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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI VESCOVI DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Aula del Sinodo - Giovedì, 25 maggio 1995

 

1. A Gesù Cristo, “il testimone fedele, il primogenito dei morti e il principe dei re della terra”, a Lui “che ci ama e ci ha liberati dai nostri peccati con il suo sangue, che ha fatto di noi un regno di sacerdoti per il suo Dio e Padre, la gloria e la potenza nei secoli dei secoli. Amen” (Ap 1, 5-6).

Carissimi Fratelli nell’episcopato, la lode al Cristo risorto sale dai nostri cuori e risuona sulle nostre labbra, nella gioia di questo rinnovato incontro. Il mistero dell’Ascensione del Signore che la liturgia ci invita oggi a contemplare, arricchisce di significati profondi il saluto con cui intendo manifestare il mio grande affetto verso le Chiese che sono in Italia e che voi qui rappresentate. Guardando Gesù che sale a prendere il suo posto accanto al Padre, noi riaffermiamo l’impegno del servizio al popolo italiano, grande nelle sue tradizioni religiose ed insieme bisognoso di sentire di nuovo il Vangelo di sempre.

Ma come è possibile questo? Quali sono le vie che la Provvidenza sta aprendo alle nostre comunità ecclesiali in Italia, in questo “Tertio Millennio adveniente”? A quali scelte di fedeltà e di coraggio creativo ci chiama Colui che dice: “Ecco, io faccio nuove tutte le cose” (Ap 21, 5)? In questi giorni, la vostra Assemblea s’è posta in ascolto di “ciò che lo Spirito dice alle Chiese” (Ap 2, 7) sulle sfide della nuova evangelizzazione e sta ora cercando di concretizzare le linee operative opportune per un’efficace azione pastorale.

2. Indicazioni illuminanti al riguardo possono essere tratte dall’esperienza delle prime comunità cristiane. In questo tempo pasquale la liturgia, attraverso le pagine della Scrittura, ci presenta alcuni momenti significativi della loro esistenza, rilevandone il costante riferimento agli eventi pasquali. In particolare, essa ci riporta all’effusione rinnovatrice dello Spirito ed ai momenti essenziali e qualificanti dell’ascolto della Parola dalla bocca degli Apostoli, della frazione del Pane nell’Eucaristia, della vita di comunione e della diaconia della carità (cf. At 2, 42-48). Questo stile di vita, permeato di “letizia e di semplicità di cuore” (At 2, 46), ha in sé quella carica missionaria che si sprigiona irresistibilmente dalla risurrezione di Gesù. Scrive infatti Luca: “Con grande forza gli apostoli rendevano testimonianza della risurrezione del Signore Gesù e tutti essi godevano di grande simpatia” (At 4, 33), anzi tutta la comunità cristiana godeva della “simpatia di tutto il popolo” (At 2, 47). Non a caso l’evangelista può annotare: “Intanto il Signore ogni giorno aggiungeva alla comunità quelli che erano salvati” (At 2, 48).

È dono dello Spirito e compito che Egli ci affida celebrare oggi la Risurrezione non solo nel rito liturgico, ma anche mostrando al mondo che ci circonda – come allora fecero gli Apostoli e i primi fedeli – segni concreti di risurrezione, ossia comunità che, proprio incontrando nella Parola e nel Pane la presenza di Gesù risorto, operano per diffonderne il messaggio nel mondo, contribuendo anche alla crescita di una nuova società, strutturata secondo le esigenze dell’amore.

3. Il ricordo di ciò che avvenne all’inizio della Chiesa non deve, tuttavia, indurci ad un ripiegamento nostalgico sull’opera allora compiuta dal Signore. Esso deve piuttosto impegnarci a riconoscerlo e ad incontrarlo nel presente come “Colui che era, che è e che viene” (Ap 1, 8), perché “Gesù Cristo è lo stesso ieri, oggi e sempre!” (Eb 13, 8).

Il traguardo spirituale del grande Giubileo, che non può non segnare in profondità il lavoro pastorale della Chiesa in Italia, richiama, come ho scritto nella Lettera Tertio Millennio Adveniente, “il compito urgente di offrire nuovamente agli uomini e alle donne dell’Europa il messaggio liberante del Vangelo” (n. 57).

