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 LEONE XIII

EPISTOLA

CLARA SAEPENUMERO

 

Al Nostro diletto Figlio Giacomo Gibbons, Cardinale prete di Santa Romana Chiesa, titolare di Santa Maria in Trastevere, Arcivescovo di Baltimora.
Il Papa Leone XIII. Diletto Figlio Nostro, salute e Apostolica Benedizione.

Più volte abbiamo dato chiara prova sia della Nostra sollecitudine verso i devoti Vescovi degli Stati Federati dell’America Settentrionale, sia del sincero affetto che nutriamo per codesta parte del gregge del Signore. A ciò si è aggiunta un’altra evidente dimostrazione dei Nostri sentimenti, avendovi inviato come Nostro Delegato il Venerabile Fratello Francesco, Arcivescovo titolare di Lepanto, uomo insigne e apprezzato per la dottrina non meno che per la virtù, come voi stessi avete apertamente riconosciuto nella recente assemblea degli Arcivescovi tenuta a New York, confermando la fiducia che Noi avevamo riposto nella sua saggezza. Il suo incarico di Legato doveva anzitutto rappresentare una pubblica testimonianza sia della Nostra sincera benevolenza verso la vostra patria, sia della grande stima nei confronti di coloro che presso di voi detengono il potere dello Stato. Egli doveva infatti presenziare, a Nostro nome, all’inaugurazione della mostra delle molteplici cose di ogni genere che si teneva a Chicago ed alla quale anche Noi avevamo partecipato, amichevolmente invitati dagli stessi governanti.

La nomina del Legato si proponeva anzitutto di rendere continua la Nostra presenza in mezzo a voi con la costituzione di una Legazione Apostolica permanente a Washington. In questo modo abbiamo ampiamente dimostrato non solo che la vostra nazione Ci sta a cuore al pari di quelle più fiorenti, con le quali è stato stabilito un rapporto abituale di relazioni tramite uomini autorevoli, ma che desideriamo con forza che i legami di mutua comunione fra voi, codesti fedeli e Noi diventino ogni giorno sempre più stretti, come fra i figli e il Padre. Non Ci è certo tornato di poca consolazione che questa Nostra nuova dimostrazione di riguardo nei vostri confronti abbia suscitato costà sentimenti di riconoscenza e di amore verso di Noi.

Tra i compiti che avevamo affidato all’Arcivescovo di Lepanto, in forza della Nostra paterna sollecitudine verso di voi, il più importante era senz’altro quello di indirizzare tutti gli sforzi e la solerzia della carità fraterna alla rimozione delle cause di dissidio nella ben nota controversia sull’educazione della gioventù cattolica. Era un dissidio reso ancor più acceso, in quel tempo, dalla divulgazione di alcuni princìpi di dottrina e di pensiero che avevano spinto la controversia ad un grado di estrema concitazione.

Il Venerabile Fratello si attenne scrupolosamente alle Nostre indicazioni e, nel mese di novembre dello scorso anno, si recò a New York, dove erano convenuti con te, diletto Figlio Nostro, gli Arcivescovi di codesto paese, assecondando il Nostro desiderio, espresso tramite la Congregazione di Propaganda Fide, per un confronto di pareri e per deliberare, dopo aver sentito i loro Suffraganei, sul modo migliore di risolvere il problema dei giovani fedeli che frequentavano gli istituti pubblici invece delle scuole cattoliche. Le decisioni prese in quella assemblea trovarono l’approvazione dello stesso Arcivescovo di Lepanto che, dopo aver colmato di lodi, come meritava, la vostra saggezza, le giudicò atte a produrre, in futuro, frutti sommamente utili. Noi confermiamo con viva soddisfazione questo giudizio e indirizziamo a te, e agli altri Presuli con te riuniti, meritate lodi, perché avete risposto nel migliore dei modi al Nostro volere e alle Nostre attese. Nello stesso tempo, il Nostro Venerabile Fratello, ripromettendosi di porre fine, come era Nostro desiderio, alle dispute sulla retta educazione della gioventù, della quale abbiamo già fatto menzione, si era acceso uno scontro assai vivace e passionale alimentato anche con la stampa di libri, sottopose alla vostra attenzione alcune proposte, da lui approntate, che ne illustravano il duplice aspetto della ricerca della verità e del comportamento di vita. L’assemblea dei Vescovi, dopo aver esaminato con cura la portata e il contenuto delle proposte, formulò la richiesta di alcune precisazioni e modifiche, che il Presule di Lepanto apportò senz’indugio. Dopo di che la qualificata assemblea pose fine alle sessioni esprimendo la propria riconoscenza e la propria approvazione per la linea di condotta assunta in ottemperanza al particolare compito che le avevamo affidato. Ci fu possibile prendere atto di tutto questo dagli atti dell’assemblea che vi siete premurati di inoltrarCi.

