto il mondo. Vi ringrazio e vi do la benedizione apostolica ereditata da Pietro da ogni Papa.

Al Consiglio Pastorale

Roma è veramente una meraviglia del mondo. Lo è in tanti sensi ma lo è soprattutto nel senso che Dio le ha dato, l’unica città del mondo alla quale ha dato il privilegio di essere la Sede Apostolica, di essere Chiesa fondata sugli Apostoli e martiri Pietro e Paolo e su tanti altri sino ai nostri tempi. E non ultima Santa Gemma Galgani, la patrona della vostra parrocchia. Io vi ringrazio, fratelli carissimi, di essere Consiglio Pastorale. Vuol dire che tutti siamo partecipi della missione pastorale di Cristo, tutti noi: il Vescovo di Roma, i Cardinali, i Vescovi, i sacerdoti, le persone consacrate, ma anche tutti voi laici. Tutti sono partecipi di questa missione pastorale di Cristo che vuole abbracciare tutti. Così si spiega la natura stessa della Chiesa e di ogni parrocchia nella Chiesa perché ogni parrocchia fa Chiesa, Chiesa di Roma ma anche Chiesa universale. Nello stesso tempo la Chiesa fa ogni parrocchia, si può dire che il mistero della Chiesa, il mistero profondo della Chiesa, il mistero redentore risplende in ogni comunità parrocchiale. Vi ringrazio di essere consultori e collaboratori del vostro parroco amatissimo. La parrocchia è sempre un impegno, una sfida. Certamente la vostra parrocchia è una sfida grande e difficile. Mi avete parlato di tanti problemi, ma noi guardiamo sempre oltre, come abbiamo guardato oltre domenica scorsa pregando per la pace nei Balcani. Guardiamo oltre: il mondo è un sfida, il mondo contemporaneo è una sfida. Il mondo è magnifico, come diceva Paolo VI nel suo testamento spirituale, ma nello stesso tempo è un mondo tragico, un mondo difficile. Si devono sentire le difficoltà del mondo contemporaneo, così splendido, così sviluppato ma nello stesso tempo così sofferente e così tragico.

Voi dunque siete collaboratori, tutti i parrocchiani sono collaboratori, tutti gli uomini e le donne di buona volontà, ma voi siete i protagonisti. Questo è il senso proprio del Consiglio pastorale di una parrocchia, un’espressione dell’apostolato dei laici intorno al parroco, ai sacerdoti, al Vescovo. L’espressione del loro apostolato sono le attività salvifiche. Paolo ha scritto che siamo collaboratori di Dio. Sono tante le espressioni della collaborazione con Dio nella famiglia, nei campi di lavoro, nei diversi ambienti che incontriamo. Vi auguro di essere buoni collaboratori di Dio. Vorrei augurare un buon anno a tutti i presenti, a tutte le vostre famiglie.

Ai giovani

È un bene che ci incontriamo proprio oggi, il 30 gennaio, in una domenica. Domani la Chiesa commemora infatti un Santo che voi tutti conoscete, era San Giovanni Bosco. Era italiano, piemontese. È vissuto nel secolo scorso ma è molto attuale e molto moderno. Vive sempre nei suoi figli ed anche nelle sue figlie, anche se si occupava soprattutto dei ragazzi, vive sempre nelle sue comunità, nelle parrocchie, nelle missioni. Questa grande famiglia salesiana cresce nel mondo e dà prova della realtà giovanile del mondo. Ci voleva un santo che camminasse con i giovani; con i giovani facili e con i giovani difficili, anzi più con i giovani difficili. Dicono qualche volta che i giovani sono difficili. Dicono che i giovani di oggi sono difficili. Ma non è vero: io dico che i giovani di oggi sono facili, tanto facili. Anzi a me, al Papa, facilitano molto la vita. Dopo aver maturato tante esperienze dico che i giovani rendono la vita più facile. Dopo l’esperienza di Denver lo devono dire tutti, anche gli americani, non solo gli italiani.

Sarebbe contento San Giovanni Bosco dei nostri incontri mondiali, ma anche di quelli parrocchiali con i giovani. Vedrebbe molto bene che l’ispirazione del suo amore per i giovani non è rimasta vuota, non è andata perduta ma continua ad operare. Carissimi, io vi ringrazio per l’accoglienza che mi avete riservato. Siete la gioventù di questa parrocchia, di questa comunità. Questa parrocchia è vostra, come è di ogni parrocchiano più adulto, più anziano, anche dei bambini. È vostra nel senso che aspetta il vostro contributo, un contributo giovanile. Cosa possono portare i giovani ad una parrocchia, ad una comunità cristiana? Possono portare anche i loro dubbi, le loro difficoltà, ma soprattutto possono portare la loro gioventù, la loro creatività. I giovani sono molto creativi. Voi vivete in questo periodo in cui l’uomo ha ricevuto tanti doni da Dio e dunque è più creativo, crea se stesso, cerca un progetto della propria vita, come ho scritto nella lettera ai giovani di dieci o dodici anni fa. Questa creatività tocca la persona, la sua identità, un’identità umana e cristiana. Questo è il vostro contributo; ma non è isolato, non è individualistico: è sempre in comunione, è sempre per gli altri perché non si vive per se stessi, si vive per gli altri. E quando si vive per gli altri, per il prossimo, per i vicini si vive di più per se stessi. Questo è il mistero, questo è il segreto del Vangelo. Dovete imparare bene questo segreto del Vangelo e mi auguro che San Giovanni Bosco vi aiuti ad essere creativi in questo modo, cioè nel senso evangelico, nel senso cristiano. Io ho detto recentemente, scrivendo ai Vescovi italiani, che l’Italia è molto ricca, anche con le sue difficoltà è molto ricca; la ricchezza viene dalle sue esperienze storiche, dalle sue opere, dalla sua grande cultura, dalle sue grandi tradizioni artistiche. Basta guardarci intorno per sincerarsene. Ma è anche ricca per lo spirito degli italiani, per lo spirito dei suoi giovani e deve guardare con speranza al suo futuro.

Auguro anche a voi, giovani italiani, di guardare con speranza al futuro della vostra Patria.

 

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