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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI PRESULI DELLA CONFERENZA EPISCOPALE
DELL'INDONESIA IN VISITA «AD LIMINA APOSTOLORUM»

Venerdì, 13 settembre 1996

 

Cari Fratelli nell’Episcopato,

1. Sono lieto di darvi il benvenuto, membri del secondo gruppo dei Vescovi dell’Indonesia, che siete venuti in visita “ad limina” per riaffermare la vostra fede presso le tombe dei Principi degli Apostoli, Pietro e Paolo. Ringrazio Dio perché la vostra “carità è stata per me motivo di grande gioia e consolazione” (Fm 1, 7) e per i vincoli della vostra comunione fraterna nel Collegio dei Vescovi. Il ministero pastorale affidato al Vescovo di Roma è un dono divino che appartiene alla piena espressione della vita di tutte le Chiese particolari. Questo ministero della Chiesa universale mi rende servo della sua unità nella verità, un servizio radicato nella misericordia di Dio, che deve essere svolto in comunione con i miei fratelli Vescovi (cf. Giovanni Paolo II, Ut unum sint, 88-96). Allo stesso modo, nelle vostre diocesi siete servi e ministri della verità e dell’unità ecclesiali. Nell’amore del Signore Gesù desidero incoraggiarvi a svolgere quel compito con tutta la responsabilità e l’autorità che vi deriva dalla vostra consacrazione episcopale, un’autorità che il Vangelo distingue dal potere terreno (cf. Mt 20, 25; Mc 10, 42), affinché il popolo di Dio in Indonesia possa essere sempre più un solo corpo, un solo spirito in Cristo.

2. I vostri resoconti quinquennali confermano il fatto che dovete ringraziare Dio per il ricco raccolto di vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata di molte delle vostre Chiese. Condividendo con voi un’intima configurazione sacramentale a Cristo, Sommo Sacerdote, questi sacerdoti sono i vostri principali collaboratori nel servizio al popolo di Dio. Infatti, con voi essi formano “un’intima fraternità, che deve spontaneamente e volentieri manifestarsi nel mutuo aiuto, spirituali e materiale, pastorale e personale” (Lumen gentium, 28). Siate per loro l’immagine vivente del Padre; trattateli come figli, fratelli e amici; pregate con fervore per essi affinché lo Spirito Santo possa guidarli al perfetto compimento della loro vocazione.

Oggi più che mai l’integrazione della dimensione accademica, pastorale e spirituale della formazione sacerdotale è necessaria a tutti i livelli. La formazione non consiste soltanto, né principalmente, nello sviluppare le abilità pastorali, ma nel formare i sentimenti, il cuore e la mente, di Cristo Gesù (cf. Fil 2, 5) in coloro che sono chiamati a servire la Chiesa in persona Christi. Poiché il secolarismo a volte fa breccia anche in coloro che hanno risposto alla chiamata del Signore, il seminario deve aiutare i candidati a comprendere che il sacerdozio non è una carriera volta alla realizzazione personale. La semplicità e la matura responsabilità del sacerdote dovrebbero invece conformarsi all’atteggiamento dei discepoli che lasciarono tutto per seguire Cristo (cf. Mt 19, 27).Sono lieto di apprendere che i vostri seminari stanno cercando di applicare le direttive per la formazione sacerdotale presentate dall’Esortazione post-sinodale Pastores dabo vobis. Anche il personale dei seminari dovrebbe essere scelto solo fra coloro che hanno dimostrato chiaramente equilibrio e maturità a questo proposito.

3. Durante la mia Visita pastorale in Indonesia, sette anni fa, richiamai l’attenzione sull’essenziale “complementarietà di ruoli fra il clero e il laicato” (Giovanni Paolo II, Incontro con il clero e i Religiosi, 10 ottobre 1989, n. 5: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XII, 2 (1989) 845). I sacerdoti dovrebbero essere attenti a non usurpare il ruolo dei laici nell’ordine temporale, mentre i fedeli laici dovrebbero evitare un certo tipo di “clericalizzazione” che adombra la particolare dignità dello stato laicale basato sul Battesimo e sulla Confermazione (cf. Giovanni Poalo II, Christifideles laici, 23).