Ma gli stessi enunciati del Nostro Delegato, divulgati in modo improprio tra il popolo, accesero immediatamente gli animi e originarono nuove controversie che, a causa di errate interpretazioni e di malevoli insinuazioni diffuse a mezzo stampa, divamparono in modo più ampio e più violento. Fu allora che alcuni Vescovi del vostro paese, forse perché non pienamente convinti dell’interpretazione della maggior parte di quegli enunciati, o perché timorosi delle conseguenze che, a loro parere, potevano verificarsi a danno delle anime, Ci esposero confidenzialmente i motivi della loro ansietà. E Noi, memori che la salvezza delle anime è l’imperativo assoluto a cui dobbiamo anzitutto ottemperare, ma volendo pure offrirvi un ulteriore pegno della Nostra solerte carità, abbiamo deciso che ognuno di voi, con l’inoltro di lettere personali, esprimesse liberamente al riguardo il proprio pensiero. Ciò è stato fatto puntualmente da ciascuno di voi.

A seguito di un attento esame delle lettere, Ci è parso evidente che alcuni di voi non avevano ravvisato in quegli enunciati alcunché che potesse tradursi in motivo di preoccupazione, mentre altri erano dell’avviso che, a causa di talune proposizioni, fossero stati abrogati in parte i princìpi della disciplina scolastica sanciti dai Sinodi di Baltimora e, pertanto, si era insinuato in loro il timore che una diversa interpretazione potesse dar vita a spiacevoli dissidi, capaci di arrecare danni alla scuola cattolica.

Dopo aver attentamente riflettuto sulla questione, abbiamo maturato la convinzione che siffatte interpretazioni erano del tutto estranee al pensiero del Nostro Delegato, come sono lontane dal pensiero di questa Sede Apostolica. In effetti i principali enunciati da lui proposti erano stati desunti dai decreti del terzo Sinodo di Baltimora e stabiliscono che debbono essere anzitutto promosse, con ogni cura,le scuole cattoliche, lasciando al giudizio e alla coscienza dell’Ordinario di stabilire, in base alle circostanze, quando sia lecito o proibito frequentare le scuole pubbliche.

Se dunque occorre inserire in ogni discorso ciò che è stato definito in un secondo tempo in modo che si accordi e non contrasti con ciò che è stato enunciato in precedenza, è assolutamente illecito ed ingiusto spiegare ciò che è stato aggiunto presentandolo in contrasto con il testo primitivo. Ciò deve valere soprattutto quando il pensiero di chi scrive non presenta in alcun modo passi di difficile interpretazione. Poiché egli presentava i suoi enunciati nel nobile consesso di New York, manifestò a più riprese, e questo trova riscontro negli atti,la sua ammirazione per lo zelo pastorale dei Vescovi dell’America Settentrionale a motivo delle sagge decisioni promulgate, nel terzo Sinodo di Baltimora, al fine di potenziare l’educazione della gioventù cattolica. Aggiunse anche che quei decreti, poiché indicavano un indirizzo comune di azione, dovevano essere osservati fedelmente. Se non è dunque possibile escludere in modo assoluto gli istituti pubblici in cui è lecita la frequenza, tuttavia possono verificarsi situazioni che lo stesso Sinodo prende in considerazione: occorre pertanto adoperarsi con unità d’intenti e con ogni mezzo per moltiplicare il numero delle scuole cattoliche e per dotarle nel migliore e più perfetto dei modi.

D’altra parte, perché non resti in futuro qualche motivo di disputa o di contrapposizione di pareri in materia di tanta importanza, come abbiamo dichiarato a suo tempo nella lettera inviata il 23 maggio dello scorso anno ai Venerabili Fratelli Arcivescovi e Vescovi della provincia ecclesiastica di New York, ribadiamo ancora una volta la necessità di osservare con coerenza, per quanto è possibile, quei decreti che, con il beneplacito della Sede Apostolica, sono stati definiti nei Sinodi di Baltimora circa le scuole cattoliche e ogni altro decreto che, al riguardo, è stato emanato o direttamente dai Romani Pontefici o tramite le Sacre Congregazioni.

Da tutto questo nasce la ferma speranza, resa ancora più sicura dalla vostra devozione verso Noi e verso la Sede Apostolica, che, dopo aver rimosso ogni motivo di errore o di preoccupazione,potrete dare la vostra opera, in uno strettissimo legame di carità,per diffondere sempre più il regno di Dio in codesta estesissima parte del mondo. Mentre poi vi applicate con sincera dedizione all’esaltazione della gloria di Dio e alla salvezza delle anime a voi affidate, cercate anche di essere utili ai vostri concittadini e di uniformarvi al legittimo volere della patria, perché chi regge lo Stato possa agevolmente comprendere quale grande aiuto sia disponibile nella Chiesa Cattolica per difendere l’ordine pubblico e per incrementare il benessere del popolo.

Quanto a te, diletto Figlio Nostro, siamo certi che assolverai con scrupolo il compito di far conoscere agli altri VenerabiliFratelli di codesta Confederazione di Stati quanto abbiamo deciso di comunicarti, e nello stesso tempo ti adopererai, nei limiti del possibile,perché, placatae pienamente risolta ogni controversia, come è negli auspici di tutti, gli animi, che a motivo di questo erano altamente turbati, possano trovare quiete nella mutua benevolenza. Nel frattempo, come pegno del Nostro affetto, impartiamo con tanto amore nel Signore l’Apostolica Benedizione a te, agli stessi Venerabili Fratelli, al clero e ai fedeli affidati alla vostra cura.

Dato a Roma, presso San Pietro, il 31 maggio1893, anno quindicesimo del Nostro Pontificato.

 

LEONE PP. XIII

 


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