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[ IT  - LA ]

LEONE XIII

COSTITUZIONE APOSTOLICA

OFFICIORUM AC MUNERUM

Il Vescovo Leone,
servo dei servi di Dio.
A perpetua memoria.

 

Fra gli uffici e i doveri che in questa Apostolica Sede occorre osservare con la massima diligenza e religiosità, fondamento e compendio di ogni altro è vigilare assiduamente ed adoperarsi con tutte le forze, perché l’integrità della fede e dei costumi cristiani non soffra alcun danno. Se questo nel passato fu talora necessario, in specialissimo modo lo è ai giorni nostri, nei quali — menti e costumi travolti dalla licenza — quasi tutta la dottrina che il Salvatore degli uomini Gesù Cristo affidò in custodia alla sua Chiesa per la salute del genere umano, viene trascinata ogni giorno in dispute pericolose. Nelle quali certamente sono diverse ed innumerevoli le astuzie dei nemici e le arti del nuocere; ma soprattutto è piena di pericoli la smania dello scrivere e di disseminare nel popolo ciò che malvagiamente fu scritto. Infatti nulla si può pensare di più pernicioso a corrompere gli animi che eccitare il disprezzo per la religione e proporre molte lusinghe al peccato. Per la qual cosa la Chiesa, vindice e custode dell’incolumità della fede e dei costumi, preoccupata di tanto male, comprese ben presto che era necessario un rimedio contro tale peste. Perciò si adoperò a che gli uomini, per quanto poteva, stessero lontani come da un pessimo veleno dalla lettura dei libri cattivi. Fin dai tempi apostolici si vide in ciò manifesto l’ardente zelo di San Paolo, e i secoli successivi ammirarono la vigilanza dei Santi Padri, gli ordini dei Vescovi e i decreti dei Concilii.

Principalmente poi gli antichi scritti attestano con quanta cura e diligenza i Romani Pontefici si impegnarono affinché gli scritti degli eretici non serpeggiassero impunemente a pubblico danno. L’antichità ci fornisce copiosi esempi. Anastasio I condannò severamente gli scritti più perniciosi di Origene; Innocenzo I quelli di Pelagio; Leone Magno tutte le opere dei Manichei. In proposito sono pure note le lettere decretali sui libri da ammettere e da respingere date opportunamente da Papa Gelasio. Similmente, nel corso dei secoli la Sede Apostolica proscrisse i libri pestilenziali dei Monoteliti, di Abelardo, di Marsilio Patavino, di Wycliffe e di Huss.

Nel secolo decimoquinto, poi, dopo l’invenzione dell’arte della stampa, non solo si pose mente agli scritti dannosi che erano venuti alla luce, ma si pose attenzione a che opere di tal genere non venissero più pubblicate.

Tale provvedimento in quei tempi era suggerito non da lievi ragioni, ma dalla necessità di tutelare l’onestà e la salute pubblica; perché un’arte per sé ottima, apportatrice di grandissimi vantaggi, nata per propagare la civiltà cristiana fra i popoli, rapidamente era stata rivolta dai più a strumento di grandi rovine. Il grave danno dei cattivi scritti era diventato maggiore a causa della maggiore velocità nel diffonderli.

Pertanto, con provvida decisione, sia Alessandro VI, sia Leone X, Nostri Predecessori, emanarono apposite leggi, adatte a quei tempi e ai costumi dell’epoca, che disciplinassero i doveri degli editori.