Da parte loro i laici saranno “il sale della terra ” e “la luce del mondo” (Mt 5, 13-14) sempre che s’imparta loro una formazione spirituale, dottrinale e morale. Tale formazione dovrebbe promuovere la preghiera personale, familiare e liturgica, il senso di responsabilità per la vita e per la missione della Chiesa e la conoscenza del suo insegnamento. Le istituzioni cattoliche di istruzione superiore svolgono un ruolo particolare nell’aiutare i laici a conoscere e a mettere in pratica la ricca tradizione dell’insegnamento sociale cattolico che è di per sé uno strumento efficace di evangelizzazione (cf. Giovanni Paolo II, Centesimus annus, 54), attraverso corsi e conferenze pubbliche e i mezzi di comunicazione sociale. Serbo un vivo ricordo del mio incontro con la comunità universitaria del campus della Atma Jaya University e rinnovo la mia stima e il mio incoraggiamento a tutti coloro che sono impegnati in questa vocazione nobile, ma difficile.

Quando i laici ricevono una solida formazione cristiana, possiedono gli strumenti per svolgere un ruolo costruttivo nella vita della nazione, con una forza e una motivazione particolari: essi considerano i propri sforzi come un modo per ubbidire al comandamento del Signore di amare il prossimo come noi stessi (cf. Mt 22, 39; Giovanni Paolo II, Christifideles laici, 42). Questo è l’atteggiamento che ispira sostegno per il Pancasila, l’insieme di principi che promuove l’unità nazionale, la tolleranza religiosa e la giustizia fra tutte le varie comunità del vostro vasto Paese. I cattolici indonesiani, fedeli allo stesso tempo ai principi cristiani e ai valori particolari della propria cultura, in collaborazione con i seguaci di altre tradizioni religiose, continueranno a svolgere il proprio ruolo nell’edificazione di una società in grado di garantire che la dignità di tutti i cittadini sia promossa e rispettata. In particolare essi sono orgogliosi di contribuire al progresso integrale della nazione quando essa si trova in situazioni difficili e complesse. A questo proposito, noi tutti ricordiamo i tragici avvenimenti che si sono verificati recentemente a Giacarta e che hanno suscitato preoccupazione e sofferenza in tutti coloro che veramente desiderano il bene dell’Indonesia.

Mentre preghiamo per le vittime e per tutti coloro che in un modo o nell’altro sono stati colpiti da questi tristi eventi, dobbiamo sperare che tutti siano guidati da quella profonda convinzione di cui parlai durante la mia visita nel vostro Paese: “come insegna la vostra tradizione nazionale, la base più certa per l’unità e lo sviluppo durevoli di una nazione è un profondo rispetto per la vita umana, per gli inalienabili diritti della persona umana, e per la libertà, data ai cittadini responsabili, di determinare il proprio destino di popolo” (Giovanni Paolo II, Discorso durante il ricevimento di Stato, Giacarta, 9 ottobre 1989, n. 2: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XII, 2 (1989) 826). Preghiamo affinché cresca la forza di questa convinzione e si diffonda una maggiore volontà di cercare, in verità e in giustizia, una soluzione pacifica alle tensioni esistenti.

4. In risposta a una società in mutamento, avete rivolto sempre più la vostra attenzione pastorale alla vita familiare, includendo il modello tradizionale della famiglia allargata, ossia la comunità di più generazioni, che esiste ancora in molte parti del vostro Paese. In particolare è importante il compito di preparare i giovani al matrimonio, una preparazione che dovrebbe essere un autentico “itinerario di fede . . . una privilegiata occasione perché i fidanzati riscoprano e approfondiscano la fede ricevuta col battesimo” (Giovanni Paolo II, Familiaris consortio, 51). Il bene della società richiede che la dignità e la missione specifica delle donne vengano promosse e rafforzate affinché possano ottenere un’effettiva uguaglianza, inclusa l’“uguaglianza fra i coniugi nel diritto di famiglia, il riconoscimento di tutto quanto è legato ai diritti e ai doveri del cittadino” (Lettera alle donne, 29 giugno 1995, n. 4). In tutto il mondo la Chiesa spera e prega affinché le donne possano assumere un ruolo guida nel consolidamento di una cultura della vita in sintonia con la sacralità della persona umana.

In effetti, una grave sfida al vostro ministero in relazione alla famiglia è la minaccia rappresentata dai programmi aggressivi di controllo demografico radicati in un approccio utilitaristico al valore della vita stessa. Mentre la Chiesa riconosce il diritto delle autorità pubbliche a prendere iniziative “al fine di orientare la demografia della popolazione” (Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2372), insiste anche sul fatto che tali iniziative devono “rispettare la responsabilità primaria e inalienabile dei coniugi e delle famiglie” e dovrebbero escludere l’uso dei metodi “non rispettosi della persona e dei suoi diritti fondamentali” (Giovanni Paolo II, Evangelium vitae, 91). Di fronte alle campagne di controllo delle nascite che sottopongono le coppie a pressioni economiche o sociali, privandole della propria dignità e libertà, la comunità cattolica non può non rispondere sostenendo la verità circa la natura e il significato intrinseci dell’amore coniugale e diffondendo la conoscenza dei metodi di regolazione della fertilità in sintonia con tale verità.