Fate dunque bene a riflettere da Pastori sul rapporto fede-cultura, giacché è proprio della cultura essere uno dei “luoghi” caratteristici in cui il Verbo si fa presente e operante in mezzo a noi. E quali e quanti siano i bisogni e le urgenze, le difficoltà e le resistenze, ma anche le sensibilità e le disponibilità per un rinnovamento culturale di questa società italiana, è a tutti voi ben noto. Urge riproporre all’uomo di oggi la piena verità su se stesso, quella che risiede nella sua natura di essere creato ad immagine di Dio e chiamato perciò a trovare in Lui soltanto piena risposta alla fame e alla sete di libertà e di solidarietà presenti nel suo cuore. Possa il vostro impegno episcopale esprimersi con unità di intenti, coraggio di decisione, fiducia illimitata in Dio e cordiale dialogo con le persone del nostro tempo!

4. Mi rallegro, a questo proposito, per la pubblicazione da parte della CEI del Catechismo degli adulti: La verità vi farà liberi. Il testo, attento e fedele alle indicazioni del Catechismo della Chiesa Cattolica, fondamento e “punto di riferimento per i catechismi e compendi che vengono preparati nei diversi paesi” (CCC, 11), costituisce un prezioso e valido strumento per l’inculturazione della fede in Italia.

La corale partecipazione di tutto l’Episcopato al lungo cammino della sua redazione e l’approvazione della Santa Sede gli conferiscono singolare autorevolezza. Esso, pertanto, s’impone, unitamente e in modo coordinato con il Catechismo della Chiesa Cattolica, a tutte le comunità ecclesiali in Italia come libro della fede per gli adulti. Condivido con voi l’auspicio che il nuovo volume costituisca un valido sussidio per la catechesi degli adulti, e più in generale per la loro formazione: resta questa, infatti, la preoccupazione primaria e centrale dell’impegno pastorale in ogni epoca.

5. Tra gli avvenimenti più rilevanti della Chiesa italiana in questo 1995 si colloca certamente il prossimo Convegno ecclesiale di Palermo. Giustamente voi gli attribuite grande importanza, e vi sforzate di sensibilizzare alle problematiche che esso affronterà tutte le comunità cristiane ed anzi, in certo modo, tutto il Paese. I Convegni ecclesiali hanno scandito le varie fasi del progetto pastorale che, a partire dagli anni ‘70, vede impegnata la Chiesa in Italia. Ora, a Palermo, avete il fondamentale obiettivo di ridefinire, con la grazia dello Spirito del Risorto, l’identità e la presenza della Chiesa nell’attuale contesto storico italiano. Il tema scelto, “Il Vangelo della carità per una nuova società in Italia”, è prospettiva di grande respiro, che bene esplicita e incarna nella situazione italiana quell’Evangelium Vitae che ho voluto riproporre ai cristiani e ad ogni uomo di buona volontà.

In particolare, merita di essere sottolineato il rapporto tra le esigenze della libertà, l’affermazione della giustizia e la ricerca della solidarietà, su cui voi intendete insistere vedendovi un dono ed un’esigenza del Vangelo della carità. Il primo atto della solidarietà cristiana, infatti, sta nel riconoscere a ciascuno la sua dignità di uomo e di figlio di Dio, secondo i suoi diritti e doveri. Libertà e giustizia, d’altra parte, richiedono l’esercizio di una effettiva e generosa solidarietà, così che i diritti e i doveri di tutti possano essere rispettati.

A Dio piacendo, avrò la gioia di essere con voi a Palermo. Intanto, in questa come in ogni altra esperienza di Chiesa, non possiamo non affidarci allo Spirito Santo, perché apra mente e cuore di ciascuno infondendo il discernimento e il coraggio necessari per cogliere la volontà di Dio nel momento presente. A questo scopo mira la preghiera espressamente composta per il Convegno di Palermo.

6. Il riferimento alla preghiera ci rammenta che la storia della salvezza è anche storia della preghiera. Così è stato già nell’antico Testamento per le grandi figure del popolo eletto, dai patriarchi a Mosè ed ai profeti. Così è stato anche nel Nuovo Testamento, per Maria, per Pietro, per Paolo, per l’intera comunità dei tempi apostolici.

Il Grande Giubileo, che confessa e celebra l’ingresso del Figlio di Dio nel tempo “propter nos homines et propter nostram salutem”, è per se stesso un invito a ripercorrere nella preghiera i diversi momenti del mistero della salvezza, deciso dall’amore del Padre, attuato nel sacrificio generoso del Figlio, reso perennemente operante mediante l’effusione dello Spirito.

