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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI PARTECIPANTI ALLA PLENARIA DEL PONTIFICIO CONSIGLIO
PER LA PROMOZIONE DELL’UNITÀ DEI CRISTIANI

Venerdì, 17 novembre 1995

 

Signor Cardinale,
Cari Amici,

1. Sono felice di ricevervi a conclusione della plenaria del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’unità dei Cristiani, cui avete preso parte. Desidero esprimervi quanto mi sia sentito a voi vicino allorquando, attraverso il lavoro da voi svolto nel Consiglio; avete espresso la volontà di restare fedeli alla parola del Signore e di collaborare tutti insieme perché si possa realizzare la sua preghiera: “Siano anch’essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato” (Gv 17, 21).

Desidero ringraziare di tutto cuore il cardinale Edward Idris Cassidy, vostro Presidente, per le parole or ora rivoltemi e per le notizie comunicatemi sul lavoro da voi compiuto nel corso di questa settimana.

2. La vostra riunione ha avuto luogo dopo la pubblicazione di una serie di importanti documenti sull’ecumenismo e sulle sue implicazioni, sia nella Chiesa cattolica che nei nostri rapporti con i Fratelli delle altre Chiese e Comunità ecclesiali, l’impegno cristiano dei quali trova il nostro profondo apprezzamento. Con tutti loro desideriamo avere sempre maggiori contatti per incamminarci insieme verso il grande Giubileo dell’anno 2000.

Il Direttorio per l’applicazione dei principi e delle norme sull’ecumenismo, pubblicato, con mia approvazione, nel 1993 dal Pontificio Consiglio per la Promozione dell’unità dei Cristiani, rappresenta per tutti i cattolici una guida sicura e illuminante, permettendo che il nostra cammino verso l’unità si compia nell’armonia e per strade che possano realmente condurre a questa meta. Da parte mia ho voluto, trenta anni dopo la promulgazione del decreto conciliare Unitatis Redintegratio, confermare e approfondire questo orientamento con la pubblicazione dell’enciclica Ut unum sint e col ribadire così la validità dei principi stabiliti dal Concilio per l’impegno ecumenico della Chiesa cattolica. E stata questa anche l’occasione per mettere in luce i risultati positivi prodotti dall’applicazione di questi principi nei nostri rapporti con gli altri cristiani e per renderne grazie, oltre che per riaffermare la determinazione della Chiesa cattolica a procedere su questa strada fino al raggiungimento della meta desiderata. L’esperienza ha dimostrato che lo sforzo di rinnovamento della Chiesa e lo sforzo ecumenico non sono scindibili. Il rinnovamento, infatti, ha permesso di guardare in modo di verso i nostri fratelli cristiani e alle loro comunità. L’impegno ecumenico ci permette, a sua volta, di portare avanti, nella fedeltà, il nostro rinnovamento, tenendo sempre conto delle attese dei nostri fratelli. Desideravo e desidero incoraggiare ancora questa immensa impresa e non cessare mai di mantenere viva una fiduciosa speranza fondata sulla parola del Signore. E noi sappiamo che questa speranza non può essere disattesa (cf. Rm 5, 5).

3. Avete incentrato il vostro lavoro sui documenti da me or ora ricordati, nella prospettiva evidenziata dalla Lettera apostolica Tertio Millennio Adveniente sulla preparazione del grande Giubileo. Questi diversi testi formano un tutt’uno coerente inteso a favorire la ricerca della piena unità tra i cristiani.

Per questo motivo avete esaminato in che modo il Direttorio per l’applicazione dei principi e delle norme sull’ecumenismo sia stato accolto nelle varie Chiese locali, poiché è quanto mai necessario che le Chiese locali recepiscano e attuino gli orientamenti ecumenici del Concilio Vaticano II. L’applicazione del Direttorio deve far sì che tutta la Chiesa cattolica faccia propri quegli orientamenti, in particolar modo nelle regioni in cui le situazioni politiche e sociali, o anche le tensioni religiose, non l’abbiano finora permesso.

4. Avete avuto modo di studiare in particolare il problema della formazione ecumenica nei seminari e nelle facoltà teologiche, una delle preoccupazioni principali del Direttorio. Avete voluto farlo in modo concreto e moderno, sulla base delle esigenze delle scienze dell’educazione, le quali non possono limitarsi ad essere un semplice corso di formazione sul movimento ecumenico. Auspico che le direttive pratiche da voi ricordate permettano di introdurne una dimensione ecumenica nell’insegnamento delle varie discipline, attraverso l’interdisciplinarietà e la cooperazione interconfessionale previste dal Direttorio ecumenico.

Questa formazione riveste un ruolo fondamentale nello sviluppo della ricerca ecumenica, nella sua promozione negli Istituti di formazione e nella vita pastorale. In questo modo il lavoro viene correttamente orientato, rendendolo pienamente costruttivo ed evitandogli iniziative irriflessive e semplicistiche.

