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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI FEDELI DELL'ARCIDIOCESI DI GDANSK E 
DELLA DIOCESI DI TARNÓW

Giovedì, 4 novembre 1999

 

1. Do il mio cordiale benvenuto a voi qui presenti, giunti per l'odierno incontro. Rivolgo parole di un particolare saluto ai pellegrini dell'arcidiocesi di Gdansk e della diocesi di Tarnów e ai loro pastori, l'arcivescovo Mons. Tadeusz Goclowski e il vescovo Mons. Wiktor Skworc. Li ringrazio per le parole rivoltemi. Saluto anche il vescovo Zygmunt Pawlowicz e il vescovo emerito Piotr Bednarczyk. Saluto i rappresentanti delle autorità cittadine di Gdansk, di Sopot, di Gdynia, delle autorità locali e delle autorità territoriali di Pomorze. Rivolgo parole di benvenuto anche ai rappresentanti delle autorità locali delle città di Nowy Sacz e di Stary Sacz, come anche di Grybów, del Comune di Limanowa e dei Comuni della terra di Sacz. Saluto i rappresentanti del clero e tutti i fedeli.

Vi ringrazio perché non dimenticate il Papa. Oggi in modo particolare ringrazio per questo bel canto, che mi ricorda la visita in Polonia del mese di giugno. Ho ascoltato con commozione gli auguri che mi avete rivolto e che avete pure cantato. È merito dei cori e delle bande qui presenti, che saluto di tutto cuore.

2. Oggi, insieme a voi, voglio celebrare san Carlo Borromeo, di cui ho ricevuto il nome nel santo Battesimo. Egli appartiene alle più importanti figure della Chiesa cattolica. Questo vescovo, e cardinale, è un esempio di pastore zelante, dedito totalmente alla causa di Dio, e capace di donarsi senza misurare né fatiche né sacrifici. Morì giovane, all'età di appena 46 anni, consumato da un lavoro sovrumano e macerato dalle penitenze. La Chiesa gli deve moltissimo. Fu proprio grazie a lui che il Concilio di Trento poté portare a termine i suoi lavori. San Carlo Borromeo era anche tra coloro che per primi intrapresero con slancio l'attuazione del rinnovamento postconciliare. I frutti della fatica pastorale di san Carlo perdurano nella Chiesa ambrosiana e non soltanto fino ai nostri tempi. Grazie ad essi, in un certo senso, sentiamo la sua continua presenza. Più volte ho visitato la sua tomba, che si trova nella cripta della cattedrale di Milano. A Roma, nella basilica di san Carlo (san Carlo al Corso) è conservato il suo cuore, in un apposito reliquiario.

Durante il pellegrinaggio in Polonia nel mese di giugno vi dicevo, nell'omelia a Stary Sacz, che "i Santi non passano". Tali parole si riferiscono a santa Kinga, ma anche a tutti i santi e i beati della Chiesa universale. Si riferiscono anche a sant'Adalberto - patrono della Chiesa di Gdansk, di cui abbiamo celebrato in quella città il millennio della canonizzazione - si riferiscono pure a san Stanislao e a san Carlo Borromeo. Meditando la lunga storia della Chiesa sperimentiamo pienamente questo ineffabile mistero della santità. Sperimentiamo in modo chiaro come "i Santi non passano". Sono sempre attuali, sempre presenti, il loro esempio trascina sempre gli altri  e  li  esorta  ad  intraprendere il cammino della perfezione. Queste parole acquistano una particolare forza qui, a Roma, presso le tombe dei santi apostoli Pietro e Paolo.

3. A Stary Sacz ho detto ancora qualcosa di più, cioè:  "I Santi vivono della santità e hanno sete di santità". Con la loro vita hanno dimostrato che la santità è possibile e la esigono anche da noi. 

L'uomo è chiamato alla santità, e le parole di Cristo:  "Siate voi dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste" (Mt 5, 48) ne sono la conferma.

Il mondo di oggi, ed anche la nostra Patria, hanno bisogno di uomini santi, vuol dire di uomini retti, che compiono con fedeltà la volontà di Dio, pieni di spirito di servizio e di sollecitudine per l'uomo. 

Di uomini onesti, che amano la verità, che si adoperano per il bene comune, perfino a prezzo di una generosa rinuncia a quello proprio. "Oggi il mondo e la Polonia hanno bisogno di uomini dal cuore grande, che servono con umiltà e amore, che benedicono e non maledicono, che conquistano la terra con la benedizione" - così vi dicevo a Gdansk.

Oggi ringraziamo i santi nostri fratelli e nostre sorelle per l'esempio che ci hanno lasciato e perché ci hanno indicato la strada lungo la quale dobbiamo camminare verso il nuovo millennio. Non è possibile costruire il futuro senza il riferimento a Dio, che "ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna" (Gv 3, 16).

Voglio una volta ancora, in questa occasione esprimere la mia gratitudine a tutti coloro che sono qui presenti. Vi ringrazio per la preghiera, che è un invisibile legame che unisce la comunità dei credenti. È un legame molto forte e profondo. Cerco di ricambiare tutti con la quotidiana preghiera. Dio benedica voi, le vostre famiglie e coloro che non hanno potuto essere presenti qui, benché lo desiderassero tanto. Dio benedica tutta la nostra Patria.

 

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