Qui in Italia, poi, il cammino della Chiesa durante lo scorso anno è stato accompagnato dalla “grande preghiera” del popolo di Dio. Questa esperienza deve continuare, perché molte incognite permangono e le difficoltà sono tutt’altro che superate. Più volte ho avuto occasione di esprimere la mia ammirazione per le tante qualità del popolo italiano e per la ricchezza del suo patrimonio civile e religioso. Oggi, di fronte alle difficoltà economiche, sociali e politiche che il Paese attraversa, esprimo il mio cordiale incoraggiamento e nello spirito della “Grande Preghiera”, sottolineo ancora una volta quanto prezioso sia l’apporto dei valori cristiani per l’edificazione di una società veramente degna dell’uomo. Per una proposta convincente del messaggio evangelico nel mondo di oggi è, però, necessario che ciascun membro del popolo di Dio ricuperi e mantenga una solida spiritualità così da discernere in chiave evangelica i segni del bene e del male ed avere forza interiore sufficiente per affrontare senza paure le situazioni inedite e le diverse sfide che il mondo contemporaneo presenta. Solo così sarà possibile proporre in maniera incisiva il “Vangelo della vita” ottenendo sui valori fondamentali il consenso e la collaborazione anche di chi non condivide la stessa visione di fede. “Il popolo della vita – ho scritto nella recente Enciclica – gioisce di poter condividere con tanti altri il suo impegno, così che sempre più numeroso sia “il popolo per la vita” e la nuova cultura dell’amore e della solidarietà possa crescere per il vero bene della città degli uomini” (Evangelium Vitae, 101). Nel cuore di questa “Grande Preghiera”, accanto e di fronte a noi incontriamo Maria, protagonista silenziosa ed efficace dello schiudersi del terzo millennio, come lo fu degli inizi del primo.

7. Non posso tralasciare di ricordare che in questa Assemblea Generale siete chiamati a svolgere – secondo lo statuto della CEI – gli impegni di avvicendamento delle responsabilità e dunque la nomina di quanti svolgeranno un compito nei diversi organismi. Mentre esprimo viva riconoscenza al Presidente della Conferenza Episcopale, Cardinale Camillo Ruini, per la dedizione e la saggezza con cui svolge il suo impegnativo compito, ringrazio tutti coloro che ora concludono il loro mandato ed in particolare esprimo grato apprezzamento ai due Vicepresidenti uscenti, i Cardinali Silvano Piovanelli e Giovanni Saldarini, come pure ai Presidenti ed ai Membri delle diverse Commissioni. Un vivo ringraziamento rivolgo al Segretario Generale, Monsignor Dionigi Tettamanzi, ora chiamato ad esercitare il suo servizio pastorale nella Arcidiocesi di Genova, e con lui mi congratulo per la nomina a Vicepresidente; nomina che egli condivide con Monsignor Alberto Ablondi, al quale pure vanno le mie felicitazioni e i miei auguri.

Con affetto saluto il nuovo Segretario Generale, Monsignor Ennio Antonelli, finora Arcivescovo di Perugia, incoraggiandolo a mettere le proprie doti umane e pastorali a piena disposizione della Conferenza Episcopale Italiana. Porgo infine voti augurali anche ai nuovi Presidenti delle Commissioni Episcopali per il servizio che si apprestano ad offrire alle Chiese che sono in Italia.

Vedo nel rinnovamento di tali periodici incarichi un’opportuna occasione per approfondire la coscienza della comunione episcopale ed il senso di servizio che ogni Vescovo deve coltivare anche verso le porzioni del Popolo di Dio affidate agli altri Pastori. Il vincolo di unità sentita ed operosa, che in tale modo traspare, riveste un valore esemplare, che si rivela tanto più utile quanto maggiore è la frammentazione sociale e culturale del contesto in cui viviamo.

8. Le scelte pastorali a cui vi siete impegnati sono esigenti. Non mancheranno, certo, le difficoltà nel servire il Vangelo in un mondo non di rado sordo o indifferente al dono di Gesù Cristo. Abbiamo bisogno tutti di una grande fede, tanto intraprendente quanto paziente e tranquilla (cf. Sal 131, 2-3).

Il Cristo dell’Apocalisse, icona biblica che guida il cammino delle Chiese in Italia verso il Convegno ecclesiale di Palermo, è per tutti noi certezza di vittoria, splendore di luce che viene ad abbattere le tenebre del mondo. In Cristo confermiamo la nostra fede e insieme lo invochiamo: “Amen. Vieni, Signore Gesù. La grazia del Signore Gesù sia con tutti voi. Amen” (Ap 22, 20).

Con tali sentimenti ed auspici, benedico di cuore ciascuno di voi e quanti sono affidati alle vostre cure pastorali.

 

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