Più tardi, essendo insorte più pericolose procelle, si riconobbe necessaria una più solerte vigilanza per impedire il veleno dell’eresia. Per questo lo stesso Leone X e successivamente Clemente VII emanarono severissime leggi affinché a nessuno fosse lecito leggere o conservare i libri di Lutero. Ma siccome, per la nequizia di quell’epoca, crebbe a dismisura e si sparse per ogni dove l’immonda colluvie di libri cattivi, fu necessario ricorrere a più grave e più efficace rimedio. Del quale certamente si servì a proposito per primo Paolo IV, Nostro Predecessore, col pubblicare cioè un elenco degli scritti e dei libri dalla cui lettura i fedeli dovevano astenersi. Così, poco tempo dopo, i Padri del Concilio Tridentino s’adoprarono per reprimere la sfrenata licenza dello scrivere e del leggere. Pertanto, per volontà e comando degli stessi Padri, distinti prelati e teologi si impegnarono non soltanto ad aumentare e a perfezionare l’Indice che Paolo IV aveva fatto pubblicare, ma dettarono altresì norme da osservarsi nella stampa, nella lettura e nell’uso dei libri; a tali norme Pio IV diede forza con la propria autorità apostolica.

La stessa ragione della salute pubblica, che aveva dato origine alle Regole Tridentine, col passare delle età impose alcune variazioni. Pertanto i Romani Pontefici, e particolarmente Clemente VIII, Alessandro VII, Benedetto XIV, conoscitori dei tempi e rispettosi della prudenza, decretarono molte cose che valsero a chiarire e ad adattare le norme ai nuovi tempi.

Ciò chiaramente dimostra che le particolari sollecitudini dei Romani Pontefici furono di continuo dedicate a tenere lontano dalla civile società degli uomini gli errori delle opinioni e la corruttela dei costumi, questa duplice rovina delle città che di solito viene causata e diffusa dai cattivi libri. E l’esito coronò l’opera sino a che nell’amministrazione della pubblica cosa la legge eterna fu guida ai governanti, e l’autorità Civile si mantenne d’accordo con l’autorità Ecclesiastica.

Nessuno ignora quanto accadde successivamente. Infatti, col tempo essendo a poco a poco mutate le condizioni delle cose e degli uomini, la Chiesa, giusta il suo costume, fece prudentemente quello che, considerati i tempi, le parve più conveniente ed utile alla salute degli uomini. Parecchie prescrizioni delle Regole dell’Indice che parevano superate rispetto alla originaria opportunità, essa stessa abrogò con decreto o lasciò benignamente e sapientemente che, per il costume e l’uso qua e là introdotti, andassero in desuetudine. Recentemente, con lettera agli Arcivescovi ed ai Vescovi dello Stato Pontificio, Pio IX mitigò in gran parte la Regola X. Inoltre poco prima del gran Concilio Vaticano, diede l’incarico a dotti personaggi competenti a preparare la materia, che rivedessero ed esaminassero tutte le Regole dell’Indice e dessero il loro parere sul da farsi. Essi indicarono concordemente ciò che si doveva cambiare. La stessa cosa apertamente giudicavano e richiedevano al Concilio molti Padri. Esistono tuttora le lettere dei Vescovi di Francia, che ritenevano essere cosa necessaria e da farsi senza indugio, che “quelle Regole e tutto l’Indice in genere fossero riformate secondo i bisogni dell’età presente e rese più facili da osservare. Contemporaneamente, lo stesso giudizio fu espresso dai Vescovi della Germania, che domandavano chiaramente che le “Regole dell’Indice... fossero sottoposte ad una nuova revisione e redazione. A questi facevano eco molti Vescovi dell’Italia e d’altre regioni.

Certamente le domande di costoro, tenuto conto dei tempi, delle istituzioni civili e dei costumi dei popoli, sono giuste e adeguate alla materna carità della Santa Chiesa. Infatti, in così rapidi progressi degl’ingegni non v’è campo della scienza che non sia percorso sfrenatamente dalle lettere; di qui la quotidiana colluvie di pestilentissimi libri. E, ciò che è peggio, non solo le leggi pubbliche sono conniventi a tanto male, ma concedono la più ampia licenza. Quindi, da una parte gli animi di molti sono dubbiosi in materia di religione; dall’altra esiste un’impunita abbondanza di letture di ogni specie.