Queste brevi osservazioni sulla famiglia sarebbero incomplete senza un riferimento a una sfida che non può che essere cara al vostro cuore di Pastori: la trasmissione del Vangelo di Gesù Cristo ai giovani dell’Indonesia. Guidateli lungo il cammino della “santità e giustizia” (cf. Lc 1, 75). Insegnate loro a essere evangelizzatori della propria generazione. Prestate attento ascolto alle loro aspirazioni, ai loro dubbi e ai loro problemi, così come alle loro ponderate critiche. Soprattutto insegnate loro a pregare, con cuore puro, con fede viva, con ferma fiducia e con perseverante vigilanza.

5. Le donne e gli uomini consacrati, seguendo le orme dei devoti missionari che piantarono la Croce nelle vostre Isole, continuano a svolgere un ruolo indispensabile nella missione di evangelizzazione, in particolare per mezzo delle loro preghiere di intercessione, della perseverante ricerca di santità, vita fraterna e zelo apostolico. In un Paese formato da gruppi etnici tanto diversi, la vita fraterna in comune dovrebbe essere un segno eloquente dell’unità del popolo di Dio, “poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù” (Gal 3, 28). In particolare alla luce delle consuete tradizioni dell’anno giubilare, le donne e gli uomini consacrati vengono sfidati a impegnarsi sempre più generosamente a servire i poveri e i sofferenti, gli abbandonati e gli emarginati. Secondo modalità appropriate al loro carisma costitutivo, gli istituti religiosi dovrebbero difendere e promuovere la dignità e i diritti dell’uomo. Questo non è un invito all’impegno politico o semplicemente umanitario, ma una chiamata a un servizio realmente evangelico: annunciare ai poveri, a coloro che sono prigionieri e agli oppressi (cf. Lc 4, 18) la Buona Novella secondo la quale essi dimorano “nell’intimo di Dio” (cf. Giovanni Paolo II, Tertio Millennio adveniente, 8) e condividono la vita del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo (cf. Gv 17, 3).

A proposito degli istituti di diritto diocesano, i Vescovi dovrebbero interessarsi personalmente e con sollecitudine al loro benessere generale, promuovendo le vocazioni e garantendo che i candidati vengano selezionati solo dopo un prudente discernimento. Il bene della Chiesa esige che vengano fatti tutti gli sforzi possibili affinché tutti i religiosi, uomini e donne, ricevano una formazione umana, teologica, spirituale e pastorale che sia accurata e ben integrata. Non posso non incoraggiare il dialogo e la cooperazione crescenti che stanno maturando fra la Conferenza Episcopale Indonesiana e l’Unione dei Superiori religiosi maggiori. Un dialogo trasparente e cordiale manifesta autentica carità ecclesiale e contribuisce a edificare la comunione, sia gerarchica sia carismatica, della Chiesa di Dio.

6. Cari Fratelli: all’approssimarsi del Grande Giubileo, dovremmo essere convinti del fatto che la commemorazione dell’Incarnazione Redentrice “di Dio che viene in Persona a parlare di sé all’uomo e ad mostrargli la via sulla quale è possibile raggiungere” (Giovanni Paolo II, Tertio Millennio adveniente, 6) deve essere un’occasione di grande rinnovamento interiore nella Chiesa. Colui che era, che è e che viene (cf. Ap 4, 8) sta invitando ogni individuo e ogni comunità a una conversione radicale del cuore. Nel tempo che rimane, lo scopo di ogni Pastore nella propria Diocesi, e di tutti i Pastori in quanto Conferenza, sarà quello di preparare, attraverso l’intensificazione della preghiera, la formazione dottrinale e le opere di solidarietà, tutto il popolo di Dio in Indonesia alle grazie di questo “anno di misericordia del Signore” (Is 61, 2). Possa Maria, Madre del Redentore e Madre della Chiesa, accompagnare voi e tutti coloro presenti in ciascuna delle vostre Diocesi, che saluto affettuosamente, lungo il cammino di incontro con il Signore che verrà (cf. Ap 22, 20). Con la mia Benedizione Apostolica.

 

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