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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI PARTECIPANTI AL CONGRESSO INTERNAZIONALE PROMOSSO
DALLA PONTIFICIA UNIVERSITÀ GREGORIANA NEL 125°
ANNIVERSARIO DELLA COSTITUZIONE DOGMATICA «DEI FILIUS»

Sabato, 30 settembre 1995

 

Signor Cardinale,
Venerati Fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio,
Carissimi Docenti e Studenti di teologia!

1. “Ho creduto, perciò ho parlato, anche noi crediamo e perciò parliamo” (2 Cor 4, 13). Quanto afferma l’apostolo Paolo esprime in modo assai efficace lo scopo di ogni ricerca teologica: l’approfondimento dei contenuti della fede porta sempre con sé la necessità dell’annuncio e della comunicazione. Voi, Docenti di Teologia, questo lo sapete e lo vivete, e proprio su questo avete riflettuto nel corso del Congresso Internazionale di teologia fondamentale, promosso in questi giorni a Roma per celebrare i 125 anni dalla promulgazione della Costituzione dogmatica Dei Filius, del Concilio Vaticano I.

Rivolgo un particolare pensiero al Signor Cardinale Pio Laghi, Gran Cancelliere della Pontificia Università Gregoriana. Estendo il mio riconoscente saluto al Padre Giuseppe Pittau, Rettore della medesima illustre Università, al Comitato scientifico e ai relatori che hanno collaborato alla realizzazione del convegno. A tutti voi, che partecipate a questo importante incontro teologico internazionale, va il mio cordiale benvenuto.

Durante queste intense giornate di studio avete posto al centro della vostra ricerca l’identità della Teologia Fondamentale e la sua collocazione scientifica tra fede e ragione. La relazione tra questi due poli qualifica giustamente il cammino compiuto dalla vostra disciplina teologica nel corso dei secoli e ne specifica la necessità per la vita della Chiesa, costantemente chiamata a dare ragione della propria speranza (cf. 1 Pt 3, 15).

2. Lo studio della Costituzione Dei Filius, condotto alla luce della Costituzione del successivo Concilio Vaticano Dei Verbum, permette innanzitutto di cogliere la continuità nell’insegnamento del Magistero, che presenta “id quod ubique, quod semper, quod ab omnibus creditum est” (Vincenzo di Lérins, Commonitorium 2, 5). Nello stesso tempo, esso evidenzia l’approfondimento che il depositum fidei consente e sollecita.

Nei due documenti conciliari l’intelligenza della fede punta il suo sguardo direttamente sulla verità della rivelazione; nel primo la incontra in modo privilegiato nell’orizzonte gnoseologico, nel secondo in quello cristologico. La Dei Filius riconosce alla ragione umana la possibilità di raggiungere la verità in modo autonomo e, partendo dal creato, di arrivare a conoscere Dio creatore (can. II, 1); la Dei Verbum afferma che “la verità profonda su Dio e sulla salvezza degli uomini risplende a noi in Cristo” (n. 2). In entrambi i documenti la rivelazione trae origine dalla libertà di Dio e il nostro credere si fonda sulla sua autorità. Lontano, quindi, dall’essere un semplice momento celebrativo, questo convegno indica le tappe salienti nella maturazione della fede e i punti fondamentali della sua intelligenza.

3. Contenuto peculiare della vostra disciplina teologica, alla luce di tale insegnamento, è dunque la rivelazione di Dio all’umanità. Questo è anche il vero, grande centro della nostra fede: Dio che rivela il suo mistero di amore e, mentre investe di luce la mente che lo riceve, la abbaglia a tal punto da renderne la comprensione parziale e necessariamente imperfetta.

La rivelazione si apre la strada per comprendere in profondità lo stesso mistero dell’uomo. In Gesù di Nazaret la vita personale acquista pienezza di luce e di significato; lontano da lui l’uomo smarrisce irrimediabilmente il senso pieno della propria esistenza (cf. Gaudium et Spes, 22). Il teologo pertanto, nella misura in cui resta fedele alla rivelazione, diventa anche esperto dell’uomo e del suo destino. Qui si colloca la competenza propria della teologia e la sua specificità rispetto alle altre scienze (cf. Summa contra Gentiles I, 4; Summa Theologiae I, q. 8, a. 2).

Tenendo fissi gli occhi sulla rivelazione, voi avete la possibilità di mostrare non solo la chiamata universale di Dio, ma anche il perenne valore della sua verità per l’uomo di ogni tempo. Si coglie in questo modo la peculiarità della fede cristiana nei confronti delle altre religioni. Come ho recentemente ricordato nella Lettera apostolica Tertio Millennio Adveniente, “nel cristianesimo l’avvio è dato dall’incarnazione del Verbo. Qui non è soltanto l’uomo a cercare Dio, ma è Dio che viene in Persona a parlare di sé all’uomo ed a mostrargli la via sulla quale è possibile raggiungerlo... Il Verbo incarnato è, dunque, il compimento dell’anelito presente in tutte le religioni dell’umanità” (n. 6).