Noi pertanto, ad ovviare a questi inconvenienti, giudicammo opportuno fare due cose, da cui tutti possano ricavare una norma certa e chiara per sapersi regolare in tale materia. Cioè, fare una revisione diligentissima dell’Indice dei libri, la cui lettura è riprovata; ed ora, essendo compiuto il lavoro, darlo alle stampe così rivisto. Inoltre rivolgemmo l’attenzione alle Regole stesse e, salva la loro natura, le rendemmo alquanto più miti, in modo che, per chi non abbia animo cattivo, non sia cosa grave ed ardua osservarne le prescrizioni. In ciò Noi, non solo seguiamo gli esempi dei Nostri Antecessori, ma seguiamo il materno zelo della Chiesa, che nulla più desidera se non mostrarsi benigna; essa provvide e provvede sempre a sanare i suoi figli con tale amore e sollecitudine da compatirne pietosamente le debolezze.

Pertanto, con matura deliberazione, dopo aver consultato i Cardinali di Santa Chiesa Romana addetti alla sacra Congregazione dell’Indice, abbiamo stabilito di pubblicare i Decreti Generali che seguono, e che formano una cosa sola con questa Bolla; ad essi la stessa sacra Congregazione d’ora innanzi unicamente si ispiri, e i cattolici di tutto il mondo religiosamente ubbidiscano. Vogliamo che soltanto questi Decreti abbiano forza di legge, e restino abrogate le Regole pubblicate d’ordine del sacrosanto Concilio di Trento, le Osservazioni, l’Istruzione, i Decreti, i Moniti, e qualsiasi altro decreto istituito dai Nostri Predecessori concernenti questa materia, eccettuata la sola Costituzione di Benedetto XIV Sollicita et provida, la quale, come fu finora in vigore, così intendiamo lo sia integralmente in avvenire.

 

DECRETI GENERALI
SULLA PROIBIZIONE E LA CENSURA DEI LIBRI

TITOLO I
Sulla proibizione dei libri

Capitolo I. Sui libri proibiti degli apostati, degli eretici, degli scismatici e di altri scrittori

1. Tutti i libri condannati dai Sommi Pontefici o dai Concilii ecumenici, prima dell’anno 1600, rimangono proibiti nello stesso modo, tranne quelli permessi da questi decreti generali.

2. Sono assolutamente proibiti i libri degli apostati, degli eretici, degli scismatici e di qualsiasi scrittore propugnanti l’eresia o lo scisma, o tendenti a scalzare in qualsiasi modo gli stessi fondamenti della religione.

3. Sono proibiti i libri degli acattolici che trattano ex professo di religione, a meno che consti che in essi non è contenuto alcunché di contrario alla fede cattolica.

4. I libri dei medesimi autori, che non trattano di proposito di religione, ma solo occasionalmente toccano le verità della fede, per diritto ecclesiastico non s’intendono proibiti, a meno che non lo siano per decreto speciale.

Capitolo II. Delle edizioni del testo originale e delle versioni della Sacra Scrittura in lingue non volgari

5. Le edizioni del testo originale e delle antiche versioni cattoliche della Sacra Scrittura, comprese quelle della Chiesa Orientale, pubblicate da qualsiasi acattolico, benché appaiano fedelmente ed integralmente riprodotte, sono permesse soltanto a coloro che attendono agli studi teologi o biblici, purché però nei prolegomeni o nelle note non s’impugnino i dogmi della fede cattolica.

6. Nel medesimo modo e alle medesime condizioni si permettono le altre versioni della Bibbia in latino o in altra lingua non volgare, pubblicate dagli acattolici.

Capitolo III. Delle versioni volgari della Sacra Scrittura

7. Poiché l’esperienza insegna che se la Sacra Bibbia viene permessa indistintamente in lingua volgare ne deriva, a causa della imprudenza degli uomini, più danno che utilità; conseguentemente tutte le versioni in lingua volgare, anche pubblicate da persone cattoliche, sono assolutamente proibite, a meno che non siano approvate dalla Santa Sede, o pubblicate sotto la vigilanza dei Vescovi con note desunte dai Santi Padri della Chiesa e da dotti scrittori cattolici.