5. Nell’approfondire queste problematiche, avete giustamente voluto sottolineare il ruolo delle commissioni ecumeniche delle Conferenze episcopali e dei Sinodi delle Chiese cattoliche orientali. Io stesso ebbi modo di ricordare l’importanza di queste strutture locali: “Tali iniziative attestano il coinvolgimento concreto e generale della Chiesa cattolica nell’applicare gli orientamenti conciliari sull’ecumenismo: è questo un aspetto essenziale del movimento ecumenico” (Ut unum sint, 31; cf. CIC, can. 755; CCEO, can. 902-904). Il Direttorio indica le funzioni di queste commissioni (nn. 41-52), il cui scopo specifico è la promozione a livello locale dei rapporti, fondati sul comune battesimo, con gli altri cristiani. Mantenere questo obiettivo è condizione necessaria per una vera attività ecumenica, la quale non può ridursi a generiche forme di con tutti più o meno superficiali. Queste commissioni locali contribuiscono in modo determinante alla maturazione di tutti, in vista della piena unità. E dunque necessario attirare l’attenzione dei Vescovi diocesani e delle Conferenze episcopali sul servizio che queste commissioni hanno reso alla ricerca dell’unità e che devono continuare a rendere nelle nuove situazione incontrate, specialmente in alcuni ambiti, dove se ne avverte una vera e propria urgenza.

6. Questa settimana di riflessione vi ha permesso di affrontare con lucidità la questione particolare dello stato dei nostri rapporti con le altre Chiese e Comunità ecclesiali. La visione d’insieme e l’analisi che ne sono state fatte daranno certamente nuovo impulso alle commissioni di dialogo perché tutti non interrompano il cammino verso la meta ultima, l’unità piena e visibile, ma anche perché quanti sono impegnati in questo cammino, vedendo i risultati già ottenuti, si sentano spronati a continuare i loro sforzi: le convergenze finora raggiunte sono un vero e proprio dono di Dio e per queste dobbiamo rendere a Lui lode. Nell’enciclica Ut unum sint ho avuto modo di rilevare che nel dialogo con la Chiesa ortodossa, “la commissione mista ha potuto progredire sostanzialmente” (n. 59). Per quanto concerne le antiche Chiese d’Oriente e le dispute teologiche che segnarono il primo millennio, ho potuto con gioia constatare, e ne ho reso grazie al Signore,“che i contatti ecumenici hanno reso dunque possibili chiarimenti essenziali, tanto da permetterci di confessare insieme quella fede che ci è comune” (n. 63).

Con le Chiese e le Comunità cristiane di Occidente il dialogo ha di volta in volta toccato i temi suggeriti dal Concilio Vaticano II: “il dialogo è stato ed è fecondo, ricco di promesse. Si sono delineate così delle prospettive di soluzione insperate e nel contempo si è compreso come fosse necessario scandagliare più profondamente alcuni argomenti” (n. 69). Continuando dunque ad approfondire si potrà giungere a un concreto accordo nelle questioni di fede. Quanto più l’accordo sarà autentico, tanto saremo in grado di riconoscere che su certi argomenti esiste un’unità di fede, mentre le discordanze poggiano su termini dovuti a tradizioni spirituali e intellettuali sviluppatesi in un’epoca in cui non esistevano i rapporti di dialogo che oggi stiamo tessendo.

7. Le relazioni ecumeniche, d’altra parte, non si limitano ai dialoghi teologici, ma includono anche contatti e collaborazioni che non solo permettono di conoscerci, ma offrono anche la possibilità di scoprire il valore delle convinzioni dei nostri fratelli cristiani. E un’occasione di arricchimento e di progresso verso questa vera unità che deve rispettare le legittime diversità e non deve pretendere più del necessario (cf. Unitatis Redintegratio, 18).

Dal 1965 un Gruppo misto di lavoro opera attivamente con il Consiglio ecumenico delle Chiese, organizzando la cooperazione nei campi in cui noi siamo chiamati a realizzare insieme quanto la fede non ci obbliga a fare separatamente. I risultati ottenuti confermano la nostra volontà di continuare questo impegno, nella salda fiducia in un Dio che guida i suoi figli verso la realizzazione del suo disegno nella storia degli uomini, per vie misteriose e, a volte, difficili e impervie, e sulle quali si allunga l’ombra della Croce, annuncio dell’alba del giorno della Risurrezione.

8. La valutazione della situazione ecumenica e l’impegno a richiedere una più approfondita formazione ecumenica nei seminari e nelle facoltà di teologia sarà un importante contributo agli aspetti ecumenici della preparazione del grande Giubileo dell’Anno 2000. E nostro ardente auspicio che quel giorno ci trovi più vicini all’unità e che i rappresentanti di tutti i cristiani possano insieme elevare una solenne dossologia al Signore, il quale attraverso la sua Incarnazione ci ha portato la Redenzione. A Lui, “lo stesso ieri, oggi e sempre”, gloria nei secoli!

A voi tutti accordo la mia Benedizione Apostolica.

 

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