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 DISCORSO DEL SANTO PADRE GIOVANNI XXIII
AI PARTECIPANTI
AL III CONGRESSO NAZIONALE
DELL'UNIONE STAMPA PERIODICA ITALIANA

Sala del Concistoro,
Domenica, 29 novembre 1959

 

Siamo lieti di ricevere questa mattina i partecipanti al terzo Congresso Nazionale della Unione della Stampa Periodica in Italia. Avete voluto concludere i vostri lavori con un atto di omaggio al Vicario di Cristo. Questa testimonianza di fede vi fa onore, diletti figli e figlie, e ve ne esprimiamo il compiacimento più vivo.

Dalla documentazione, che avete voluto mandarCi, relativa alla vostra organizzazione ed al lavoro di questi giorni, abbiamo rilevato con soddisfazione che, accanto alle altre pubblicazioni, di ampia diffusione o di più limitato raggio, si trova egregiamente rappresentata anche la stampa cattolica, con alcuni suoi periodici qualificati. Ci è gradito immaginare, spiritualmente unita al vostro gruppo, la più vasta cerchia dei vari collaboratori alle vostre riviste, e, dietro di voi e con voi, il grande pubblico dei lettori, cui voi andate regolarmente portando l'informazione e l'aggiornamento culturale, il diletto e il passatempo, la documentazione multicolore del mondo — così vario — in cui viviamo.

Questa constatazione Ci offre il motivo per una elevazione pronta e amabile verso la nobiltà di un compito che appartiene a quanti si occupano in forme varie e molteplici di produzione e di diffusione libraria, giornalistica, illustrativa. È naturale che ad anime ben nate, come le vostre, torni gradito il richiamo di quel senso di responsabilità, di onestà, di verità, che è come una triplice consegna, affidata alla vostra intelligenza e alla vostra coscienza, per essere sempre custodita con fermezza e forza d'animo.

Anzitutto il senso di responsabilità. Le riviste, che si trovano organizzate nella vostra Unione, hanno fisionomie e caratteristiche ben diverse, perchè accanto a quelle di indole strettamente scientifica e tecnica, riservate perciò agli specialisti, altre svolgono un'opera di larga divulgazione. Ma le une e le altre, pur rivolgendosi a diverso pubblico, hanno in comune il sacro dovere di non danneggiare, di non tradire, di non avvilire questo pubblico, che non è una massa anonima di persone senza volto, ma è formato da figli di Dio, da nostri fratelli in Cristo: in esso c'è la gioventù generosa ma ancora inesperta, ci sono i padri e le madri di famiglia ansiosi di ricevere un retto orientamento, c'è il popolo nostro che è fondamentalmente buono e sano. Non si può concepire un editore, direttore, redattore di pubblicazioni periodiche che anzitutto non senta la responsabilità, che grava sulla sua coscienza: e compiere la sua opera come una nobile professione, anzi, come un'alta missione, mettendo da parte, per sincero convincimento, quanto è meno bello e meno buono: perchè se nelle vostre riviste anche soltanto un articolo, o un'illustrazione dovesse offendere il prezioso santuario di un'anima, oh lasciateCi dire che ben meschino sarebbe ogni altro merito, ogni titolo di lode o di successo, perchè edificato su pericolosi compromessi.

Questo senso di responsabilità ha il suo fondamento su le vostre virtù naturali e cristiane, che vorremmo riunire sotto un unico nome : onestà senza attenuazione, nella vita come nella professione. Questa onestà si esprime innanzitutto nel rispetto delle leggi di Dio e della legislazione positiva, anche civile, che si conformi alla conclamata voce delle leggi divine e della loro aperta risonanza nelle singole coscienze bene illuminate dalla ragione e dalla fede. Per dirla in breve, questa onestà è coerenza, sincerità, senso dei propri limiti, umiltà, ponderatezza, prudenza. Essa fa evitare il male e cercare il bene, senza lasciarsi fuorviare da nessun opportunismo, come gli stessi pensatori pagani hanno egregiamente affermato: « perchè se non ci lasciamo indurre al bene — dice Cicerone — dalla considerazione di ciò che è onesto, ma dall'interesse o dal guadagno, allora ci potremo dire astuti, ma non buoni » [1].

La terza consegna è l'amore alla verità: e ve la affidiamo e raccomandiamo come la qualità più specifica della vostra professione. A questo proposito, permetteteCi di ripetere l'ammonimento da Noi fatto ai rappresentanti del giornalismo veneziano, il 3o gennaio 1955, ai quali spiegammo il seguente versetto della lettera di S. Paolo agli Efesini: « Non siate come i fanciulli che si piegano ad ogni vento di dottrine foggiate in nequitia hominum et in astutia erroris. Siate invece cultori della verità — facientes veritatem in caritate — in esercizio di carità, che copre per ciascuno i molti peccati individuali e sociali. ... Il far la verità significa averla nella mente, nella bocca, — e cioè nella parola e nella penna, — nella dottrina sicura, nella vita onorata ed edificante » [2].

Con questi ricordi, che Ci ha dettati la Nostra pastorale sollecitudine per il bene di tutte le anime, vi porgiamo il più cordiale augurio, affinché il vostro lavoro possa tornare ad arricchimento, a gioia, a consolazione vostra e di tanti. E invocando su di voi e sui vostri cari i copiosi doni del Cielo, volentieri vi impartiamo l'Apostolica Benedizione.

 


[1] De Leg. I, 14, 41

[2] A. G. Card. Roncalli, Scritti e Discorsi, II, p. 17

 



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