8. Sono proibite tutte le versioni dei Sacri Libri in qualsiasi lingua volgare fatte dagli acattolici, quali che siano, e principalmente quelle divulgate dalle Società Bibliche più volte condannate dai Romani Pontefici, perché in esse vengono completamente trascurate le saluberrime leggi della Chiesa intorno alla pubblicazione dei sacri libri. Tuttavia tali versioni si permettono a coloro che attendono agli studi teologici o biblici, osservando però ciò che di sopra (n. 5) è stabilito.

Capitolo IV. Dei libri osceni

 9. Sono assolutamente proibiti i libri che di proposito trattano, narrano, o insegnano cose lascive, ossia oscene, poiché non solo è necessario preservare la fede ma anche i costumi, che facilmente sogliono corrompersi con la lettura di tali libri.

10. I libri di autori, sia antichi sia moderni, che chiamano classici, qualora siano infetti da questa stessa macchia di turpitudine, sono permessi, a motivo dell’eleganza o proprietà della lingua, soltanto a coloro che ne abbisognano per ragione del loro ufficio o magistero; però per nessun motivo potranno darsi o spiegarsi ai fanciulli o ai giovani, se non siano con solerte cura purgati.

Capitolo V. Di alcuni libri di argomento speciale

11. Sono condannati i libri nei quali si dice male di Dio o della Beata Vergine Maria o dei Santi o della Chiesa Cattolica e del suo culto, o dei Sacramenti, o della Sede Apostolica. Alla medesima proibizione soggiacciono quelle opere, nelle quali il concetto dell’ispirazione della Sacra Scrittura viene pervertito e la sua estensione troppo ristretta. Parimenti sono proibiti i libri che di proposito vituperano la Gerarchia ecclesiastica o lo stato clericale oppure quello religioso.

12. È proibito pubblicare, leggere o conservare i libri in cui s’insegnano o si raccomandano i sortilegi, la divinazione, la magia, l’evocazione degli spiriti e altre simili superstizioni.

13. Sono proibiti i libri o gli scritti che narrano nuove apparizioni, rivelazioni, visioni, profezie, miracoli, o che introducono nuove devozioni, anche sotto il pretesto che siano private, qualora siano pubblicati senza legittima licenza dei Superiori della Chiesa.

14. Sono proibiti i libri che affermano essere lecito il duello, il suicidio o il divorzio; quelli che trattano delle sette massoniche e di altre simili società e sostengono che esse sono utili e niente affatto perniciose alla Chiesa e alla civile società; e quelli che difendono gli errori condannati dalla Sede Apostolica.

Capitolo VI. Delle Sacre Immagini e delle Indulgenze

15. Sono assolutamente proibite le immagini, comunque impresse, di Nostro Signore Gesù Cristo, della Beata Vergine Maria, degli Angeli e dei Santi o di altri Servi di Dio, difformi dal sentimento e dai decreti della Chiesa. Le nuove immagini poi, abbiano o no annesse delle preghiere, non si pubblichino senza licenza dell’autorità ecclesiastica.

16. È proibito a chiunque di divulgare indulgenze apocrife e dalla Santa Sede condannate, o comunque revocate. Quelle che fossero già divulgate, si tolgano di mano dei fedeli.

17. È vietato pubblicare qualsiasi libro, sommario, libretto, foglietto e simili, in cui siano contenute concessioni di indulgenze, senza il permesso della legittima autorità.

Capitolo VII. Dei libri di liturgia e di preghiera

18. Nessuno presuma di mutare alcunché nelle edizioni autentiche del Messale, del Breviario, del Rituale, del Cerimoniale dei Vescovi, del Pontificale Romano, e degli altri libri liturgici approvati dalla Santa Sede Apostolica; se ciò avvenisse, queste nuove edizioni sono proibite.

