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Il rischio rappresentato dalle atomiche

Una minaccia
più che mai reale


di Gareth Evans
Copresidente della commissione internazionale
per la non proliferazione e per il disarmo nucleare

Questo è un mese critico in un anno cruciale per quanti desiderano un mondo senza armi nucleari e temono seriamente per il futuro del nostro pianeta se tale obiettivo non sarà raggiunto. Se la conferenza quinquennale di revisione del Trattato di non proliferazione nucleare (Tnp), cominciata lunedì a New York presso le Nazioni Unite, produrrà impegni ampiamente condivisi - dall'intenzione degli Stati detentori di armi nucleari di sbarazzarsi delle loro testate alla determinazione di impedire ad altri Paesi di acquisirle - ciò imprimerà un notevole slancio al sogno riacceso dal presidente Obama lo scorso anno. Se invece fallirà, come l'ultima conferenza nel 1995, l'ottimismo è destinato a svanire, lo slancio si fermerà e proseguirà il pericoloso sonnambulismo dell'ultimo decennio. Quest'anno avrà cruciale importanza anche la ratifica, da parte del Senato statunitense, del nuovo trattato tra Stati Uniti e Russia per limitare le armi nucleari strategiche dispiegate, non perché i benefici di questo accordo siano così rilevanti, ma perché si tratta del fondamento di tutta la futura riduzione degli armamenti da parte delle due superpotenze nucleari. Esse possiedono il 95 per cento dello stoccaggio mondiale di 23.000 testate, che equivalgono a 150.000 bombe di Hiroshima e potenzialmente sono in grado di distruggere il mondo più volte. Vi sono anche altri parametri, tutti elencati nel discorso tenuto a Praga, un anno fa, dal presidente degli Stati Uniti:  la ratifica da parte di Washington - insieme con la Cina, l'India e altri Stati - almeno del Trattato sulla messa al bando totale degli esperimenti nucleari; la negoziazione a Ginevra di un nuovo trattato per bandire direttamente la produzione di uranio o plutonio altamente arricchiti per gli armamenti; impegni da parte degli Stati in possesso di armi nucleari a ridurre in modo esplicito il loro ruolo nella dottrina militare; l'accordo per mettere al sicuro una volta per tutte le armi e i materiali controllati in modo approssimativo; e soprattutto misure concrete per impedire il ripetersi di ciò che è già accaduto in Corea del Nord e che potrebbe verificarsi in Iran. Per la maggior parte di tali questioni ci si chiede con preoccupazione se l'anno terminerà con una nota positiva. Ad aprile, il vertice di Washington ha risolto con successo il problema della sicurezza nucleare  e  la  cosiddetta  Nuclear Posture Review statunitense, annunciata di recente, ha fatto alcuni progressi nella dottrina nucleare, limitando il numero di casi in cui l'opzione atomica viene presa in considerazione. Tuttavia, su qualsiasi altra questione, i segni attuali sono negativi e persistono grossi interrogativi.
Su tutti questi aspetti e su molti altri ancora, una guida esaustiva è il rapporto pubblicato di recente dalla Commissione internazionale sulla non proliferazione nucleare e sul disarmo, Eliminating Nuclear Threats:  A Practical Agenda for Global Policymaker. Questo rapporto, promosso congiuntamente dai Governi australiano e giapponese, ha riunito un gruppo di autentici esperti. È scritto in forma molto chiara anche per i non specialisti ed è realistico e pratico nel suo svolgimento, perché non descrive soltanto un mondo ideale, ma spiega anche quali sono gli ostacoli lungo il cammino che porta a esso.
Il suo messaggio centrale è che le minacce poste dalle armi nucleari nelle mani sia di Governi che di terroristi, sono molto reali, più grandi adesso che in precedenza. Fino a quando anche un solo Paese avrà armi nucleari, anche altri le vorranno. Se queste armi continueranno a esistere, prima o poi verranno usate, per sbaglio, per errore di calcolo o intenzionalmente, e qualsiasi loro uso sarà catastrofico per la vita di questo pianeta come la conosciamo. È per puro caso e non certo per genio politico o per un'intrinseca stabilità dei nostri sistemi di sicurezza che il mondo non ha assistito a un grave disastro nucleare negli ultimi sessantacinque anni. Non possiamo pensare che questa nostra fortuna continui ancora, e mantenere lo status quo semplicemente non è possibile.
Il rapporto formula le sue specifiche raccomandazioni politiche in tre programmi di azione rivolti ai responsabili, per il breve periodo fino al 2012 (durante il quale devono essere poste le fondamenta di un mondo privo di armi nucleari), a medio termine fino al 2025 - con l'obiettivo di un "punto di minimizzazione" ossia di una riduzione degli arsenali del 90 per cento e con una dottrina e un loro dispiegamento conseguenti - e di lungo periodo oltre il 2025 (con l'obiettivo della totale eliminazione di armi nucleari il prima possibile).
Negli ultimi mesi, però, è divenuto chiaro che la data di breve termine che conta non è il 2012, ma il 2010. L'obiettivo più immediatamente importante è, infatti, il successo della Conferenza di revisione del Tnp di questo mese. Non dovrebbero esserci differenze fra nord e sud o fra Stati nuclearizzati e non nuclearizzati, a proposito della necessità di un'azione di disarmo seria e sollecita, di misure severe che impediscano un'ulteriore proliferazione e di un sostegno a uno sviluppo dell'energia nucleare che sia sicuro e pacifico. Il raggiungimento di un mondo privo di armi nucleari non è un programma del nord o del sud, ma un programma autenticamente globale. Se quest'idea non prevarrà e la Conferenza finirà nelle recriminazioni, come è accaduto nel 2005, il futuro apparirà veramente molto desolato.