4. Più di altre discipline teologiche, la vostra si trova nella condizione privilegiata di toccare i punti referenziali e normativi del credere. Per questo motivo vi esorto, carissimi, a dare particolare spazio alla pedagogia della fede, approfondendo le espressioni che essa ha assunto nel corso dei secoli.

A voi compete trovare le ragioni perché la rivelazione, soprattutto oggi, sia percepita nella sua evidente credibilità, quando presenta l’amore del Dio crocifisso e risorto, vera e unica fonte di ogni autentico amore. La ricerca delle condizioni nelle quali l’uomo pone da sé le prime domande fondamentali sul senso della vita, sul fine che ad essa vuole dare e su ciò che l’attende dopo la morte, costituisce per la teologia fondamentale il necessario preambolo affinché, anche oggi, la fede abbia a mostrare in pienezza il cammino ad una ragione in ricerca sincera della verità. In tal modo la fede, dono di Dio, pur non fondandosi sulla ragione, non può certamente far a meno di essa; al tempo stesso, appare la necessità per la ragione di farsi forte della fede, per scoprire gli orizzonti ai quali da sola non potrebbe giungere.

5. Nel contatto con le diverse culture, reso spesso difficile per la volontà di imporre la supremazia del particolare, spetta a voi trovare nuove forme di dialogo, perché emergano i caratteri indelebili di apertura al Trascendente, il desiderio di verità piena, radicato nell’intimo di ciascuno, e le espressioni universali, che sono sempre segni di unità e mai di divisione.

Alla stessa stregua, nel necessario ed utile dialogo con le diverse scienze e discipline, mentre ne riconoscete l’autonomia e le conquiste, non mancate di rilevare che, avendo esse sempre dei riflessi sull’esistenza personale e sociale, suppongono a loro volta un necessario rapporto con i fondamentali valori, presenti nel cuore dell’uomo. Spetta a voi difendere l’insegnamento della Chiesa nei confronti di quelle forme di pensiero che vogliono negare all’uomo ogni apertura alla trascendenza, per rinchiuderlo nel vicolo cieco del nulla oltre se stesso.

Quando poi cercate di individuare le condizioni che permettono alla teologia di essere una “scienza” a titolo non inferiore rispetto alle altre, la vostra indagine deve mantenere fermo il primato della rivelazione e l’orizzonte della ecclesialità (cf. Congregazione per la Dottrina della Fede, Istruzione Donum veritatis nn. 10-11). Ogni teologia, per essere fruttuosa, deve essere coltivata nella Chiesa, in sintonia con essa ed a servizio di essa. L’equilibrio trovato con fatica dai santi Padri tra fede e ragione non abbia ad oscillare in modo irrecuperabile verso forme estreme, per non umiliare né la fede né la ragione, come è purtroppo a volte accaduto nella storia della teologia. È urgente, pertanto, che si trovino adeguate forme espressive, perché in un linguaggio attuale, senza mai tradire la verità espressa dalla Tradizione e dal Magistero della Chiesa, si possa presentare anche agli uomini del nostro tempo il grande tesoro della rivelazione cristiana.

6. Carissimi, so che molti di voi insegnano teologia fondamentale nelle Facoltà ecclesiastiche e nei Seminari. In tale impegnativa missione vi rivolgete a giovani che si preparano al Sacerdozio, spinti dall’entusiasmo di seguire Cristo e desiderosi di celebrare i sacri Misteri nell’esercizio delle responsabilità pastorali.

Siate per loro, nel vostro compito di cultori della teologia, degli autentici formatori: sappiate cioè mostrare che la realtà del mistero di fede è da voi non solo insegnata ma vissuta in prima persona, nell’impegno di coniugare insieme approfondimento teoretico e testimonianza concreta in mezzo al Popolo di Dio.

Comunicate agli studenti il gusto della ricerca e la passione per la verità. Imparino da voi come trasmettere, a loro volta, le verità della fede, cogliendo nel vostro insegnamento la fedeltà alla Parola di Dio e al Magistero della Chiesa, il quale, per primo, vi chiede di esprimere al meglio il mistero della fede, perché il popolo di Dio possa crescere nella verità.

7. Sappiate infine essere autentici apologeti del mistero della Redenzione. Inseritevi con generosità nella lunga schiera di coloro che hanno fondato il proprio cammino di credenti sulle parole dell’apostolo Pietro, il quale esorta ad essere “pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi” (1 Pt 3, 15). Auspico che possiate arricchire la schiera degli apologeti, testimoniando anche nel nostro tempo la stessa grandezza di Giustino, Tertulliano, Origene, Agostino, Anselmo, Tommaso e, in secoli più vicini a noi, san Roberto Bellarmino ed il Cardinale John Henry Newman. Fate vostra la loro passione per la verità della fede, da testimoniare, se necessario, anche fino al martirio.

Con tali sentimenti, mentre invoco la materna protezione della Vergine Maria, Madre di Dio e Sede della Sapienza, affinché disponga i vostri cuori ad accogliere e a custodire la Parola di cui cercate l’intelligenza, imparto a tutti voi qui presenti e a coloro a cui si rivolge il vostro insegnamento teologico una speciale Benedizione Apostolica.

Da Castel Gandolfo, 30 Settembre 1995.  

IOANNES PAULUS PP. II

 

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