19. Non si pubblichino litanie senza revisione ed approvazione dell’Ordinario, che di solito si cantano, tranne le antichissime e comuni che si trovano nei Breviari, Messali, Pontificali e Rituali, e quelle della Beata Vergine nella sacra Casa di Loreto, nonché quelle del nome Santissimo di Gesù già approvate dalla Santa Sede.

20. Nessuno, senza il permesso della legittima autorità, pubblichi libri o libretti di preghiere, di devozione, o di dottrina e d’istruzione religiosa, di morale, di ascetica, di mistica o altri simili, quantunque sembrino fatti per fomentare la pietà del popolo cristiano; altrimenti si abbiano per proibiti.

Capitolo VIII. Dei giornali, fogli e libretti periodici

21. I giornali, i fogli e i libretti periodici che di proposito combattono la religione o i buoni costumi, si tengano per proibiti non solo per diritto naturale ma anche per l’ecclesiastico. Attendano gli Ordinari, ove occorra, ad avvisare opportunamente i fedeli del pericolo e del danno di tali letture.

22. Nessun cattolico, specialmente se ecclesiastico, pubblichi alcunché in siffatti diari o fogli o libretti periodici, a meno che lo richieda un giusto e ragionevole motivo.

Capitolo IX. Della facoltà di leggere e conservare libri proibiti

23. Potranno leggere e conservare libri che siano stati proibiti o da decreti speciali o da decreti generali soltanto coloro che ne avranno avuto opportuna facoltà dalla Santa Sede o da quelli cui questa avrà delegato le sue veci.

24. I Romani Pontefici preposero la Sacra Congregazione dell’Indice a concedere la facoltà di leggere e conservare qualsiasi libro proibito. Però della medesima facoltà godono sia la Suprema Congregazione del Santo Uffizio, sia la Santa Congregazione di Propaganda Fide per le regioni soggete al suo regime. Questa facoltà compete anche al Maestro del Sacro Palazzo Apostolico, ma per Roma soltanto.

25. I Vescovi e gli altri Prelati aventi giurisdizione quasi episcopale possono concedere licenza per qualche libro in particolare, e soltanto nei casi urgenti. Se i medesimi abbiano ottenuto dalla Sede Apostolica facoltà generale di dar licenza ai fedeli di leggere e di conservare i libri proibiti, non l’accordino però che con discerimento e per giusto e ragionevole motivo.

26. Nessuno di coloro che abbia avuto dalla Santa Sede la facoltà di leggere e conservare libri proibiti, può, per ciò stesso, leggere e conservare qualsiasi libro o effemeride proibiti dagli Ordinari dei luoghi, a meno che nell’indulto apostolico sia espressa la potestà di leggere e conservare libri proibiti. Coloro che hanno ottenuto licenza di leggere i libri proibiti si rammentino inoltre che sono legati dal grave precetto di custodire talmente siffatti libri, che non capitino in mano di altri.

Capitolo X. Della denuncia dei libri cattivi

27. Quantunque sia dovere di ogni cattolico, massime di quelli che eccellono per dottrina, denunciare i libri perniciosi ai Vescovi od alla Sede Apostolica, ciò però appartiene per titolo speciale ai Nunzi, ai Delegati Apostolici, agli Ordinari dei luoghi ed ai Rettori delle Università fiorenti per lode di dottrina.

28. È bene che nel denunciare i libri cattivi non solo s’indichi il titolo del libro, ma altresì, per quanto è possibile, si espongano i motivi per cui si crede che il libro sia degno di censura. Quelli poi che riceveranno la denuncia abbiano per sacro dovere di mantenere segreti i nomi dei denuncianti.

29. Gli Ordinari, anche come Delegati della Sede Apostolica, si studino di proibire e togliere dalle mani dei fedeli i libri ed altri scritti nocivi stampati o diffusi nella loro diocesi. Rimettano al giudizio Apostolico quelle opere o quegli scritti che richiedono un più minuto esame, per i quali, al fine di ottenere un salutare effetto, sembri richiedersi la sentenza della suprema autorità.

TITOLO II
Della censura dei libri

Capitolo I. Dei Prelati preposti alla censura dei libri

30. Da ciò che sopra è stato detto (n. 7), appare chiaro chi abbia la potestà di approvare e permettere le edizioni e le versioni dei libri sacri.

31. Nessuno osi dare nuovamente alla luce i libri proscritti dalla Sede Apostolica. Se, per grave e ragionevole motivo, sembri doversi fare in ciò qualche singolare eccezione, ciò però non si farà mai se non dopo avere ottenuto licenza dalla Sacra Congregazione dell’Indice, ed osservando le condizioni da essa prescritte.

32. Non si possono pubblicare, senza il permesso della Sacra Congregazione dei Riti, quelle cose che, comunque sia, appartengono alle cause delle beatificazioni e canonizzazioni dei Servi di Dio.

33. Lo stesso deve dirsi delle Collezioni dei decreti delle singole Congregazioni Romane; queste Collezioni, cioè, non possono pubblicarsi, se non dopo averne ottenuto la licenza, e osservando le condizioni prescritte dai moderatori di ciascuna Congregazione.

34. I Vicari ed i Missionari Apostolici osservino fedelmente i decreti della Sacra Congregazione di propaganda intorno ai libri da pubblicarsi.

35. L’approvazione dei libri, la censura dei quali in forza dei presenti decreti non è riservata alla Sede Apostolica od alle Romane Congregazioni, appartiene all’Ordinario del luogo dove si pubblicano.

36. I Regolari ricordino che, oltre la licenza del Vescovo, sono obbligati, per decreto del Sacro Concilio di Trento, ad ottenere la facoltà di pubblicare un libro dal Superiore, da cui dipendono. L’una e l’altra concessione dovranno essere stampate al principio o alla fine dell’opera.

37. Se un autore dimorante in Roma voglia stampare un libro non quivi ma altrove, oltre l’approvazione del Cardinale Vicario di Roma e del Maestro del Sacro Palazzo Apostolico, non ne deve richiedere un’altra.

Capitolo II. Dell’ufficio dei censori nel preventivo esame dei libri

38. I Vescovi, a cui spetta di concedere la facoltà d’imprimere i libri, per l’esame di questi cerchino di servirsi di uomini di riconosciuta pietà e dottrina, dalla cui fede e integrità possano ripromettersi che nulla faranno per favore o per odio, ma che, messa da parte ogni umana considerazione, non mireranno che alla gloria di Dio e all’utilità del popolo fedele.

39. Sappiano i censori che essi debbono giudicare delle varie opinioni e sentenze (giusta il precetto di Benedetto XIV) con animo scevro da qualsiasi pregiudizio. Pertanto allontanino da sé ogni affetto di nazione, di famiglia, di scuola, d’istituto, e depongano ogni spirito di parte. Abbiano unicamente dinanzi agli occhi i dogmi della santa Chiesa, e la dottrina comune dei cattolici, la quale è contenuta nei decreti dei Concilii generali, nelle Costituzioni dei Romani Pontefici e nel consenso dei Dottori.

40. Compiuto l’esame, se niente sembri ostare alla pubblicazione del libro, l’Ordinario conceda all’autore, per iscritto e affatto gratuitamente, la licenza di pubblicarlo; tale licenza dovrà essere stampata al principio od alla fine del libro.

Capitolo III. Dei libri da sottoporre alla preventiva censura

41. Tutti i fedeli sono tenuti a sottomettere alla preventiva censura ecclesistica almeno quei libri che riguardano le divine Scritture, la sacra Teologia, la Storia ecclesiastica, il Diritto canonico, la Teologia naturale, l’Etica, ed altre simili discipline religiose o morali, e in generale tutti gli scritti che s’interessano specialmente della religione e dell’onestà dei costumi.

42. Le persone del clero secolare non pubblichino, senza consultare i loro Ordinari, neanche i libri che trattano delle arti o delle scienze meramente naturali, onde dare esempio di animo ossequente verso di loro.

Agli stessi è proibito accettare la direzione di giornali e fogli periodici, senza il previo permesso dell’Ordinario.

Capitolo IV. Dei tipografi e degli editori di libri

43. Non si stampi alcun libro sottoposto alla censura ecclesistica, senza che esso porti nel frontispizio sia il nome e cognome dell’autore, sia quelli dell’editore, nonché il luogo e l’anno della stampa e dell’edizione. Se in qualche caso, per giusti motivi, sembri opportuno doversi tacere il nome dell’autore, sia in facoltà dell’Ordinario il permetterlo.

44. Sappiano i tipografi e gli editori che le nuove edizioni di un’opera già approvata richiedono una nuova approvazione, e che l’approvazione data all’opera originale non basta per le versioni in altra lingua.

45. I libri condannati dalla Sede Apostolica si abbiano per proibiti dovunque, ed in qualunque idioma si traducano.

46. I venditori di libri, massime quelli che si gloriano del nome di cattolici, non vendano, né prestino, né conservino libri trattanti di proposito di cose oscene; gli altri libri proibiti non li vendano, se non dopo aver ottenuto la licenza della Sacra Congregazione dell’Indice impetrata per mezzo dell’Ordinario, e soltanto a coloro che prudentemente ritengano essere in possesso del diritto di acquistarli.

Capitolo V. Delle pene stabilite contro i trasgressori dei decreti generali

47. Tutti e singoli coloro che scientemente leggono, senza autorizzazione della Sede Apostolica, i libri degli apostati e degli eretici propugnanti l’eresia, nonché i libri di qualsiasi autore nominantamente proibiti con Lettere Apostoliche, e coloro che conservano, imprimono e comunque difendono i medesimi libri, incorrono ipso facto nella scomunica riservata al Romano Pontefice in modo speciale.

48. Coloro che senza l’approvazione dell’Ordinario stampano o fanno stampare libri delle Sacre Scritture, o annotazioni o commentari delle medesime, incorrono ipso facto nella scomunica non riservata ad alcuno.

49. Chi poi trasgredirà alle rimanenti disposizioni stabilite da questi Decreti Generali, secondo la diversa gravità della colpa sia seriamente ammonito dal Vescovo e, qualora sembri opportuno, venga altresì punito con le pene canoniche.

Decretiamo poi che le presenti lettere e tutte quelle cose che in esse sono contenute, in nessun tempo possano venir tacciate o impugnate di surrezione o di orrezione, sia per vizio di Nostra intenzione, sia per qualsiasi altro difetto; ma che sempre siano valide e rimangano in vigore, e da tutti, di qualunque grado e dignità, siano, in giudizio e fuori giudizio, osservate senza violazione; dichiariamo inoltre ìrrito e falso qualunque attentato che chiunque, con qualsivoglia autorità o pretesto, scientemente o non, potrà commettere a pregiudizio delle medesime, nonostante qualsiasi contraria consuetudine.

Vogliamo pure che alle copie di questo documento, ancorché stampate, ma sottoscritte per mano di un Notaio e munite del sigillo di persona insignita di dignità ecclesiastica, si presti la stessa fede, quale espressione della Nostra volontà, come se venisse mostrato il presente.

Nessuno dunque si faccia lecito d’alterare questa pagina della Nostra Costituzione, ordinazione, limitazione, derogazione, volontà, né temerariamente ad essa si opponga. Se qualcuno avrà la presunzione di far ciò, sappia che incorrerà nell’indignazione di Dio Onnipotente e dei Santi Apostoli Pietro e Paolo.

Dato a Roma, presso San Pietro, nell’anno dell’Incarnazione del Signore 1897, il 25 gennaio, decimonono del Nostro Pontificato.

 

LEONE PP. XIII



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